IL VICE GIUDICE CONCILIATORE

    Nella  causa  R.G. n. 2570/93, di opposizione al d.i. n. 8781/93,
promossa  da  Paola  Gandolfi,  con  l'avvocato  Massimo  Carandente,
attrice opponente;
    F.R.  Grandi  Opere  S.r.l.,  con  l'avvocato  Marcello Marchese,
convenuta opposta, ha emesso la seguente ordinanza.
    Con  atto  di citazione ritualmente notificato il 23 aprile 1993,
la Sig.ra Paola Gandolfi, residente in Praticello, fraz. di Gattatico
(RE),  Via  Salvador  Allende  n. 9, proponeva tempestiva opposizione
avverso il d.i. in epigrafe, con il quale il, giudice conciliatore di
Milano le aveva ingiunto il pagamento, in favore di F.R. Grandi Opere
S.p.a.,  della somma di lire 975.500, oltre interessi entro il limite
di competenza, e spese legali per complessive L. 278.000.
    L'attrice  opponente  sosteneva, fra l'altro, che il contratto 21
novembre  1991, posto a fondamento dellaconcessa ingiunzione, rientra
nella  fattispecie,  gia' considerata dalla direttiva CEE n. 85/577 e
successivamente  regolata  dal  d.lgs.  15  gennaio  1992,  n. 50, di
contratto  di  vendita  negoziato  tra  un operatore commerciale e un
consumatore  al  di  fuori  dei  locali  commerciali.  Allegava,  fra
l'altro,  di  non essere stata correttamente informata dall'operatore
commerciale  sul  proprio diritto di recesso e, pertanto, invocava in
proprio  favore la disposizione di cui alIart. 6.2. del citato d.lgs.
50/1992, che estende a sessanta giorni il termine per l'esercizio del
diritto  di  recesso,  nelle  ipotesi  in cui sia mancata la corretta
informazione  prevista  dall'art. 5 del suddetto decreto legislativo.
Poiche'  tale  termine allungato decorre, per i contratti riguardanti
la  fornitura  di  beni, dalla data di ricevimento della merce, e non
avendo  la  F.R.  Grandi  Opere  consegnato i beni alla Gandolfi, sia
pure,  come  allega la Grandi Opere, per il rifiuto della consegna da
parte  della  destinataria,  la  dichiarazione  di recesso in data 20
aprile  1993,  inviata dalla consumatrice alla Grandi Opere, dovrebbe
essere ritenuta comunque tempestiva ed efficace.
    Ha  eccepito  la  Grandi  Opere  che  la  normativa di tutela del
consumatore  non  dovrebbe  trovare applicazione al contratto de quo,
siccome  stipulato  anteriormente  all'entrata  in  vigore del d.lgs.
n. 50/1992.
    La  questione  sorta  dal  contrasto  in  ordine  alla  validita'
dell'esercizio  del  diritto di recesso da parte dellaGandolfi appare
pregiudiziale   rispetto   alla  decisione  sul  merito  del  decreto
ingiuntivo;  del  resto  e' ben noto che, a prescindere dalla data di
entrata  in  vigore  della  normativa  nazionale  che  recepisce  una
direttiva  comuinitaria, il giudice nazionale e' comunque vincolato a
interpretare il diritto interno in maniera compatibile con il diritto
comunitario,  per  la  prevalenza  del  secondo sul primo, cosi' come
affermata  dalla  corte  di giustizia CEE, fra l'altro, nel noto caso
Marleasing   (sentenza   13   novembre  1990,  in  Causa  C-106/1989,
Marleasing SA contro La Comercial Internacional de Alimentacion SA).
    Si  tratta  peraltro  di questione che non puo' essere risolta da
questo giudice, per le seguenti ragioni:
        (a)  l'art. 12  del d.lgs. n. 50/1992 statuisce la competenza
territoriale  inderogabile  del  giudice  del luogo di residenza o di
domicilio  del consumatore, per tutte le controversie civili inerenti
all'applicazione del suddetto decreto;
        (b)  in  materia  processuale  vale il principio espresso dal
brocardo tempus regit actum;
        (c)  la  presente lite pende soltanto dal 26 marzo 1993, data
alla quale il predetto art. 12 d.lgs. n. 50/1992 era gia' in vigore.
    Le  norme  sulla  competenza  che  vanno  applicate  nel presente
giudizio  sono, ai sensi dell'art. 90, primo comma, legge 26 novembre
1990,  n. 353,  nel  testo  vigente  a  seguito  dell'ultima modifica
attuata  con  l'art. 9  d.l.  18  ottobre 1995, n. 432, convertito in
legge  20  dicembre  1995,  n. 534,  gli artt. 5 e 38 c.p.c., vecchia
formulazione, in,quanto trattasi di giudizio non ancora pendente alla
data  del  primo  aprile 1993 e gia' pendente alla data del 30 aprile
1995.
    Poiche',  nel caso di specie, l'inderogabilita' dell'incompetenza
territoriale   e'   espressamente  disposta  dalla  legge,  si  versa
nell'ipotesi  di inderogabilita' contemplata dall'art. 28 c.p.c. che,
ai  sensi dell'art. 38, primo comma, c.p.c., vecchia formulazione, va
rilevata, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.
    Pertanto  il  giudice  competente  sulla questione pregiudiziale,
secondo  le  disposizioni  della  legge processuale sulla competenza,
dovrebbe  essere il, giudice di pace di Reggio Emilia, circoscrizione
nella  quale  e' ricompresoil comune di Gattatico, di cui e' parte la
frazione  di  Praticello,  luogo  di residenza dell'attrice opponente
Paola Gandolfi.
    Tuttavia,  ad  avviso  di  questo  giudice, non e' manifestamente
infondata  la questione della legittimita' costituzionale della legge
istitutiva  del giudice di pace, per le ragioni che qui di seguito si
espongono.
    ll  giudice  conciliatore,  seppure  non nominato per concorso, a
dispetto    del    primo    comma    dell'art. 106   Cost.,   risulta
costituzionalmente    legittimo,    in   conformita'   alla   vigente
disposizione   transitoria  VII,  che  ha  statuito  il  mantenimento
dell'ordinamento  giudiziario all'epoca vigente, fino "all'emanazione
della  nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformita' con la
Costituzione".  Il  giudice  conciliatore  era,  appunto,  gia' stato
istituito  prima  ancora  dello  Stato  unitario e, ancora nel vigore
dello  Statuto albertino, e' stato contemplato dagli artt. 1 e 20-29,
regio  decreto  30  gennaio 1941, n. 12, prima dell'entrata in vigore
della  Costituzione repubblicana, che, con la citata Disposizione VII
trans.,  ne  ha  mantenuto  transitoriamente  ed  eccezionalmente  la
funzione.
       Di  contro,  senza  che  sia  stata  emanata  la  nuova  legge
sull'ordinamento  giudiziario  prevista  dalla  suddetta Disposizione
transitoria  VII,  il legislatore ordinario, con la legge 21 novembre
1991,  n. 374,  ha  istituito  un  giudice  che non e' un "magistrato
ordinario   istituito   e   regolato   dalle  norme  sull'ordinamento
giudiziario", ed e' dunque un giudice speciale, e non e' nominato per
concorso,  in  palese  contrasto  con  le disposizioni dell'art. 102,
primo  e  secondo  comma, Cost., nonche' con l'art. 106, primo comma,
Cost.
    Del   resto,   volendosi  modificare  la  legge  sull'ordinamento
giudiziario vigente, e dovendosi allora operare in conformita' con la
Costituzione  (secondo  quanto  prevede  la  Disposizione  VII trans.
Cost.),  il  problema  e'  verificare  se la Costituzione consenta (a
prescindere   dal  caso  del  giudice  conciliatore  transitoriamente
mantenuto,  la istituzione di uffici giudiziari formati unicamente di
"magistrati  onorari"  o,  se si preferisce, la istituzione di organi
gurisdizionali preclusi a "magistrati ordinari".
    Per  una  corretta  interpretazione degli artt. 101 e segg. della
costituzione,     occorre     tenere    presente    il    significato
tecnico-giuridico  dei  due termini (magistrato, giudice) usato negli
artt. 101  e  segg. dalla lettura della sezione 1 del Titolo IV della
Costituzione, sembra potersi affermare che ivi:
        il  termine "magistrati" si riferisce sempre alle persone che
sono chiamate ad esercitare la funzione giurisdizionale (essi possono
essere  "ordinari"  oppure  "onorari"  a  seconda  delle modalita' di
nomina;
        il termine "giudici" si riferisce all'organo giurisdizionale,
cioe'   all'ufficio   giudiziario   (monocratico   ocollegiale)   che
amministra la giustizia.
    Orbene,  rileggendo  gli artt. 101 e segg. della Costituzione, ed
in   particolare   l'art. 106,   sembra  evidente  che  una  cosa  e'
disciplinare  (con  legge  ordinaria,  le  modalita'  di  "nomina" di
magistrati  onorari,  cioe'  le  modalita' di "nomina" di persone che
possono esercitare le funzioni giurisdizionali al pari dei magistrati
ordinari; ben altra cosa e' invece prevedere (con legge ordinaria) la
istituzione  di  uffici  giudiziari,  cioe'  (secondo la terminologia
della  Costituzione)  la istituzione di "giudici" costituiti soltanto
di  magistrati  onorari.  L'art. 106  consente  solo  la nomina anche
elettiva  di  magistrati  onorari,  cioe'  la  nomina  di persone cui
attribuire  le  funzioni  spettanti  a  "giudici"  singoli (cioe' ad,
uffici   giudiziari   monocratici);   viceversa,   non   consente  la
istituzione   di   organi  giurisdizionali  monocratici  riservati  a
"magistrati   onorari".  Ad  esempio,  essendo  le  preture  "giudici
singoli"  (secondo la dizione usata dall'art. 106 della Costituzione,
sarebbe  conforme  alla Costituzione disciplinare le modalita' per la
"nomina  anche  elettiva" di magistrati onorari per tutte le funzioni
del  pretore.  Non  sarebbe,  invece,  consentito  istituire, preture
riservate  per  legge  a  magistrati onorari, cioe' formate per legge
soltanto da magistrati onorari.
    Se  questo  fosse  ammissibile  secondo  la  Costituzione,  nulla
vieterebbe,  allora,  di  istituire  oggi anchepreture ..... onorarie
riservando  solo  a  magistrati onorari le funzioni di pretore; cosi,
qualora  i  tribunali  venissero trasformati in "giudici singoli" (la
proposta  del  ribunale  monocratico  era  stata  gia' avanzata a suo
tempo),  nulla vieterebbe domani di istituire anche tribunali formati
per  legge  soltanto  da magistrati onorari. In definitiva, una volta
ammesso   il   principio,   tutto  cio'  sarebbe  fattibile,  con  la
conseguenza che si potrebbe giungere a relegare i magistrati ordinari
(di carriera) a funzioni meramente di appello o di cassazione e/o con
funzioni  limitate  ad  un  sindacato di mera legittimita', mentre la
giurisdizione  di  merito  anche  penale  potrebbe  essere attribuita
prevalentemente  a  magistrati  onorari  necessariamente sensibili al
potere politico e di questo sostanzialmente espressione.
    Ovviamente,  la  magistratura, intesa come corpo di magistrati di
carriera  indipendenti  da  ogni  altro  potere,  non  e'  un  tabu'.
Tuttavia, se si volesse scegliere una via diversa da quella delineata
dalla   Costituzione,   sarebbe  necessario  esserne  consapevoli  ed
affrontare  il  problema  con  le  procedure previste per la modifica
delle    norme   costituzionali;   non   sembra,   quindi,   corretto
contrabbandare  per mera riforma di un ufficio giudiziario conservato
in  via transitoria (il conciliatore) una operazione avente invece il
fine   recondito   di   stravolgere   sostanzialmente   l'ordinamento
giurisdizionale delineato dagli artt. 101 e segg. della Costituzione.
    La  soluzione del predetto quesito di legittimita' costituzionale
e'  ovviamente  rilevante  nella  specie,  in  quanto  questo giudice
dovrebbe  dichiarare la competenza di altro giudice, istituito da una
legge  la cui illegittimita' costituzionale appare non manifestamente
infondata.  In  tal  senso  vengono superate le argomentazioni di cui
all'ordinanza  della  Corte  costituzionale in data 16 dicembre 1998,
n. 458.