ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 2,
della  legge  2 ottobre  1997,  n. 334  (Disposizioni  transitorie in
materia   di   trattamento  economico  di  particolari  categorie  di
personale pubblico, nonche' in materia di erogazione di buoni pasto),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  12 luglio  2000 dalla Corte dei
conti,  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione Lazio, sui ricorsi
riuniti  proposti  da Altomare Francesco ed altri contro il Ministero
della difesa ed altri, iscritta al n. 826 del registro ordinanze 2000
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, 1o serie
speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 maggio 2001 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
    Ritenuto   che   nel  corso  di  un  giudizio  nel  quale  alcuni
appartenenti alle Forze armate dello Stato in posizione di ausiliaria
alla  data  del  1o gennaio  1996  con  il grado di generale di corpo
d'armata  o di divisione (o grado equiparato), o i loro aventi causa,
lamentavano  che  l'Amministrazione  della difesa avesse disatteso le
istanze   dirette   ad  ottenere  il  computo,  nella  determinazione
dell'indennita'  di  ausiliaria,  anche  di  quella  di  posizione ex
art. 1,  comma  2,  della  legge 2 ottobre 1997, n. 334 (Disposizioni
transitorie  in  materia  di  trattamento  economico  di  particolari
categorie  di personale pubblico, nonche' in materia di erogazione di
buoni  pasto),  la  Corte  dei  conti, sezione giurisdizionale per la
Regione  Lazio, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
della  citata disposizione per contrasto con gli artt. 3, 36, 38 e 97
Cost;
        che,  preliminarmente,  in  punto di rilevanza, il rimettente
osserva  che  i  ricorsi  non  potrebbero  essere  accolti  ostandovi
espressamente la disposizione censurata;
        che,  in ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a
quo  premette  che nella determinazione dell'indennita' di ausiliaria
si  devono  considerare  il  trattamento  di quiescenza percepito dal
soggetto  interessato  e  quello economico spettante nel tempo al suo
pari   grado   in  servizio  nello  stesso  ruolo  e  con  anzianita'
corrispondente  e  che  la  normativa  sull'indennita'  di ausiliaria
(art. 67   della   legge  10 aprile  1954,  n. 113,  come  sostituito
dall'art. 44,   della  legge  19 maggio  1986,  n. 224,  quest'ultima
disposizione  interpretata autenticamente dall'art. 6, comma 2, della
legge  23 dicembre  1990,  n. 404)  prevede  l'onnicomprensivita' del
trattamento  spettante  nel tempo al pari grado in servizio con tutte
le maggiorazioni   e   le   indennita',  salvo  quelle  di  carattere
personale;
        che  e'  ininfluente se gli interessati abbiano o meno goduto
durante  il  servizio  dell'indennita'  di posizione, giacche' non si
tratta  di  stabilire  se essa sia o meno da inserire nella loro base
pensionabile, bensi' di individuare il trattamento economico del pari
grado  in  servizio cui rapportare la quantificazione dell'indennita'
di ausiliaria;
        che  la  disposizione  denunciata violerebbe gli artt. 3 e 38
della  Costituzione  nella  parte  in cui esclude che l'indennita' di
posizione riconosciuta dal 1996 in favore dei generali di divisione e
di  corpo  d'armata  e  gradi  corrispondenti  delle  Forze armate in
attivita'  abbia  effetto  ai  fini della determinazione di quella di
ausiliaria dei pari grado;
        che  detta  indennita' di posizione, infatti, e' riconosciuta
dal  comma 1 della disposizione denunciata "a titolo di anticipazione
sul  futuro  assetto  retributivo"  e,  per  i militari, e' correlata
esclusivamente  al grado di generale di divisione e di corpo d'armata
e   gradi  corrispondenti,  sicche'  rientra  tra  gli  emolumenti  a
carattere  generale e tra "le maggiorazioni" che, ex art. 6, comma 2,
lettera a), della legge n. 404 del 1990, sono inclusi nel trattamento
economico dei pari grado in servizio dei quali occorre tener conto ai
fini della determinazione dell'indennita' di ausiliaria;
        che,   quindi,   vi   sarebbe  contrasto  tra  la  disciplina
dell'indennita'  di  ausiliaria  e il limite posto dalla disposizione
denunciata, con violazione del principio di ragionevolezza;
        che  ulteriore  riscontro  di cio' si troverebbe nell'art. 3,
comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 169, nel quale si
ribadisce   la   progressiva   riduzione   della  differenza  tra  il
trattamento  di quiescenza percepito e quello economico spettante nel
tempo  al  pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianita'
corrispondente   a   quella  posseduta  dall'ufficiale  all'atto  del
collocamento in ausiliaria;
        che  vi sarebbe un vulnus all'art. 3 della Costituzione anche
sotto   il   profilo   del   contrasto   con   l'esigenza  di  tutela
dell'affidamento  del  cittadino  per  la efficacia retroattiva della
legge  n. 334  del 1997 (decorrente dal 1o gennaio 1996), in quanto i
collocati  in ausiliaria anteriormente a tale data potevano confidare
in  un  trattamento  di  quiescenza  commisurato  a  quello economico
spettante nel tempo ai loro pari grado in servizio dello stesso ruolo
e  con  anzianita'  corrispondente,  mentre la disposizione censurata
avrebbe  vanificato  tale  affidamento,  con  cio'  violando altresi'
l'art. 38 Cost., posto a tutela dei diritti previdenziali;
        che  l'indennita' di ausiliaria e' un istituto che svolge una
funzione   di  riequilibrio  nel  reddito  complessivo  del  militare
costretto  ad andare in pensione con un periodo di servizio inferiore
rispetto   agli  altri  pubblici  dipendenti,  funzione  che  risulta
eliminata   dalla  disposizione  censurata  la  quale,  alterando  il
raccordo  tra  la  posizione  predetta  e  quella di servizio attivo,
vanificherebbe altresi' i principi di buon andamento ed imparzialita'
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost;
        che,  infine, poiche' la posizione del militare in ausiliaria
segue  la cessazione dal servizio ma non e' ancora pensionamento vero
e  proprio  e  si  caratterizza per una serie di peculiarita', tra le
quali  e'  compresa anche la parametrazione della relativa indennita'
sulla  retribuzione  del  pari  grado  in  servizio,  la  limitazione
contenuta nella disposizione denunciata violerebbe anche il principio
di proporzionalita' della retribuzione ex art. 36 Cost;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo,  in  via  principale, che questa Corte disponga la
restituzione degli atti al giudice a quo in virtu' delle disposizioni
legislative  e  amministrative successive alla legge n. 334 del 1997,
e,  in subordine, sollecitando una pronuncia di inammissibilita' o di
manifesta infondatezza della questione.
    Considerato  che  la  Corte  rimettente dubita della legittimita'
costituzionale  -  in  relazione  agli  artt. 3,  36,  38  e 97 della
Costituzione  -  dell'art. 1,  comma  2, della legge n. 334 del 1997,
nella  parte in cui, riconoscendo l'indennita' di posizione in favore
dei  generali di divisione e di corpo d'armata e gradi corrispondenti
delle Forze armate, prevede che la stessa non produca effetti ai fini
della  determinazione  dell'indennita'  ausiliaria, con cio' violando
l'art. 3  della  Costituzione  per  contrasto  con  il  principio  di
uguaglianza, sotto i profili della contraddittorieta' con altra norma
dell'ordinamento  che  introduce il principio dell'onnicomprensivita'
del  trattamento  spettante  nel  tempo al pari grado in servizio con
tutte le maggiorazioni e le indennita' senza esclusione alcuna, salvo
quella  di  carattere  aggiuntivo-personale, nonche' della carenza di
ragionevolezza  della  limitazione  discriminatoria  disposta  e  del
contrasto con l'esigenza di tutela dell'affidamento del cittadino;
        che,  seppure  il  principio  di onnicomprensivita' in parola
fosse  costituzionalmente vincolante, va rilevato che l'indennita' di
posizione  non  rientra  tra  le maggiorazioni tutelate dal principio
stesso,  perche' strettamente correlata all'esercizio effettivo delle
funzioni dirigenziali;
        che  l'osservazione  che  precede discende dalla piu' recente
disciplina  legislativa  in  materia  di pubblico impiego ove vige la
regola  secondo cui il trattamento economico accessorio del personale
dirigenziale  non  e'  corrisposto  in  relazione  allo status, ma e'
collegato  al livello di responsabilita' attribuito con l'incarico di
funzione e ai risultati conseguiti nell'attivita' amministrativa e di
gestione  (art. 24  del  decreto  legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
come  sostituito  dall'art. 16 del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 80);
        che  in  tale  assetto normativo l'indennita' di posizione e'
chiaramente  collegata  all'incarico  ricoperto  e quindi al servizio
effettivamente  espletato,  laddove  l'indennita'  ausiliaria  ha una
ratio  diversa,  in  quanto  svolge  la  funzione  di compenso per la
disponibilita' del militare cessato dal servizio ad essere richiamato
in qualunque momento;
        che,  dunque, la differente natura dei due istituti rende non
irragionevole una diversita' di disciplina;
        che  la Corte rimettente lamenta altresi' che la disposizione
censurata   violerebbe  gli  artt. 36  e  38  della  Costituzione  e,
rispettivamente,  il principio di proporzionalita' della retribuzione
e  il  canone  della  garanzia  dei  diritti  previdenziali,  nonche'
l'art. 97  della  Costituzione  sotto il profilo del buon andamento e
della imparzialita' dell'amministrazione;
        che,  tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la
scelta  in  concreto  dei  meccanismi di perequazione e' riservata al
legislatore  ordinario,  chiamato  a compiere il bilanciamento tra le
varie  esigenze  nel quadro della politica economica generale e delle
disponibilita'  finanziarie,  e che questa valutazione va operata non
nel  senso di un doveroso, costante allineamento, ma nel senso che il
verificarsi  di  un  macroscopico  ed  irragionevole  scostamento non
riscontrabile  nella  specie in esame e' indice sintomatico della non
idoneita'  del  meccanismo  in  concreto  prescelto  a  preservare la
sufficienza  dei  trattamenti ad assicurare al lavoratore ed alla sua
famiglia mezzi adeguati ad una esistenza libera e dignitosa (sentenza
n. 126 del 2000);
        che,  pertanto,  la  questione  va  dichiarata manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.