IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 31 maggio 2000 nel procedimento iscritto al n. 805 r.g.a.c. dell'anno 2000 promosso da Tirino Impianti S.r.l., Piero Salvatore, Donato Salvatore e Diego Salvatore nei confronti della Caripe S.p.a. rileva quanto segue: con atto di citazione notificato il 10 marzo 2000 i predetti proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo di L. 852.008.040, provvisoriamente esecutivo, emanato dal Presidente del tribunale di Pescara in data 26 gennaio 2000 su richiesta ed in favore della Caripe, eccependo l'applicazione di interessi ultralegali non dovuti ed in particolare, lamentando la violazione dell'art. 1283 c.c. per capitalizzazione trimestrale delle spese e competenze passive. L'istituto di credito opposto, costituitosi, contestava punto per punto le doglianze ex adverso sollevate deducendo essere legittima l'applicazione di interessi anatocistici su base trimestrale. Devesi premettere che la suprema Corte, inaugurando un nuovo orientamento in materia, si e' pronunciata per la nullita' delle clausole che, in relazione agli usi, nel settore bancario, consentono l'anatocismo trimestrale (cfr. Cass. 16 marzo 1999, n. 2374 e Cass. 30 marzo 1999, n. 3096), e che, successivamente, il legislatore, avvalendosi della delega conferitagli dalla legge n. 128 del 1998 (legge comunitaria anni 1995-1997), con d.lgs 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, secondo comma, ha provveduto a modificare il d.lgs. n. 385 del 1993 "T.U. delle leggi in materia creditizia e bancaria" (art. 120), ed ha stabilito che le modalita' ed i criteri per la produzione degli interessi anatocistici sulle operazioni bancarie sono stabilite con delibera C.I.C.R., con l'unico vincolo che sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicita' nel calcolo degli interessi sia passivi che attivi ed ha previsto, inoltre, (art. 25, terzo comma) che, fino all'emanazione della predetta delibera, sono valide ed efficaci le clausole relative alla produzione degli interessi anatocistici contenute nei contratti stipulati sino a quel momento. Ancora, di recente, la Corte di cassazione ha ribadito l'orientamento sopra meglio richiamato secondo cui va dichiarata la nullita' della clausola contenuta in un contratto bancario che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi (Cass. 11 novembre 1999, n. 12507). Da ultimo, il C.I.C.R. - con delibera del 9 febbraio 2000 - ha provveduto al compito di stabilire modalita' e criteri per la produzione degli interessi sugli interessi; Tanto premesso, questo, giudicante ritiene rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione sollevata dall'opponente di illegittimita' costituzionale dell'art. 25, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 342 del 1999 per violazione degli articoli 3, 41 e 47 della Carta costituzionale. La norma, infatti, produce l'effetto di sanare - non soltanto per il passato, ma addirittura sino alla emanata delibera del C.I.C.R. sopra menzionata - clausole negoziali che, alla luce della giurisprudenza sopra richiamata debbono essere considerate come del tutto nulle. La norma in esame, inoltre, appare innanzitutto in contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale in quanto consentirebbe un irragionevole trattamento piu' favorevole tra gli istituti bancari e tutti gli altri operatori economici che prestano servizi finanziari e che pure sono sottoposti, come le banche, ad un analogo regime di tipo autorizzativo ed ispettivo nonche' agli stessi meccanismi di vigilanza ad opera delle preposte autorita' di controllo. In secondo luogo, la medesima norma suscita dubbi di costituzionalita' anche sotto il profilo della ragionevolezza, principio anch'esso contenuto nel principio di eguaglianza, e che si traduce in un "generale canone di coerenza dell'ordinamento" (cfr. Corte cost. n. 204 del 1982 nonche' Corte cost. n. 204 del 1997) e si reputa violato ogni qualvolta una norma generale, ritenuta valida, sia derogata da una disciplina particolare ovvero, nel caso in esame, allorquando la disciplina generale sancita dagli articoli 1283 c.c. e dall'art. 25, comma 2, d.lgs n. 342 del 1999 venga derogata dalla disciplina particolare e transitoria di cui al comma 3 del richiamato art. 25. Infine, la norma in esame sembra porsi in contrasto anche con l'art. 41, commi 2 e 3, nonche' con l'art. 47 della Carta costituzionale posto che, da un lato, piu' che l'utilita' ed il fine sociale, sembra tutelare esclusivamente una certa categoria di operatori finanziari ovvero le banche, a discapito di tutti gli altri operatori finanziari o consumatori-utenti e dall'altro, perche' la norma non appare diretta ad incoraggiare il risparmio e a contemperare i contrapposti interessi in gioco quanto piuttosto a porre a riparo gli istituti di credito bancario dalle istanze di ripetizione che la clientela in virtu' dell'orientamento giurisprudenziale di legittimita' ha ed avrebbe potuto avanzare. Pertanto considerato, deve sospendersi il giudizio e gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale, apparendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionalita'. Per le stesse ragioni deve ritenersi che sussistono i gravi motivi per sospendere la provvisoria esecuzione del decreto monitorio opposto.