ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 149 del codice
di  procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1999
dalla   Corte   di   cassazione   sui   ricorsi   riuniti   Rizzacasa
Giovambattista  contro  ENEL  spa,  iscritta  al  n. 496 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 39, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  l'atto di costituzione di Rizzacasa Giovambattista nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  19 giugno  2001  il  giudice
relatore Annibale Marini.
    Uditi  l'avvocato  Claudio  Chiola per Rizzacasa Giovambattista e
l'avvocato  dello  Stato  Francesco  Sclafani  per  il Presidente del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  cassazione, con ordinanza emessa il
15 aprile  1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 149
del    codice    di    procedura    civile   "nella   interpretazione
giurisprudenziale  che  prevede  che  la  notifica  si perfeziona nel
momento   del  ricevimento,  anche  se  la  parte  notificante  abbia
adempiuto  in  termini, da luogo diverso da quello in cui deve essere
effettuata  la  notifica,  a  tutte  le  formalita'  richieste per la
effettuazione  della notifica stessa a mezzo di ufficiale giudiziario
che si avvale del servizio postale";
        che,  secondo  il  rimettente,  la  norma  denunciata,  cosi'
interpretata, ostacolerebbe l'esercizio del diritto di impugnazione a
chi,  risiedendo  in  luogo  diverso  da  quello  in  cui deve essere
eseguita   la   notificazione,   si  avvalga  del  servizio  postale,
adempiendo  tempestivamente  alle  formalita'  previste  dallo stesso
art. 149   cod.  proc.  civ.  ma  "restando  nondimeno  esposto  alla
disorganizzazione  di uffici pubblici, quali quelli postali, che sono
soltanto strumenti ausiliari dell'amministrazione della giustizia";
        che   la   norma  stessa,  nella  richiamata  interpretazione
giurisprudenziale,  non esprimerebbe d'altro canto - ad avviso ancora
del  giudice a quo - una regola generale dell'ordinamento, atteso che
"la  notificazione  effettuata ai sensi dell'art. 140 cod. proc. civ.
si  perfeziona  invece alla data di spedizione della raccomandata con
avviso  di  ricevimento",  "mentre  per  quanto  attiene  ai  ricorsi
amministrativi  la notifica si perfeziona con la spedizione dell'atto
risultante  dal  servizio  postale (...)analogamente a quanto avviene
nella disciplina del contenzioso tributario (...)";
        che   il   ricorso   al   servizio   postale  in  materia  di
notificazioni  di  atti  giudiziari  risulterebbe dunque diversamente
disciplinato  in  relazione a fattispecie analoghe, escludendosi solo
in alcuni casi, e non in altri, l'esposizione della parte notificante
al rischio del disservizio postale;
        che   nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  si  e'
costituito  Giovambattista  Rizzacasa,  ricorrente nel giudizio a quo
concludendo  per l'accoglimento della questione o, in subordine, "per
l'adozione  di  una  sentenza interpretativa adeguatrice del disposto
dell'art. 149  c.p.c.  al  principio  costituzionale  di  tutela  del
diritto  di  difesa, affermando che lo scopo della notifica per posta
e' legittimamente raggiunto nel momento in cui vengono realizzati gli
adempimenti formali gravanti sulla parte intimante";
        che,  ad  avviso  della  parte  privata, il rischio derivante
dalla  legittima  scelta  della  notificazione  a  mezzo del servizio
postale  non  potrebbe ricadere sul notificante anche oltre il limite
dell'ordinaria  diligenza,  pena  la  violazione  del  suo diritto di
difesa, garantito dall'art. 24 Cost., ne' varrebbe invocare, in senso
contrario,  il  diritto  di  difesa  dell'intimato,  giacche'  i  due
contrapposti  interessi  devono  essere  bilanciati  mentre  la norma
impugnata,  nell'interpretazione  ormai consolidata, offrirebbe piena
tutela  esclusivamente al destinatario della notificazione, a scapito
del notificante;
        che  nel  caso  di  specie,  comunque, ad avviso ancora della
medesima   parte   privata,   l'interesse   del   destinatario  della
notificazione non verrebbe affatto in rilievo, essendo in discussione
esclusivamente   l'interesse   delnotificante   a  non  incorrere  in
decadenze  a  causa  del  disservizio  postale,  senza  che a lui sia
imputabile  alcuna  negligenza,  restando  salva  la  possibilita' di
adottare  gli  opportuni  correttivi  al  fine  di  evitare  che  dal
suddettodisservizio  possa derivare qualsiasi menomazione del diritto
di difesa del notificatario;
        che  la  disciplina  dettata  dall'art. 140 cod. proc. civ. e
quella relativa alle notifiche in materia di ricorsi amministrativi e
nell'ambito  del  contenzioso tributario costituirebbero - poi sempre
secondo  la  parte privata - adeguati termini di comparazione ai fini
dello scrutinio di legittimita' costituzionale sotto il profilo della
violazione del principio di eguaglianza;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  o
infondatezza della questione;
        che  l'Avvocatura  in particolare osserva che gli artt. 140 e
149 cod. proc. civ., messi a confronto dalla Corte rimettente ai fini
dello  scrutinio  di costituzionalita' in riferimento al principio di
eguaglianza,  perseguirebbero  finalita'  differenti  e non sarebbero
pertanto utilmente comparabili;
        che  la  disciplina dettata dall'art. 140 cod. proc. civ. per
l'ipotesi  di  notificazione  eseguita  personalmente  dall'ufficiale
giudiziario,  ma  resa  impossibile per irreperibilita' o rifiuto del
destinatario  sarebbe  ispirata all'evidente fine di non pregiudicare
il diritto di difesa del notificante a causa di circostanze personali
o  possibili comportamenti dilatori del destinatario, mentre la norma
denunciata riguardante la diversa ipotesi di notificazione effettuata
a  mezzo  del servizio postale sarebbe coerente, nell'interpretazione
seguita   dalla   costante   giurisprudenza   di   legittimita',  con
l'orientamento  espresso  dalla  stessa Corte costituzionale riguardo
all'inderogabile  esigenza  di  tutelare  il  diritto  di  difesa del
notificatario.
    Considerato  che  la  Corte  rimettente,  chiamata  ad  esaminare
un'ipotesi in cui la tardivita' della notifica era stata cagionata da
un  disservizio  postale  nella  consegna  del  plico,  richiede  una
pronuncia    additiva   che   anticipi   il   perfezionamento   della
notificazione  al  momento  della  consegna  dell'atto  all'ufficiale
giudiziario;
        che,  nel  sollevare  l'anzidetta  questione, la stessa Corte
assume  che  l'interpretazione  giurisprudenziale  dell'art. 149 cod.
proc.  civ.,  da essa censurata, per un verso si sarebbe formata "nel
silenzio  del  dettato  normativo" - e dunque non sarebbe imposta dal
tenore  letterale  della  norma  - mentre per altro verso non sarebbe
rispondente  ad  alcuna  "regola  generale  dell'ordinamento" ed anzi
sarebbe lesiva del principio di eguaglianza, oltre che del diritto di
difesa del notificante;
        che,  sulla  base  di tali premesse, il giudice a quo avrebbe
dovuto  coerentemente  adottare  una  diversa  interpretazione  della
norma,  nel  senso  ritenuto  compatibile  con  i menzionati principi
costituzionali, a cio' sicuramente non ostando ne' il tenore testuale
della  norma  (come  ammesso  dalla  stessa  Corte rimettente) ne' la
qualificazione  in  termini  di diritto vivente della interpretazione
oggetto di critica;
        che  siffatta qualificazione non puo', infatti, vincolare, da
sola,  il  giudice  di  legittimita' ad un'opzione interpretativa pur
ritenuta  lesiva  di  valori  costituzionali, atteso che proprio alla
Corte   di   cassazione  l'ordinamento  attribuisce  la  funzione  di
nomofilachia,  cui si ricollega la stessa formazione, e percio' anche
l'evoluzione nel tempo, del diritto vivente;
        che,  dunque, la Corte rimettente non ha nella specie assolto
l'onere   di   verificare,   prima   di  sollevare  la  questione  di
costituzionalita',  la concreta possibilita' di attribuire alla norma
denunciata  un  significato  diverso  da  quello  censurato e tale da
superare i prospettati dubbi di legittimita' costituzionale;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile.