ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  delibera del 9 luglio 1998 della Camera dei
deputati   relativa   all'insindacabilita'  delle  opinioni  espresse
dall'on. Vittorio  Sgarbi  nei confronti del dott. Giancarlo Caselli,
promosso  con ricorso del tribunale di Caltanissetta, sez. II penale,
notificato   il  18 settembre  2000,  depositato  in  cancelleria  il
4 ottobre 2000 ed iscritto al n. 45 del registro conflitti 2000.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2001 il giudice relatore
Valerio Onida;
    Uditi l'avvocato Adelmo Manna per il tribunale di Caltanissetta e
l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1. -   Il  tribunale di Caltanissetta, sez. II penale, davanti al
quale  pende  un  procedimento  penale  per diffamazione a carico del
deputato Vittorio Sgarbi, ha promosso, con atto del 23 febbraio 2000,
conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in
relazione  alla deliberazione adottata nella seduta del 9 luglio 1998
con  cui  l'assemblea,  respingendo la difforme proposta della giunta
per  le  autorizzazioni  a  procedere (Atti Camera, XIII legislatura,
doc.  IV-ter,  n. 34/A),  ha  affermato che i fatti per i quali e' in
corso  il  procedimento  penale  concernono  opinioni  espresse da un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
    Il  tribunale premette che il processo trae origine dalla querela
proposta  il  25 luglio  1994  dal dott. Giancarlo Caselli, all'epoca
Procuratore  della  Repubblica  presso  il  tribunale di Palermo; che
l'on. Sgarbi  e'  imputato  del reato previsto dall'art. 595, primo e
secondo  comma,  del  codice  penale,  per  avere,  nel  corso  della
trasmissione  televisiva  "Sgarbi  quotidiani",  andata  in  onda  il
20 giugno  1994,  offeso la reputazione del dott. Caselli, affermando
che  "il giudice Caselli si e' dimenticato, nel corso di questi mesi,
di mandare un avviso di garanzia a Orlando per i famosi 100 miliardi.
Ha aspettato ad inviarglielo, il giudice Caselli ... ha aspettato che
Orlando   fosse  eletto  parlamentare  europeo.  Ha  consentito,  con
evidente favoreggiamento, che fosse eletto il suo compagno di presepe
per  poi mandargli l'avviso di garanzia"; che nel corso del giudizio,
svoltosi  nella  contumacia  dell'imputato,  il  dott.  Caselli si e'
costituito  parte  civile;  che  il procedimento era stato sospeso, e
copia degli atti, su richiesta dei difensori dell'imputato, era stata
trasmessa alla Camera dei deputati; e che la causa di sospensione del
procedimento  era  cessata  in  seguito alla ricezione della nota del
13 luglio  1998, con la quale il Presidente della Camera dei deputati
comunicava  che  nella  seduta  del  9 luglio  1998 l'Assemblea aveva
deliberato  che  i  fatti  per  i  quali  e' in corso il procedimento
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni.
    Richiamando   l'orientamento   della   Corte  di  cassazione,  il
tribunale   osserva   che   nel   giudicare  il  conflitto  la  Corte
costituzionale,  pur non essendo chiamata a riesaminare nel merito la
valutazione  compiuta dalla Camera, dovrebbe verificare dall'esterno,
entro  i  limiti  dell'arbitrarieta-plausibilita', se l'esercizio del
potere  di  questa  non  abbia  menomato  la  sfera  di  attribuzioni
dell'autorita' giudiziaria, per vizi del procedimento, o per omessa o
erronea  valutazione dei presupposti della prerogativa da parte della
Camera;   e   afferma   che,   secondo   la   stessa   giurisprudenza
costituzionale,  per  aversi  insindacabilita' sarebbe necessaria una
corrispondenza sostanziale di contenuti tra le opinioni incriminate e
l'atto parlamentare, rimanendo escluse dalla prerogativa in questione
le  dichiarazioni  genericamente ricollegabili all'attivita' politica
del   deputato   che   non   trovino  rispondenza,  contenutistica  e
sostanziale, in specifici atti parlamentari.
    Alla luce di questi principi, il ricorrente sostiene che nel caso
in  esame  la  Camera  avrebbe  fatto  un  uso  distorto  del  potere
attribuitole,  non  avendo  dato conto del motivo per cui ha ritenuto
che  le  dichiarazioni  dell'on. Sgarbi fossero connesse ad attivita'
parlamentari  tipiche  o, comunque, ad iniziative parlamentari vere e
proprie;  e non avendo esaminato se sussistesse quella corrispondenza
sostanziale tra il contenuto delle opinioni espresse dal parlamentare
e  atti  parlamentari,  che  la giurisprudenza costituzionale ritiene
indefettibile  presupposto  per  l'operativita' della prerogativa. Il
tribunale  afferma  che  la  prospettazione dell'assoluta mancanza di
qualsivoglia connessione con la funzione parlamentare si profilerebbe
invece  del  tutto  ragionevole,  poiche'  le  opinioni  espresse dal
deputato   risultano   pronunciate  nel  corso  di  una  trasmissione
televisiva non preceduta da un dibattito parlamentare specifico e non
ricollegabili  nemmeno  lato  sensu ad una iniziativa parlamentare di
analogo contenuto.
    La mancanza di motivazione vizierebbe dunque irrimediabilmente la
delibera  parlamentare,  la  quale  sarebbe  espressione  di  un  uso
arbitrario  e  comunque  distorto  del potere attribuito alla Camera.
Inoltre,  secondo il tribunale, l'utilizzazione del mezzo televisivo,
per la sua ampia diffusivita', avrebbe reso assolutamente necessario,
nel  caso  in  esame,  che  la delibera parlamentare facesse concreti
riferimenti  alla  connessione  delle opinioni rispetto all'attivita'
garantita,  in  modo  da  giustificare  il  prevalere  della funzione
parlamentare sul diritto della parte offesa.
    2. - Il  conflitto  e'  stato  dichiarato ammissibile, in sede di
delibazione  ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge
n. 87 del 1953, con ordinanza di questa Corte n. 354 del 2000; l'atto
introduttivo  e  l'ordinanza  sono stati successivamente, nei termini
assegnati,  notificati  alla  Camera dei deputati e depositati con la
prova dell'avvenuta notifica.
    3. - Si  e'  costituita la Camera dei deputati, chiedendo che sia
dichiarato  che  spettava  alla  Camera  affermare l'insindacabilita'
delle  opinioni  espresse  dal  deputato Sgarbi, e depositando alcuni
documenti.
    Quanto  alla  censura  relativa  al  difetto di motivazione della
delibera  assembleare,  la  difesa della Camera assume in primo luogo
che,  nonostante  l'assemblea  non  abbia  aderito  alla  conclusione
proposta  dalla  giunta  per  le  autorizzazioni a procedere, non per
questo   se   ne   deve   dedurre   che  la  relativa  relazione  sia
insuscettibile, almeno per una sua parte, di integrare la motivazione
della  delibera  assembleare.  Proprio  nella relazione della giunta,
infatti, si darebbe atto che non si e' "posto in discussione il fatto
che  l'on. Sgarbi  svolgesse  nella situazione ricordata una funzione
parlamentare":  a  tale  parte  della  relazione  l'assemblea avrebbe
inteso  aderire, recependone i contenuti argomentativi e assumendoli,
appunto,  come  motivazione  della  delibera  d'insindacabilita'.  In
secondo  luogo,  il  voto  in assemblea sarebbe stato preceduto da un
intenso   dibattito  relativo  sia  alle  incongruenze  insite  nelle
proposte  della  giunta, sia al rapporto di continuita' esistente tra
le  opinioni  e l'attivita' politico-parlamentare dell'on. Sgarbi nel
quadro dell'aspra polemica apertasi nei confronti del dott. Caselli.
    Neppure  sarebbe  possibile  sostenere,  secondo  la difesa della
Camera,   l'onere   di   una   piu'  intensa  motivazione  scaturente
dall'utilizzo  del  mezzo  televisivo.  La  Corte  costituzionale non
avrebbe  mai,  nei  casi  di  opinioni  espresse  attraverso il mezzo
televisivo,  condotto il proprio scrutinio secondo canoni difformi da
quelli utilizzati nelle altre fattispecie sottoposte al suo giudizio;
e  cio'  anche nei casi in cui il parlamentare rivestiva la posizione
di conduttore di una trasmissione televisiva.
    Ancora,  la  difesa della Camera ricorda che nei recenti sviluppi
della  giurisprudenza  costituzionale  il  giudizio  sui conflitti ex
art. 68,  primo  comma,  della  Costituzione  si configurerebbe quale
scrutinio sulla effettiva sussistenza dei presupposti di operativita'
della  disposizione costituzionale, e non gia' sulla mera esistenza o
sufficienza della motivazione camerale. Quanto al collegamento tra le
opinioni   espresse   extra   moenia   e   l'attivita'  "strettamente
parlamentare",  la Camera osserva che la questione delle interferenze
tra   potere   giudiziario   e  potere  politico,  che  costituirebbe
l'essenziale  nucleo  critico delle opinioni di cui trattasi, sarebbe
stata al centro dell'attivita' ispettiva posta in essere dal deputato
Sgarbi,  ad  esempio  con  le interrogazioni n. 3/00187 del 1o agosto
1994  e  n. 4/04801  dell'11 novembre  1994. In molti atti ispettivi,
inoltre,  le posizioni critiche del deputato si sarebbero focalizzate
proprio  sul modo di operare della Procura di Palermo; in particolare
si   citano   l'interrogazionen. 2/00252   del   21 ottobre   1996  e
l'interpellanza   n. 2/00592  del  3 luglio  1997  (primo  firmatario
on. Mancuso,  con  l'on. Sgarbi  come  cofirmatario). Gli atti tipici
posti in essere dall'on. Sgarbi ruoterebbero intorno ad una questione
-  quella del differente trattamento accordato, a suo giudizio, dagli
organi  inquirenti,  e  in  particolare  dalla Procura di Palermo, ad
uomini  politici  a  seconda  della  loro  area di appartenenza - che
coinciderebbe   esattamente   con   quella   avuta   di   mira  dalle
dichiarazioni  incriminate.  In definitiva, fra le opinioni espresse,
considerate  nel loro essenziale contenuto critico, e gli atti tipici
posti  in  essere  dal  deputato  si  riscontrerebbe  l'identita' dei
destinatari  (la  Procura di Palermo e il capo del medesimo ufficio),
l'identita' della censura (il preteso uso politico, quanto ai tempi e
ai  modi  di  svolgimento, delle indagini giudiziarie), e l'identita'
delle   conseguenze   istituzionali   che   se  ne  fanno  discendere
(l'asserita       grave       alterazione       delle       dinamiche
politico-istituzionali).
    La  memoria  difensiva  ricorda  poi che l'atteggiamento di aspro
dissenso  nei  confronti  del  ruolo  politico che avrebbe giocato la
magistratura  in  Italia  accomuna diversi deputati e i relativi atti
parlamentari,  quali le interrogazioni n. 4/01753 del 13 ottobre 1994
(primo  firmatario  on. Martelli),  n. 2/00941  del  3 novembre  1999
(sen. Cossiga)  e  n. 2/02070  del  16 novembre 2000 (on. Boselli); e
riproduce  il  testo  della  interrogazione n. 5/01707 del 12 ottobre
1993  (primo  firmatario  on. Polizio).  Quest'ultimo sarebbe un atto
ispettivo,   antecedente   di   svariati   mesi   alle  dichiarazioni
dell'on. Sgarbi,  che  investirebbe  in  via  diretta le modalita' di
indagine  da  parte  della  Procura di Palermo sugli "appalti gestiti
dalla  amministrazione  Orlando",  e  cioe'  la  medesima circostanza
fattuale  di  cui  alle  dichiarazioni  dell'on. Sgarbi. Non potrebbe
opporsi  che  tale  corrispondenza  non  si  presenti  sotto forma di
assoluta   identita'   testuale,   perche'   sarebbe  sufficiente  la
sostanziale    corrispondenza    di    contenuti,   richiesta   dalla
giurisprudenza  costituzionale; ne' che il rapporto di corrispondenza
delle  opinioni  rese  extra  moenia non possa intercorrere anche con
dichiarazioni  rese  da  altri parlamentari nell'esercizio delle loro
funzioni.
    4. - Nell'imminenza dell'udienza il tribunale di Caltanissetta ha
depositato   una  memoria  difensiva,  nella  quale  si  insiste  per
l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della deliberazione della
Camera  dei  deputati.  La  memoria  dapprima  ricorda i piu' recenti
orientamenti  della  Corte  costituzionale in materia di conflitti ex
art. 68,  primo  comma,  della  Costituzione,  relativi alle opinioni
espresse  dal  parlamentare al di fuori della sede parlamentare, e si
sofferma  poi  particolarmente  sulla  sentenza n. 58 del 2000, nella
quale  la Corte ha stabilito che le opinioni espresse dall'on. Sgarbi
nei  confronti  di  un  magistrato  nel  corso  di  una  trasmissione
televisiva  non  avevano alcun rilevante collegamento con l'attivita'
parlamentare,  e  non  erano  quindi coperte da immunita': secondo il
ricorrente  il  caso  affrontato da quella sentenza sarebbe del tutto
simile a quello attuale.
    La  difesa  del tribunale ricorrente esamina poi partitamente gli
atti  prodotti  dalla  difesa  della  Camera,  per  concludere che le
dichiarazioni  rese dal deputato non avrebbero alcuna connessione con
l'attivita'   svolta   dallo   stesso   in   sede   parlamentare:  la
dichiarazione  circa  la  presunta  strumentalizzazione  politica del
ruolo di Procuratore della Repubblica di Palermo a favore del Sindaco
della  citta'  Orlando, infatti, non troverebbe alcuna corrispondenza
sostanziale  negli  atti  ispettivi,  e  neppure  nell'interrogazione
n. 5/01707,   presentata   dall'on. Polizio,   nella   quale  non  si
troverebbe  alcun  riferimento  alla  vicenda  del Teatro Massimo del
capoluogo siciliano.
    Anche  le circostanze in cui ha avuto luogo la divulgazione delle
dichiarazioni  dell'on. Sgarbi  trattandosi  di  valutazioni compiute
quale  opinionista  nel  corso  di una trasmissione televisiva, senza
alcuna    specifica    connessione    con   dibattiti   parlamentari,
interrogazioni,  inchieste  o discussioni di progetti di legge in cui
risulti    una    partecipazione   attiva   del   medesimo   deputato
confermerebbero  l'estraneita' delle stesse all'ambito funzionale. Lo
stesso   on. Sgarbi,  d'altronde,  nella  discussione  in  assemblea,
avrebbe  affermato che i convincimenti espressi non sarebbero neppure
di natura politica, bensi' osservazioni sul costume.
    5. - Anche  la  Camera  dei deputati ha depositato memoria, nella
quale  si  ripropongono,  in  termini  sintetici  e  riassuntivi,  le
argomentazioni  gia'  dedotte  in  sede  di  atto  di costituzione, a
riprova della legittimita' della delibera di insindacabilita'.

                       Considerato in diritto

    1. -   Il  tribunale  di  Caltanissetta ha sollevato conflitto di
attribuzioni  fra  poteri  dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati, in relazione alla delibera di quest'ultima in data 9 luglio
1998  con  la  quale,  respingendo  la  proposta  della giunta per le
autorizzazioni a procedere, essa ha deciso che i fatti per i quali e'
in   corso,  davanti  al  predetto  tribunale  di  Caltanissetta,  un
procedimento  penale  a  carico  del  deputato  Vittorio  Sgarbi, per
diffamazione   a   danno   del  dott.  Giancarlo  Caselli,  all'epoca
Procuratore   della   Repubblica  presso  il  tribunale  di  Palermo,
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni.
    La  dichiarazione  contestata  al deputato, resa nel corso di una
trasmissione  televisiva  in  data  20 giugno  1994, era del seguente
tenore:  "Il  giudice  Caselli si e' dimenticato, nel corso di questi
mesi,  di  mandare  un  avviso di garanzia a Orlando per i famosi 100
miliardi.  Ha  aspettato  ad  inviarglielo,  il giudice Caselli... ha
aspettato   che   Orlando   fosse  eletto  parlamentare  europeo.  Ha
consentito,  con  evidente  favoreggiamento,  che fosse eletto il suo
compagno di presepe per poi mandargli l'avviso di garanzia".
    La  giunta  per  le  autorizzazioni  a procedere della Camera dei
deputati,  nella  relazione  presentata  il20 febbraio  1997, pur non
ponendo  in  discussione  il  fatto  che l'on. Sgarbi svolgesse nella
situazione  ricordata  una funzione parlamentare, riteneva che "ci si
trovi  di  fronte,  nella circostanza, alla imputazione apodittica al
dottor  Caselli  della  commissione di un reato (favoreggiamento)", e
che    in    definitiva    "il   confine   tra   opinioni   (protette
costituzionalmente) e accuse apodittiche infamanti (che rappresentano
violazione  di  altro valore costituzionalmente protetto: la dignita'
della   persona)  sia  stato  varcato  nei  fatti":  onde  concludeva
ritenendo che i fatti per i quali si procede "non concernono opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni".
    Nella  seduta  del 9 luglio 1998 la Camera respinse, con 241 voti
contro  94  e 59 astenuti, la proposta della giunta: onde, secondo la
prassi  oggi  seguita,  con  detto voto la Camera ha deliberato che i
fatti  per  i  quali  e' in corso il procedimento concernono opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni.
    Il   tribunale  di  Caltanissetta,  premesso  che  attraverso  il
conflitto  questa  Corte  sarebbe  chiamata ad una "verifica esterna,
entro i limiti dell'arbitrarieta-plausibilita'", degli eventuali vizi
del   procedimento   e   della  "omessa  o  erronea  valutazione  dei
presupposti  della  prerogativa  da  parte  della Camera", rileva che
nella  specie  l'assemblea  avrebbe  fatto un uso distorto del potere
attribuitole,  poiche'  non  avrebbe dato conto del motivo per cui le
dichiarazioni  del deputato sono state ritenute connesse ad attivita'
parlamentari,  e  in particolare non avrebbe esaminato se sussistesse
quella   corrispondenza   sostanziale   di   contenuti  fra  opinione
incriminata   e   atti   parlamentari,   che   sarebbe,   secondo  la
giurisprudenza   di   questa  Corte,  presupposto  indefettibile  per
l'operativita'   della   prerogativa.   Sarebbe,  invece,  del  tutto
ragionevole "la prospettazione dell'assoluta mancanza di qualsivoglia
connessione   con   la   funzione   parlamentare  delle  affermazioni
incriminate",  essendo  esse  state  pronunciate  nel  corso  di  una
trasmissione  televisiva  non  preceduta da un dibattito parlamentare
specifico  e  non  essendo  pertanto  ricollegabili, nemmeno in senso
largo,  ad  una  iniziativa parlamentare di analogo contenuto. Di qui
discenderebbe    la   menomazione   della   sfera   di   attribuzioni
dell'autorita' giudiziaria, fatta valere con il conflitto.
    La  difesa  della Camera, a sua volta, afferma che la motivazione
della  delibera  potrebbe  essere integrata sia dalla relazione della
giunta,  per  la  parte  in  cui  si  ricorda  che non si e' posto in
discussione  il  fatto  che  il deputato svolgesse, nella specie, una
funzione  parlamentare, sia dal dibattito, in cui si sarebbe messa in
rilievo  la  continuita'  fra  le  opinioni incriminate e l'attivita'
politico-parlamentare  dell'on. Sgarbi.  Nel  merito, la difesa della
Camera  cita numerosi atti ispettivi posti in essere dall'on. Sgarbi,
che  avrebbero  riguardo alla questione delle interferenze tra potere
giudiziario  e  potere  politico  e  alla  supposta parzialita' degli
organi inquirenti quanto al trattamento riservato ad uomini politici,
nonche'  atti  di  sindacato  ispettivo  posti  in  essere  da  altri
deputati,   che  riguarderebbero  anche  l'azione  della  Procura  di
Palermo:  fra  di essi, in particolare, una interrogazione presentata
in data 12 ottobre 1993 dall'on. Polizio.
    2. - Il ricorso e' fondato.
    Va  premesso che, come ricorda la difesa della Camera, secondo il
piu'  recente orientamento di questa Corte, il giudizio sui conflitti
di  attribuzione  fra autorita' giudiziaria e Camere parlamentari, in
ordine   alla   applicazione   dell'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione, originati da deliberazioni di insindacabilita' adottate
dalle assemblee, non si configura come mero sindacato sulla esistenza
e  congruita' della motivazione con cui la Camera di appartenenza del
parlamentare  abbia  affermato che la dichiarazione di cui si discute
rientra  nell'ambito  della prerogativa, ma richiede che si verifichi
se,  nella specie, l'opinione sia stata espressa nell'esercizio delle
funzioni  parlamentari, alla luce della nozione di tale esercizio che
si desume dalla Costituzione (sentenze n. 10 e n. 11 del 2000).
    Al  di  la',  dunque,  della  assenza,  lamentata  dal  tribunale
ricorrente,  di  motivazione  del  voto con cui la Camera respinse la
proposta  della  giunta,  la  Corte  deve  esprimersi sul punto se la
dichiarazione  della  quale l'on. Sgarbi e' chiamato a rispondere sia
opinione  espressa  nell'esercizio  delle  funzioni parlamentari, nel
qual  caso  l'art. 68 della Costituzione impedirebbe l'attivazione di
tale responsabilita', ovvero sia opinione espressa allo stesso titolo
di  ogni  altro  cittadino,  nel  qual  caso  spetterebbe  al giudice
procedere,   entrando   nel   merito  dell'accusa  per  valutarne  la
fondatezza.
    Essendo  pacifico il contesto in cui si colloca la dichiarazione,
resa  nel  corso  di  un  programma  televisivo condotto dallo stesso
deputato,   del   tutto   al  di  fuori  di  un'attivita'  funzionale
riconducibile alla qualita' di membro della Camera, e del tutto al di
fuori  delle  possibilita'  di  controllo  e  di  intervento  offerte
dall'ordinamento  parlamentare,  l'unico punto da verificare riguarda
l'eventualita' che la dichiarazione medesima non rappresenti altro se
non  la  divulgazione  all'esterno (sia pure col mezzo televisivo) di
un'opinione gia' espressa, o contestualmente espressa, nell'esercizio
di  funzioni parlamentari (cfr. sentenze nn. 10, 11, 56, 58, 82, 320,
321, 420 del 2000).
    3. - In concreto, deve escludersi che alla dichiarazione in esame
possa  attribuirsi  siffatto  carattere  divulgativo  di  un'opinione
parlamentare insindacabile.
    Gli  atti  di sindacato ispettivo evocati e prodotti dalla difesa
della   Camera,   e   compiuti  dall'on. Sgarbi,  come  firmatario  o
co-firmatario,  tutti  peraltro  in  epoca posteriore alla data della
dichiarazione  incriminata,  oltre a non essere legati da rapporto di
contestualita',  non  hanno alcuna precisa relazione di contenuto con
quest'ultima,    riguardando    questioni    o   critiche   attinenti
all'attivita'  di  altre  procure  e  di altri magistrati, o comunque
vicende  del  tutto estranee a quella cui si riferisce l'esternazione
in oggetto.
    La  stessa  cosa  e'  a  dirsi  riguardo  agli  atti di sindacato
ispettivo  ricordati  dalla difesa della Camera, ma compiuti da altri
deputati,  in  epoca  peraltro molto posteriore rispetto ai fatti sub
judice,  che  dimostrano solo l'esistenza di atteggiamenti critici da
parte  di  alcuni  parlamentari  nei confronti dell'operato di alcuni
uffici giudiziari, nonche' dello stesso dott. Caselli, ma in rapporto
a  vicende  del  tutto  diverse  da  quella in oggetto. Ne' a diversa
conclusione  puo'  condurre il richiamo, operato dalla stessa difesa,
all'interrogazione  presentata il 12 ottobre 1993 dall'on. Polizio, e
nella  quale  -  in un contesto piu' ampio, in cui si asseriva che le
Procure della Repubblica di Milano, Napoli e Palermo avrebbero tenuto
comportamenti   processuali   diversi   a  seconda  dell'appartenenza
politica  degli indagati - l'unico riferimento specifico alla Procura
di  Palermo  (senza indicazioni nominative) e' l'affermazione secondo
cui  "a  Palermo  non  si indaga, con lo stesso rigore, sugli appalti
gestiti   dall'amministrazione  Orlando".  Anche  a  prescindere  dal
problema  se  possa  rilevare  a tal fine un atto riferibile ad altro
parlamentare, sta di fatto che in esso non si trovano ne' la menzione
della  persona  offesa  dal reato, ne' riferimenti al fatto specifico
oggetto della dichiarazione incriminata.
    Deve   dunque   ritenersi   che   la   Camera,   votando  per  la
insindacabilita'  della  dichiarazione  in  questione,  abbia violato
l'art. 68,  primo  comma,  della  Costituzione, e leso in tal modo le
attribuzioni della autorita' giudiziaria ricorrente.