ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 269, secondo
comma,  del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa
il  27 luglio 2000 dal giudice istruttore presso il tribunale di Gela
nei  procedimenti  civili  riuniti  vertenti tra Licalsi Liliana e la
S.A.I.  S.p.a.  ed  altri,  iscritta al n. 710 del registro ordinanze
2000  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48,
1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 23 maggio 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il giudice istruttore presso il tribunale di Gela,
con  ordinanza emessa il 27 luglio 2000, ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 269, secondo comma, del codice di procedura
civile,  nella  parte  in cui non prevede la fissazione di un termine
perentorio  entro  il quale il convenuto deve notificare la citazione
al terzo chiamato in causa;
        che  il  rimettente premette in fatto che il giudizio, avente
ad  oggetto il risarcimento dei danni da incidente stradale cagionato
da  veicolo non identificato, e' stato instaurato nei confronti della
societa' assicuratrice designata dal fondo di garanzia per le vittime
della  strada, la quale, sostenendo che i danni erano stati aggravati
dalla  non  corretta  esecuzione  dell'intervento  chirurgico  subito
dall'attrice,  ha  chiesto  di chiamare in causa l'ente gestore della
clinica;  che  il predetto ente, costituitosi in giudizio, ha chiesto
di chiamare in causa il chirurgo responsabile dell'intervento; che il
chirurgo, a sua volta, ha chiesto il differimento della prima udienza
per chiamare in garanzia la propria compagnia assicuratrice ed ha poi
reiterato  tale  istanza, non avendo provveduto a citare il terzo per
l'udienza a tal fine differita;
        che  il  rimettente, dovendo decidere circa la concessione di
un  nuovo  termine  per  la chiamata in causa del terzo, dubita della
legittimita'  costituzionale dell'art. 269, secondo comma, cod. proc.
civ.,  anzitutto  per la ingiustificata disparita' di trattamento tra
attore e convenuto, in quanto soltanto il primo e' tenuto al rispetto
del  termine  perentorio  fissato  dal  giudice  per la citazione del
terzo,  mentre il secondo puo' reiterare la richiesta di differimento
dell'udienza, qualora non abbia provveduto alla citazione;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  norma  in  esame
contrasterebbe  anche  con  gli artt. 24 e 111 della Costituzione, in
quanto  consente al convenuto di reiterare la richiesta di fissazione
della  nuova  udienza  per  la  chiamata del terzo, rendendo cosi' il
convenuto  stesso arbitro dei tempi e della dinamica del processo, in
violazione  sia  del principio di ragionevole durata del giudizio che
del diritto di difesa dell'attore;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la infondatezza della questione.
    Considerato  che dalle premesse in fatto contenute nell'ordinanza
di  rimessione  risulta chiaramente come la parte che deve notificare
la  citazione  al terzo e che a tal fine ha chiesto la concessione di
un nuovo termine non sia l'originario convenuto, bensi' uno dei terzi
chiamati in causa;
        che  la  norma  disciplinante  la  fattispecie  concreta deve
individuarsi  nell'art. 271  del codice di procedura civile, il quale
espressamente statuisce le modalita' della chiamata in causa ad opera
del  terzo,  con  rinvio  al  terzo  comma dell'art. 269 del medesimo
codice;
        che  la  questione di legittimita' costituzionale del secondo
comma  dell'art. 269  cod. proc. civ.risulta quindi inammissibile per
difetto   di   rilevanza,   non  essendo  la  disposizione  impugnata
applicabile nelgiudizio a quo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.