IL TRIBUNALE Con sentenza n. 178/2000 la Corte costituzionale ha deciso sulle questioni di legittimita' sollevate da diverse autorita' giudiziarie in relazione al disposto dell'art. 1 commi 193 e 194 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). Occorre pero' rilevare che la Corte ha dichiarato l'infondatezza di tutte le questioni sollevate dalle autorita' remittenti ad eccezione di quella, sollevata in relazione alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, e relativa alla deroga che la disposizione di legge impugnata avrebbe apportato al regime ordinario della prescrizione dei crediti per i contributi previdenziali; di tale questione infatti la Corte ha ritenuto semplicemente l'inammissibilita', poiche' i rimettenti non avrebbero fornito alcuna precisazione sui termini di decorrenza e durata della prescrizione dei singoli crediti che, nella specie, le parti assumerebbero essere gia' estinti per decorso del tempo. Tale carente individuazione si risolve secondo la corte, in un difetto di motivazione sulla rilevanza dellaquestione, motivazione che appare particolarmente necessaria attesa anche la notevole ampiezza del periodocontributivo contemplato dalla legge (1o agosto 1985-30 giugno 1991); Cio' premesso ritiene il tribunale che tale decisione non sia ostativa alla riproposizione della questione, limitatamente al profilo di illegittimita' sopra evidenziato, ove possa essere dimostrata adeguatamente la rilevanza della medesima questione in questa controversia. Sulla questione di costituzionalita' La questione che si intende sollevare e' identica a quella sollevata fra l'altro dal pretore di Torino, con ordinanza del 26 marzo 1998 n. 373/1998) e che puo' cosi' riassumersi: La norma denunciata e' quella dell'art. 1, comma 194 della legge n. 662/1996, nella parte in cui sottopone a contribuzione i datori di lavoro, limitatamente al periodo contributivo dal 1o settembre 1985 al 30 giugno 1991, in deroga alle disposizioni di cui all'art. 3, commi 9 e 10 della legge 8 agosto 1995 n. 335". Tale disposizione potrebbe violare, secondo questo remittente, l'art. 3 della Costituzione sotto un triplice profilo gia' rilevato dal pretore di Torino: a) perche' viola il principio della certezza del diritto in quanto rende imprescrittibili ed esigibili in ogni tempo le contribuzioni dovute in quel periodo, comprese quelli che si sarebbero dovute considerare estinte per la prescrizione decennale gia' maturata ex art. 3 commi 9 e 10 legge n. 335/1995; b) perche' viola il principio dell'uguaglianza di trattamento con gli altri debiti contributivi previdenziali, poiche' la deroga riguarda solo le retribuzioni previdenziali insorte in quel periodo; c) perche' viola, infine, il principio di ragionevolezza, poiche' riguarda il contributo di solidarieta' dovuto fino al 30 giugno 1991, ma non quello dovuto successivamente; Sulla rilevanza della questione nella presente controversia La vicenda processuale che qui interessa puo' cosi' riassumersi. L'Istituto nazionale di Credito Agrario S.p.a. d'ora in poi "Istituto", ha costituito presso di se', con contratto collettivo aziendale un fondo integrativo di previdenza, (FIP) alimentato in parte con i contributi dei lavoratori ed in parte dal datore di lavoro; ha, inoltre, attivato, prima per il solo personale direttivo e poi per tutto il personale, fra il 27 ottobre 1987 ed il 29 settembre 1988 una polizza sanitaria. Fino al 1991 l'Istituto predetto non ha mai versato i contributi previdenziali relativamente alle somme accantonate presso il FIP e per le polizze sanitarie; La correttezza di questa posizione, secondo l'Istituto, e' stata confermata dalla legge n. 166/1991 che, all'art. 9-bis, stabili', con norma di interpretazione autentica l'esclusione dall'imponibile previdenziale delle somme versate o accantonate per il finanziamento di forme integrative di previdenza o di forme assicurative previste da contratti o accordi collettivi o regolamenti aziendali; Poiche' la norma disponeva il versamento ex novo e per il futuro di un contributo di solidarieta' del 10% l'Istituto ha provveduto ad assoggettare dal 1991 in avanti a detto contributo le somme relative; La sentenza della Corte costituzionale n. 421/1995 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9-bis, primo comma primo, periodo della anzidetta legge n. 166/1991; A seguito di cio' l'I.N.P.S. ha chiesto il pagamento dei contributi per il FIP e per le polizze sanitarie per gli anni dal 1986 al 1991; Il legislatore ha stabilito, con la normativa che qui si impugna, il pagamento, con obbligo retroattivo di un obbligo di solidarieta', nella misura del 15%, per il periodo settembre 1985/giugno 1991; L'Istituto ha provveduto a versare cautelativamente e con riserva di ripetizione il contributo predetto, per una misura complessiva, relativa al periodo settembre 1985/giugno 1991 pari a L. 718.092.000; dopo una serie di richieste in sede amministrativa ha agito in giudizio verso l'INPS, per ottenere la declaratoria dell'obbligo del versamento del contributo previdenziale del 15% sulle somme versate per FIP e polizza sanitarie; con sentenza di primo grado il pretore del lavoro di Firenze ha rigettato il ricorso; l'Istituto si e' gravato in appello. Nel corso del giudizio fra le altre questioni e' stata sollevata, appunto, quella della prescrizione dei crediti, che secondo il ricorrente opererebbe ove fosse eliminata la norma oggi in discussione; L'INPS ha sostenuto che, in ogni caso, la questione sarebbe in punto di fatto irrilevante, in quanto la prescrizione sarebbe stata comunque interrotta da un verbale di accertamento, notificato al ricorrente in data 28 dicembre 1995. La questione circa l'idoneita' di tale verbale ad interrompere la prescrizione, idoneita' che viene contestata dall'Istituto ricorrente, ovviamente attiene ad una valutazione giuridica che deve essere operata da questo tribunale. Vi e' pero' da rilevare che, come gia' dal resto notato dal pretore, anche a voler ritenere come il primo giudice fa, la sussistenza della predetta idoneita', l'interruzione non opererebbe per il periodo intercorrente fra il 1o settembre 1985 ed il 28 dicembre 1985, poiche' questo periodo resterebbe comunque fuori dall'efficacia della interruzione medesima. Per questo, sia pur limitato, periodo e per i contributi che ad esso afferiscono, l'unico elemento che consente di non ritenere l'efficacia della prescrizione e' proprio la norma di cui all'art. 1 comma 194 della leggen. 662/1996, che deroga esplicitamente alle regole ordinarie in tema di prescrizione previdenziale, sancite dall'art. 3, commi 9 e 10 della legge n. 335/1995; cio' pare sufficiente a ritenere comunque rilevante nella presente controversia la questione ora sollevata, anche qualora questo giudice di appello dovesse ritenere valido l'atto interruttivo di cui si e' parlato. In effetti vi e' da notare anche il primo giudice ha valutato come astrattamente rilevante la questione in relazione alla decisione della causa, ma ha, poi, ritenuto, che la norma derogatrice alle regole sulla prescrizione non fosse tale da suscitare sospetti di illegittimita' costituzionale, che e' quello che, invece, questo tribunale per le motivazioni sovraesposte, ritiene.