ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 1,
lettera   d),   del   decreto  legislativo  30 ottobre  1992,  n. 443
(Ordinamento  del  personale  del  Corpo  di polizia penitenziaria, a
norma  dell'art. 14,  comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395),
come  modificato  dall'art. 1,  comma  7, del d.l. 13 settembre 1996,
n. 479  (Provvedimenti  urgenti per il personale dell'Amministrazione
penitenziaria,  per  il  servizio  di  traduzione  dei detenuti e per
l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli appalti relativi
agli   edifici   giudiziari   nelle   regioni  Sicilia  e  Calabria),
convertito,  con  modificazioni, nella legge 15 novembre 1996, n. 579
(Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 13 settembre 1996,
n. 479,    recante    provvedimenti    urgenti   per   il   personale
dell'Amministrazione penitenziaria, per il servizio di traduzione dei
detenuti  e  per l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli
appalti  relativi  agli  edifici  giudiziari  nelle regioni Sicilia e
Calabria),  promossi  con  tre  ordinanze  emesse  il  23 giugno,  il
7 luglio  e  il 23 giugno 1999 dal tribunale amministrativo regionale
del  Lazio,  rispettivamente  iscritte  ai  nn. 615,  644  e  645 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 44 e 48, 1a serie speciale, dell'anno 1999.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Costantino  Claudio  e di
Sangineto  Vincenzo  e Soru Antonio, nonche' l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2001 il giudice relatore
Fernanda Contri;
    Uditi   l'avvocato   Lorenzo  Carini  per  Costantino  Claudio  e
l'avvocato  dello  Stato  Gabriella  Palmieri  per  il Presidente del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che il tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
tre  ordinanze  di  analogo  contenuto  -  due  delle quali emesse il
23 giugno  1999, l'altra il 7 luglio 1999 - ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  comma  1,  lettera d) del
decreto   legislativo   30 ottobre   1992,  n. 443  (Ordinamento  del
personale  del  Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14,
comma  1,  della  legge  15 dicembre  1990,  n. 395), come modificato
dall'art. 1,   comma   7,   del   d.l.   13 settembre   1996,  n. 479
(Provvedimenti   urgenti   per   il   personale  dell'Amministrazione
penitenziaria,  per  il  servizio  di  traduzione  dei detenuti e per
l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli appalti relativi
agli   edifici   giudiziari   nelle   regioni  Sicilia  e  Calabria),
convertito,  con  modificazioni, nella legge 15 novembre 1996, n. 579
(Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 13 settembre 1996,
n. 479,    recante    provvedimenti    urgenti   per   il   personale
dell'Amministrazione penitenziaria, per il servizio di traduzione dei
detenuti  e  per l'accelerazione delle modalita' di conclusione degli
appalti  relativi  agli  edifici  giudiziari  nelle regioni Sicilia e
Calabria),  nella parte in cui prevede la cessazione di ogni rapporto
con  l'amministrazione  per gli agenti ausiliari del Corpo di polizia
penitenziaria  che  si  assentano  dal  corso  per causa di malattia,
impedendo agli stessi di partecipare ad uno dei corsi successivi, per
la violazione degli artt. 3, 4, 32 e 97 della Costituzione;
        che  il giudice rimettente rileva che l'unico profilo atto ad
integrare  il fumus boni juris per la sospensione dell'esecuzione dei
provvedimenti impugnati (sospensione disposta in tutti i tre casi dal
giudice  con  separate  ordinanze)  e'  costituito  dall'eccezione di
legittimita'  costituzionale  sollevata dalle parti private in ordine
alla  disposizione  applicata dall'amministrazione ai casi di specie,
disposizione che e' certamente rilevante nei giudizi a quibus;
        che,  sotto  il  profilo della non manifesta infondatezza, il
tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  osserva  che questa
Corte,   con   la   sentenza   n. 212   del   1998,   ha   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4,  punto 1, lettera d) e
punto  5  del  d.l.  4 agosto 1987, n. 325 (Disciplina temporanea dei
corsi  per  l'accesso  ai  ruoli  di Polizia di Stato e provvedimenti
urgenti   a  favore  del  Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco),
convertito  in  legge  3 ottobre  1987,  n. 402, disposizione che, in
relazione  ai  corsi  per  il conseguimento della nomina ad agente di
ruolo della Polizia di Stato, aveva contenuto identico a quello delle
norme   relative   al  personale  della  Polizia  penitenziaria  oggi
impugnate;
        che  secondo il giudice a quo nelle fattispecie sottoposte al
suo  esame si rinvengono gli stessi presupposti di fatto e di diritto
che   hanno  portato  alla  precedente  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale;
        che  ad  avviso  del  tribunale  amministrativo regionale del
Lazio  la  disposizione  impugnata  si pone in contrasto con l'art. 3
Cost.,  sotto il profilo dell'irragionevolezza, per la gravita' delle
conseguenze  derivanti dal superamento, anche per un solo giorno, del
periodo  massimo di assenza consentito e per l'illogica equiparazione
tra   situazioni   tra   loro  diverse,  quali  quelle  riconducibili
all'accertamento della inidoneita' del soggetto o alla rinuncia dello
stesso e quelle causate da eventi allo stesso non imputabili;
        che, sempre secondo il giudice a quo, la disposizione si pone
in  contrasto  anche  con  gli  artt. 4  e  32 Cost., dal momento che
l'agente  ausiliario  che  si  ammala  e' posto nell'alternativa o di
curarsi,  perdendo  cosi'  il  posto  di  lavoro,  o  di  frequentare
ugualmente il corso, procurandosi in tal modo un danno alla salute;
        che,  ad  avviso del giudice rimettente, vi sarebbe contrasto
anche  con  l'art. 97  Cost., in quanto la disposizione impugnata non
consente  all'amministrazione alcuna verifica in ordine all'eventuale
recupero  dell'efficienza  fisica  dell'ausiliario, costringendo essa
cosi' a privarsi, senza motivo, dell'opera di soggetti gia' dotati di
esperienza lavorativa;
        che   si   sono   costituiti  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale i ricorrenti nei giudizi a quibus chiedendo alla Corte
di   voler   accogliere   le   questioni   sollevate   dal  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio;
        che  le  parti private hanno richiamato le sentenze di questa
Corte  n. 195  e  n. 212  del  1998, con le quali e' stata dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale delle analoghe norme previste per la
dimissione automatica dei soggetti ammessi, rispettivamente, ai corsi
per  vice  commissario in prova e per agente ausiliario della Polizia
di  Stato,  identico  essendo l'automatismo in base al quale le norme
oggi   impugnate  prevedono  irragionevolmente  la  dimissione  degli
ausiliari ammessi ai corsi per agente di custodia;
        che    e'    intervenuto   nel   giudizio   di   legittimita'
costituzionale  promosso  con l'ordinanza iscritta al n. 615 del r.o.
il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, riservandosi ogni successiva
deduzione.
    Considerato  che  le  questioni sollevate dalle tre ordinanze del
tribunale   amministrativo  regionale  del  Lazio  sono  identiche  e
riguardano  la  medesima disposizione di legge e vanno percio' decise
congiuntamente;
        che, successivamente alle ordinanze di rimessione, il decreto
legislativo  28 febbraio  2001,  n. 76  (Disposizioni  integrative  e
correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 200, in materia
di  riordino  del  personale  non  direttivo  del  Corpo  di  polizia
penitenziaria)  ha  modificato  la  disposizione impugnata prevedendo
all'art. 1  che l'allievo o l'agente in prova che sia rimasto assente
per infermita' contratta durante il corso e' ammesso a partecipare al
primo    corso    successivo    alla   sua   riacquistata   idoneita'
fisico-psichica;
        che,  essendo  cosi' mutato il quadro normativo, il giudice a
quo  deve  valutare  l'incidenza della nuova disposizione nei giudizi
che hanno dato luogo alle questioni sollevate;
        che  gli  atti  vanno percio' restituiti al giudice a quo per
una  nuova valutazione della rilevanza della questione nei giudizi in
corso.