LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 4848/99 depositato
il  20 dicembre  1999,  avverso S/Rif suI. Rimb n. 10 febbraio 1999 -
IRAP,  98  contro  D.R.E.  Toscana  (Sez. Firenze); proposto da: ass.
prof.  avv.  Eleonora  Burelli  e  avv.  Vanna Corsi V. Corsi Burelli
Eleonora quale legale rappresentante residente a Firenze (FI), in Via
dell'Anguillara, 18; difeso da: Sardi rag. Paolo, residente a Firenze
(FI), in via Castelfidardo n. 47.
    La  commissione,  premesso  che  le ricorrenti Burelli Eleonora e
Vanna  Corsi  hanno  impugnato  il  silenzio  rifiuto  opposto  dalla
direzione  regionale  delle  Entrate  per  la  Toscana in merito alla
istanza  presentata  in  data  10 febbraio 1999 per il rimborso della
imposta  IRAP  pagata  per  l'anno  1998 di complessive L. 3.904.000,
contestando  l'illegittimita'  del  silenzio  dell'ufficio nonche' la
incostituzionalita'  della  norma  che disciplina l'imposta IRAP, per
violazione degli articoli 3, 35, 53 e 76 della Costituzione, ritenuto
che la questione di costituzionalita' e' rilevante ed anzi essenziale
ai  fini della decisione, e che appare non manifestatamente infondata
per i seguenti

                          Motivi di diritto

    E'  pacifico  come l'imposta contestata non colpisca il reddito o
il  patrimonio  poiche' il suo presupposto e' l'esercizio abituale di
una  attivita'  autonomamente  organizzata  diretta alla produzione e
allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
    Non   e'   infondato   affermare   pertanto   come  il  parametro
costituzionale  della capacita' contributiva non appaia correttamente
osservato,  perche'  non  rileva  ai  fini  del  tributo la capacita'
contributiva  reale e concreta (probabilmente la sola cui logicamente
dovrebbe  riferirsi  la  norma  di  cui all'art. 53 Cost.) bensi' una
capacita'  contributiva astratta ed ipotetica determinata secondo una
combinazione  di  fattori,  non  sempre  logici,  dettata dalla norma
istitutiva.
    Come  e' noto, infatti l'Irap non e' connessa ne' al reddito, ne'
al   consumo,  ne'  al  patrimonio,  il  suo  presupposto  e'  invece
costituito  "dall'esercizio  abituale  di  un'attivita' autonomamente
organizzata  diretta  alla  produzione  o allo scambio di beni ovvero
alla prestazione di servizi".
    Relativamente  a  tale  imposta  e'  stata  operata  di fatto una
equiparazione  fra  il  reddito  di  impresa  e  il reddito di lavoro
autonomo,  (e  l'equiparazione  e'  molto  stretta  se si pensa che i
redditi  derivanti  da  tali  attivita'  sono stati assoggettati alla
medesima  aliquota),  ed  al  proposito  si  appalesano estremamente,
deboli  le  argomentazioni  della  amministrazione  che nella propria
memoria  difensiva giustifica il tributo perche' sostitutivo di altri
e   cio'   per   la  semplice  ma  decisiva  considerazione  che  con
l'introduzione  dell'Irap  si  e'  inteso  sostituire alcuni prelievi
senz'altro  non  applicabili  ai  lavoratori autonomi quali l'imposta
patrimoniale e l'imposta locale sui redditi.
    Se  dunque  appare  sul  piano  del principio di eguaglianza poco
compatibile  equiparare esercizio d'arte o professione e attivita' di
impresa,  per  converso  e'  palese  la penalizzazione, completamente
prescindendo da qualsiasi riferimento reddituale, del lavoro autonomo
rispetto a quello dipendente.
    Altro non meno rilevante profilo di costituzionalita' si potrebbe
trarre  dalla regolamentazione delle indeducibilita': e' noto infatti
come  la  normativa sull'Irap non consente la deducibilita' del costo
del  lavoro  tanto  subordinato  che para-subordinato, ed inoltre, la
suddetta  imposta, pur essendo inerente l'attivita' non e' deducibile
dal reddito IRPEF, di modo che si ha una imposizione fiscale anche su
importi  costituenti  costi  certi  (in  pratica si paga l'imposta su
redditi  di  altri)  e  dovuti,  o in base ai contratti collettivi di
lavoro o in base alle altre norme tributarie.
    Ed allora appare anche di indubbia consistenza l'osservazione che
la  struttura  dell'imposta  in  parola  violerebbe  l'art. 35  della
Costituzione   relativamente   alla   tutela  del  lavoro  prevedendo
l'esclusione  dalla base imponibile del costo del lavoro dipendente e
para-subordinato,   favorendo   di  fatto  quindi  l'investimento  in
strumentali  a  scapito  dell'investimento nel fattore lavoro. Appare
confliggere  con il principio di eguaglianza anche la circostanza che
il  lavoro  dipendente  sia esente da tale imposta e d'altra parte la
stessa  Corte costituzionale fin dalla sentenza 26 marzo 1980, n. 42,
in  giur.  della  costituzione  1980,  I, 287, ha messo in guardia il
legislatore   (all'epoca   era   in   discussione   la   legittimita'
costituzionale  dell'Ilor)  dal giustificare la diversita' dal lavoro
dipendente  da  quelloautonomo,  quando  questa  non  si  rifletta in
termini  di  differenziazione  di capacita' contributiva a parita' di
base imponibile.
    Non   manifestamente   infondata   appare   poi   la   violazione
dell'art. 23 della Costituzione in reazione alla riserva di legge per
l'imposizione di prestazioni personali e patrimoniali: la commissione
ricorda bene che la stessa Corte ha insegnato come detta riserva sia,
"...  relativa,  essendo  sufficiente  che la legge delimiti l'ambito
discrezionale  della  p.a.,  al  fine di evitare arbitri ...", (Corte
costituzionale 10 giugno 1994, n. 236) pero' da una lettura priva, di
apriorismi  preconcetti dell'art. 45 della legge istitutiva dell'Irap
e  del  conseguente  decreto  ministeriale  5 maggio  1998 si intende
chiaramente,  a  parte  la  considerazione di fatto che i limiti sono
tali   da   far   risultare   di  fatto  inapplicabile  la  riduzione
dell'acconto,  che  il  regolamento  stesso  non disciplina modalita'
applicative,  ma indica veri e propri criteri impositivi, violando la
riserva di legge.
    Conseguenza  di  cio'  e',  fra  l'altro, che vi sia una aliquota
generalizzata  dell'imposta  in esame al 4.25%,con palese sostanziale
violazione del principio di progressivita' (art. 53 Cost.).