IL GIUDICE DI PACE

    A  scioglimento  della  riserva formulata nella causa n. 651/2000
R.G.  pendente  tra  Mauro  Damiano  e la Libreria Medico Scientifica
S.a.s. di Mouna Mawad Youssef & C. contro il prefetto di Chieti;

                            O s s e r v a

    E'  stata  sollevata  -  con  apposita  istanza  -  questione  di
legittimita' costituzionale del combinato disposto dagli artt. 16, 18
e 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale
o c.d. depenalizzazione) in quanto sarebbero violati gli artt. 3, 24,
25 e 113 della Costituzione.
    I  termini  della  questione  sono i seguenti: dinanzi al giudice
rimettente  pende  il  procedimento  civile  rubricato al n. 651/2000
promosso  da  Mauro  Damiano, nato a Guardiagrele (CH) il 20 dicembre
1957  ed  ivi  residente  in  via Cavalieri n. 23 (cod. fisc. DMN MRA
57T20  E243M)  e  dalla  Libreria  Medico Scientifica S.a.s. di Mouna
Mawad  Youssef  &  C.,  in  persona della legale rappresentante Mouna
Mawad  Youssef  -  con sede in Chieti, via dei Vestini n. 134 (P. IVA
01654620697),  avente  ad oggetto l'opposizione avverso il verbale di
accertamento  n. 110/00  redatto  dalla  polizia  di Stato - Servizio
polizia  postale  e  delle  comunicazioni  -  Compartimento Abruzzo -
Squadra  polizia  amministrativa,  con il quale e' stata accertata la
violazione  dell'art. 1,  comma  4, della legge 28 marzo 1991, n. 109
(Nuove  disposizioni  in  materia  di  allacciamenti e collaudi degli
impianti  telefonici  interni).  Con  il  verbale  impugnato e' stata
irrogata la sanzione amministrativa di L. 2.000.000.
    Risulta  dagli  atti  che  i  ricorrenti  non hanno presentato al
prefetto,  entro  il  termine  di  trenta  giorni  dalla  data  della
contestazione  o  notificazione della violazione, scritti difensivi e
documenti, come permette l'art. 18 della legge n. 689/1981.
    Il  prefetto, costituitosi regolarmente in giudizio, ha sostenuto
pregiudizialmente   che   la   mancata   proposizione   del   ricorso
amministrativo  avverso  il menzionato verbale rende inammissibile il
ricorso  stesso  con suo conseguente rigetto. A sostegno dell'assunto
la  prefettura  si  avvale di tre sentenze della S.C. (nn. 5820/1989,
3235/1988 e 7495/1987).
    Sostengono   di   contro   i   ricorrenti   che  l'art. 24  della
Costituzione   va   inteso  secondo  l'interpretazione  dottrinale  e
giurisprudenziale  -  ormai  unanime  -  secondo  cui  sarebbe  ormai
superato   (tanto   da   considerarlo  incompatibile  con  il  quadro
costituzionale)  il  concetto  della c.d. giurisdizione condizionata,
ovvero  della  subordinazione, a pena d'inammissibilita', dell'azione
giurisdizionale  al  previo esperimento di un ricorso amministrativo.
Risulta  dalle  sentenze menzionate dai ricorrenti che, sin dall'anno
1989,   la   Corte  costituzionale  si  e'  espressa  sempre  per  la
illegittimita'  di fattispecie di giurisdizione condizionata, mutando
radicalmente  il  precedente  indirizzo  che  negava che dall'art. 24
della Costituzione dovesse derivare il corollario della "immediatezza
ed  effettivita'  della  tutela  giurisdizionale".  Le  summenzionate
sentenze sono: Corte cost. n. 530/1989; Corte cost. n. 15/1991; Corte
cost.   n. 42/1991;  Corte  cost.  n. 406/1993.  E'  convinzione  dei
ricorrenti   che   l'opposizione   sarebbe  ammissibile  per  effetto
dell'interpretazione  adeguatrice  offerta dalla Corte costituzionale
nella  propria sentenza interpretativa di rigetto n. 255/1994 secondo
cui "in mancanza di un'espressa comminatoria di decadenza, il ricorso
in  via amministrativa e' meramente facoltativo, come si desume dalla
disciplina  di  cui  agli  artt. 6  del  decreto del Presidente della
Repubblica  n. 1199 del 1971 e 20 della legge n. 1034 del 1971 per la
tutela dinanzi al giudice amministrativo.".
    Il  giudice  rimettente  ritiene  pertanto  che,  qualora dovesse
interpretare  la  delineata  normativa  di cui alla legge n. 689/1981
secondo  le  eccezioni  e  difese  della  prefettura  di  Chieti,  la
menzionata legge n. 689/1981 si porrebbe in evidente contrasto con la
Costituzione.  Infatti,  considerare  corretta  l'interpretazione del
combinato  disposto  degli  artt. 16, 18 e 22 della legge 24 novembre
1981,   n. 689,   nella   parte   in   cui  non  prevede  l'immediata
ricorribilita'   al  giudice  naturale  dei  diritti,  da  parte  del
cittadino,  a  fronte  della  notifica  di  sanzioni  amministrative,
differendo la stessa ad un tempo futuro ed indeterminato, comporta la
violazione  dei  principi  dettati  dagli artt. 3, 24, 25 e 113 della
Costituzione.
    Il rimettente ben conosce diverse pronunce ove si e' ritenuto, in
via   interpretativa,   che,  nonostante  la  previsione  di  ricorsi
amministrativi,  quando  non  siano  comminate in modo espresso, come
conseguenza del loro mancato esperimento, la preclusione della tutela
giudiziaria  o  la  decadenza  dalla  stessa,  la  tutela stessa deve
ritenersi   implicitamente   consentita   come  diretta  esplicazione
dell'art. 24  Cost.,  cui l'intero sistema delle garanzie deve essere
adeguato. Tuttavia lo scrivente non ritiene che il tenore delle norme
possa  essere  eluso  da  precedenti  che,  per quento rilevanti, non
appaiono "coincidenti" con la normativa denunciata, ma - tuttalpiu' -
applicabili solo in via analogica.
    La prospettata questione costituzionale di legittimita' e' dunque
rilevante.
    L'eccezione  avanzata  dal  prefetto, secondo cui l'art. 22 della
legge   n. 689  del  1981  non  ammetterebbe  avverso  i  verbali  di
accertamento  il  ricorso  al  giudice,  bensi'  soltanto  avverso le
ordinanze-ingiunzione,   comporterebbe   la  conseguenza,  ove  fosse
accolta  detta  pregiudiziale,  che il ricorso sarebbe da considerare
inammissibile.  In sostanza il procedimento sanzionatorio per le c.d.
violazioni   depenalizzate,  disciplinato  dalla  legge  n. 689/1981,
comporterebbe  che  il  ricorso  al  prefetto,  avverso  il  sommario
processo  verbale  di  contestazione  dell'infrazione, costituisca la
necessaria     "condizione    di    procedibilita'    della    tutela
giurisdizionale",  che  resta  pertanto assicurata solo nei confronti
dell'ordinanza-ingiunzione   che  il  prefetto  emana  all'esito  del
ricorso  amministrativo,  non  essendo invece previsto dal sistema di
poter fare opposizione al verbale di accertamento;
    La  delineata  eccezione  di  legittimita'  non e' manifestamente
infondata.
    Premesso  che  la Costituzione assicura la tutela giurisdizionale
avverso  tutti i provvedimenti della p.a., riscontro della fondatezza
dell'eccezione  basti  considerare  i notevoli precedenti del giudice
delle   leggi   in   materie  analoghe  o  simili,  come  ad  esempio
l'interpretazione adeguatrice della normativa del codice della strada
(combinato  disposto  degli  artt. 142 e 142-bis del C.d.s. del 1959,
come   novellati   dagli  artt. 23  e  24  della  legge  n. 122/1989)
prescritta dalla Corte costituzionale (sent. nn. 255/1994 e 311/1994,
ordinanza  n. 315/1995  e  sentenza  n. 437/1995  fatta propria dalla
giurisprudenza  di  legittimita':  "il previo esperimento del ricorso
amministrativo  e'  facoltativo, l'interessato potendosi rivolgere al
giudice   indipendentemente   da   esso."  (Cass.  13  dicembre  1995
n. 12777).
    Nel  caso  che  ci occupa e' evidente la compressione del diritto
sia  di  agire  in  giudizio  per  far valere i propri diritti sia di
giovarsi   della   piu'   ampia   tutela   giudiziale,   ordinaria  o
amministrativa,  delle proprie situazioni soggettive attive di fronte
a  provvedimenti della pubblica amministrazione, senza limitazioni di
sorta.   I  ricorrenti  non  avrebbero,  allo  stato,  alcuna  difesa
giudiziale  dei  propri diritti. Da cio' consegue la violazione degli
artt. 24 e 113 della Costituzione.
    Ed   infatti  in  tale  impossibilita'  -  secondo  la  normativa
denunciata - si ravvisa il contrasto con i menzionati artt. 24 e 113,
per  lesione  sia  del diritto di azione sia della tutela piena delle
posizioni   soggettive   contro   gli  atti  amministrativi.  E  cio'
nonostante l'interpretazione adeguatrice - ribadita, tra tante, nella
sentenza  n. 311/1994  e  nell'ordinanza  n. 315/1995 - circa la mera
facoltativita'  del  previo  esperimento  del ricorso amministrativo,
rimesso  alla  scelta  dell'interessato che puo' quindi rivolgersi al
giudice  indipendentemente  da esso, poiche' chiarimento reso solo in
materia di violazioni al codice della strada.
    Il  contrasto  con  l'art. 24  della Costituzione appare altresi'
evidente, in quanto la disposizione impugnata si connoterebbe come un
"deterrente"  alla proposizione del ricorso in via amministrativa, in
considerazione  dell'impossibilita'  per  il  giudice  di valutare in
concreto,  in caso di rigetto del ricorso stesso, la congruita' della
sanzione  irrogata, che risulta automaticamente maggiorata rispetto a
quella non contestata.
    La  lesione dell'art. 3 della Costituzione emerge sul rilievo che
tutta  la  evoluzione  - sia legislativa sia giurisprudenziale (Corte
costituzionale   e  Corte  di  cassazione)  -  in  tema  di  sanzioni
amministrative  sarebbe  andata  verso  la  piena ed immediata tutela
giudiziale  (cosi', ad esempio, le summenzionate pronunce e l'art. 18
del  d.lgs.  n. 472/1997,  il  d.l.  n. 79/1995,  convertito in legge
n. 172/1995,  la  legge  n. 481/1995  e la legge n. 249/1997), mentre
cio'  non  avverrebbe nei confronti dei cittadini colpiti da sanzioni
nel  settore degli allacciamenti e collaudi degli impianti telefonici
interni.
    Ulteriore  vulnus  del principio di uguaglianza appare evidente -
ancora  -  laddove  solo  chi  si  trova  in  piu'  agiate condizioni
economiche   potrebbe   "rischiare"   di  intraprendere  il  percorso
dell'opposizione in via giurisdizionale proponendo preventivamente un
ricorso   amministrativo   a   seguito   del   quale,  ove  respinto,
conseguirebbe  l'irrogazione  della  sanzione nella misura del doppio
del minimo.
    Non  solo;  la normativa determina altresi' una palese disparita'
di  trattamento  rispetto  ai  destinatari  di un processo verbale di
violazione  a  norme  del codice della strada, i quali possono invece
impugnare  il processo verbale divenuto titolo esecutivo e, alla luce
dell'interpretazione  adeguatrice poc'anzi tracciata, direttamente il
processo  verbale  prima che il medesimo diventi titolo esecutivo per
scadenza   dei   termini   per   adire   l'autorita'  amministrativa.
Quant'appena esposto, oltre che creare una disparita' di trattamento,
viola  il  diritto sancito dall'art. 113 della Costituzione in merito
alla  tutela  giurisdizionale  dei diritti contro gli atti della p.a.
escludendo  la  possibilita'  di  adire,  a  scelta  del  ricorrente,
l'autorita'  giudiziaria  o  l'autorita'  amministrativa; il tutto in
danno  di  coloro  che  subiscono  i  processi  verbali in materia di
allacciamenti e collaudi degli impianti telefonici interni.
    Gli  gli  artt. 18  e  22  della  legge  n. 689 del 1981 meritano
censura  anche  con  riferimento  all'art. 25  della  Costituzione in
relazione  alla  circostanza secondo cui essi distolgono il cittadino
dal  proprio  giudice naturale, giacche' impongono la possibilita' di
presentare  scritti  difensivi alla stessa autorita' che ha emesso la
sanzione e dilazionano ad un tempo futuro ed indeterminato il ricorso
al giudice ordinario.