LA CORTE D'APPELLO

    Nel processo penale a carico di Vignaga Giancarlo ed altri;
    Rilevato che si procede in relazione a reati in materia sessuale,
oggetto della sentenza del tribunale di Rovigo in data 24 settembre -
21 dicembre 1998 - con cui due dei tre imputati sono stati condannati
per una parte dei delitti loro originariamente contestati - a seguito
delle   impugnazioni   proposte   dagli   imputati   condannati,  dal
procuratore  della  Repubblica  di Rovigo avverso tutti gli imputati,
dal procuratore generale avverso uno degli imputati;
    Rilevato   che  uno  degli  appellanti  ha  proposto  nei  motivi
dell'impugnazione  l'eccezione  di  nullita'  della sentenza di primo
grado,    per    non   avere   partecipato   all'intera   istruttoria
dibattimentale  tutti  i  giudici  che hanno concorso a deliberare la
sentenza;
    Osservato  che  l'eccezione  ha  evidente  rilevanza  preliminare
rispetto  all'esame  delle  doglianze  di  tutti  gli  appellanti nel
merito,   posto  che  la  questione  procedurale  proposta,  che  sia
riconducibile  alla  nullita'  della  sentenza ovvero alla nullita' o
inutilizzabilita'  delle  prove  orali assunte prima della definitiva
modifica  del  collegio  giudicante,  influisce  in modo determinante
sull'esito della decisione di questo giudizio di appello;
    Rilevato  che,  dagli  atti risulta che all'udienza del 21 maggio
1998, dopo che numerose udienze dibattimentali erano state celebrate,
con  lo  svolgimento  di diffusa e determinante attivita' istruttoria
(in  particolare  l'esame  delle persone offese e di numerosi testi),
per  il  mutamento di uno dei tre componenti del collegio giudicante,
dovuto  ad  impedimento non contingente del componente sostituito, il
tribunale procedeva alla rinnovazione del dibattimento;
    In  tale  contesto  tutte  le parti riproponevano la richiesta di
ammissione  anche  prove orali, come originariamente formulata, ed il
tribunale   con   l'ordinanza  disciplinante  l'ulteriore  corso  del
processo  statuiva,  tra  l'altro,  che  "tanto  premesso  non appare
necessario  rinnovare l'esame dei testi finora gia' esaminati, atteso
che la modifica della composizione del collegio giudicante di per se'
solo non giustifica l'accoglimento della richiesta";
    Rilevato  che,  per  il  punto della decisione che qui allo stato
solo  interessa,  in  definitiva  le parti pubblica e private avevano
richiesto  l'introduzione di tutte le prove gia' richieste nella fase
preliminare  del  precedente  dibattimento, nonche' di altre prove la
cui   pertinenza   e  rilevanza  era  emersa  nelle  more  del  lungo
dibattimento; in particolare, quanto ai testi gia' esaminati, nessuna
argomentazione  diversa  dalla mera formale richiesta di riassunzione
era  stata  proposta (salvo una questione, formale, relativa al fatto
che,  nelle  stesse  more  del  dibattimento  due  testi  erano stati
sottoposti   a  procedimento  penale  per  falsa  testimonianza,  poi
definito con archiviazione per la tempestiva ritrattazione);
    Ritenuto  che  la  questione  della necessita' della rinnovazione
delle  prove  orali  gia' assunte nella pienezza del contraddittorio,
quando  vi  sia  mutamento totale o parziale del giudicante, e' stata
oggetto di netti contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione del
combinato disposto degli artt. 511, 514 e 525 c.p.p.;
    Rilevato che le sezioni unite della Corte di cassazione hanno sul
punto (sent. 15.1 - 17 febbraio 1999, ric. Iannasso e altro, sentenza
successiva  a quella in questa sede appellata) affermato il principio
che,  indispensabile  la rinnovazione del dibattimento per evitare la
nullita'  assoluta  di  cui  al  capoverso  dell'art. 525  c.p.p., la
testimonianza raccolta dal giudice nella sua originaria composizione,
pur  ritualmente  raccolta  nei verbali acquisiti al fascicolo per il
dibattimento,  non e' utilizzabile per la decisione mediante semplice
lettura,  quando l'esame del dichiarante possa aver luogo e sia stato
(anche solo genericamente) richiesto da una parte;
    Ritenuto pertanto che, seguendo tale indirizzo giurisprudenziale,
di  tutte  le  dichiarazioni  assunte  nella  prima  fase  del  lungo
dibattimento  di  primo  grado  non  potrebbe  tenersi  conto  per la
decisione  di  appello;  non  solo,  ma  se  ci  si  dovesse adeguare
all'indirizzo   giurisprudenziale  della  successiva  sez.  3,  sent.
24 maggio-3 agosto  2000  n. 8828,  ric.  Iodice (che ha annullato la
sentenza  di appello rinviando gli atti al giudice di primo grado, in
un  caso in cui la Corte distrettuale - essendosi il giudice di primo
grado   limitato   a   dare   lettura   delle   precedenti  acquisite
dichiarazioni  testimoniali  senza  rinnovare  l'esame del teste, pur
richiestone  dalla  difesa  -  aveva  risentito  il teste appunto nel
giudizio  di  appello,  argomentando  che  non si tratterebbe di atti
nulli,  percio' rinnovabili nel processo di secondo grado, ma di atti
inutilizzabili  perche'  prove  illegittimamente  acquisite), neppure
potrebbe  procedersi  in questa sede alla rinnovazione degli esami in
questione;
    Rilevato  che  il  richiamato  orientamento  interpretativo delle
sezioni  unite  e' stato si' oggetto di consistenti critiche, tant'e'
che   successiva   giurisprudenza   di   merito  ha  ripetutamente  e
motivatamente  disatteso l'insegnamento (sia consentito, per agilita'
espositiva, il mero richiamo esemplificativo alle condivise ordinanze
di  due  sezioni  del  Tribunale  di  Roma,  13 maggio  1999 in proc.
Pacifico  e  17 maggio 1999 in proc. Nicoletti e altri, e del pretore
di  Foggia-Manfredonia, 7 dicembre 1999, in proc. Tomaiuolo, tutte in
Cass. penale 2000, m. 171, 172 e 1047, pagg. 196-202 e 1801), ma pare
aver  trovato  unanime adesione nella giurisprudenza di legittimita',
cosi'  di  fatto  imponendosi  come  diritto  vivente, posto il ruolo
strutturale  di  ultimo  interlocutore sulla questione, assolto dalla
suprema Corte;
    Ritenuto  che  l'interpretazione  del  combinato  disposto  degli
artt. 511,  514  e  525  c.p.p.,  secondo  cui, nel caso di mutamento
totale  o  parziale  del  giudicante,  le  prove  orali  acquisite in
precedenza,   pur  nel  pieno  contraddittorio,  non  possono  essere
utilizzate  mediante  semplice  lettura  dei  verbali  dibattimentali
quando   vi  sia  una  anche  immotivata  richiesta  di  riesame  del
dichiarante  da  parte  di  una delle parti, appare contrastare con i
principi costituzionali di cui agli artt. 3, 25, 101, 111, sicche' va
dichiarata  la non manifesta infondatezza della relativa questione di
legittimita' costituzionale;
    Rilevato  che  analoga  questione  e'  gia'  stata  proposta  dal
tribunale di Asti, con l'ordinanza 13 novembre 2000 in proc. Moraglio
(pubblicata  al  n. 141 nella Gazzetta Ufficiale supplemento 1a serie
speciale  n. 10  del  7 marzo  2001)  e  dal tribunale di Foggia, con
l'ord. 16 novembre 2000 in proc. Di Biase (pubblicata al n. 227 nella
Gazzetta  Ufficiale suppl. 1a serie speciale n. 13 del 28 marzo 2001)
e  che,  sempre  per  ragioni di economia espositiva, innanzitutto le
argomentazioni  li'  esposte  vanno qui richiamate (richiamo che deve
ritenersi  consentito,  essendo l'alternativa quella del riportare in
questo  punto,  pedissequamente, quell'invece pubblicato argomentare,
gia' conosciuto proprio dalla Corte che si va ad adire);
    Ritenuto  comunque  che  l'interpretazione  che  qui  si contesta
(l'obbligo  del  riesame del dichiarante anche quando la richiesta di
riesame sia priva di qualsiasi argomentazione e, quindi, senza che il
giudice   possa   esercitare  i  suoi  poteri  di  valutazione  della
ammissibilita'  della  prova,  riconosciutigli  ed  impostigli  dagli
artt. 190 e 190-bis c.p.) in realta':
        non  e'  affatto imposta dalla lettera della norma, in quanto
la  locuzione  "a  meno  che  l'esame non abbia luogo", che chiude il
capoverso   dell'art. 525  c.p.p.,  non  legittima  affatto  la  sola
indicazione del caso dell'obiettiva impossibilita' della riassunzione
(anzi   ultronea,   in   presenza   dello  specifico  art. 512),  ben
consentendo  invece  la considerazione del caso in cui, per qualunque
motivo (tra cui l'esercizio dei poteri/doveri di cui agli artt. 190 e
190-bis c.p.p.) non abbia storicamente luogo;
        non  attiene  alle  modalita' di introduzione della prova nel
processo,  sotto il, quello si' costituzionalmente garantito, diverso
profilo   del   diritto   al  contraddittorio  nella  sua  formazione
dibattimentale;
        si  risolve,  a  ben  vedere,  nell'esaltazione dell'oralita'
quale apodittico canone e fonte di legittimita' dell'atto probatorio,
in  un  contesto sistematico nel quale, invece, non solo manca alcuna
norma  che  consenta  una  tale  conclusione ma, addirittura, vi sono
plurime,  inequivoche  ed insuperabili indicazioni del carattere solo
tendenziale  dell'oralita':  basti  pensare innanzitutto all'istituto
dell'incidente  probatorio, ma poi, specialmente e, sia consentito il
termine,  clamorosamente,  all'intero  giudizio  di  appello, secondo
grado  di  merito  in  cui  il  giudice  e'  libero  di modificare le
valutazioni di attendibilita', credibilita' e adeguatezza delle prove
orali dopo la sola e mera lettura delle carte contenute nel fascicolo
per    il   dibattimento   (essendo   eccezionale   la   rinnovazione
dell'istruttoria  e,  per  quel  che qui rileva, comunque non imposta
come  previa  condizione  per la modifica delle valutazioni del primo
giudice quanto alle prove orali).
    Ultima  ma  significativa conferma normativa dell'esposta lettura
sistematica e' data dal nuovo testo del primo comma dell'art. 190-bis
c.p.p.,  sostituito  dall'art. 3  della  legge  1o marzo  2001 n. 63,
laddove  viene previsto che, quando le precedenti dichiarazioni siano
state assunte nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le
dichiarazioni  medesime  saranno utilizzate, "l'esame e' ammesso solo
se  riguarda  fatti  o  circostanze  diversi  da quelli oggetto delle
precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo
ritengono  necessario  sulla  base  di specifiche esigenze"; ne' tale
ultima  innovazione,  che  non  e'  la  prima,  come  ricordato nelle
condivise  argomentazioni contenute nelle ordinanze di rimessione dei
giudici di Asti e Foggia, potrebbe essere considerata un'eccezione ad
un  opposto principio generale: si e' gia' osservato che l'art. 525.2
c.p.p.  non  impone  affatto  la lettura datagli dalle sezioni unite,
mentre  apparirebbero  davvero  singolare che le eccezioni riguardino
proprio le situazioni di maggiore potenziale delicatezza dell'aspetto
probatorio  (i  reati  ex  art. 51.3-bis  c.p.p.;  le  situazioni  di
incompatibilita',  astensione  e  ricusazione in relazione all'art. 1
decreto-legge  23 ottobre  1996  n. 553  conv. legge 23 dicembre 1996
n. 652;  la  composizione  monocratica  o  collegiale del giudice, ex
art. 33-novies  c.p.p.; la incompetenza del giudice che ha proceduto,
ex art. 26 c.p.p.);
    In  definitiva,  questi  ripetuti  interventi legislativi debbono
essere  interpretati  come  indicazione  univoca  e  reiterata  della
oggettiva  volonta'  del  legislatore  sul punto dell'utilizzabilita'
degli  atti  acquisiti  al  processo,  nel rispetto delle norme ed in
particolare  del  contraddittorio,  anche nel caso di mutamento della
persona  fisica  del  giudicante,  in assenza di una precedente norma
contraria  ed  in  presenza,  quindi,  di  un  vuoto  normativo sulla
problematica,  non  tenuta  presente  al  momento della redazione del
codice del 1988;
    Ritenuto  che,  tutto  cio' argomentato, l'imporre il riesame del
teste,  gia'  sentito  nel  pieno contraddittorio, in presenza di una
richiesta  generica  e  senza  l'indicazione  specifica di ragioni da
sottoporre al consueto vaglio di cui agli artt. 190 e 190-bis c.p.p.,
pare contrastare:
        con   l'art. 3   della  Costituzione,  laddove  tale  riesame
obbligato   verrebbe   escluso   per   le   situazioni   di   maggior
preoccupazione quanto alla genuina e "terza" acquisizione delle prove
ed   invece   imposto   nelle  situazioni  "fisiologiche"  (quale  e'
l'occasionale  mutamento del giudice per ragioni del tutto svincolate
dalle   vicende  endoprocedimentali):  con  disparita'  di  soluzione
caratterizzata da evidente irrazionalita';
        con   gli   artt. 25  e  101  della  Costituzione,  parametri
costituzionali    che    regolano    l'esercizio    della    funzione
giurisdizionale   consentendo,   come   gia'  insegnato  dalla  Corte
costituzionale   ed   opportunamente   evidenziato  nella  richiamata
ordinanza  del  giudice  di Asti, di enucleare anche l'efficienza del
processo  (intesa quale necessaria attitudine del sistema processuale
a  conseguire  attraverso  opportuni meccanismi normativi idonei allo
scopo  l'accertamento  dei  fatti  e delle responsabilita) quale bene
costituzionalmente   tutelato;   nella  specie,  imporre  l'integrale
riesame  di  tutte le prove orali gia' assunte nella massima pienezza
del  contraddittorio,  senza altra ragione che quella, normativamente
non  prevista  e  non ricavabile dal sistema processuale penale quale
principio  generale  indefettibile,  del  garantire  l'oralita' quale
mezzo  necessario  per  la  conoscenza del giudice, si risolve in una
palese  gratuita  inefficienza,  tanto  piu'  che  tale  riesame  non
comporta interruzione o sospensione dei termini prescrizionali;
        con  l'art. 111.2  della  Costituzione, giacche' l'incombente
determina  un  evidente allungamento della durata del processo, senza
che  alcuna  ragione  di  tutela  di beni ed interessi, individuali o
collettivi,  tutelati  costituzionalmente  o  anche  solo dalla legge
ordinaria  lo  giustifichi;  quindi  un  allungamento  dei  tempi  di
ragionevole durata, per causa irragionevole;
    Osserva   in   proposito   questa   corte  veneta  che  la  Corte
costituzionale  ha  recentemente  insegnato  (ordinanza  25 gennaio -
9 febbraio  2001 n. 32, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale suppl. 1a
serie   speciale  n. 7  del  14 febbraio  2001)  che  "l'esigenza  di
garantire la maggior celerita' possibile dei processi deve tendere ad
una   durata   degli   stessi   che  sia,  appunto,  "ragionevole  in
considerazione anche delle altre tutele costituzionali in materia, in
relazione  al  diritto  delle parti di agire e difendersi in giudizio
garantito   dall'art. 24   della  Costituzione;  che  il  legislatore
continua  quindi  a  disporre  della  piu'  ampia discrezionalita' in
materia,  pur  essendo  vincolato a scelte che non siano prive di una
valida   ragione,  ora  anche  sotto  il  profilo  della  durata  dei
processi".
    Nel  caso  oggetto  di  esame,  si  impone  una  ripetizione (che
oltretutto  proprio nel caso concreto, e da qui la speciale rilevanza
della violazione di questo parametro, determinerebbe la necessita' di
celebrare  numerose  udienze)  di  attivita'  istruttoria,  a  fronte
dell'assenza  di  alcuna  lesione  o  necessita'  di contraddittorio,
dell'assenza  di  alcuna essenziale rilevanza sulla valutazione della
prova  e  dell'assenza di una norma o di un principio sistematico che
imponga  l'oralita'  quale  forma  indefettibile  di conoscenza della
prova;
    La  questione, oltre che non manifestamente infondata, per quanto
finora   argomentato,  e'  anche  rilevante  nel  presente  processo:
l'adesione  alla  giurisprudenza  delle  sezioni  unite comporterebbe
l'annullamento    della    sentenza    di   primo   grado   (seguendo
l'interpretazione   della  richiamata  sentenza  lodice)  e  comunque
l'impossibilita'  di  tener  conto  delle dichiarazioni assunte nelle
udienze precedenti quella del 21 maggio 1998;
    Per contro, non risultando dal verbale dell'udienza del 21 maggio
1998  argomentazioni  a sostegno della rinnovata richiesta di riesame
di  tutti  i  testi  ed imputati, diverse da quella sulla qualita' di
teste-persona    sottoposta   ad   indagini   di   due   dei   testi,
l'interpretazione  che  fa  salvo  il  potere  di  valutazione  della
richiesta  di  riesame  secondo  i  principia posti dagli artt. 190 e
190-bis  c.p. consentirebbe alla Corte di disattendere l'eccezione ed
utilizzare tutte le dichiarazioni rese prima di quell'udienza;
    E'  vero  che,  in  teoria,  questa  Corte  potrebbe  discostarsi
dall'interpretazione   delle   sezioni  unite  ma,  per  quanto  gia'
ricordato,  l'adesione  successiva  delle  diverse sezioni semplici a
quella    interpretazione    renderebbe    vano,    senza    l'avallo
autorevolissimo del giudice delle leggi, un tale pronunciamento;
    Ritenuto,  da  ultimo,  che la soluzione proposta nel dispositivo
appare  priva  di qualunque margine di discrezionalita', riservato al
legislatore, costituendo invece applicazione necessitata dei principi
processuali  dettati  dal  codice  di  rito in materia di valutazione
dell'ammissibilita' e rilevanza delle prove;
    Ritenuto  che  va  quindi  dichiarata  la  rilevanza nel presente
giudizio   e   la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  sopra  esposta  e formalizzata come nel
dispositivo  che  segue,  e che vanno altresi' adottati i conseguenti
provvedimenti ordinatori.