IL TRIBUNALE

    Nella  causa  iscritta  al  n. 768/99  r.g.,  letti  gli atti, ha
pronunziato la seguente ordinanza.

                              F a t t o

    Con  atto  di  citazione notificato il 23 novembre 1999 Di Popolo
Gerardino,  quale  procuratore  di Lucia Di Popolo, Maria Rosa e Juan
Jose'   Parisi,   conveniva  in  giudizio  il  comune  di  Calabritto
(Avellino)  per  sentire  condannare quest'ultimo al risarcimento dei
danni  subiti  per  la perdita della quota di comproprieta' del fondo
individuato  in  catasto  al  foglio n. 15, particelle nn. 140, 561 e
562, nonche' per la perdita della proprieta' del fondo individuato al
catasto al foglio n. 15, particella n. 559.
    Deduceva,  infatti, che il terreno era stato occupato il 15 marzo
1983  dal  comune  per  la  realizzazione  di piani di zona, e con la
fissazione  della  durata  dell'occupazione  in cinque anni, alla cui
scadenza,  tuttavia,  nonostante  l'irreversibile  trasformazione del
fondo,  non  era  seguito  l'esproprio.  Tanto  premesso, chiedeva la
corresponsione   del   risarcimento   del   danno  per  l'occupazione
appropriativa.
    Si costituiva il comune convenuto, eccependo, in via preliminare,
la  carenza  di  giurisdizione  del  giudice  adito  alla  luce delle
disposizioni  di  cui  all'art. 34 del d.lgs. n. 80/1998, che avevano
determinato il passaggio al giudice amministrativo delle controversie
aventi  ad  oggetto il diritto al risarcimento del danno prodotto dal
tradursi  dell'occupazione  illegittima  di  fondi  nella  cosiddetta
accessione invertita.
    Su  tale  eccezione  preliminare  la  causa  veniva trattenuta in
decisione  all'udienza di precisazione delle conclusioni del 27 marzo
2000,  con  assegnazione  di  termini  per  il  deposito  di comparse
conclusionali e di repliche.
    Durante  il  decorso del termine di trenta giorni per il deposito
della sentenza, la Corte di cassazione a sezioni unite, adita in sede
di regolamento di giurisdizione, con ordinanza 25 maggio 2000, n. 43,
dichiarava  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 34  del d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 80,  in  relazione  all'art. 76  della  Costituzione,  per eccesso
rispetto  alla  delega  conferita dall'art. 11, quarto comma, lettera
g),  della  legge 15 marzo 1997, n. 59, nella parte in cui sottrae al
giudice  ordinario e devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo   le   cause   su   diritti   soggettivi   connessi  a
comportamenti  materiali  della pubblica amministrazione in procedure
espropriative finalizzate alle gestione del territorio.
    Secondo  l'autorevole  interpretazione della Corte di cassazione,
infatti,  "l'art.  34  del  d.lgs.  n. 80/1998,  con  il primo comma,
devolve  alla  giurisdizione  esclusiva del giudice amministrativo le
controversie  aventi  per  oggetto  gli  atti,  i  provvedimenti ed i
comportamenti  delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica
ed  edilizia,  con  il secondo comma definisce la materia urbanistica
come  quella concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e
poi,  con  il  terzo  comma,  stabilisce  (fra  l'altro) che nulla e'
innovato  in  ordine  alla giurisdizione del giudice ordinario per le
controversie  riguardanti la determinazione e la corresponsione delle
indennita'   in   conseguenza   dell'adozione   di   atti  di  natura
espropriativa    od   ablativa;   l'esplicita   conservazione   della
giurisdizione  del  giudice ordinario solo per le cause indennitarie,
cioe'  per  le  cause  in cui il soggetto passivo di legittimi atti o
provvedimenti  autoritativi  di  acquisizione  del  godimento o della
proprieta'  dei  bene  reclami  il  riconoscimento  e la liquidazione
dell'indennizzo,  comporta  il ricadere nell'innovativa previsione di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie
che  ineriscano a procedure espropriative promosse a fini di gestione
del  territorio, e che abbiano ad oggetto diritti diversi dai crediti
indennitari,   conseguenti   a   comportamenti   (non   ad   atti   o
provvedimenti); ... questa interpretazione e' imposta dalla lettera e
dal  collegamento  logico delle disposizioni, dato che un ampliamento
della  nozione  di  materia urbanistica, tradizionalmente riguardante
gli  atti, i provvedimenti ed i comportamenti che integrino esercizio
di   potesta'  amministrativa  nel  campo  della  pianificazione  del
territorio   e   della   formazione   dei   corrispondenti  strumenti
urbanistici,  fino  a  comprendervi  gli  atti,  i provvedimenti ed i
comportamenti  di  procedure  di espropriazione per pubblica utilita'
indirizzate  alla  gestione del territorio medesimo ed all'attuazione
degli  obiettivi  programmati  con  quegli  strumenti,  e' insito nel
riferimento  alle espropriazioni al solo scopo di delimitare le cause
in  cui  resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario; ... che,
pertanto,  detto art. 34 trasferisce dal giudice ordinario al giudice
amministrativo,  per  l'indicato  settore  delle  espropriazioni,  le
controversie  in  cui si faccia valere il diritto alla riacquisizione
del  bene  occupato senza titolo (per originaria carenza o successiva
inefficacia  del titolo stesso), il diritto al risarcimento del danno
per  occupazione illegittima, od il diritto al risarcimento del danno
prodotto  dal  tradursi  dell'occupazione  medesima  nella cosiddetta
accessione  invertita  od  espropriazione sostanziale; ... rispetto a
tale  estensione  alle  controversie espropriative da ultimo indicate
della   giurisdizione   esclusiva   del  giudice  amministrativo,  e'
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  34  del  d.lgs.  n. 80/1998,  in relazione
all'art.    76    della    Costituzione,    tenendosi   conto   della
configurabilita'  dell'eccesso  di  delega  quando  la norma delegata
sconfini dal fisiologico "riempimento della norma delegante, violando
specifici  principi  e  criteri  direttivi,  ovvero  divergendo dalle
finalita'  della  delega  desumibili  dai principi e criteri medesimi
(v.,  ex  pluribus  Corte  costituzionale  n. 198/1998);  ...  la non
manifesta    infondatezza   della   questione,   sotto   il   profilo
dell'eventuale  inosservanza  dei  principi e dei criteri posti dalla
norma  delegante, cioe' dall'art. 11, quarto comma, lettera g), della
legge  15  marzo  1997,  n. 59,  discende  dal fatto che questa norma
contempla    "l'estensione    della    giurisdizione    del   giudice
amministrativo   alle   controversie   aventi   ad   oggetto  diritti
patrimoniali conseguenziali, comprese quelle relative al risarcimento
del  danno in materia urbanistica (oltre che in materia edilizia e di
servizi  pubblici), di modo che, circoscrivendo la riforma in tema di
giurisdizione  ai  diritti  soggettivi  consequenziali  (di contenuto
patrimoniale),  vale  a  dire  ai  diritti determinati dall'esercizio
della  giurisdizione  di  legittimita' su atti o provvedimenti, senza
alcuna  menzione dei diritti nascenti da fatti o comportamenti, quali
i  citati  diritti  restitutori  o risarcitori, potrebbe esprimere un
intento con-trario alla devoluzione delle controversie su tali ultimi
diritti  alla  cognizione  del  giudice  amministrativo;  ...  la non
manifesta    infondatezza    della    questione    di    legittimita'
costituzionale,  sotto  il  profilo  dell'eventuale  divergenza dalle
finalita'  perseguite  dalla  norma  delegante, e' da cogliersi nella
rispondenza  della  delega  (anche  alla luce dei lavori preparatori)
all'obiettivo di concentrare dinanzi ad un solo organo giudiziario le
controversie  che  investano  lo  stesso rapporto fra il privato e la
pubblica  amministrazione,  superando  il  criterio  di riparto della
giurisdizione  fondato  sulla distinzione fra diritti ed interessi ed
assicurando cosi' unicita' e coerenza del processo, e nel rilievo che
la relativa esigenza potrebbe non conciliarsi con la suddivisione fra
giudice  ordinario  e  giudice  amministrativo delle cause inerenti a
diritti  insorti  in procedimenti espropriativi inerenti alla materia
urbanistica  a  seconda  che si tratti o meno di diritti indennitari;
...   detta   suddivisione,  infatti,  ricadendo  in  un  contenzioso
"naturalmente   o   comunque   frequentemente   caratterizzato  dalla
proposizione  in via cumulativa od alternativa di domande riguardanti
tanto  indennita'  quanto  altri  diritti  soggettivi (come quando si
reclami   l'indennizzo   per  il  periodo  di  legittima  occupazione
temporanea   ed   insieme   il   danno   per   l'indebito   protrarsi
dell'occupazione  stessa oltre la prevista scadenza, oppure quando si
richieda  l'indennizzo  espropriativo  od  il  danno  da  "accessione
invertita  con  la  duplice  prospettazione  della  dipendenza  della
perdita  del  bene  da  un  atto ablativo o da un fatto illecito), e'
potenzialmente foriera di un frazionamento di contese sostanzialmente
unitarie (per comunanza od interdipendenza, di problematiche) in piu'
processi   davanti   a  giudici  diversi,  con  il  risultato  di  un
prolungamento   dei   tempi   della   definizione   giudiziale  della
complessiva  lite  (anche per l'obbligo di sospendere il procedimento
la  cui  definizione dipenda dalla decisione di altra causa); ... che
una  compromissione  della ratio della norma delegante e' ravvisabile
anche  per il rilievo che l'allargamento dell'area delle controversie
in  materia  urbanistica  affidate  al  giudice  amministrativo,  con
l'inclusione  di  quelle  inerenti  a  diritti  di  cui si alleghi la
lesione  per  effetto  di  contegni  illeciti  posti  in essere dalla
pubblica   amministrazione  nel  corso  di  procedure  espropriative,
potrebbe  tradire lo scopo di semplificare i criteri di riparto della
giurisdizione  (mediante  il  riferimento  alla materia anziche' alla
consistenza  della  posizione soggettiva dedotta in causa), in quanto
la  qualificazione  di un fatto materiale come momento della gestione
pubblicistica   del   territorio   non   sarebbe  ricollegabile  solo
all'esistenza  di  una  procedura  espropriativa  promossa  per  tale
gestione  ed  alla dichiarata inerenza ad essa del fatto medesimo, ma
richiederebbe  una  non  agevole  indagine sul contesto in cui si sia
effettivamente inserito".
    L'interpretazione   (definita  "panurbanistica"  dalla  dottrina)
dell'ambito  di  operativita'  dell'art. 34  offerta  dalla  Corte di
cassazione  nella  richiamata  ordinanza  di  rimessione e' stata poi
successivamente  ribadita  dalle stesse sezioni unite con la sentenza
n. 494  del  14  luglio 2000, in cui si legge che "la disposizione si
caratterizza,  sul  piano  letterale,  per  la sua sinteticita' e per
l'estrema   ampiezza  della  formula  adottata,  sia  nel  delimitare
l'ambito  della  materia,  fornendone  una  autonoma definizione (nel
comma  2),  sia  nell'indicare (nel comma 1) le controversie che, nel
detto  ambito,  assumono  rilevanza  ai  fini della sussistenza della
giurisdizione esclusiva. Sotto il primo profilo, puo' constatarsi che
la   norma,   nel   definire   la  "materia  urbanistica",  non  reca
distinzioni,  ne'  fornisce  esemplificazioni (diversamente da quanto
prevede  il precedente art. 33, comma 1, concernente la giurisdizione
esclusiva  del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi,
che  non  reca una definizione di "pubblico servizio", ed enumera una
serie  di previsioni esemplificative: v. s.u., sent. n. 71/2000), ma,
con  espressione  di  estrema  latitudine,  dispone che sono compresi
nell'ambito  della materia urbanistica tutti gli aspetti dell'uso del
territorio.  Nella sua assolutezza, la formula adottata dall'art. 34,
comma  2, si presta quindi ad essere intesa come volta ad abbracciare
la  totalita' degli aspetti dell'uso del territorio, nessuno escluso.
Sotto il secondo profilo, puo' rilevarsi che del pari onnicomprensivo
e'  il  riferimento  alle  controversie attribuite alla giurisdizione
esclusiva  del  giudice amministrativo: vi rientrano infatti, purche'
attinenti   alla   materia   urbanistica,  come  sopra  definita,  le
controversie   che   siano   determinate  da  atti,  provvedimenti  o
comportamenti  della pubblica amministrazione. Ed ancora una volta la
formula  normativa  e'  di  estrema  latitudine,  poiche'  manca ogni
specificazione  circa  la  tipologia  delle controversie (ed anche in
cio' la norma si differenzia dal precedente art. 33, comma 2, in tema
di  giurisdizione  esclusiva del giudice amministrativo in materia di
pubblici  servizi),  mentre il riferimento agli atti, provvedimenti o
comportamenti   sembra   esaurire  tutta  la  gamma  delle  attivita'
giuridicamente  rilevanti  della pubblica amministrazione, siano esse
formali (atti, provvedimenti) o materiali (comportamenti)".
    Questo    giudicante,    dunque,   consapevole   della   funzione
nomofilattica  istituzionalmente  affidata alla Corte di cassazione e
ritenendo  opportuno  attendere  la decisione del giudice delle leggi
sulla  questione  di  costituzionalita'  cosi'  sollevata, certamente
incidente  sull'esito del giudizio in corso in cui il l'ente pubblico
convenuto - proprio facendo leva sull'art. 34 del d.lgs. n. 80/1998 -
aveva  eccepito  il  difetto  di  giurisdizione  del  giudice  adito,
rimetteva la causa sul ruolo per l'udienza del 29 gennaio 2001.
    Con  ordinanza  del  23  gennaio  2001,  la Corte costituzionale,
considerato  che dopo la proposizione della questione di legittimita'
costituzionale  era  sopravvenuta la legge n. 205 del 2000 (in vigore
dal  10  agosto  2000),  la  quale,  con  l'art. 7, aveva formalmente
sostituito il testo dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, ripetendo
integralmente  il  contenuto  della  norma  originaria, attribuendole
tuttavia  l'efficacia  della  legge  formale  e non piu' quella della
legge   sostanziale,   rilevava  che  la  valutazione  dell'incidenza
dell'indicato   ius   superveniens  in  ordine  al  persistere  della
rilevanza della questione competeva alla Corte remittente ed ordinava
la restituzione degli atti alla Corte di cassazione.

                            D i r i t t o

    La  questione  di  costituzionalita'  dell'originario art. 34 del
d.lgs.   31   marzo  1998,  n. 80,  in  relazione  all'art. 76  della
Costituzione,    per   eccesso   rispetto   alla   delega   conferita
dall'art. 11,  quarto  comma,  lettera  g) della legge 15 marzo 1997,
n. 59, nella parte in cui sottrae al giudice ordinario e devolve alla
giurisdizione  esclusiva  del  giudice  amministrativo  le  cause  su
diritti  soggettivi connessi a comportamenti materiali della pubblica
amministrazione  in procedure espropriative finalizzate alle gestione
del  territorio,  e' ancora rilevante ai fini del presente giudizio e
non manifestamente infondata.
    Poiche',  infatti,  ai  sensi dell'art. 5 del codice di procedura
civile  (nel testo novellato dall'art. 2 della legge n. 353/1990), la
giurisdizione  e la competenza si determinano con riguardo alla legge
vigente  al  momento  della  proposizione  della  domanda,  senza che
abbiano  rilevanza i successivi mutamenti della legge, l'art. 34 piu'
volte  citato continua a "vivere" nell'ambito del presente giudizio -
regolandone  il  profilo dell'attribuzione della giurisdizione - come
norma  posta  da  una  fonte  che  continua  a porsi in contrasto con
l'art. 76  della  Costituzione,  per  eccesso  rispetto  alla  delega
conferita  dall'art.  11,  quarto  comma,  lettera g), della legge 15
marzo 1997, n. 59, e per i motivi ampiamente lumeggiati dalla Suprema
Corte  di  cassazione  con  l'ordinanza  n. 43 del 2000 trascritta in
motivazione.
    L'art. 7  della  legge n. 205 del 2000, infatti, pur introducendo
un  nuovo  testo  dell'art. 34  attribuendogli  l'efficacia  di legge
formale  (peraltro gia' a sua volta sospettata di incostituzionalita'
dal  tribunale  di  Roma  con  ordinanza  del  16  novembre  2000  di
rimessione  degli  atti  alla  Corte costituzionale), non e' idoneo a
fornire  copertura  costituzionale  all'operativita'  dell'originaria
norma  posta  dall'art. 34  del d.lgs. n. 80/1998 rispetto ai giudizi
introdotti tra il 10 luglio del 1998 (data di entrata in vigore delle
norme  di  cui  agli  artt. 33 e 34 d.lgs. n. 80/1998, al sensi della
disposizione  transitoria  contenuta  nell'art. 45,  comma 18, stesso
decreto)  ed  il  10 agosto del 2000 (data di entrata in vigore della
legge  21  luglio  2000,  n. 205), in quanto la legge n. 205/2000, in
assenza  di  norme  transitorie che specificamente prevedano la retro
attivita'  delle  sue  disposizioni,  dispone soltanto per l'avvenire
(ossia  per  i  procedimenti  introdotti  dopo il 10 agosto 2000), in
omaggio   al   principio   sancito  dall'art. 11  delle  disposizioni
preliminari al codice civile.
    Del  resto gia' la Corte costituzionale (a partire dalla sentenza
n. 63  del 1970) ha affermato che l'abrogazione (ammesso peraltro che
la  mera  sostituzione di un articolo di legge, lasciando immutato il
contenuto,  possa essere ascritta a tale fenomeno) incide sulla legge
abrogata  nel  senso  che questa, "originariamente fonte di una norma
riferibile  ad una serie indefinita di fatti futuri ... e ormai fonte
di una norma riferibile solo ad una serie definita di fatti passati".
E  cio' e' tanto piu' vero in materia processuale civile, in presenza
dell'art. 5   del   codice   di   rito   che  sancisce  espressamente
l'irrilevanza,  ai  fini  della giurisdizione, dei mutamenti di legge
successivi alla proposizione della domanda.
    Dunque,  dalla  pronunzia  della  Corte costituzionale dipende la
possibilita'  di  risolvere  la questione relativa all'individuazione
del  giudice  a  cui  spetta  la  giurisdizione in ordine alle cause,
introdotte  tra  il  1  luglio  1998 (data di entrata in vigore delle
norme  di  cui  agli artt. 33 e 34 d.lgs. n. 80/1998) ed il 10 agosto
2000  (data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205),
su  diritti  soggettivi  connessi  a  comportamenti  materiali  della
pubblica  amministrazione in procedure espropriative finalizzate alle
gestione del territorio.
    Tanto premesso in fatto e diritto, va disposta la sospensione del
presente   giudizio   e   la   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale  per  la  decisone  sulla  questione  pregiudiziale di
legittimita'  costituzionale,  siccome rilevante e non manifestamente
infondata.   Alla  cancelleria  vanno  affidati  gli  adempimenti  di
competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.