ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 8, 9 e 10
del   d.P.R.   24 novembre   1971,   n. 1199   (Semplificazione   dei
procedimenti  in  materia  di ricorsi amministrativi), in connessione
con  gli  articoli  11, 12, 13 e 14 del medesimo d.P.R., promosso con
ordinanza  emessa  il  5 luglio  2000  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  della  Calabria  -  sezione  staccata  di Reggio Calabria,
iscritta  al  n. 754  del  registro ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 50,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 20 giugno 2001 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto  che,  nel  corso  del giudizio introdotto dal comune di
Reggio  Calabria  con atto di opposizione a ricorso straordinario, il
Tribunale  amministrativo regionale della Calabria - sezione staccata
di  Reggio  Calabria,  con  ordinanza  emessa  il  5 luglio  2000, ha
sollevato,  in  riferimento  agli  articoli 76, 77, primo comma, e 87
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
articoli   8,   9   e   10   del  d.P.R.  24 novembre  1971,  n. 1199
(Semplificazione    dei    procedimenti   in   materia   di   ricorsi
amministrativi),  in connessione con gli articoli 11, 12, 13 e 14 del
medesimo d.P.R;
        che  il remittente, respinte le eccezioni di inammissibilita'
del  ricorso  straordinario  proposte  dall'amministrazione comunale,
prospetta  in  primo  luogo  la  violazione degli artt. 76 e 77 della
Costituzione,  sia  sotto  il  profilo della mancanza nell'articolo 4
della   legge  18 marzo  1968,  n. 249  (Delega  al  Governo  per  il
riordinamento  dell'amministrazione dello Stato, per il decentramento
delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni
dei  dipendenti statali), come sostituito dall'articolo 6 della legge
28 ottobre   1970,  n. 775  (Modifiche  ed  integrazioni  alla  legge
18 marzo  1968,  n. 249),  di  una  specifica  disposizione  volta  a
delegare  il  Governo  a  dettare  una  nuova  disciplina dei ricorsi
amministrativi,  sia  sotto  il  profilo  della  assoluta  carenza di
principi e criteri direttivi nella legge di delegazione in relazione,
in particolare, alle linee della disciplina del ricorso straordinario
e  ai poteri del Consiglio di Stato nel procedimento che ha preceduto
l'emanazione del d.P.R. n. 1199 del 1971;
        che,  ad  avviso  del  remittente,  le  medesime disposizioni
violerebbero    l'articolo   87   della   Costituzione,   posto   che
attribuirebbero   al   Presidente  della  Repubblica  una  competenza
ulteriore rispetto a quelle previste in Costituzione;
        che,  in  via  subordinata,  il  giudice  a  quo  rileva che,
quand'anche   si  volesse  ritenere  che  nell'oggetto  della  delega
contenuta   nell'articolo   4  della  legge  n. 249  del  1968,  come
sostituito dall'articolo 6 della legge n. 775 del 1970, fosse incluso
il  potere  di  disciplinare  il  ricorso straordinario al Presidente
della   Repubblica,   la   normativa  del  d.P.R.  n. 1199  del  1971
contrasterebbe ugualmente con l'articolo 76 della Costituzione;
        che  infatti,  prosegue  il remittente, il citato articolo 4,
nel  conferire  al  Governo  la  delega  per  disciplinare  i singoli
procedimenti   amministrativi  nei  vari  settori,  aveva  dettato  i
seguenti   principi   e  criteri:  "si  dovra'  sempre  tendere  alla
semplificazione  e  allo  snellimento  delle  procedure,  in  modo da
rendere quanto piu' sollecita ed economica l'azione amministrativa, e
a  tal  fine  dovra'  realizzarsi,  tra l'altro, l'eliminazione delle
duplicazioni  di  competenza, dei concerti non necessari e dei pareri
[...]  che  non  siano  essenziali  per  una adeguata valutazione del
pubblico  interesse  o  per la consistente tutela degli interessi dei
cittadini";
        che il d.P.R. n. 1199 del 1971, secondo il giudice a quo, non
si   sarebbe   attenuto,   quanto   alla   disciplina   del   ricorso
straordinario, ai principi e criteri imposti dalla delega per diversi
aspetti:  il  termine  per  la proposizione del ricorso straordinario
sarebbe   piu'  ampio  di  quello  previsto  per  gli  altri  ricorsi
amministrativi;   termini   sovrabbondanti   sarebbero  previsti  per
l'istruttoria del ricorso; il termine finale del procedimento sarebbe
del  tutto  incerto;  in tale procedimento non sarebbe applicabile la
normativa  [art. 17,  comma  27,  della  legge 15 maggio 1997, n. 127
(Misure  urgenti  per  lo snellimento dell'attivita' amministrativa e
dei  procedimenti  di  decisione  e  di  controllo)], che consente di
provvedere,  scaduto  un  termine  congruo,  anche senza attendere il
parere  del  Consiglio  di  Stato;  il  Ministro  competente potrebbe
chiedere  al  Consiglio  di  Stato  un  nuovo avviso in revisione; il
Ministro  che  intende proporre una decisione difforme dal parere del
Consiglio  di  Stato  deve sottoporre l'affare alla deliberazione del
Consiglio  dei  ministri,  quale  che  ne sia la materia o il valore;
l'inottemperanza    alle    decisioni   sul   ricorso   straordinario
comporterebbe  la  necessita',  per  l'interessato,  di rivolgersi al
giudice amministrativo con il rito ordinario;
        che,  ad  avviso  del  remittente,  anche  il  criterio della
economicita'  sarebbe  violato  dalla  disciplina  posta  dal  d.P.R.
n. 1199  del  1971,  oltre  che  per l'esuberanza procedimentale gia'
rilevata,   anche   per   le   seguenti  altre  ragioni:  il  ricorso
straordinario  attiva  i  vertici  dei  Ministeri per l'istruttoria e
talvolta  il  Ministro  stesso,  un collegio di cinque magistrati del
Consiglio di Stato per la formulazione del parere, il Ministro per la
controfirma  del  decreto  presidenziale,  il Capo dello Stato per la
firma  del decreto; il costo del procedimento sarebbe, per i soggetti
che  di tale strumento intendono avvalersi, tutt'altro che economico;
la  alternativita'  del  ricorso  straordinario sarebbe configurabile
solo  in  riferimento al giudizio amministrativo e non anche rispetto
al giudizio ordinario;
        che  il giudice a quo afferma la rilevanza della questione in
quanto  il  giudizio  principale  potrebbe proseguire solo se venisse
affermata la legittimita' delle disposizioni censurate;
        che  e'  intervenuto  nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
manifestamente infondata o, in subordine, infondata.
    Considerato  che  il  tribunale  amministrativo per la Calabria -
sezione  staccata  di  Reggio  Calabria,  dubita, in riferimento agli
articoli  76,  77,  primo  comma,  e  87  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  degli  articoli  8,  9  e 10 del d.P.R.
24 novembre   1971,  n. 1199  (Semplificazione  dei  procedimenti  in
materia  di  ricorsi amministrativi), in connessione con gli articoli
11, 12, 13 e 14 del medesimo d.P.R;
        che questa Corte, con ordinanza n. 56 del 2001, ha dichiarato
la  manifesta  infondatezza di una identica questione di legittimita'
costituzionale sollevata dal medesimo remittente;
        che,  poiche' non risultano addotte argomentazioni differenti
ed ulteriori rispetto a quelle prese in esame nella citata ordinanza,
anche   la  questione  oggetto  del  presente  giudizio  deve  essere
dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
dinanzi alla Corte costituzionale.