IL GIUDICE DI PACE

    Premesso  e  ritenuto  che:  dagli  atti  del procedimento civile
n. 183/2001,  vertente  tra  Ferraro  Vittoria - che ha dichiarato di
stare in giudizio personalmente - cosi' avvalendosi della facolta' di
cui  all'art. 82,  primo  comma,  del  codice  di  procedura  civile,
correlato,   per   quanto  di  procedura,  al  quarto  comma  di  cui
all'art. 23  della  legge  24 novembre  1981,  contro comune di Santo
Ilario  dello Jonio, discende che l'attore ha inteso proporre ricorso
avverso  il  verbale  di contestazione elevato dal comando dei vigili
urbani  del  comune  di Santo Ilario dello Jonio in data 22 settembre
2000   e  recante  il  n. 397/2001,  notificato  all'opponente  addi'
7 febbraio  2001.  Nell'atto  introduttivo del giudizio parte istante
evidenziava:
        1)  che  il  22 settembre  2000,  alle ore 9,24, agenti della
polizia  municipale  del comune di Sant'Ilario, tramite misuratore di
velocita',  accertavano  che il conducente della vettura Mercedes 190
E,  targata  MI 4K3197, transitava nel territorio del comune di Santo
Ilario   Jonio  alla  progressiva  chilometrica  93,500  a  velocita'
superiore   a  50  km  orari,  cosi'  violando  il  disposto  di  cui
all'art. 142/8 del codice della strada;
        2) che in data 9 febbraio 2001 funzionari preposti dal comune
e   gli   stessi   accertatori   hanno   trasmesso   al  proprietario
dell'autovettura   di   cui   e'   detto,  verbale  di  contestazione
dell'infrazione  di  cui  sopra al codice della strada, adducendo che
non  si  era  potuto  provvedere,  nella  immediatezza,  e  nei  modi
regolamentari,  previsti  dall'art. 384  del d.P.R. 16 dicembre 1992,
n. 495,  a voce: "Regolamento di esecuzione del codice della strada",
ed in riferimento all'art. 201 di esso, alla contestazione immediata;
        3)  che  col  ricorso  de  quo il suddetto opponente rilevava
l'illegittimita'  del  verbale  di  contestazione  di  infrazione per
violazione  degli  artt. 200  e 201 del codice della strada oltre che
violazione  ex art. 200 codice della strada per mancata contestazione
immediata  dell'infrazione.  Cio'  nel  rilievo  che sul punto 1) nel
verbale  di  contestazione  e'  dato  leggere "non e' stato possibile
procedere  alla  contestazione  immediata  della violazione in quanto
l'apparecchiatura  di  rilevazione  ha  consentito  la determinazione
dell'illecito  dopo  che  il veicolo era gia' a distanza dal posto di
accertamento,  e  comunque  nell'impossibilita'  di essere fermato in
tempo utile e nei modi regolamentari".
    Rilevava,   ancora,   che   quanto   dedotto   dagli  agenti  per
giustificare  la  mancata contestazione appare, anche a parere di chi
scrive  mera  clausola  di  stile  piuttosto  che  una reale esigenza
dettata  da  una  possibilita' oggettiva cosi' per come sancito dall'
art. 14,  legge  n. 689/1981  e art. 200 del codice della strada sono
esplicite  nell'imporre  un'obbligo  incondizionato  e  non ammettono
margini  di  apprezzamento,  stante  la  loro  tassativita' (cosi' la
pretura  di  Siderno  4  febbraio  1999; pretura di Cremona 30 aprile
1992).
    Evidenziando  che  la  disattenzione  di tale obbligo costituisce
violazione   di   legge,   come   tale  rende  illeggittimo  l'intero
procedimento  amministrativo  di  irregolazione  amministrativa,  dal
momento  che  la  ratio  della  contestazione immediata, obbedisce ad
un'esigenza di salvaguardia del diritto della difesa ex art. 24 della
Costituzione.
    Infatti  la  normativa riconosce, nell'ottica di questa superiore
tutela, la necessita' del contraddittorio immediato per assicurare le
migliori  opportunita'  di tutela e di difesa da parte del cittadino,
il  quale ha un ovvio interesse a svolgere le proprie eccezioni anche
e  sopratutto  nell'immediatezza  del fatto, poiche' l'attualita' del
contesto   infrazionale  consente  la  possibilita'  di  elementi  di
valutazione  piu'  immediati  e  compiuti  rispetto ad una successiva
ricostruzione storica.
    Tutto cio' non e' marginale, neppure in presenza,come nel caso de
quo,  di  misurazione  automatica  della  velocita', concretizzandosi
l'interesse  del contravvenuto ad opporre, per esempio, rilievi sulla
esatta  ubicazione  dell'apparecchio  ai fini di un'eventuale perizia
nonche'   sulla   effettiva   presenza  dei  verbalizzanti  in  loco.
Contestazione  immediata  che  potrebbe  facilmente  sfociare  in  un
inaccettabile arbitrio.
    Cio'  costituisce, anche, violazione ex art. 201 del codice della
strada,  in  difetto  di  precisa  e dettagliata motivazione circa la
omessa contestazione,
    La   fattispecie   dell'   eccesso  di  velocita'  accertato  con
dispositivo  automatico  occorre  rilevare  che  le previsioni di cui
l'art. 384  lettera  e) del regolamento di attuazione al codice della
strada, siano influenti.
    Oggi giorno non esistono apparecchi in rilevamento che consentono
la  determinazione  dell'illecito in tempo successivo ovvero dopo che
il  veicolo  oggetto  di  rilievo  era  gia'  a distanza dal posto di
accertamento  misuratori  elettronici attualmente in uso, sono dotati
di   un  monitor  che  visualizza  la  velocita'  contestualmente  al
passaggio del veicolo per cui in concreto non esiste una possibilita'
di rilevazione in tempo successivo ed a distanza.
    Inoltre  le  attrezzature  a  prestazione  fissa,  attraverso  un
monitor  separato e portatile e' dotato di segnale acustico e visivo,
consentono  la visualizzazione del dato numerico a distanza e dunque,
in  anticipo  sull'arrivo  del  veicolo  colto in infrazione. Secondo
quanto  confermato  anche  in alcune pronunce della giurisprudenza di
merito  (vedasi  pretura  Belluno  28/1989)  "gli  agenti accertatori
possono  allontanarsi dal punto di rilevazione per uno spazio tale da
permettere  l'intimazione  dell'alt  del  veicolo,  senza  per questo
costringere il conducente ad effettuare brusche manovre".
    Nel  caso  di  specie,  se la presenza di due agenti era piu' che
sufficiente  per  provvedere alla contestazione immediata e personale
dell'infrazione,   potendosi  in  ogni  caso  provvedere  a  chiamare
un'altra   pattuglia  dall'altro  lato  e'  del  tutto  inconsistente
l'affermazione  secondo la quale, in quel luogo l'arresto del veicolo
avrebbe  potuto  determinare una situazione di pericolo, posto che lo
autovelox ben avrebbe potuto essere installato in un altro luogo.
    Cosi'  si  mette in dubbio il rispetto del dettato normativo, che
impone  che l'autorita' di vigilanza si ponga sempre e comunque nelle
condizioni  di  poter provvedere all'addebito immediato attraverso la
predisposizione delle condizioni necessarie e sufficienti a tal fine.
    Del resto la condotta degli agenti appare poi piu' grave nel caso
de   quo,   in  quanto  un'autovettura  che  procede  alla  velocita'
accertata,  ben  puo'  essere fermata in uno spazio limitato. Infatti
sarebbe  stato  sufficiente  che  uno dei due agenti si fosse posto a
distanza dell'apparecchiatura di rilevamento per fermare, in assoluta
sicurezza,  il  veicolo  e  procedere  alla  contestazione immediata,
(cosi'  anche pretura Pavia 15 aprile 1996; pretura Perugia 15 luglio
1994).
    Che   l'omessa  contestazione  immediata,  posta  quest'ultima  a
garanzia  del  contravventore  di far valere nell'immediatezza le sue
ragioni,  si  sarebbe  giustificata  solo  in  presenza di un fattore
eccezionale,  che  deve  essere  indicato  nella  totalita'  dei suoi
elementi  caratterizzanti,non  essendo  sufficiente  una  motivazione
fondata  sui  generici motivi impeditivi, ne' tantomeno la dichiarata
impossibilita'  dell'apparecchiatura  di  rilevazione  di determinare
l'illecito  nell'immediatezza  del fatto (cosi' pretura Lagonegro, 23
aprile  1998; pretura Cremona 30 aprile 1992;Pretura Rovigo 14 agosto
1990).
    Ne discende che siffatto comportamento rende pertanto illegittimo
il  provvedimento  amministrativo per violazione degli art. 200 e 201
del codice dellla strada.
    Chiedeva,  infine,  che,  in  accoglimento  all'  opposizione, il
giudice  di  pace  adito  annullasse  l'ordinanza  opposta  con  ogni
conseguenza di legge.
                            Osservato che
    A mente dell'art. 82 del codice di procedura civile, primo comma,
correlato  al  disposto  di  cui  all'art. 58  delle  disposizioni di
attuazione  del  codice di procedura civile, la mancata dichiarazione
di  residenza  od  elezione  di  domicilio, presso la cancelleria del
giudice  adito,  sceverano  il  suo  esercizio  del diritto di difesa
rispetto  ad  atti  e fatti posti in essere dalla amministrazione nei
confronti di esso medesimo.
    In  effetti  la  questione che si pone e' in diritto, ed e' stata
piu'  risolta  con  alterne  pronuncie,  mentre  sono  invocati quali
precedenti  pronunce che non si attagliano alla presente fattispecie,
riguardando  i  casi di notifica fatta al procuratore che eserciti le
sue  funzioni davanti ad una pretura inclusa nella circoscrizione del
tribunale   cui   lo   stesso   procuratore   e'   assegnato   (sent.
nn. 4676/1989,    2962/1988,   2087/1985,   4/1983),   fatto   questo
pacificamente  escluso nella specie. La suprema Corte, affermando che
la  norma  dell'art. 82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, non
esclude  la validita' delle notificazioni che vengano eseguite (dalla
controparte   che   potrebbe  avvalersi  di  detta  disposizione)  al
procuratore nel suo effettivo domicilio, ha riconosciuto la validita'
ed   efficacia  della  alternativa  notifica  presso  la  cancelleria
(operata nella specie).
    Esattamente  piu'  esplicita  ed  adesiva  risulta, per altro, la
sentenza  S.U.  n. 5100/90,  dalla  quale e' stata tratta la seguente
massima:
        "Nel  procedimento  dinanzi al giudice monocratico, l'art. 58
disp.  att.  cod. proc. civ., ove prevede la notificazione degli atti
presso  la cancelleria, nei confronti della parte che non abbia fatto
dichiarazione   di   residenza   o  elezione  di  domicilio  a  norma
dell'art. 314  cod. proc. civ., riguarda il solo caso in cui la parte
stia  in  giudizio  personalmente,  mentre nel caso di costituzione a
mezzo  di  procuratore la notificazione medesima (nella specie, della
sentenza  impugnata  al  fine  della decorrenza del termine breve per
l'impugnazione),  a  norma  dell'art. 82 del regio decreto 22 gennaio
1934  n. 37, va effettuata, se il procuratore operi nell'ambito della
propria  circoscrizione,  nel domicilio da esso indicato o risultante
dall'albo  professionale  (ancorche' si trovi in un comune diverso da
quello  della sede dell'ufficio giudiziario), ovvero, quando eserciti
fuori  di  detta circoscrizione, nel domicilio eletto nel luogo della
sede    dell'ufficio    giudiziario   considerandosi,   in   difetto,
elettivamente  domiciliato  presso  la  cancelleria  di quell'ufficio
(cfr.  La  Suprema  Corte anche in sent. numeri 2948/1990, 2284/1990,
3670/1985).
                       Ritenuto, altresi', che
    Nel  caso in cui il destinatario della notificazione abbia eletto
domicilio  presso  una  persona o un ufficio, la notificazione stessa
puo' essergli fatta nel domicilio eletto.
    E'  un  punto  di vista prevalente, anche in dottrina, che questa
forma  di  notificazione e', di regola, facoltativa e concorrente con
la  notificazione  eseguita  alla  persona secondo le modalita' sopra
indicate; diventa, peraltro, obbligatoria, anche quando l'elezione di
domicilio  e'  stata  inserita in un contratto e l'obbligatorieta' e'
stata espressamente pattuita.
    La  scelta  di  un  domiciliatario puo', talvolta, essere imposta
dalla  procedura  cosi' che la parte che si costituisce personalmente
e'  tenuta  a dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune
ove  ha  sede  l'ufficio  giudiziario competente, onde evitare che le
notificazioni  e  le  comunicazioni degli atti durante il processo le
vengano  fatte presso la cancelleria del giudice adito (art. 58 disp.
att.  Cod.  proc.  civ.),  anziche'  nella residenza dichiarata o nel
domicilio eletto (art. 170, terzo comma).
    Le  norme  di  rito hanno parificato alla elezione domicilio, per
taluni  fini,  la  nomina di un difensore come proprio rappresentante
tecnico nel processo:
        In  applicazione  a tale criterio l'art. 170 cod. proc. civ.,
sancisce che, dopo la costituzione in giudizio, tutte notificazioni e
comunicazioni  debbono  essere fatte al procuratore costituito, salvo
che la legge disponga altrimenti.
    Atteso  che  la notificazione si effettua mediante consegna della
copia  al  domiciliatario,  invece nella elezione di domicilio, detta
consegna   avviene   a  mani  della  persona  indicata,  o  del  capo
dell'ufficio,  se  e'  indicato  soltanto l'ufficio, e, comunque, nel
luogo indicato nella elezione stessa.
    Sicche' la consegna della copia nelle mani della persona del capo
dell'ufficio  presso  il  quale  e' stato eletto domicilio equivale a
consegna nelle mani proprie destinatario.
    Nei  casi  pratici  avviene  che  la notificazione, inoltre, puo'
essere   fatta  mediante  consegna  della  persona  di  famiglia  del
domiciliatario,  o comunque addetta alla casa, e, persino, in assenza
del  solo  ed  unico  destinatario  dell'atto, alle mani del portiere
dello stabile o ad un vicino di casa che, in dispregio alle norme del
disposto  di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, di tutela della
privacy, si dichiari disponibile a riceversela.
    Pari destino, anche se chiusi in busta, hanno gli atti notificati
per posta al domiciliatario.
    Senza  considerare  poi  che,  nelle notificazioni al procuratore
costituito  e' sufficiente la consegna di sola copia dell'atto, anche
se il procuratore e' costituito per piu' parti (art. 170, 20 comma).
    Il  tutto  fatta  eccezione  per  la notificazione della sentenza
quando   e'   fatta   a   fine   della  decorrenza  del  termine  per
l'impugnazione al procuratore costituito.
    In  detta ipotesi e' richiesta la consegna di tante copie, quante
sono  le  parti  per  cui il procuratore e' costituito (art. 285 cod.
proc.  civ.).  Dunque  la  notificazione  fatta  alla parte presso il
procuratore - o il soggetto indicato dall'attore quale domiciliatario
-  nel  caso di difesa non tecnica, ed e' equivalente, a quella fatta
all'attore,  in  quanto  domiciliatario  del  cliente  e  percio'  le
notificazioni possono essere eseguite a lui o presso di lui (2).
    L'unico  caso  in  cui la notificazione non puo' essere fatta nel
domicilio eletto, e, ove effettuata essa e' nulla, attiene al decesso
di  quest'ultimo ovvero quando esso si e' trasferito fuori della sede
indicata  nella elezione di domicilio o e' cessato l'ufficio indicato
quale domicilio dell'attore.
                             Atteso che
    Il  caso  preso  in  esame, avuto riguardo alla notificazione del
decreto  di  fissazione  d'udienza  di cui all'art. 23 della legge 24
novembre  1981, in concomitanza con una capillare campagna di stampa,
posta  in atto da varie associazioni, sedicenti di tutela dei diritti
dei   cittadini  e  di  salvaguardia,  per  costoro,  da  conseguenze
riguardanti   la   loro   sfera   giuridica,   richiama,   nella  sua
formulazione,  il  dettato  del  cessato art. 82 cod. proc. civ. che,
prima  della  vigenza  dell'art. 20  della  legge  21  novembre 1991,
n. 374,  che  ne ha sostituito il testo iniziale, con la formulazione
attuale,  disciplinava  la  difesa  del  cittadino dinanzi ai cessati
uffici  di  conciliazione  ed  anche,  ed in particolari circostanze,
dinanzi ai pretori.
    Tant'e'  che  la  giurisprudenza  ha  esaminato  con  particolare
frequenza  le  varie  forme dei provvedimenti coi quali il pretore, a
mente del citato articolo, oggi abrogato, poteva autorizzare la parte
a stare in giudizio di persona, nonche' gli effetti della mancanza di
un procuratore legalmente abilitato all'atto che ha compiuto.
    La potesta' allora attribuita al pretore, che qui ci interessa al
fine  di pervenire alla conclusione alla limitata ampiezza difensiva,
a  favore  di  se  stesso,  attribuita alla parte che sta in giudizio
personalmente,  veniva data in considerazione della natura ed entita'
della  causa,  e  ben poteva essere esercitata su istanza anche orale
della parte.
    Ne'  puo'  formare  materia  di  controllo da parte della Suprema
Corte, nemmeno sotto l'aspetto di una violazione della legge formale,
per mancanza del provvedimento scritto.
    Cio'   e'  ancor  piu'  verosimile  in  quanto  era  di  per  se'
sufficiente   che   l'autorizzazione  risultasse  semplicemente,  dal
verbale di causa. (Cass., 11 aprile 1951 n. 846).
    Nel dualismo tra le funzioni processuali, espletate in modo ancor
piu'  privilegiato  con  la  difesa  tecnica effettuata dal difensore
abilitato, e della difesa compiuta personalmente dalla parte, si sono
inserite le pronunzie della Suprema Corte di cui si e' detto.
    Ritiene questo giudice di pace che la ecc.ma Consulta, che ebbe a
pronunciarsi  il  lontano  19  gennaio  1988, con ordinanza n. 42, in
esito  alla  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 22,
terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui
pone l'obbligo della elezione del domicilio nel comune ove aveva sede
l'allora  pretore adito, debba riesaminare, anche alla luce di quanto
esposto, la pronuncia.
    Non  v'e'  dubbio,  infatti,  che oggidi' l'estrema mobilita' del
cittadino,  -  dettate  dall'esigenza  di  continui spostamenti della
frenetica  vita  dell'iniziato  terzo  millennio - nel percorrere, in
lungo  ed  in  largo,  per  lavoro  e  per  impegni  non debba essere
cadenzata  dall'obbligo  di  reperire,  per  ogni  dove,  il  proprio
domicilio eletto.
    Ed  ancor meno che il cittadino, sia esso di Palermo o di Milano,
che  si  trova  a percorrere quest'estremo lembo d'Italia, essendogli
recapitato,  a  mo'  di  ricordo  del viaggio, un plico contenente la
sanzione amministrativa, opponendosi ad essa non sia nelle condizioni
di sapere quale sia il suo destino processuale.
    Fatto  che se il medesimo cittadino avesse residenza anagrafica a
Locri  non  avrebbe  verun  problema, ne' economico, ne' motorio, non
solo per difendersi personalmente, ma anche per vedersi recapitato, a
casa  propria,  ogni  atto  del procedimento che si celebra dinanzi a
questo giudice di pace.
    Salvo  che  il legislatore non abbia evidentemente inteso imporre
ad   esso   il   pagamento  della  sanzione,  quale  via  piu'  breve
all'alternativa  di  sborsare  pari  importo  per  approntare  la sua
difesa, sia essa tecnica, o gestita da se medesimo.
    E'  evidente  la  incostituzionalita' della norma che preclude la
notificazione  degli  atti  del  giudizio di opposizione ad ordinanza
ingiunzione,  -  dal primo all'ultimo - presso l'esatta residenza del
ricorrente.
    Tale  principio  contrasta  col  disposto di cui all'art. 3 nella
parte in cui non viene riconosciuto al cittadino medesima eguaglianza
e pari dignita' dinanzi alla legge, precipuamente procedurale.
    Il  medesimo  principio contrasta col disposto di cui all'art. 24
della  Costituzione,  nella  parte  in  cui riconosce al cittadino la
libera facolta' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti
ed  interessi  legittimi,  essendo  la  difesa un diritto inviolabile
sempre e dovunque.
    Il  richiamato  principio  contrasta,  in  ultimo,  con  tutto lo
spirito  etico  e  morale della Carta costituzionale secondo il quale
sul  destino  del  cittadino non possono e ne' devono pesare fatti ed
atti da esso non voluti: siano essi la nascita, il suo sito ed il suo
nome.