IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 851/1999, pronosto dalla H.l.T. - Holding Italiana Turismo S.p.a., in persona dell'amministratore delegato dott. C. Baratta, rappresentata e difesa dagli avv.ti M. Burghignoli, G. Silingardi e A. Corrado, elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo in Bologna, via Marsala n. 28; Contro: Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente della giunta in carica, non costituita; provincia di Bologna, in persona del Presidente della giunta provinciale, rappresentata e difesa dall'avv. Emilia Neri dell'ufficio della legale provincia, domiciliata in Bologna, Strada Maggiore n. 80; provincia di Ferrara, in persona del Presidente della giunta provinciale, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Baraldi, domiciliata presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale - Strada Maggiore n. 53, Bologna; per l'annullamento: della nota raccomandata 24 maggio 1999 della provincia di Bologna prot. n. 56283, con la quale si rigetta la richiesta di permesso di operare nella provincia di Bologna "anche senza il rispetto di tutti gli adempimenti previsti dalla legge regionale n. 23/1997 per le filiali di agenzie di viaggio"; della nota 19 maggio 1999 della provincia di Ferrara prot. n. 21043, con la quale si formula analogo rifiuto; nonche' di eventuali atti presupposti, collegati o successivi. Visto il ricorso con i relativi allegati: Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il consigliere Aldo Scola; Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 18 ottobre 2000, gli avv.ti A. Corrado e E. Neri; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o La ricorrente esponeva quanto segue. La ricorrente esercita l'attivita' di agenzia di viaggi sull'intero territorio nazionale, essendo a cio' autorizzata con provvedimento rilasciato in data 28 gennaio 1999 dalla provincia di Parma. Come e' noto, la sentenza 6 novembre 1998 n. 362 della Corte costituzionale ha recentemente determinato l'efficacia "nazionale" dell'autorizzazione all'esercizio dell'agenzia di viaggi e, di conseguenza, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale della legge della Regione Lombardia 16 settembre 1996 n. 27, in tutti i punti nei quali condizionava l'esercizio di filiali e succursali di agenzie di viaggio e turismo autorizzate da altre regioni ad un'ulteriore autorizzazione ed al versamento di altra tassa di concessione e di altra cauzione, nonche' all'assunzione di altro direttore tecnico. Conseguentemente, con lettere consegnate a mano in data 22 marzo 1999 alle competenti province, la ricorrente, rappresentando la propria intenzione di continuare a gestire le proprie filiali in Bologna e Ferrara, comunicava altresi' di non essere piu' in alcun modo tenuta, per esercitare la propria attivita' mediante le succitate filiali, a munirsi di ulteriore autorizzazione, ne' a versare un ulteriore deposito cauzionale, ne' a corrispondere una ulteriore tassa di concessione, ne' ad assumere, o mantenere, un direttore tecnico esclusivamente addetto alle menzionate filiali. Con le note di cui in premesse le province interpellate rigettavano nella sostanza le predette comunicazioni, richiamando a fondamento del rigetto le disposizioni, ancora vigenti, della legge regionale 26 luglio 1997 n. 23 le quali, in sostanza, assoggettano ad autorizzazione regionale anche l'apertura di filiali di agenzie principali gia' autorizzate, non importa se dalla stessa o da altra regione. E' giocoforza ritenere che, vincolate a quanto affermato a cosi' chiare lettere, le province si stiano accingendo a procedere ai sensi dell'art. 16, irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie (da 3 a 18 milioni), ma soprattutto ai sensi dell'art. 17-ter del T.U.I.P.S. (r.d. 18 giugno 1931 n. 773, come modificato dal d.lgs. n. 480/1994 e dal d.l. 29 marzo 1995 n. 97, convertito in legge 30 maggio 1995 n. 203), ordinando la sospensione dell'attivita' ed inviando rapporto al p.m. per la contravvenzione di cui all'art. 650, c.p. Gli atti impugnati appaiono quindi: presupposti dell'applicazione delle sanzioni; costituenti un pregiudizio diretto per la ricorrente, perche' esse dovrebbero adempiervi e conseguentemente astenersi dalla propria attivita', ovvero assoggettarsi ai vincoli previsti dalla legge regionale 26/1997 n. 23, benche' dichiarati illegittimi dalla citata sentenza n. 362/1998 della Corte costituzionale. Da cio' deriva in modo incontestabile l'interesse a ricorrere, sollevando le qui descritte eccezioni di illegittimita' costituzionale delle norme indicate come fondamento giuridico dei provvedimenti impugnati. 1. - Incostituzionalita' degli artt. 5, comma 1; 6, primo comma, lett. g), e terzo comma; 8, commi 4 e 6, della legge regionale 26 luglio 1997 n. 23, per violazione dell'art. 9 della legge "quadro" 17 maggio 1983 n. 217, e quindi dell'art. 117 della Costituzione. 2. - Incostituzionalita' degli artt. 5, comma 1; 6, primo comma, lett. g), e terzo comma; 8, commi 4 e 6, della legge regionale 26 luglio 1997 n. 23, per violazione degli artt. 41 e 120 della Costituzione. 3. - Ulteriore questione di costituzionalita' per violazione degli artt. 11 e 117, Cost., in relazione alla violazione degli artt. 52 e 59 (ed eventualmente dell'art. 30) del trattato. 4. - Inapplicabilita' delle norme censurate. Rilevanza dei profili. Le due province intimate si costituivano con memoria. Veniva respinta un'istanza cautelare. La ricorrente depositava memoria illustrativa. La vicenda passa in decisione. Diritto Analogamente a quanto e' stato deciso con riguardo alle disposizioni della legge regionale Lombarda n. 27 del 1996, le sottoindicate norme della legge regionale emiliana n. 23 del 1997 incorrono in censure d'incostituzionalita' identiche a quelle favorevolmente decise dalla Corte. Il collegio intende riferirsi agli artt. 5, comma 1; 6, primo comma, lett. g), e terzo comma; 8, commi 4 e 6, della legge regionale 26 luglio 1997 n. 23, per violazione dell'art. 9 della legge "quadro" 17 maggio 1983 n. 217, e quindi dell'art. 117, Cost., degli artt. 41 e 120 della Costituzione e degli artt. 52 e 59 (ed eventualmente dell'art. 30) del trattato U. E. Ora, in modo del tutto analogo alla legge lombarda, dichiarata incostituzionale per i motivi accennati, la legge regionale 26 luglio 1997 n. 23 dell'Emilia-Romagna incorre nelle medesime censure illustrate partitamente in riferimento alle norme censurate, alla loro disciplina, alla loro applicabilita' al caso di specie, ai rispettivi profili e motivi di incostituzionalita'. L'art. 5, commi 1, 2, 3, assoggetta ad autorizzazione anche le filiali, in aperto conflitto con la sentenza n. 362/1998 della Corte costituzionale. L'art. 6, primo comma, lett. g), prevede che nell'autorizzazione venga annotato il carattere di agenzia principale, ovvero di filiale o succursale. La norma e' incostituzionale per violazione dell'art. 41 della Costituzione, per le medesime ragioni espresse dalla Corte a proposito dell'analogo art. 5, comma 1, della legge lombarda n. 27/1996. Analogamente, il terzo comma non potra' regolare le modificazioni dell'autorizzazione rilasciata alle filiali. L'art. 8, commi 4 e 5, prevede che il direttore tecnico debba prestare la propria opera professionale alle dipendenze di una sola agenzia o filiale o succursale. La norma e' incostituzionale per le medesime ragioni ritenute dalla Corte a proposito dell'analogo art. 14.4 della legge lombarda n. 27/1996. Le disposizioni censurate costituiscono - anche - un evidente ostacolo al libero esercizio di una professione, che non trova giustificazione in valori egualmente protetti dalla Costituzione. Nella specie, l'unica limitazione ammessa consisterebbe nel disposto del secondo e terzo comma dell'art. 41 della Costituzione: "utilita' sociale", che nel caso in oggetto non ricorre. La piu' volte citata sentenza n. 362/1998 della Corte costituzionale ha ravvisato nell'obbligo autorizzativo per filiali e succursali una violazione degli artt. 41, 117 e 120 della Costituzione. Si solleva in questa sede un'ulteriore questione di incostituzionalita' per violazione degli artt. 11 e 117 Cost., dipendente dalla violazione della disciplina comunitaria da parte della normativa dell'Emilia-Romagna. Nel caso delle autorizzazioni amministrative per le agenzie di viaggio, difettano, infatti, almeno tre requisiti che, ad avviso della Corte di giustizia C.E.E. (v. sent. n. 19/93) renderebbero conforme al trattato la regolamentazione nazionale di accesso all'esercizio dell'attivita' di agente di viaggi: in un precedente relativo all'autorizzazione per l'esercizio dell'attivita' di guida turistica, a suo tempo richiesta dall'Italia, dalla Francia e dalla Grecia, che ha dato luogo ad altrettanto procedure di infrazione, cosi' ha deciso la Corte di giustizia (v. sent. n. 180/91): "Le limitazioni introdotte devono peraltro essere proporzionate rispetto all'obiettivo di tutela perseguito, non potendosi ritenere tali quelle introdotte, nella fattispecie, dalla Repubblica italiana, che subordina la prestazione di servizi di guide di turistiche, con gruppi di turisti provenienti da altro Stato membro, al possesso un'abilitazione professionale ai sensi della normativa nazionale italiana". La violazione degli artt. 52 e 59 del trattato U.E. da parte della legge regionale si traduce, come e' noto, nella violazione indiretta degli artt, 11 e 117 della Costituzione. (Corte costituzionale 10 novembre 1994 n. 384). Nel caso di specie, la violazione degli artt. 52 e 59 del trattato U.E. si realizza in due modi: A) mediante la fissazione di regole di accesso non rispondenti alle quattro condizioni gia' descritte, riassumibili nei criteri di ragionevolezza e proporzionalita'; B) mediante la realizzazione di spazi commerciali separati e non comunicanti, all'interno delle singole regioni. Cio' a cagione del disconoscimento di efficacia delle autorizzazioni amministrative rese dalle altre regioni. Sotto questo secondo profilo, puo' ravvisarsi, anche, una "misura di effetto equivalente" alle restrizioni quantitative all'importazione, con ulteriore violazione dell'art. 30 del trattato. Il collegio intende, infine, riferirsi alla voce n. 23 della tariffa allegata al d.lgs. 22 giugno 1991 n. 230, nella parte in cui viene stabilito che le filiali, anche con gestione non autonoma, delle agenzie di viaggio aventi la sede principale in altra regione, siano tenute a munirsi di distinta licenza con conseguente pagamento della relativa tassa di concessione regionale. Cosi' fissati i termini della questione da sottoporre alla Corte costituzionale, non appare inutile ripetere che le disposizioni della Costituzione che si assumono violate sono gli artt. 41, 117 (in relazione all'art. 9 della legge-quadro n. 217 del 1983) e 120, per motivi identici a quelli evidenziati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 362 del 1998. Sulla rilevanza, si e' gia' detto circa la prevedibile necessita' di applicare le norme suindicate per poter definire l'odierno giudizio. Si e' gia' detto, cioe', che i servizi turismo delle amministrazioni provinciali di Bologna e Ferrara, nell'adottare gli atti impugnati, hanno dato per presupposta, ai fini dell'apertura di una nuova filiale o del cambio di titolarita' e denominazione di filiale di agenzia esistente, la necessita' di osservare le seguenti prescrizioni, stabilite, appunto, dalla legge regionale n. 23 del 1997: a) l'obbligo di una specifica autorizzazione anche per l'apertura di una filiale; b) la necessita' di assicurare le prestazioni del direttore tecnico in ciascuna singola filiale a tempo pieno e con carattere di continuita' ed esclusivita'; c) la necessita' di annotare, nell'autorizzazione, il carattere di agenzia principale, ovvero di filiale, dell'impresa; d) l'obbligo, per esercitare la propria attivita' mediante l'apertura di una filiale, di versare un'ulteriore somma di denaro a titolo di deposito cauzionale; e) l'obbligo di provvedere al pagamento di una ulteriore tassa di concessione regionale. In conclusione, assorbiti gli ulteriori profili d'incostituzionalita' addotti dalle ricorrenti, ribadita la non manifesta infondatezza - oltre che, come si e' appena visto, la rilevanza - della questione di legittimita' costituzionale surriferita, dev'essere sospeso il giudizio in corso e disposto l'immediato invio degli atti alla Corte costituzionale.