IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro T. G. di B. nato ad Erice il 5 gennaio 1981, imputato per il reato di cui agli artt. 110, 624 e 61 n. 2 c.p., per essersi impossessato, al fine di trarne profitto per commettere il reato di cui agli artt. 476 e 482 c.p. e conseguire l'impunita' del delitto di ricettazione, della copia autenticata del certificato di conformita' di pertinenza del ciclomotore di S. L. sottraendo il documento dal portafogli del predetto S. In Paceco il 10 novembre 1997. Premesso che il pubblico ministero con la medesima nota aveva originariamente richiesto il rinvio a giudizio dell'imputato anche per i reati di cui agli artt. 648 c.p. e 476 e 482 c.p. commessi in pari data. Rilevato che il g.u.p. alla odierna udienza ha emesso per tali titoli di reato, decreto che dispone il giudizio dinanzi al tribunale per i minorenni di Palermo. Rilevato che, invece, in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624 e 61 n. 2 c.p., ormai procedibile a querela di parte ai sensi dell'art. 19 legge n. 205/1990 ed in assenza di querela, andava emessa, previo stralcio, sentenza di non luogo a procedere per improcedibilita' dell'azione penale; rilevato che il g.u.p. non ha potuto procedere alla definizione allo stato degli atti ex art. 32 d.P.R. n. 448/1988 come novellato dall'art. 22 della legge n. 63/2001 per mancanza di consenso dell'imputato, il quale e' rimasto contumace. Visti gli artt. 23 e s.s. legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva questione di incostituzionalita' del predetto art. 32 del d.P.R. n. 448/1988 come novellato dall'art. 22 legge n. 63/2001 con riferimento agli artt. 10, 104, 3 e 111 della Costituzione. La predetta norma sancisce testualmente: "Nell'udienza preliminare, prima dell'inizio della discussione, il giudice chiede all'imputato se consente alla definizione del processo in quella stessa fase, salvo che il consenso sia prestato validamente in precedenza. Se il consenso e' prestato, il giudice, al termine della discussione pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'art. 425 c.p.p. o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto". Osserva questo giudice che l'art. 10 della Costituzione sancisce al primo comma che l'ordinamento giuridica italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. Orbene, l'art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, prevede al primo comma che: "in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorita' amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere considerato preminente". Secondo questo giudicante lasciare al minore la possibilita' tout court di scegliere se prestare il consenso o meno alla definizione anticipata allo stato degli atti comporta due conseguenze: la sostanziale inefficacia del disposto costituzionale di cui all'art. 10 posto in relazione con il predetto art. 3 della Convenzione di New York ed inoltre esautora di fatto l'autonomia della funzione giurisdizionale del giudice minorile, con conseguente violazione dell'art. 104 della Costituzione. Infatti, al giudice minorile e' sempre demandata la valutazione dell'interesse del minore e senza dubbio, deve considerarsi interesse preminente di quest'ultimo quello di evitare la sottoposizione ad un inutile dibattimento con conseguente prolungamento della situazione di incertezza processuale nonche' quello legato alla necessita' di una rapida fuoriuscita dal circuito penale, nel caso in cui le sue esigenze educative lo consiglino ovvero lo rendano opportuno. Si ravvisa, pertanto, la illegittimita' della norma nella parte in cui non prevede che il giudice possa comunque emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. ovvero di proscioglimento per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto, anche in mancanza di consenso, nei casi previsti dallo stesso art. 32 d.P.R. n. 448/1988, nel preminente interesse del minore. Peraltro, e' da rilevare che le esigenze difensive di quest'ultimo sono garantite, riguardo alle sentenze di proscioglimento che presuppongono la responsabilita' dell'imputato, dalla possibilita' di proporre opposizione al tribunale per i minorenni, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 77/1993 che ha esteso tale facolta', prima limitato alle sole sentenze di condanna dall'art. 46 decreto legislativo n. 12/1991, anche a tali ipotesi. Inoltre si ravvisa altro profilo di incostituzionalita' della norma con riferimento all'art. 3 della Costituzione attesa l'illogica disparita' di trattamento con gli imputati maggiorenni per i quali il g.u.p. presso il tribunale ordinario ben puo' emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. senza necessita' di alcun consenso, sicche' il novellato art. 32 d.P.R. n. 448/1988 appare in ogni caso costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede la necessita' del consenso anche nel caso di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. (come nel caso di specie in cui l'imputato contumace potrebbe essere prosciolto per improcedibilita' dell'azione penale per mancanza di querela ai sensi della legge n. 205/1999). Ancora si rileva che, in tali casi, se e' vero che l'art. 129 c.p p., non abrogato dalla novella del 2001 n. 63, al primo comma consente al giudice di emettere sentenza di proscioglimento in ogni grado e stato del processo nelle stesse ipotesi previste dall'art. 425 c.p.p. mentre al secondo comma prevede la possibilita' della emissione di una sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere quando dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non e' previsto dalla legge come reato anche quando ricorre una causa di estinzione del reato e' anche vero che tale norma diventa sostanzialmente inapplicabile dinanzi al g.u.p. minorile con conseguente ulteriore illogica disparita' di trattamento con gli imputati maggiorenni ed illogico protrarsi del giudizio. Infatti, nei confronti di questi ultimi il g.u.p. puo' sempre emettere sentenza di proscioglimento in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., applicabile a seguito di richiesta di rinvio a giudizio con il rito tipico della fase in corso che e' quello camerale dell'udienza preliminare, mentre al g.u.p. minorile tale facolta' e' preclusa, in mancanza di consenso, dall'art. 32 d.P.R. n. 448/1988, immediatamente applicabile ai procedimenti in corso e che disciplina l'intera udienza preliminare dinanzi al predetto giudice. Infine si presenta, ad avviso di questo Collegio giudicante, un ulteriore profilo di incostituzionalita' della norma, anche in relazione all'art. 111 quarto comma della Costituzione, laddove l'art. 32 d.P.R. n. 448/1988 novellato non specifica alcuna disposizione nel caso di imputato che esercita il diritto di rimanere contumace all'udienza preliminare (come nel processo in corso) ovvero di imputato irreperibile, ai quali durante l'udienza preliminare e' impossibile, quindi, richiedere il consenso, ne' disciplina o prevede le ipotesi di "impossibilita' di natura oggettiva o di provata condotta illecita" che rendono possibile la formazione della prova in assenza di contraddittorio. La norma appare quindi illegittima nella parte in cui non prevede che in caso di contumacia o irreperibilita' dell'imputato il giudice possa, nell'interesse preminente dello stesso, comunque emettere sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. ovvero sentenza di proscioglimento per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto.