ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  dell'art. 2 del regio d.l. 20 luglio
1934,  n. 1404  (Istituzione  e  funzionamento  del  tribunale  per i
minorenni)   -   convertito   nella  legge  27 maggio  1935,  n. 835,
modificato  dal  r.d.l.  15 novembre  1938, n. 1802, convertito nella
legge  16 gennaio  1939,  n. 90,  e nuovamente modificato dalle leggi
25 luglio  1956,  n. 888  e  27 dicembre  1956, n. 1441, promosso con
Ordinanza emessa il 11 febbraio 2000 dal tribunale per i minorenni di
Cagliari  nel  procedimento  di volontaria giurisdizione promosso dal
Procuratore  della  Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di
Cagliari  nei  confronti  di  Cannas  Giovanni  ed altra, iscritta al
n. 548  del  registro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 41, 1a serie speciale, dell'anno 2000;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 gennaio 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il  tribunale  per  i  minorenni  di Cagliari, con
Ordinanza  emessa  il  11 febbraio 2000, ha sollevato, in riferimento
all'art. 3    della    Costituzione,    questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 2  del  regio  d.l. 20 luglio 1934, n. 1404
(Istituzione  e  funzionamento  del  tribunale  per  i  minorenni)  -
convertito  nella legge 27 maggio 1935, n. 835, modificato dal r.d.l.
15 novembre  1938,  n. 1802,  convertito nella legge 16 gennaio 1939,
n. 90,  e  nuovamente modificato dalle leggi 25 luglio 1956, n. 888 e
27 dicembre  1956,  n. 1441  -  nella  parte  in  cui  prevede che il
collegio  deve  essere  costituito  con la presenza di due componenti
privati, uno di sesso maschile ed uno di sesso femminile;
        che  il  tribunale  rimettente dichiara di essersi costituito
con  la  presenza  di due componenti laici di sesso maschile, a causa
dell'impedimento dei giudici onorari di sesso femminile, sia titolare
che   supplente,   a  partecipare  all'udienza,  e  rileva  che  tale
composizione  determina  una nullita' insanabile per violazione delle
norme sulla costituzione del giudice;
        che,   ad   avviso   del  giudice  a  quo,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  sarebbe  rilevante,  in  quanto  il suo
accoglimento farebbe venir meno il vizio di costituzione del giudice;
        che  il  giudice  rimettente  osserva come la disposizione in
esame  fosse diretta ad assicurare la presenza femminile nel collegio
giudicante  in  un'epoca in cui i giudici togati erano esclusivamente
uomini, stante il divieto di accesso delle donne alla magistratura, e
come  alla  data  dell'ultima  riforma del tribunale per i minorenni,
risalente  all'anno 1956, la situazione fosse la medesima, in quanto,
nonostante  l'entrata  in  vigore  della  Costituzione che sanciva il
divieto  di  discriminazioni  tra  uomo  e  donna anche relativamente
all'accesso  al  lavoro,  alle donne era ancora inibito l'ingresso in
magistratura;
        che, ad avviso del tribunale rimettente, la permanenza di una
distinzione   tra   i   sessi,   pur  se  limitata  all'ambito  della
magistratura onoraria, sarebbe ancor piu' discriminatoria;
        che  pertanto  la norma censurata, oltre a porsi in contrasto
con la Costituzione, risulterebbeanacronistica;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale  ha  concluso  per  l'infondatezza della questione,
sostenendo  che  la  finalita'  della  norma  deve individuarsi nella
esigenza  di  garantire,  con  la  presenza  delle donne nel collegio
giudicante,  un  giudizio  meglio  orientato  alla  tutela dei minori
attraverso  il  peculiare  contributo  derivante  dalla  sensibilita'
femminile   e  che  quindi  la  scelta  del  legislatore  non  appare
censurabile ne' tantomeno discriminatoria rispetto al sesso maschile.
    Considerato  che appare opportuno precisare che la partecipazione
delle donne all'amministrazione della giustizia nelle corti di assise
e  nei  tribunali  per i minorenni non risale ad epoca anteriore alla
Costituzione  bensi'  e'  stata  introdotta  con la legge n. 1441 del
1956;
        che,  come  questa  Corte  ha  reiteratamente sostenuto, deve
riconoscersi  al legislatore una insindacabile discrezionalita' nella
scelta   tra   le   diverse   forme   di  composizione  degli  organi
giurisdizionali  (in  particolare,  ordinanze n. 10 del 1994 e n. 590
del 1988), salvi i limiti della ragionevolezza;
        che tale discrezionalita' risulta evidentemente esercitata in
modo  non  irragionevole anzitutto nel momento della emanazione della
norma  impugnata,  nel  quale  operava  il principio della esclusione
delle donne dall'esercizio delle funzioni giurisdizionali;
        che  in occasione dei diversi interventi normativi posteriori
alla legge 9 febbraio 1963, n. 66 (Ammissione della donna ai pubblici
uffici  ed alle professioni) con la quale si e' consentito alle donne
l'accesso  alla  magistratura, il legislatore, pur modificando alcune
norme  dell'ordinamento  giudiziario  relative  al  tribunale  per  i
minorenni  e  alla  sezione per i minorenni della corte d'appello, ha
voluto  lasciare  immutata  la  disposizione in esame, implicitamente
confermando  la scelta inerente alla composizione del tribunale per i
minorenni;
        che,  in  particolare,  l'art. 2  della  legge 8 agosto 1977,
n. 532 (Provvedimenti urgenti in materia processuale e di ordinamento
giudiziario),  emanato in sostituzione del secondo comma dell'art. 58
dell'ordinamento  giudiziario,  ha  variato  il numero dei magistrati
della  sezione  per  i  minorenni, senza incidere in alcun modo sulla
previsione relativa all'intervento dei due esperti di sesso diverso;
        che   l'art. 14   del   d.P.R.   22 settembre   1988,  n. 449
(Approvazione   delle   norme   per   l'adeguamento  dell'ordinamento
giudiziario  al  nuovo  processo  penale  ed  a quello a carico degli
imputati    minorenni),    inserendo   nell'ordinamento   giudiziario
l'art. 50-bis,  recante  disposizioni  sul  giudice  per  le indagini
preliminari,  ha  espressamente  previsto  la  partecipazione  di due
giudici  onorari,  un  uomo  e una donna, all'udienza preliminare del
tribunale per i minorenni;
        che  specialmente  quest'ultima  disposizione  rivela come il
legislatore  abbia  considerato  tuttora fondamentale la presenza nel
tribunale  per  i  minorenni  di giudici onorari di sesso diverso, in
modo  che  nelle sue decisioni il collegio possa sempre avvalersi del
peculiare  contributo  di  esperienza  e  di sensibilita' proprie del
sesso di appartenenza;
        che   tale   risultato   puo'  conseguirsi  soltanto  con  la
disposizione  in  esame, la quale garantisce appunto la diversita' di
sesso  dei  componenti  laici,  consentendo  cosi'  al  tribunale una
completezza  di  prospettive,  che  potrebbe  non verificarsi, ove la
composizione   laica   del   collegio   non  fosse  obbligatoriamente
differenziata in relazione al detto requisito;
        che,  infine,  quantunque la norma in esame sia stata emanata
per  consentire la partecipazione femminile nei collegi giudicanti in
un   determinato   momento   storico   nel   quale  operavano  ancora
discriminazioni  in  ragione  del sesso, deve tuttavia osservarsi che
per  effetto dell'ammissione delle donne alla magistratura - disposta
con  la  citata  legge  n. 66  del  1963 - la ratio legis della norma
impugnata  non  e'  divenuta  anacronistica, come sostiene il giudice
rimettente,  bensi'  ha  assunto un diverso significato, consistente,
come  si  e'  gia'  precisato,  nell'assicurare  che le decisioni del
tribunale  per  i  minorenni  siano adottate con apporti di carattere
scientifico  e,  al  tempo  stesso,  con una completa proposizione di
prospettive e di analisi;
        che,  infine,  le difficolta' denunciate dal rimettente nella
formazione dei collegi giudicanti costituiscono inconvenienti di mero
fatto,  che  in  quanto  tali  non  assumono  rilievo nel giudizio di
legittimita' costituzionale;
        che la questione risulta quindi manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.