ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge 24 gennaio 1997, n. 6 (Disposizioni per il personale comandato presso il Ministero dell'ambiente), promosso con ordinanza emessa il 27 aprile dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II-bis sul ricorso proposto da Di Vico Angelo ed altro contro il Ministero dell'ambiente ed altri, iscritta al n. 758 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, 1a serie speciale, dell'anno 2000. Udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2001 il giudice relatore Riccardo Chieppa. Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso avverso il decreto interministeriale 19 maggio 1999, recante la tabella di equiparazione tra qualifiche dell'ordinamento statale e quelle delle amministrazioni non statali, nonche' avverso i singoli provvedimenti di inquadramento degli interessati nei ruoli del Ministero dell'ambiente, nella parte in cui non riconoscono agli stessi l'anzianita' giuridica maturata presso l'amministrazione di provenienza e nella parte in cui attribuiscono una qualifica professionale inferiore a quella di spettanza, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II-bis, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 35 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge 24 gennaio 1997, n. 6 (Disposizioni per il personale comandato presso il Ministero dell'ambiente), nella parte in cui stabilisce che "e' inquadrato ... nei ruoli del Ministero dell'ambiente, conservando, ai soli fini del trattamento economico, l'anzianita' di qualifica posseduta, il personale di qualifica funzionale, appartenente ad amministrazioni pubbliche o il cui onere sia a carico del Ministero dell'ambiente, in posizione di comando alla data del 15 marzo 1995, presso il Ministero dell'ambiente" (comma 2, primo capoverso) e nella parte in cui dispone che "In ogni caso il personale inquadrato ai sensi del presente articolo segue nel ruolo il personale gia' inquadrato nei ruoli del Ministero" (comma 3, ultimo inciso); che in ordine alla rilevanza, il giudice a quo sottolinea che solo la eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale delle norme censurate condurrebbe all'accoglimento delle domande dei ricorrenti, essendo la norma chiara nella sua portata limitativa; neppure essa potrebbe essere integrata in via interpretativa alla luce dei principi sanciti dall'art. 199 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), ovvero dall'art. 15 della legge n. 349 del 1986; che la fondatezza della questione - secondo il giudice rimettente - emergerebbe dalla considerazione che il principio affermato dall'art. 199 del richiamato d.P.R. n. 3 del 1957 avrebbe portata generale; tale principio, infatti, contemplerebbe espressamente l'ipotesi del dipendente che viene dapprima comandato presso altra amministrazione e poi inquadrato nei ruoli di quest'ultima "secondo la data di nomina alla qualifica gia' ricoperta e con la relativa anzianita' di carriera e di qualifica". Peraltro, tale principio risulta ribadito dall'art. 15 della legge istitutiva del Ministero dell'ambiente n. 349 del 1986; infatti, tale ultima disposizione prevede "la conservazione della qualifica e della anzianita' maturata"; che conseguentemente, non essendo ravvisabile alcuna sostanziale disomogeneita' della fattispecie all'esame rispetto a quelle disciplinate dalle norme da ultimo citate, le disposizioni impugnate apparirebbero non rispondenti al principio di ragionevolezza; che ne conseguirebbe, altresi', la violazione del principio del buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione, poiche' la discriminazione operata dalle norme censurate comporterebbe la fruizione di un minor numero di giornate di ferie, e precluderebbe ai ricorrenti, a causa della mancanza della prescritta anzianita' giuridica, la partecipazione a corsi concorsi di riqualificazione. Considerato che l'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione II-bis, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 35 della Costituzione, questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge 24 gennaio 1997, n. 6 (Disposizioni per il personale comandato presso il Ministero dell'ambiente), nella parte in cui inquadra il personale comandato nei ruoli del Ministero dell'ambiente conservando, ai soli fini economici, l'anzianita' di qualifica posseduta (comma 2, primo capoverso) e, nella parte in cui dispone che "In ogni caso il personale inquadrato ai sensi del presente articolo segue nel ruolo il personale gia' inquadrato nei ruoli del Ministero" (comma 3, ultimo inciso); che identica questione di legittimita' costituzionale e' gia' stata rimessa alla Corte e dichiarata manifestamente infondata con la ordinanza n. 123 del 2001; che con la citata ordinanza sono state esaminate le ragioni giustificatrici e le finalita' della disposizione denunciata diretta a convalidare le domande di inquadramento presentate e la procedura appena iniziata, in base al d.l. 17 maggio 1996, n. 271 (Disposizioni urgenti per il funzionamento del Ministero dell'ambiente), non convertito, e inoltre a salvaguardare la posizione di chi si trovava immesso in ruolo in base alla precedente normativa; che la norma denunciata, nello stesso tempo, in armonia con un sopravvenuto indirizzo di maggiore attenzione agli effetti di trascinamento di anzianita' giuridiche pregresse e con una tendenza normativa a circoscrivere gli effetti della mera anzianita', ha mantenuto il pieno riconoscimento dell'anzianita' di qualifica posseduta ai soli fini del trattamento economico; che nella citata ordinanza la Corte ha sottolineato che, per il resto, valgono i principi generali attinenti al sistema pensionistico e previdenziale in ordine al ricongiungimento delle posizioni giuridiche pregresse, nonche' quelli relativi alla interpretazione dei requisiti di partecipazione a selezioni concorsuali basati sul periodo di svolgimento di funzioni in genere sommabili; che, di conseguenza, la soluzione adottata dal legislatore (in una sua valutazione discrezionale) non e' viziata da manifesta irragionevolezza o da palese arbitrarieta', ne' comporta una irragionevole disparita' di trattamento o una violazione della tutela del lavoro del personale da inquadrare nel nuovo ruolo (si noti, a domanda), ne' tantomeno una violazione dei principi di organizzazione della pubblica amministrazione; che e' stata altresi' sottolineata la completa estraneita' alla fattispecie dell'art. 199 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), peraltro non piu' applicabile ai rapporti di lavoro contrattualizzati dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (v. art. 45, comma 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80) (ordinanza n. 123 del 2001); che non sono stati addotti motivi nuovi e diversi che possano indurre la Corte a modificare il proprio orientamento. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.