IL CONSIGLIO DI STATO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso in appello
n. 11082/1997,  proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri,
in persona del Presidente in carica pro tempore e dal Ministero delle
finanze,  in persona del Ministro in carica pro tempore rappresentati
e  difesi  dall'Avvocatura  generale dello Stato, presso cui sono per
legge domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
    Contro  il  dott.  Ernesto  Del  Gizzo,  rappresentato  e  difeso
dall'avvocato  Paolo  Ricciardi  presso il cui studioe' elettivamente
domiciliato  in  Roma, viale Tiziano, n. 80; per l'annullamento della
sentenza  del tribunaleamministrativo regionale del Lazio sezione del
18  settembre  1997,  n. 1435,  resa  inter  partes, notificata il 10
novembre 1997;
    Visto il ricorso con relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ernesto Del Gizzo;
    Vista l'ordinanza di questa sezione n. 1168 del 23 settembre 1998
di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Vista  l'ordinanza di questa sezione n. 37 del 5 febbraio 1999 di
correzione di errore materiale;
    Vista l'ordinanza della Corte costituzionale n. 246 del 26 giugno
2000 di restituzione degli atti al giudice rimettente;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Data  per  letta  alla  udienza  pubblica  del 24 ottobre 2000 la
relazione  del  consigliere Pietro Falcone e sentiti l'avvocato dello
Stato   Fiumara   e  l'avvocato  Ricciardi,  ciascuno  per  le  parti
rispettivamente rappresentate;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  decreto  del  Presidente  della Repubblica 28 febbraio 1997,
registrato alla Corte dei conti il 7 marzo successivo, il dr. Ernesto
del  Gizzo,  direttore  generale  dei  monopoli  di  Stato,  e' stato
collocato  a  riposo  per  motivi  di  servizio, per "responsabilita'
particolarmente  grave  o  reiterata"  di  cui  all'art. 20, comma 9,
ultima parte, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.
    Contro  il  provvedimento  indicato,  nonche'  ogni relativo atto
presupposto,  connesso  e  conseguenziale,  il  Del Gizzo ha proposto
ricorso  al  Tribunale  amministrativo  regionale  del Lazio che, con
sentenza   n. 1435  del18 settembre  1997,  ha  accolto  il  ricorso,
annullando il provvedimento impugnato.
    La  Presidenza  del  Consiglio dei ministri ed il Ministero delle
finanze  hanno  proposto  appello,  contro  l'anzidetta sentenza, con
ricorso  notificato  il  4 dicembre  1997, chiedendo la riforma della
sentenza stessa.
    Le  ricorrenti  ammmistrazioni  lamentano  la  contraddittorieta'
della  motivazione, l'invasione della discrezionalita' amministrativa
e la violazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 29 del 1993.
    L'intimato   Del   Gizzo,   costituitosi  in  giudizio,  sostiene
l'infondatezza  del  ricorso  ed  ha riproposto i motivi formulati in
primo grado.
    Con   il  primo  motivo,  deduce  la  questione  d'illegittimita'
dell'art. 20,  comma  9, ultima parte, del d.lgs. n. 29 del 1993, per
contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione, con
riferimento all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (delega al
Governo  per  la razionalizzazione e la revisione delle discipline in
materia di pubblico impiego ...), per eccesso di delega.
    Secondo  l'appellato, l'indicato decreto legislativo violerebbe i
principi  ed i criteri direttivi fissati dal Parlamento, in quanto ha
reintrodotto,  per i dirigenti dello Stato, il "collocamento a riposo
per  ragioni  di  servizio", laddove la legge di delega prevedeva, in
caso   di  mancato  conseguimento  degli  obiettivi  della  gestione,
soltanto   "la   rimozione   dalle  funzioni  ed  il  collocamento  a
disposizione".
    Questa  Sezione,  con ordinanza n. 1168 del 23 settembre 1998, ha
trasmesso  gli  atti  alla  Corte  costituzionale,  ritenendo  che la
proposta   questione   di   legittimita'  costituzionale,  oltre  che
rilevante, non fosse manifestamente infondata.
    Con  ordinanza n. 246 del 26 giugno 2000, la Corte costituzionale
ha  ritenuto  necessaria una verifica da parte deI giudice remittente
degli  effetti della duplice abrogazione espressa del citato art. 20,
comma  9,  del  d.lgs.  n. 29  del  1993,  accompagnata  da una nuova
disciplina.
    Pertanto,  ha  restituito  gli  atti  a  questa  sezione, perche'
valutasse   se,  alla  luce  dell'intervenuto  mutamento  del  quadro
normativo  e delle iniziative conseguenziali dell'amministrazione, la
questione  sollevata  sia  tuttora  rilevante  per la definizione del
giudizio a quo.
    L'amministrazioni  appellanti, con memoria del 5 ottobre 2000, ed
il  Del  Gizzo, con memoria del 13  ottobre 2000, hanno sostenuto che
il  nuovo  quadro normativo non ha inciso sulla controversia in atto,
in  quanto  le  ricordate  modificazioni legislative sono intervenute
dopo la conclusione del procedimento.

                            D i r i t t o

    Questa  Sezione,  con ordinanza n. 1168 del 23 settembre 1998, ha
trasmesso  gli  atti  alla  Corte  costituzionale,  ritenendo  che la
questione  di  legittimita' costituzionale - formulata nuovamente dal
dott.  Ernesto  Del Gizzo in appello - oltre che rilevante, non fosse
manifestamente infondata.
    Con  ordinanza  n. 246 del 26 giugno 2000, l'anzidetta Corte, tra
l'altro, ha osservato quanto segue:
        la norma denunciata (d.lgs. n. 29 del 1993, art. 20, comma 9)
e'  stata  gia'  abrogata  una prima volta espressamente (insieme col
comma  10)  per effetto dell'art. 43 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
che  a  sua  volta  contemporaneamente  con  gli  artt. 13  e  14, ha
integralmente   disciplinato   il  conferimento  degli  incarichi  di
direzione   degli   uffici   dirigenziali,   la   loro  revoca  e  la
responsabilita'   dirigenziale  nelle  diverse  forme  connesse  alla
inosservanza   delle  direttive  generali  e  ai  risultati  negativi
dell'attivita'  amministrativa e della gestione, con due disposizioni
che  si  inseriscono  nel  d.lgs.  n. 29  del 1993, sostituendone gli
articoli 19  e 20 e coprendo interamente anche il contenuto dell'art.
20, commi 9 e 10, abrogati, e nello stesso tempo inserendo, nel comma
2  dell'art. 74  del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, l'abrogazione del
Capo  I,  Titolo  I,  del  d.P.R.  30 giugno 1972, n. 748 (precedente
disciplina);
        lo  stesso  d.lgs.  n. 80  del  1998 ha dettato una normativa
transitoria dell'art. 19 del d.lgs. n. 29 del 1993;
        l'intero  art. 20  del  d.lgs. n. 29 del 1993 e' stato, a sua
volta,   espressamente   abrogato   (ad   eccezione   del   comma  8)
dall'art. 10, comma 2, del d.lgs. 30 giugno 1999, n. 286.
    Cio'  premesso,  la  stessa  Corte  ha  ritenuto  necessaria  una
verifica   degli   effetti   della   duplice   abrogazione   espressa
accompagnata  da  nuova  disciplina,  da  parte del giudice investito
dell'esame della legittimita' dell'atto impugnato.
    A tal fine, ha restituito gli atti al giudice rimettente, perche'
valuti  se, alla luce dell'intervenuto mutamento del quadro normativo
e  delle iniziative conseguenziali dell'amministrazione, la questione
sollevata  sia  tuttora  rilevante  per la definizione del giudizio a
quo.
    Come sottolineato dalle parti in causa, per il principio generale
tempus  regit  actum l'intervenuto mutamento del quadro normativo non
rileva   nella   specie   che   ricade   sotto  la  disciplina  posta
dall'art. 20,  comma  9, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo
sostituito  dall'art,  6 del d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470, per cui
l'amministrazione non ha assunto ulteriori iniziative.
    Pertanto,    si    ripropone   la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dal Del Gizzo.
    Quanto alla rilevanza, e' sufficiente considerare che l'impugnato
provvedimento   di   collocamento  a  riposo  dell'interessato  trova
giustificazione    nella    norma    sospettata   di   illegittimita'
costituzionale;  di modo che un'eventuale dichiarazione di fondatezza
della    sollevata    questione   implicherebbe,   per   cio'   solo,
l'accoglimento    del    ricorso   proposto   dal   dipendente,   con
l'annullamento del provvedimento impugnato.
    Quanto,  poi,  alla non manifesta infondatezza della questione di
legittimita',  va  osservato  che la legge23 ottobre 1992, n. 421, di
delega  del  Governo,  tra  l'altro,  per  la razionalizzazione della
disciplina  del  pubblico  impiego,  all'art. 2,  comma 1, lettera g)
n. 3,  individua  nella "rimozione dalle funzioni e il collocamento a
disposizione"  la  sanzione  per  i  dirigenti,  "in  caso di mancato
conseguimento degli obiettivi prestabiliti dalla gestione".
    La legge delegata (d.lgs. n. 29/1993), al contrario, all'art. 20,
n. 9  nel  testo  sostituito dall'art. 6 del d.lgs. 18 novembre 1993,
n. 470,  da  un lato, ha previsto il collocamento a disposizione, per
l'inosservanza  delle  direttive  e  per  i  risultati negativi della
gestione   finanziaria,  tecnica  e  amministrativa;  dall'altro,  ha
stabilito  che,  in  caso  di responsabilita' particolarmente grave o
reiterata,  nei  confronti  dei dirigenti generali o equiparati, puo'
essere  disposto  - in contraddittorio - il collocamento a riposo per
ragioni  di  servizio,  anche  se  non  sia  mai  stato in precedenza
disposto il collocamento a disposizione.
    Di  conseguenza,  sembra  giustificato  il  sospetto  che,  cosi'
operando,  il  legislatore delegato abbia esorbitato dai limiti della
delega,   in   violazione   degli  articoli 76  e  77,  comma,  della
Costituzione,  laddove  ha  introdotto  l'istituto del collocamento a
riposo  per ragioni di servizio, gia' previsto dall'art. 19, comma 7,
del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748.
    Quest'ultima   norma   e'   stata   poi   espressamente  abrogata
dall'art. 74,   del   d.lgs.   n. 29/1993,   nel   testo   modificato
dall'art. 43, del d.lgs. n. 80/1998, in epoca successiva all'adozione
del provvedimento impugnato.