IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Il dott. Francesco Cinotti e il dott. Guido Fralleone hanno chiesto l'inquadramento nella qualifica dirigenziale della Camera di commercio sulla base dell'art. 12, legge n. 140/1999; ma la loro richiesta non e' stata accolta, sia per la presenza in organico di un solo posto dirigenziale, sia per la interpretazione data all'articolo di legge sopra citato, che, secondo la Camera di commercio, esclude la sussistenza di un diritto (rectius: di una posizione giuridica soggettiva tutelabile) in capo ai due dipendenti. Tralasciando altre questioni giuridiche rilevanti, ma subordinate alla interpretazione dell'art. 12, legge n. 140/1999 e comunque risolvibili in sede interpetativa, la questione di merito che deve essere preliminarmente affrontata e' quella relativa al significato da attribuire alla norma: "Il personale in servizio ... che al 12 luglio 1992 rivesta la qualifica di capo servizio ... puo' essere inquadrato nella qualifica superiore con effetti ... ". Secondo gli attori la locuzione "puo' essere inquadrato" va letta come "deve essere inquadrato", dato che la norma fu introdotta per sanare una disparita' di trattamento venutasi a creare in seguito alla legge n. 644/1994, escludendo percio' qualsiasi discrezionalita' nell'avanzamento da parte delle Camere di commercio. La scelta della locuzione "puo'" sarebbe stata presa durante i lavori parlamentari soltanto per rispettare la autonomia gestionale delle Camere di commercio, e per subordinare l'avanzamento alla richiesta degli interessati. Viceversa, ogni interpretazione volta ad escludere la automaticita' dell'avanzamento su semplice richiesta degli interessati, urterebbe - come eccepito in udienza - con il disposto costituzionale, per la disparita' di trattamento che verrebbe ad instaurarsi fra i vari soggetti aventi diritto, anche in relazione alla causale esistenza o inesistenza di posti in pianta organica. La controparte ritiene invece sua facolta' coprire il posto dirigenziale in organico mediante un concorso interno, escludendo ogni automaticita' nell'avanzamento, ed eccepisce che la legge - ove fosse intesa nel senso di prevedere un diritto all'avanzamento automatico - urterebbe contro i precetti costituzionali di cui all'art. 97 della Costituzione. Secondo il giudicante la questione sollevata dagli attori appare manifestamente infondata e non rilevante ai fini del decidere in quanto la norma in questione puo' essere intesa come derogatoria alla regola di cui all'art. 28 del d.lgs. n. 29/1993, venendo cosi' a creare in capo ai dipendenti in possesso dei requisiti prescritti una legittima aspettativa tutelabile, che potrebbe essere respinta dalla amministrazione di appartenenza soltanto con motivato riferimento a specifiche situazioni negative concernenti la persona e il curriculum del dipendente stesso. Il che non e' avvenuto nel caso di specie per nessuno degli attori. Per contro, l'amministrazione di appartenenza non sarebbe legittimata al diniego della attribuzione della qualifica neppure con riferimento alla pianta organica, in quanto nella nuova normativa sul pubblico impiego la attribuzione della qualifica dirigenziale non coincide con la concreta attribuzione di funzioni (art. 19 e segg., d.lgs. n. 29/1993), e in ogni caso l'amministrazione dovrebbe assegnare la unica funzione prevista nella pianta organica sulla base di una successiva scelta meritocratica discrezionale, con apposito contratto. L'ampliamento delle qualifiche dirigenziali sarebbe invece un atto dovuto in conseguenza della legge n. 104/1999. Tuttavia una tale interpretazione sembra avvalorare la tesi della parte convenuta, in quanto addurrebbe ad un indiscriminato passaggio alla qualifica dirigenziale senza selezione alcuna. In proposito la Corte costituzionale si e' gia' espressa con le sentenze nn. 1/1996 e 1/1999 asserendo la necessita' di procedure selettive o di verifiche attitudinali nei "passaggi di carriera", e addirittura (forse con eccessivo rigore) restringendo l'ambito di ammissibilita' dei concorsi interni. In ogni modo, la giurisprudenza della Corte - con riferimento al principio di imparzialita' e a quello della efficienza - appare consolidata nell'esigere, ai fini del rispetto del dettato costituzionale, forme di effettiva selezione nella attribuzione delle qualifiche, con esclusione di qualsiasi generalizzato "scivolamento verso l'alto". Poiche' la norma in esame appare contraddire con tale esigenza, appare necessario rimettere l'esame della questione alla Corte costituzionale, in quanto rilevante ai fini della decisione della presente causa.