ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2,
3  e  4  del  decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con
modificazioni,   nella   legge   26  febbraio  1999,  n. 39,  recante
"Disposizioni  per  assicurare  interventi  urgenti di attuazione del
Piano  sanitario  nazionale  1998-2000",  promosso  con ricorso della
Provincia   autonoma   di  Bolzano,  notificato  il  27  marzo  1999,
depositato  in cancelleria il 1o aprile 1999 ed iscritto al n. 13 del
registro ricorsi 1999.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  udienza  pubblica  del  22  maggio  2001 il giudice
relatore Fernanda Contri;
    Udito  l'avvocato  Sergio  Panunzio  per la Provincia autonoma di
Bolzano  e l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con   ricorso   regolarmente  notificato  e  depositato,  la
Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha sollevato in via principale - in
riferimento  agli  artt. 9,  comma  1, numero 10), e 16 del d.P.R. 31
agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige) ed inriferimento alle norme di attuazione recate dagli artt. 2
del  d.P.R.  28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto
per  il  Trentino-Alto  Adige  in materia di igiene e sanita) e 3 del
decreto  legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello
statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la  potesta'  statale  di  indirizzo  e coordinamento) - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  commi  1,  2,  3  e 4 del
decreto-legge  28  dicembre 1998, n. 450 (Disposizioni per assicurare
interventi  urgenti  di  attuazione  del  Piano  sanitario  nazionale
1998-2000),  convertito,  con  modificazioni, nella legge 26 febbraio
1999, n. 39.
    Le  censure prospettate nel ricorso investono le disposizioni del
decreto-legge  n. 450  del 1998 dirette - come stabilisce l'impugnato
art. 1,  comma  1  -  alla  realizzazione  di  un  programma  su base
nazionale,  adottato  dal  Ministro  della  sanita',  d'intesa con la
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome,  "per  la  realizzazione,  in  ciascuna regione e
provincia autonoma, in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario
nazionale, di una o piu' strutture, ubicate nel territorio in modo da
consentire  un'agevole  accessibilita'  da parte dei pazienti e delle
loro  famiglie,  dedicate  all'assistenza  palliativa  e  di supporto
prioritariamente  per  i  pazienti  affetti  da patologia neoplastica
terminale  che  necessitano  di  cure  finalizzate  ad assicurare una
migliore qualita' della loro vita e di quella dei loro familiari".
    Ad  avviso della ricorrente, la disciplina censurata "pretende di
regolare  in  modo assai analitico" un aspetto della materia igiene e
sanita'"  -  e  precisamente  il  funzionamento  e  la gestione delle
strutture  sanitarie - che lo statuto per il Trentino Alto-Adige e le
invocate   norme   di  attuazione  assegnano  alla  competenza  della
Provincia  autonoma  di  Bolzano,  "sino al punto ... di imporre alla
provincia  ricorrente  di utilizzare (riconvertendole) strutture gia'
esistenti,   anziche'   realizzare  strutture  nuove  ove  invece  la
provincia  lo  ritenesse  piu'  opportuno  (art. 1,  comma 1, secondo
periodo);  come  pure  di  realizzare  strutture  autonome,  anziche'
integrate  in strutture piu' ampie (art. 1, comma 1, primo periodo)",
predeterminando  altresi',  al comma 3 dell'art. 1, i contenuti della
programmazione provinciale in materia.
    I  "vincoli  puntuali"  stabiliti  dal  provvedimento legislativo
impugnato  appaiono alla ricorrente "inammissibili", ove si consideri
"che   quei  particolari  vincoli  sono  estranei  alla  garanzia  di
erogazione  di quelle prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed
ospedaliera  non  inferiori  agli  standards  minimi  previsti  dalle
normative  nazionali  e comunitaria (che in base all'art. 2, comma 2,
del  d.P.R.  n. 474  del  1995  costituisce un limite per l'esercizio
delle  potesta'  provinciali  in materia), trattandosi ... di vincoli
relativi  a profili organizzativi delle strutture anziche' ai livelli
delle prestazioni da esse erogate".
    Censurando    la    regolamentazione   "oltremodo   analitica   e
dettagliata"  contenuta  nell'impugnato  decreto-legge,  la Provincia
autonoma  di Bolzano non intende contestare, si legge nel ricorso, la
necessita' che anche nel suoterritorio funzionino strutture sanitarie
dedicate  alla prevista "assistenza palliativa e di supporto", bensi'
"la  pretesa  dello  Stato  di  impedirle ...  di  esercitare in modo
autonomo  le  potesta' legislative e amministrative ad essa spettanti
in  ordine  alla  istituzione,  funzionamento  e  gestione  delle ...
strutture sanitarie provinciali" di cuisi tratta.
    La Provincia autonoma di Bolzano lamenta poi che la previsione di
un  decreto  ministeriale  di adozione del programma di cui al citato
comma   1   dell'art. 1   del  decreto-legge  impugnato  risulterebbe
illegittima  anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte che
esclude  l'intervento  di  regolamenti  ministeriali  per limitare la
sfera di competenze delle regioni e delle province autonome.
    D'altro  canto,  se  il  programma  ministeriale di cui si tratta
dovesse   configurare   un   atto   di   indirizzo  e  coordinamento,
risulterebbe  violato  l'art. 3  del  decreto  legislativo n. 266 del
1992,  che  esige  la previa e diretta consultazione della provincia,
non  surrogabile - sottolinea la ricorrente, che richiama la sentenza
della  Corte costituzionale n. 121 del 1997 - dalla previa intesa del
ministro con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome.
    La  speciale  disciplina  contenuta  nelle citate disposizioni di
attuazione  statutaria  -  si legge nel ricorso, contenente ulteriori
richiami  di giurisprudenza costituzionale - sarebbe altresi' violata
giacche'  gli  atti di indirizzo e coordinamento possono vincolare le
province  autonome  "solo  al  conseguimento  degli obiettivi in essi
stabiliti",  e  non  gia'  contenere  "norme  di  dettaglio,  recanti
prescrizioni  analitiche  e  puntuali",  la  cui emanazione e' adesse
riservata.
    La  ricorrente  aggiunge  che  solo  il  parere  prescritto dalle
invocate  norme  di  attuazione,  ma  non  l'intesa con la Conferenza
Stato-regioni,    e'   in   grado,   se   negativo,   di   sospendere
temporaneamente   l'efficacia  dell'atto  statale  di  indirizzo  nel
territorio  provinciale  e  che,  comunque,  la  funzione  statale di
indirizzo   e   coordinamento   "deve   essere   svolta   a   livello
collegiale ... e non con un semplice decreto ministeriale".
    Con  particolare  riguardo  al  comma  2,  dell'impugnato art. 1,
l'ente  territoriale ricorrente lamenta - richiamando le censure gia'
rivolte  alla  previsione  del  decreto  ministeriale di adozione del
programma  di  cui  al  comma 1  -  la violazione del gia' menzionato
art. 3  del  decreto  legislativo  n. 266  del  1992  ad  opera della
previsione di un atto di indirizzo e coordinamento "adottato ai sensi
dell'articolo  8  della  legge 15 marzo 1997, n. 59" per stabilire "i
requisiti   strutturali,  tecnologici  ed  organizzativi  minimi  per
l'esercizio delle attivita' sanitarie da parte delle strutture di cui
al comma 1 nonche' le modalita' di verifica dei risultati".
    La provincia autonoma censura quest'ultima previsione anche sotto
il  profilo  contenutistico, affermando che la verifica dei risultati
di cui si tratta "rientra integralmente nelle competenze provinciali,
come  risulta  confermato dal precedente atto di indirizzo in materia
di  requisiti  strutturali  tecnologici  ed  organizzativi minimi per
l'esercizio  delle  attivita'  sanitarie  emanato  con  il  d.P.R. 14
gennaio  1997"  e  come  imporrebbe il principio generale che riserva
alla  provincia  "la verifica del conseguimento degli obiettivi e dei
risultati stabiliti negli atti di indirizzo e coordinamento".
    2. - Nel  giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, si e' costituito il Presidente
del   Consiglio   dei  ministri  per  chiedere  una  declaratoria  di
inammissibilita'   e  di  infondatezza  del  ricorso  proposto  dalla
Provincia   autonoma  di  Bolzano,  "non  avendo  lo  Stato,  con  le
disposizioni   impugnate,   leso   le  attribuzioni  della  provincia
ricorrente".
    3. - In   prossimita'  dell'udienza,  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano  ha  depositato  "brevi  note"  per  lamentare la laconicita'
dell'atto    di    costituzione   del   Presidente   del   Consiglio,
incompatibile,  ad  avviso  della  ricorrente, con la "esigenza di un
contraddittorio   non   meramente   formale"  derivante  dalle  norme
disciplinanti   il   giudizio   costituzionale   in  via  principale.
Nell'impossibilita'  di  conoscere le difese avversarie, la provincia
si limita a rinviare a quanto dedotto in sede di ricorso.
    4. - In  prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  generale dello
Stato   ha  depositato  una  memoria  per  argomentare  la  richiesta
declaratoria  di inammissibilita' e infondatezza del ricorso proposto
dalla Provincia autonoma di Bolzano.
    La  difesa erariale premette che, con la normativa impugnata, "si
sono  volute  garantire  uguali  opportunita' di accesso in strutture
socio-sanitarie  che,  per  la  specifica  funzione  di  supporto che
ambiscono a svolgere ... non possono ne' devono incontrare ostacoli o
barriere  di  carattere  burocratico o, peggio, di carattere politico
gestionale".
    La  funzione  ministeriale di garantire condizioni di eguaglianza
nelle diverse realta' territoriali, deduce l'Avvocatura, e' destinata
ad  essere esercitata attraverso procedure concertate e di intesa con
la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province  autonome,  sede nella quale la ricorrente, "nel rispetto ed
in   attuazione   del   principio   di  leale  collaborazione  e  nel
perseguimento   di   obiettivi   di  funzionalita',  economicita'  ed
efficacia  dell'azione  amministrativa,  potra' far valere le proprie
ragioni".
    Quanto  alla  censurata  previsione,  all'art. 1,  comma  2,  del
denunciato decreto-legge, di un atto di indirizzo e coordinamento, la
difesa  erariale rileva che esso, "lungi dall'essere approvato con un
semplice  decreto  ministeriale,  dovra'  essere  adottato  ai  sensi
dell'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59".
    In  merito  alla  lamentata previsione, ad opera, in particolare,
dell'art. 1,  comma  1, del decreto-legge n. 450 del 1998, di criteri
di  organizzazione  delle strutture sanitarie di cui si tratta, nella
memoria  si  legge  che  "l'autonomia  finanziaria  ed  organizzativa
rivendicata  dalla ricorrente non giustifica l'esenzione della stessa
dal  rispetto  dielementari  principi  di  contenimento  della  spesa
pubblica".
    Ad  avviso della difesa erariale e' poi erroneo l'assunto in base
al  quale  la  ricorrente  considera  le spese relative alle suddette
strutture  totalmente  a  carico  del bilancio provinciale: la citata
tabella A, si osserva nella memoria del Presidente del Consiglio, "si
riferisce  esclusivamente  all'art. 3,  il  quale per l'appunto - nel
prevedere  un  finanziamento  di  lire  3.000  miliardi  a carico del
bilancio  dello  Stato  "per  far fronte ... alle maggiori occorrenze
finanziarie  del Servizio sanitario nazionale per gli anni 1995, 1996
e  1997 dispone che "le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta
e  le Provincie autonome di Trento e Bolzano provvedono alle predette
eventuali  maggiori  occorrenze  finanziarie ai sensi della normativa
vigente ".
    L'Avvocatura  esclude  infine  il  contrasto  -  denunciato dalla
ricorrente  -  tra  l'impugnata  disciplina  e l'atto di indirizzo in
materia  di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi
per  l'esercizio  delle  attivita' sanitarie emanato con il d.P.R. 14
gennaio 1997: da un lato, osserva la difesa erariale, l'art. 2, comma
2, del citato d.P.R. si riferisce al "rispetto dei requisiti minimi";
dall'altro,  l'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 450 del 1998 "fa
riferimento    piu'   in   generale   ai   "risultati   evidentemente
riconducibili   all'attivita'  delle  strutture  di  cui  al  comma 1
dell'art. 1".

                       Considerato in diritto

    1. - La  Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha  sollevato  in  via
principale  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,
commi  1,  2,  3  e  4,  del  decreto-legge  28 dicembre 1998, n. 450
(Disposizioni  per  assicurare  interventi  urgenti di attuazione del
Piano  sanitario nazionale 1998-2000), convertito, con modificazioni,
nella legge 26 febbraio 1999, n. 39.
    In  riferimento  agli  artt.  9,  comma 1, numero 10), e 16 dello
statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige - che attribuiscono alle
province  autonome, rispettivamente, potesta' legislativa concorrente
in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e
ospedaliera,  e  potesta'  amministrativa  alla regione Trentino-Alto
Adige  e  alle  province  autonome  nelle  stesse materie nelle quali
queste hanno competenza legislativa - ed in riferimento alle norme di
attuazione recate dall'art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme
di  attuazione dello statuto per il Trentino-Alto Adige in materia di
igiene  e  sanita)  -  che  conferiscono  alle  province autonome "le
potesta'  legislative ed amministrative attinenti al funzionamento ed
alla  gestione  delle  istituzioni  ed enti sanitari", precisando che
"nell'esercizio  di  tali potesta' esse devono garantire l'erogazione
di  prestazioni  di  assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non
inferiori  agli standards minimi previsti dalle normative nazionale e
comunitaria"    -    i   quattro   commi   impugnati   risulterebbero
costituzionalmente  illegittimi  giacche', direttamente, o attraverso
un  decreto  ministeriale,  pretendono  di  regolare  "in  modo assai
analitico"   un   aspetto   della   materia  "igiene  e  sanita'",  e
precisamente   il   funzionamento   e  la  gestione  delle  strutture
sanitarie,  che  lo  statuto per il Trentino-Alto Adige e le invocate
norme   di  attuazione  assegnano  alla  competenza  della  Provincia
autonoma di Bolzano.
    La  disciplina  censurata, lamenta la ricorrente, si spinge "sino
al    punto ...    di    imporre   alla   provincia   di   utilizzare
(riconvertendole)   strutture  gia'  esistenti,  anziche'  realizzare
strutture  nuove  ove invece la provincia lo ritenesse piu' opportuno
(art. 1, comma 1, secondo periodo); come pure di realizzare strutture
autonome,  anziche'  integrate in strutture piu' ampie (art. 1, comma
1, primo periodo)", predeterminando altresi', al comma 3 dell'art. 1,
i contenuti della programmazione provinciale in materia.
    In  riferimento all'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 266,   la   disciplina  impugnata  sarebbe  lesiva  dell'autonomia
provinciale  giacche'  il decreto di adozione del programma di cui al
comma  1, ove configurato come atto di indirizzo e coordinamento, non
appare  vincolato  al rispetto delle particolari garanzie previste in
favore  della  ricorrente  dall'invocata  disposizione  di attuazione
statutaria  (che  esige  la  previa  e  diretta  consultazione  della
Provincia,  precisando  che  gli  atti  di  indirizzo e coordinamento
possono  vincolare  le province autonome "solo al conseguimento degli
obiettivi  in  essi  stabiliti").  Tale disciplina appare altresi' in
contrasto  con  i  principi  costituzionali  in  tema  di indirizzo e
coordinamento,  che  richiedono  l'esercizio collegiale (da parte del
Consiglio dei ministri) della funzione medesima.
    Il  decreto  di  adozione  del  programma  di cui al comma 1, ove
configurato  come atto regolamentare, violerebbe invece il divieto di
disciplinare  con  fonte secondaria materie di competenza regionale e
provinciale.
    Oggetto  di  specifica  censura  e' poi il comma 2 dell'impugnato
art. 1  del  decreto-legge n. 450 del 1998, che prevede l'adozione di
un  atto di indirizzo e coordinamento "ai sensi dell'articolo 8 della
legge  15  marzo 1997, n. 59" per stabilire "i requisiti strutturali,
tecnologici  ed  organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita'
sanitarie  da  parte  delle  strutture  di  cui al comma 1 nonche' le
modalita'  di  verifica  dei  risultati",  anch'esso, ad avviso della
ricorrente,  in contrasto con l'art. 3 del decreto legislativo n. 266
del  1992,  per gli stessi motivi gia' addotti, sotto questo profilo,
nei  riguardi  del decreto ministeriale previsto dall'impugnato comma
1.
    2. - La  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1,
commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 450 del 1998 e' fondata.
    I  commi  1,  3  e  4  dell'art. 1  dell'impugnato  decreto-legge
contengono    principi    e    criteri    destinati   ad   uniformare
l'organizzazione,  da  parte delle regioni e delle province autonome,
delle strutture per la prestazione di "cure palliative" in favore dei
"pazienti  affetti  da  patologia  neoplastica terminale" e prevedono
l'adozione  - con decreto del Ministro della sanita', d'intesa con la
Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e
leprovince  autonome  - di un programma su base nazionale destinato a
precisare ed articolare ulteriormente tali principi e criteri.
    In  particolare, l'art. 1, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre
1998,  n. 450,  prevede  l'adozione,  con  decreto del Ministro della
sanita', d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, di un programma su
base nazionale "per la realizzazione, in ciascuna regione e provincia
autonoma,   in   coerenza  con  gli  obiettivi  del  Piano  sanitario
nazionale, di una o piu' strutture, ubicate nel territorio in modo da
consentire  un'agevole  accessibilita'  da parte dei pazienti e delle
loro  famiglie,  dedicate  all'assistenza  palliativa  e  di supporto
prioritariamente  per  i  pazienti  affetti  da patologia neoplastica
terminale  che  necessitano  di  cure  finalizzate  ad assicurare una
migliore qualita' della loro vita e di quella dei loro familiari".
    Le  attribuzioni delle province autonome in materia di assistenza
sanitaria  trovano  la  loro  disciplina,  oltre che nelle richiamate
disposizioni  statutarie  e di attuazione statutaria, nell'art. 2 del
decreto   legislativo   30  dicembre  1992,  n. 502  (Riordino  della
disciplina  in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23  ottobre 1992, n. 421), a norma del quale "spettano alle regioni e
alle  province  autonome,  nel  rispetto dei principi stabiliti dalle
leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia
sanitaria  ed  ospedaliera", ed in particolare Ala determinazione dei
principi  sull'organizzazione  dei servizi e sull'attivita' destinata
alla  tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle u.s.l.
e  delle  aziende  ospedaliere,  le  attivita'  di indirizzo tecnico,
promozione e supporto nei confronti delle predette u.s.l. ed aziende,
anche  in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della
qualita' delle prestazioni sanitarie".
    Questo  assetto normativo - come questa Corte ha chiarito - trova
una norma di chiusura nell'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo
il  quale  nelle  materie di competenza propria della regione o delle
province  autonome,  la legge non puo' attribuire agli organi statali
funzioni  amministrative  diverse  da  quelle  spettanti  allo  Stato
secondo  lo  statuto  speciale  e  le  relative  norme  di attuazione
(sentenza n. 182 del 1997).
    La  previsione,  nei  commi  1,  3 e 4 dell'art. 1 dell'impugnato
decreto-legge,  di  un  decreto ministeriale destinato ad orientare e
predeterminare   le   attivita'   provinciali   di   progettazione  e
organizzazione  delle strutture sanitarie per l'assistenza oncologica
e  palliativa  -  sia  pure  nei  termini  di  un  programma  la  cui
realizzazione  da  parte  delle  province  autonome si configura come
onere  per  l'accesso  a  finanziamenti erogati a carico del bilancio
statale  -  incide  sulla  sfera  di  autonomia provinciale lasciando
spazio  solo  alla  mera  esecuzione  e  contraddicendo, come gia' in
un'altra  occasione  si  e'  dovuto  rilevare,  "i  canoni che devono
informare  il rapporto tra la legislazione statale e quella regionale
e provinciale" (sentenza n. 373 del 1995).
    A  quest'ultimo riguardo, nella materia dell'organizzazione delle
strutture sanitarie pubbliche, di competenza delle province autonome,
l'intervento  dello  Stato  non  puo' esplicarsi se non attraverso la
legislazione   di   principio   o  di  riforma  economico-sociale,  o
attraverso  l'esercizio  della funzione di indirizzo e coordinamento,
nel  rispetto  delle  particolari  procedure richieste dalle norme di
attuazione  statutaria  per  l'efficacia  degli atti di indirizzo nei
confronti  delle  Province  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  di cui
all'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992 (sentenza n. 63 del 2000).
    Deve  pertanto essere dichiarata la illegittimita' costituzionale
dell'art.  1,  commi  1,  3  e 4, del decreto-legge 28 dicembre 1998,
n. 450,  nella  parte in cui vincola la Provincia autonoma di Bolzano
alle  statuizioni contenute nel decreto ministeriale di cui al citato
comma 1.
    In  considerazione  della  piena equiparazione delle due province
autonome  in ordine alla disciplina di cui si tratta, la declaratoria
di  incostituzionalita'  deve  essere  estesa  anche  alla  Provincia
autonoma di Trento.
    Rimangono assorbite le altre censure concernenti i commi 1, 3 e 4
dell'art. 1 dell'impugnato decreto-legge.
    3. - Oggetto  di  ulteriori e specifiche censure e' poi il citato
comma   2  dell'art. 1,  che  prevede  l'adozione  -  in  conformita'
all'art. 8  della  legge  n. 59  del 1997 - di un atto di indirizzo e
coordinamento  per stabilire "i requisiti strutturali, tecnologici ed
organizzativi  minimi  per  l'esercizio  delle attivita' sanitarie da
parte  delle  strutture  di  cui  al  comma 1 nonche' le modalita' di
verifica dei risultati".
    La  previsione,  ad  opera del comma 2, di un atto di indirizzo e
coordinamento  destinato  a vincolare anche la ricorrente si porrebbe
ad  avviso  di  quest'ultima  in  contrasto  con l'art. 3 del decreto
legislativo   n. 266   del  1992,  che  esige  la  previa  e  diretta
consultazione della provincia, non surrogabile dalla previa intesa in
sede   di  Conferenza  Stato-regioni;  stabilisce  che  gli  atti  di
indirizzo  e  coordinamento  possono  vincolare  le province autonome
"solo  al  conseguimento  degli obiettivi in essi stabiliti"; prevede
che  il  parere  prescritto  dalle  invocate  normedi  attuazione, se
negativo,  sospende  temporaneamente l'efficacia dell'atto statale di
indirizzo nel territorioprovinciale.
    La questione non e' fondata.
    La  consultazione  preventiva  delle province autonome al fine di
acquisirne il parere in ordine alla compatibilita' di un atto statale
di  indirizzo  e  coordinamento  con  lo  statuto  speciale  e con le
relative  norme  di attuazione, condiziona la legittimita' degli atti
di indirizzo che siano diretti anche alle Province autonome di Trento
e  Bolzano  (o  alla Regione Trentino-Alto Adige, ove sia in gioco la
rispettiva  competenza),  e  la  loro  validita'  nei confronti delle
stesse  (v.,  ex  plurimis sentenze n. 273 del 1998; n. 263 del 1997;
n. 121 del 1997). Sotto il profilo contenutistico, il potere statuale
di indirizzo e coordinamento deve essere esercitato in conformita' al
disposto  dell'art. 3,  comma  2, del d.lgs. n. 266 del 1992, a norma
del  quale  gli  atti  governativi di indirizzo vincolano le province
autonome  solo  al  conseguimento degli obiettivi e risultati in essi
stabiliti (sentenza n. 381 del 1996).
    Il  censurato  comma 2 deve essere quindi letto in armonia con le
invocate  norme di attuazione. Infatti non puo' darsi una lettura del
detto  comma  diretta  a vincolare le province autonome ad un atto di
indirizzo  e  coordinamento  adottato in difformita' dai requisiti di
ordine   formale   e   contenutistico   richiesti   dall'art. 3   del
decretolegislativo n. 266 del 1992.
    Non  potendo,  per  le  su  esposte  ragioni,  l'anzidetto  comma
applicarsi   alla  ricorrente,  non  hanno  fondamento  le  ulteriori
censure.