IL TRIBUNALE

    A  scioglimento  della  riserva  assunta all'udienza del 3 maggio
2001, sentite le parti, pronuncia la seguente ordinanza di rimessione
degli atti alla Corte costituzionale;
    Nella  causa  iscritta  al  N.RGL  8785/00 promossa da: Astroflex
S.p.a.,   in   presenza   del   legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentata  e  difesa  dall'avv.  E.  Origlia  del  Foro di Torino
elettivamente  domiciliata  presso  il  suo  studio  in  Torino,  via
Drovetti 25, come da procura speciale in atti.
    Contro  Istituto  nazionale della previdenza sociale - INPS - con
sede  in Roma, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e
difeso  dall'avv. B. Cuomo per procura generale alle liti per atto in
data  7 ottobre  1993  a  rogito  dott.  Franco  Lupo notaio in Roma,
elettivamente  domiciliato  in  Collegno,  corso Francia n. 45 presso
l'ufficio legale della sede zonale dell'Istituto.

                            O s s e r v a

    Chiede  la  ricorrente  che il tribunale voglia condannare l'INPS
alla  restituzione  della  complessiva  somma  di  L. 49.028.043  per
contributi  indebitamente  versati dal gennaio 1993 al dicembre 1998,
oltre  interessi,  ai  sensi  dell'art. 2033  del  codice civile, dal
giorno della domanda giudiziale.
    Fonda  la propria pretesa (almeno per l'importo di L. 46.802.347,
attenendo  la  parte  restante  a  rimborsi per contributi versati in
eccesso  in  favore di lavoratori assunti gia' iscritti alle liste di
collocamento   da   piu'   di   ventiquattro   mesi)  sulla  ritenuta
applicabilita'  della  cd.  "fiscalizzazione degli oneri sociali", di
cui  la  Astroflex  S.p.a.  ha  beneficiato  dal gennaio 1993 sino al
dicembre 1998 in virtu' di vari provvedimenti legislativi succedutisi
nel  tempo (decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71, art. 2; decreto-legge
16 maggio   1994,  n. 299,  art. 18;  decreto-legge  20 giugno  1996,
n. 323,  art. 6),  in  particolare  nei  confronti  dei  contratti di
formazione e lavoro, stipulati dall'azienda nel periodo in questione.
    Resiste   l'INPS   sostenendo   la   non   applicabilita'   della
fiscalizzazione   degli   oneri   sociali,   in  particolare  essendo
intervenuto   in   materia   l'art. 68,   quinto  comma  della  legge
23 dicembre  2000  n. 388  (Legge  finanziaria  2001),  il  quale  ha
testualmente  disposto:  "L'articolo  3,  comma  6, del decreto-legge
30 ottobre  1984,  n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge
19 dicembre  1984,  n. 863  e successive modificazioni, si interpreta
nel senso che ai contratti di formazione e lavoro non si applicano le
disposizioni in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali".
    Afferma  in proposito l'INPS che la norma in questione, in quanto
norma  di  interpretazione  autentica, e' diretta a chiarire il senso
delle disposizioni preesistenti, ovvero ad escludere od enucleare uno
dei   sensi   tra   quelli  ragionevolmente  ascrivibili  alle  norme
interpretate,  dal contenuto non inequivoco; la esegesi prescelta dal
legislatore  e'  pertanto  riconducibile  ad  una  delle  alternative
potenzialmente   desumibili   dal  testo  della  norma  interpretata.
L'Istituto   sostiene   pertanto,   e  conseguentemente,  l'efficacia
retroattiva  della  legge  di  interpretazione  autentica, confortato
dalla  giurisprudenza  anche molto recente della Suprema Corte (sent.
n. 3423/2000;  sent.  n. 12386/2000; sez. unite, n. 861/1999), che in
generale   ammette   la  legittimita'  di  tale  tipo  di  intervento
normativo:  di  qui  deduce  la totale infondatezza delle pretese sul
punto formulate dalla Astroflex.
    Nella   memoria   autorizzata  depositata  il  2 marzo  2001,  la
Astroflex  sostiene  innanzitutto  la natura innovativa dell'art. 68,
quinto   comma   della  legge  n. 388  del  2000,  e  quindi  la  sua
inapplicabilita' ai rapporti sorti anteriormente alla sua emanazione:
fonda tale sua ipotesi interpretativa sulla valutazione del corpus di
norme che disciplinavano, e disciplinano, i contratti di formazione e
lavoro,  e  la  fiscalizzazione  degli  oneri sociali, valutazione in
esito  alla  quale  ritiene di sostenere, per il passato, la doverosa
estensione ai primi del beneficio della fiscalizzazione.
    Pare  a questo giudice che la soluzione proposta non possa essere
condivisa:  la  chiara  lettera  della norma depone infatti nel senso
della  sua  efficacia  retroattiva,  dato  che  per l'appunto si pone
espressamente  lo  scopo  di  "interpretare",  quindi  anche  per  il
passato,  le  disposizioni  legislative  in  materia  di contratto di
formazione e lavoro.
    Si fa carico la ricorrente di tale scelta interpretativa, che, lo
si  ribadisce,  e' l'unica consentita dall'esplicito tenore letterale
del   disposto   legislativo:  e  in  relazione  ad  essa,  prospetta
l'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale, per violazione degli
artt. 3, 101, 102 e 104 Cost.
    La  questione  che si prospetta appare indubbiamente rilevante ai
fini  della  soluzione  della  presente  controversia:  la domanda ha
infatti  per oggetto il rimborso dei contributi che risultano versati
in  eccesso  a  seguito della cumulabilita' dei benefici, domanda che
per  l'appunto  si  basa  sul dato normativo complessivo che e' stato
riassunto    e    sul    conforme    e    consolidato    orientamento
giurisprudenziale,  di  cui  si  dira'  tra  poco,  in  senso  a  se'
favorevole.
    La questione pare inoltre non manifestamente infondata.
    In  effetti,  l'art. 68,  quinto comma della legge n. 388/2000 si
pone   dichiaratamente   l'intento   di   fornire  un'interpretazione
autentica  rispetto all'art. 3 comma 6 del decreto-legge n. 726/1984,
cosi'  come  convertito dalla legge n. 863/1984, in particolare su un
punto,  quello dell'applicazione del beneficio della fiscalizzazione,
su  cui  il  dubbio  interpretativo non aveva fondatamente ragione di
essere.
    L'art. 3,  comma  6,  infatti,  stabiliva  che  "per i lavoratori
assunti  con  il  contratto  di  formazione  e  lavoro  la  quota  di
contribuzione a carico del datore di lavoro e' dovuta in misura fissa
corrispondente  a  quella  prevista  per  gli apprendisti dalla legge
19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni".
    L'unanime interpretazione della giurisprudenza, di legittimita' e
di  merito,  era  peraltro  nel  senso  che a tale particolare regime
contributivo dovesse essere cumulato quello della fiscalizzazione, in
considerazione   del   chiaro   disposto  dell'art. 3,  comma  5  del
decreto-legge  n. 726/1984,  secondo cui ai contratti di formazione e
lavoro  si  applicano  le  disposizioni  legislative  che  regolano i
rapporti di lavoro subordinato, in quanto non espressamente derogate:
nel caso di specie, in assenza di espressa deroga legislativa, e' ben
possibile  la  fruizione  del  beneficio  della fiscalizzazione degli
oneri  sociali  anche  per  i  dipendenti  assunti  con  contratto di
formazione e lavoro, atteso, peraltro, che i due benefici sono intesi
a  perseguire  finalita'  diverse e tra loro non incompatibili. Negli
atti  della ricorrente vengono citate numerose sentenze di giudici di
merito  di  tutti  gli uffici giudiziari italiani: questo giudice non
puo'   che  aggiungere  il  richiamo  della  propria  giurisprudenza,
assolutamente  unanime a quella del tribunale e della Corte d'Appello
di  Torino (trib. Torino, sent. 30 marzo 2000, in causa M.C.E. S.r.l.
contro  INPS,  Corte d'Appello, sent. n. 300/2000 del 20 giugno 2000,
in causa INPS contro Elpro Broadcast S.r.l.).
    La  cassazione  in  particolare ha sempre mostrato di condividere
l'orientamento di merito, rispetto a cui non si conoscono pronunce di
segno  opposto:  prima  con  la sentenza n. 9495 del 1997, poi con la
recente  n. 5305  del  2000, e da ultimo, con la sentenza n. 3114 del
2001 (che ancora non teneva conto della introduzione nell'ordinamento
dell'art. 68,  quinto  comma  della  legge n. 388/2000) aveva appieno
sposato  le  argomentazioni relative alla piena compatibilita' tra le
due ipotesi di sgravio contributivo.
    L'art. 68,  quinto  comma  cit.  pretende dunque di intervenire a
sanare  un  dissidio  interpretativo  che non e' mai esistito: non e'
nota  a  questo  giudice,  ne'  viene  citata dalle difese dell'INPS,
alcuna   decisione   che   abbia   sposato   le   tesi  dell'istituto
Previdenziale,  affermando il divieto di cumulo che per l'appunto non
trova  riscontro  in nessuna previsione positiva, ne' giustificazione
in principi generali del nostro ordinamento.
    La  Corte  costituzionale  ha  avuto gia' modo di occuparsi della
conformita'   alla   costituzione   delle  norme  che  si  propongono
l'interpretazione,   con   efficacia   retroattiva,   di  norme  gia'
esistenti:  ed  ha  innanzitutto  ribadito  l'ammissibilita' sotto un
aspetto  generale  delle  leggi  interpretative,  che  di per se' non
violano  gli art. 101, 102 e 104 Cost., a meno che esse non ledano il
giudicato  gia'  formatosi  o  non  siano intenzionalmente dirette ad
incidere  sui  giudizi  in  corso,  ed in particolare, per quanto qui
rileva,  ha  sottoposto  al  suo  vaglio  l'effetto retroattivo delle
medesime.
    E'  pacifico  che  l'irretroattivita'  della  legge non assurge a
principio  costituzionalmente  garantito, se non per quanto stabilito
dall'art. 25  Cost.:  ma  e'  pur  vero  che  stante  l'art. 11 delle
disposizioni  sulla  legge in generale, la retroattivita' deve essere
sottoposta anch'essa al vaglio del principio di ragionevolezza.
    Secondo la sentenza n. 155 del 4 aprile 1990, la irretroattivita'
"rappresenta  pur  sempre  una  regola  essenziale del sistema a cui,
salva  una  effettiva  causa  giustificatrice,  il  legislatore  deve
ragionevolmente   attenersi,  in  quanto  la  certezza  dei  rapporti
preferiti  costituisce  un indubbio cardine della civile convivenza e
della tranquillita' dei cittadini".
    Nella  specie,  la Corte ha dichiarato la contrarieta' all'art. 3
della  costituzione  di  una  norma  (l'art. 3,  comma  3 della legge
25 febbraio  1987, n. 67 - rinnovo della legge 5 agosto 1981, n. 416,
recante   disciplina   delle   imprese  editrici  e  provvidenze  per
l'editoria),  sulla  base del rilievo che "risulta priva di razionale
fondamento l'attribuzione di un'efficacia estesa retroattivamente per
un  periodo  di  ben  sei  anni":  se questo e' uno dei parametri per
valutare  la  ragionevolezza  dell'effetto  retroattivo  della norma,
valuti  la  Corte  se lo stesso e' soddisfatto nel casi dell'art. 68,
comma 5 della legge n. 388/2000, che interpreta una norma risalente a
sedici anni prima.
    Ma  la  ragionevolezza  dell'intervento  legislativo  deve essere
vagliata  altresi'  alla  luce di un altro criterio: ha avuto modo la
Corte  di  affermare,  con  la  sentenza  n. 402  del  1993,  che "La
legittimita'   di   un  intervento  legislativo  retroattivo  non  e'
contestabile,  sotto  il profilo della ragionevolezza, nemmeno quando
sia determinato dall'intento di rimediare a un'opzione interpretativa
consolidata  nella  giurisprudenza in senso divergente dalla linea di
politica  del  diritto giudicata (dal legislatore) piu' opportuna: in
tal caso, requisito di giustificazione della retroattivita' e' che il
diverso  modello  di decisione imposto dalla legge sopravvenuta fosse
ragionevolmente  prospettabile, in relazione a rapporti anteriormente
costituiti, in alternativa a quello applicato alla giurisprudenza".
    Se  questa  e' la condizione dettata dalla Corte per sostenere la
conformita'   al   principio  di  ragionevolezza  di  una  norma  che
interpreta  retroattivamente  altra  disposizione legislativa, pur in
senso  contrario  a  quello  sposato  da  un consolidato orientamento
giurisprudenziale,  ebbene, va detto che nel caso di specie la stessa
non  si  e'  realizzata:  perche',  come bene ha chiarito la Corte di
cassazione,  la  soluzione  unanime  sposata dalla giurisprudenza, di
legittimita'   e   di   merito,   era   l'unica  che  potesse  essere
razionalmente  prospettata circa il problema della compatibilita' tra
i  contratti  di formazione e lavoro e la fiscalizzazione degli oneri
sociali.
    Il  giudice  di legittimita' (sent. n. 9495/1997) ha esposto, con
argomentazione  del  tutto  piana  e coerente, che "il legislatore ha
disposto  che  ai  contratti  di  formazione e lavoro si applicano le
disposizioni  che  disciplinano  i rapporti di lavoro subordinato, in
quanto  non  siano  espressamente  derogate  (...).  Si deve pertanto
ritenere  che,  in  mancanza  di  una espressa deroga legislativa, si
applichino ai contratti di formazione e lavoro anche le norme in tema
di  fiscalizzazione  degli  oneri sociali previste per i contratti di
lavoro subordinato di tipo ordinario.
    D'altra parte non esiste alcuna incompatibilita' tra la finalita'
della  legge  sulla  fiscalizzazione degli oneri sociali e quella sui
contratti  di  formazione  e  lavoro.  Scopo della prima e' quello di
incrementare  l'occupazione  attraverso  un  sostegno  economico alle
imprese;  scopo  della  seconda  e'  quello di favorire l'occupazione
giovanile   e  di  migliorare  la  qualificazione  professionale  del
lavoratore.   Si  tratta,  quindi,  di  finalita'  che  bene  possono
concorrere  tra  di  loro  e  anzi,  come ha giustamente osservato il
tribunale,   sarebbe   contraddittorio  da  una  parte  affermare  la
necessita'  dell'occupazione  giovanile  e  dall'altra negare proprio
alle  imprese  che  desiderano agevolare l'occupazione giovanile quei
benefici   che   sono   stati  istituiti  per  sostenerle  nel  mondo
economico".
    Deve  pertanto concludersi, secondo l'opinione di questo giudice,
nel senso della non manifesta infondatezza della questione sollevata,
in  particolare  in  relazione  all'art. 3  della  Costituzione,  per
violazione  del  principio  di  ragionevolezza:  ma vi sono argomenti
altresi'  per  sostenere  la  fondatezza  della  questione  anche  in
relazione agli artt. 101, 102 e 104 Cost.
    Come affermato dalla ricorrente nella memoria integrativa, in via
del  tutto  pacifica  visto  che sul punto la difesa dell'INPS non ha
obbiettato  alcunche', il beneficio della fiscalizzazione degli oneri
sociali  e'  venuto  praticamente a cessare nel 1998, per il disposto
del  d.lgs. 15 dicembre 1998, n. 446 (o meglio, a partire dal mese di
gennaio  poteva applicarsi solo piu' sul contributo "ex E.N.A.O.L.I."
nella  percentuale  gia' in vigore dello 0,16%: con l'art. 3, comma 1
della   legge   23 dicembre  1998,  n. 448,  che  ha  soppresso  tale
particolare  contribuzione,  esso  a partire dal mese di gennaio 1999
non ha piu' definitivamente avuto alcuna ragion d'essere).
    In  pratica,  e'  stata ormai del tutto soppressa la possibilita'
per  l'imprenditore  di  avvalersi di tale beneficio contributivo, il
problema  della  cui  cumulabilita'  si  pone soltanto per il passato
(coerentemente,   la   presente   domanda  riguarda  i  rimborso  dei
contributi  che  si assumono versati in eccesso dal gennaio 1993 sino
al dicembre 1998, e con importi via via in diminuzione).
    Questo  dato  oggettivo  non  puo'  che  dare  corpo  alla  tesi,
sostenuta  dalla  ricorrente,  per  cui in realta' la norma di cui al
comma  5  dell'art. 68  della  legge  n. 388/2000  si  pone  solo  la
finalita' di intervenire sui giudizi che sono attualmente in corso, e
che hanno ad oggetto la domanda di restituzione dei contributi che si
assumono versati in eccesso dalle aziende che avrebbero avuto diritto
a  cumulare  i benefici della fiscalizzazione degli oneri sociali con
quelli  dei contratti di formazione e lavoro: la norma interpretativa
presenta, allo stato, l'esclusivo intento di condizionare l'attivita'
interpretativa  del  giudice,  introducendo di fatto una disposizione
nuova,   che   sancisce   quell'incumulabilita'   di   benefici   che
precedentemente  nel  nostro  ordinamento non era rinvenibile, ne' e'
mai stata rinvenuta.
    Anche sotto questo profilo la norma in esame pare censurabile: la
questione  deve  essere  sollevata  pertanto  anche in relazione agli
artt. 101, 102 e 104 Cost.