ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4-ter commi da 2
a 7, del d.l. 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei
termini  di  custodia  cautelare  nella fase del giudizio abbreviato)
convertito  in  legge  5 giugno  2000,  n. 144,  anche  in  relazione
all'art. 442,  comma  2, del codice di procedura penale, promossi con
ordinanze  emesse il 5 luglio, il 21 giugno e il 25 luglio 2000 dalla
Corte  di assise di Palermo, rispettivamente iscritte ai n. 689 e 696
del registro ordinanze 2000 ed al n. 45 del registro ordinanze 2001 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 46 e 48,
1a  serie  speciale,  dell'anno  2000  e  n. 5,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 aprile 2001 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Ritenuto  che  con  tre  ordinanze  di analogo tenore - emesse il
21 giugno,  il  5 e 25 luglio 2000 - la Corte di assise di Palermo ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 4-ter
commi  da  2  a  7, della legge 5 giugno 2000 n. 144 (recte: del d.l.
7 aprile  2000,  n. 82,  recante  "Modificazioni  alla disciplina dei
termini  di  custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato"),
convertito,  con  modificazioni,  nella legge 5 giugno 2000, n. 144),
"anche  in  relazione  all'art. 442,  comma  2, cod. proc. pen.", per
contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo
comma, 111 e 112 della Costituzione;
        che  il  giudice a quo premette che, nel corso di tre diversi
giudizi,  taluni  degli  imputati  -  chiamati  a rispondere, tra gli
altri, di piu' reati punibili con la pena dell'ergastolo ovvero di un
delitto  punibile  con l'ergastolo ed altri delitti punibili con pena
detentiva  superiore  a  cinque anni - ipotesi nelle quali, alla pena
dell'ergastolo, si aggiungerebbe la sanzione dell'isolamento diurno -
avevano  chiesto  di essere giudicati con il rito abbreviato, a norma
dei commi 2 e seguenti dell'art. 4-ter del d.l. n. 82 del 2000;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  la norma censurata la cui
giustificazione  dovrebbe  ravvisarsi  nella  finalita' di consentire
all'imputato,  che  non  abbia potuto accedere al giudizio abbreviato
ordinario  per  l'avvenuta scadenza del termine di proposizione della
richiesta,  di usufruire comunque di tale rito speciale - si porrebbe
in  contrasto,  innanzitutto,  con  l'art. 3  della  Costituzione: la
possibilita',  per gli imputati di reati punibili con l'ergastolo, di
accedere al giudizio abbreviato, a semplice richiesta non sindacabile
dal  giudice,  fino  alla conclusione dell'istruttoria dibattimentale
nel giudizio di primo grado (art. 4-ter comma 2) fonderebbe, infatti,
un   irragionevole   privilegio   per  tale  categoria  di  imputati,
consentendo  loro di avanzare la richiesta di rito speciale dopo aver
conosciuto   e   valutato   la  situazione  probatoria  consolidatasi
nell'istruttoria   dibattimentale  o,  addirittura,  sulla  base  del
prevedibile  esito  delle  prove ancora da assumere, senza che a cio'
corrisponda una ragione apprezzabile di economia processuale;
        che  tale  meccanismo  normativo  non  avrebbe  quindi  altro
effetto  se  non  quello di realizzare, a beneficio dell'imputato, un
ingiustificato  sconto  di pena, tale da vanificare anche la funzione
rieducativa della stessa;
        che,  inoltre,  l'incostituzionalita' della norma denunciata,
per  violazione  degli  artt. 3  e 27 della Carta, risulterebbe ancor
piu'  evidente nelle ipotesi in cui l'imputato, il quale abbia optato
per  il  rito  abbreviato,  sia  riconosciuto colpevole di piu' reati
punibili, ciascuno, con la pena dell'ergastolo o di un delitto punito
con  l'ergastolo  ed  altri  puniti  con pena complessiva superiore a
cinque anni;
        che  in  tali  ipotesi,  infatti,  -  a  fronte  di  una pena
detentiva   costituita,   in   astratto,   dall'ergastolo   inasprito
dall'isolamento   diurno   -  la  diminuente  per  il  rito  speciale
implicherebbe  la  sostituzione  automatica della pena dell'ergastolo
con  la  pena  detentiva  della reclusione a trenta anni, nella quale
rimarrebbe   inevitabilmente   "assorbito"   l'inasprimento  punitivo
dell'isolamento  diurno,  lasciando  cosi'  sprovvisti  di sanzione i
delitti  concorrenti: con l'irragionevole conseguenza che "l'imputato
che  abbia  commesso  un solo omicidio soggiacera' alla stessa pena e
allo  stesso  trattamento  sanzionatorio  complessivo  inflitto a chi
abbia commesso decine di omicidi oppure omicidi e stragi" ;
        che,   ancora,   la   scelta  del  rito  abbreviato,  rimessa
all'assoluta discrezionalita' dell'imputato, verrebbe a vulnerare sia
l'art. 24 della Costituzione, inibendo l'assunzione di mezzi di prova
chiesti  dalle altre parti e gia' ammessi, sia gli artt. 101, secondo
comma,   e   102,   primo  comma,  della  Costituzione,  non  essendo
riconosciuto   al   giudice  il  potere  di  valutare,  in  concreto,
fondamento e giustificazione del rito alternativo richiesto, anche in
relazione allo stato di sviluppo dell'istruttoria dibattimentale;
        che  la  facolta'  di  scelta del rito da parte dell'imputato
comporterebbe  altresi'  una  lesione  del principio della formazione
della  prova  nel  contraddittorio delle parti, sancito dall'art. 111
della   Costituzione,  in  quanto  verrebbe  riconosciuto  di  fatto,
all'imputato  stesso,  il  potere di "espungere" prove gia' ammesse e
non ancora assunte;
        che,  con  riferimento  alle  prove articolate dalla pubblica
accusa,  cio'  comporterebbe  anche la violazione dell'art. 112 della
Costituzione, poiche' verrebbe vanificato, in tal modo, l'obbligo del
pubblico  ministero  di  dare impulso alla formazione della prova per
l'esercizio dell' azione penale;
        che la norma impugnata si porrebbe da ultimo in contrasto con
gli  artt. 97,  primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione
in  quanto,  nell'ipotesi in cui il rito abbreviato venisse richiesto
soltanto   da   alcuni   dei  coimputati,  si  avrebbe  un  sensibile
allungamento  dei  tempi  di  definizione  del  procedimento,  per la
duplicazione   del   processo  e  del  materiale  decisorio,  con  la
compromissione,  ad  un  tempo, tanto del principio di buon andamento
dell'amministrazione  della  giustizia,  quanto  del nuovo, specifico
vincolo costituzionale della "ragionevole durata del processo".
    Considerato  che  le  ordinanze sollevano la medesima questione e
che,  pertanto,  i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti
con unica decisione;
        che  il  d.l.  24 novembre 2000, n. 341 (Disposizioni urgenti
per l'efficacia e l'efficienza dell'Amministrazione della giustizia),
convertito,  con modificazioni, nella legge 19 gennaio 2001, n. 4, ha
apportato  rilevanti  innovazioni  al quadro normativo di riferimento
della questione oggetto della presente decisione;
        che,  in particolare, l'art. 7 del citato d.l. ha introdotto,
nel  comma  1,  una norma di interpretazione autentica dell'art. 442,
comma 2, ultimo periodo, cod.proc.pen., stabilendo che "l'espressione
"pena  dell'ergastolo  deve  intendersi  riferita all'ergastolo senza
isolamento  diurno" ed ha aggiunto, nel comma 2, un ulteriore periodo
al  capoverso  del  medesimo  art. 442  cod.proc.pen., disponendo che
"alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso
di reati e di reato continuato, e' sostituita quella dell'ergastolo";
        che,  inoltre,  a  fronte  di tali disposizioni, l'art. 8 del
medesimo  d.l.  n. 341 del 2000 ha dettato una particolare disciplina
transitoria  per  i  procedimenti  penali  in  corso,  stabilendo che
l'imputato,  in  determinate  ipotesi, possa revocare la richiesta di
giudizio   abbreviato   ovvero   la  richiesta  di  cui  al  comma  2
dell'art. 4-ter del d.l. n. 82 del 2000;
        che,  pertanto,  gli atti devono essere restituiti al giudice
rimettente,  perche'  valuti  se  la  questione sollevata sia tuttora
rilevante nel giudizio a quo.