IL TRIBUNALE All'udienza pubblica di discussione del 1 giugno 2001 nella causa previdenziale di appello n. 4718/1999 r.g. promossa da: Nicola Chiarini. Contro I.N.P.S. Avverso la sentenza pronunciata dal pretore di Lucca il giorno 29 aprile 1999; ha pronunciato la seguente ordinanza. Osservato che con ricorso depositato in data 23 dicembre 1999 Nicola Chiarini ha proposto appello nei riguardi della sentenza pronunciata dal pretore di Lucca il giorno 29 aprile 1999 con la quale e' stata respinta la propria domanda nei riguardi dell'I.N.P.S.per il riconoscimento dell'assegno di invalidita' nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1997 ed il 30 settembre 1997; Rilevato che con il proprio atto di appello il ricorrente chiede la riforma della suindicata decisione in quanto il giudice di prime cure ha erroneamente applicato la normativa in materia (art. 13, legge 118/1971) secondo la quale la mancata iscrizione nelle liste speciali di collocamento non consente di fruire di tale beneficio economico; Rilevato che in realta', osserva la difesa di parte appellante, nel periodo considerato questi, invalido civile all'85%, non era collocabile al lavoro frequentando l'ultimo anno della scuola di geometri: se infatti, si afferma, la legge riconosce agli invalidi parziali infradiciottenni un'indennita' di frequenza scolastica pari all'importo dell'assegno in oggetto non sarebbe logico, oltre che giusto, negare sia tale indennita' che l'assegno a coloro che intendano proseguire, raggiunta la maggiore eta', gli studi onde aumentare la propria competitivita' sul mercato del lavoro; Osservato che l'I.N.P.S. si e' costituito con memoria depositata il 27 marzo 2000 chiedendo la conferma della decisione perche' fondata sulla corretta interpretazione della norma giacche' per giurisprudenza delle S.U. della Cassazione il diritto all'assegno di invalidita' non scaturisce dalla sola disoccupazione ma anche dall'iscrizione nelle liste speciali di collocamento rimanendo in difetto irrilevanti i motivi della mancata iscrizione; Considerato che l'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, dispone che ai mutilati ed invalidi civili di eta' compresa fra il diciottesimo ed il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacita' lavorativa, nella misura superiore ai due terzi (attualmente 74% di invalidita), incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, e' concesso un assegno mensile e che l'assegno agli invalidi puo' essere revocato, su segnalazione degli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, qualora risulti che i beneficiari non accedono a posti di lavoro adatti alle loro condizioni fisiche; Osservato che la giurisprudenza della Corte, anche a sezioni unite (Cass., s.u. 10 gennaio 1992, n. 203, Cass., sez. lav. 29 maggio 1993, n. 6014, Cass., 13 luglio 1996, n. 6368), assegna valenza costitutiva del diritto alla prestazione assistenziale al requisito della incollocazione al lavoro - intesa con riferimento non soltanto allo stato di disoccupato o di non occupato ma anche alla situazione di chi si sia concretamente adoperato per l'avviamento al lavoro secondo la legge n. 482, del 1968 (ora abrogata dalla legge 12 marzo 1999, n. 68 contenente norme per il diritto al lavoro dei disabili) -, circostanza il cui onere probatorio rimane a carico di chi tale prestazione fa richiesta; Osservato che l'applicazione della norma in parola cosi' come interpretata dal diritto vivente all'ipotesi del soggetto maggiorenne invalido parziale, il quale in eta' scolare (il ricorrente e' nato il 25 settembre 1978) abbia avuto in svolgimento il corso di studio di scuola secondaria superiore (tale circostanza risulta pacificamente documentata in atti) solleva una questione non manifestamente infondata di illegittimita' costituzionale ex artt, 2, 3, terzo comma, 31, primo comma, 32, 34 e 38, terzo comma, Cost.; Osservato infatti che gli studenti con profitto, maggiorenni e invalidi parziali, sono obbligati, onde non perdere nel frattempo il beneficio economico, a ricercare (ed accettare) nel periodo scolastico un'occupazione lavorativa con tutte le conseguenze pregiudizievoli sul proprio rendimento di studio e sulle condizioni psico-fisiche, gia' debilitate in origine; Considerato che cio' confligge con il dettato del seconda comma dell'art. 3 della della Costituzione giacche' la legge in questione non permette la piena realizzazione della personalita' del soggetto disabile ostacolandone l'accrescimento culturale e professionale che la frequenza scolastica offre; Rilevato che tali soggetti si vedono costretti, in alternativa, al fine di evitare il pregiudizio economico, ad abbandonare gli studi e le relative prospettive professionali in favore di un lavoro qualunque esso, con lesione pure del diritto all'educazione ed alla formazione professionale tutelato dal terzo comma dell'art. 38 della Cost.; Considerato che la stessa Corte costituzionale ha affermato (v. sentenza 3 giugno 1987 n. 215) come l'inserimento e l'integrazione nella scuola sino ai gradi piu' elevati abbia fondamentale importanza al fine di favorire il recupero di tali soggetti giacche' la partecipazione al processo educativo costituisce, un rilevante fattore di socializzazione che puo' contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialita' dello svantaggiato, al dispiegarsi cioe' di quelle sollecitazioni psicologiche atte a migliorare i processi di apprendimento, di comunicazione e di relazione attraverso la progressiva riduzione dei condizionamenti indotti dalla minorazione e che garantire a minorati ed invalidi tale possibilita' anche attraverso l'istruzione superiore corrisponde ad una precisa direttiva costituzionale; Osservato che infatti, insieme alle pratiche di cura e riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia, la frequenza scolastica e' un essenziale fattore di recupero dell'invalido e di superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull'altro e, se ha evoluzione positiva, puo' operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalita'; Considerato che le esigenze di apprendimento e socializzazione che rendono proficua a questo fine la frequenza scolastica non vengono meno, prosegue la Corte, col compimento della scuola dell'obbligo; anzi, proprio perche' si tratta di complessi e delicati processi nei quali gli invalidi incontrano particolari difficolta', e' evidente che una loro artificiosa interruzione, facendo mancare uno dei fattori favorenti lo sviluppo della personalita', puo' comportare rischi di arresto di questo, quando non di regressione; Osservato come altrettanto innegabile che l'apprendimento e l'integrazione nella scuola sono, a loro volta, funzionali ad un piu' pieno inserimento nella societa' e nel mondo del lavoro; e che lo stesso svolgimento di attivita' professionali piu' qualificate di quelle attingibili col mero titolo della scuola dell'obbligo - e quindi il compimento degli studi inferiori - puo' favorire un piu' ricco sviluppo delle potenzialita' del giovane svantaggiato e quindi avvicinarlo alla meta della piena integrazione sociale (e non a caso la Corte, decidendo in ordine ad una situazione per molti versi analoga nella quale era stato posto in discussione il rapporto tra il cittadino invalido e il suo inserimento nel mondo del lavoro, ha affermato - sent. n. 163 del 1983 - che "non sono costituzionalmente, oltre che' moralmente ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare sul piano di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica e mentale, hanno invece pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro"); Ritenuto che sul tema confluiscono, ha chiarito la Consulta, un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale; e che, conseguentemente, il canone ermeneutico da impiegare in siffatta materia e' essenzialmente dato dall'interrelazione e integrazione tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela; Considerato che laddove afferma che "la scuola e' aperta a tutti", e con cio' riconosce in via generale l'istruzione come diritto di tutti i cittadini, l'art. 34, primo comma, della Costituzione pone un principio nel quale la basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo "nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'" apprestata dall'art. 2 della Costituzione trova espressione in riferimento a quella formazione sociale che e' la comunita' scolastica; Considerato che l'art. 2 poi, si raccorda e si integra con l'altra norma, pure fondamentale, di cui all'art. 3, secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle persone dei cittadini; Osservato che le successive disposizioni contenute nell'art. 34 della Costituzione palesano il significato di garantire il diritto all'istruzione malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona: l'effettivita' dell'istruzione dell'obbligo e', nel secondo comma, garantita dalla sua gratuita'; quella dell'istruzione superiore e' garantita anche a chi, capace e meritevole, sia privo di mezzi, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze (terzo e quarto comma); Rilevato che in tali disposizioni, l'accento e' essenzialmente posto sugli ostacoli di ordine economico, giacche' il costituente era ben consapevole che e' principalmente in queste che trova radice la disuguaglianza delle posizioni di partenza e che era percio' indispensabile dettare al riguardo espresse prescrizioni idonee a garantire l'effettivita' del principio di cui al primo comma; Ritenuto che il riferimento ai "capaci e meritevoli" contenuto nel terzo comma dell'art. 34 della Costituzione non comporti, sottolinea la Consulta, l'esclusione dall'istruzione superiore degli handicappati in quanto "incapaci" giacche' equivarrebbe a postulare come dato insormontabile una disuguaglianza di fatto rispetto alla quale e' invece doveroso apprestare gli strumenti idonei a rimuoverla, tra i quali e' appunto fondamentale - per quanto si e' gia' detto - l'effettivo inserimento di tali soggetti nella scuola (d'altra parte, capacita' e merito vanno valutati secondo parametri peculiari, adeguati alle rispettive situazioni di minorazione) ed il precludere ad essi l'inserimento negli istituti d'istruzione superiore in base ad una presunzione di incapacita' - soprattutto, senza aver preventivamente predisposto gli strumenti (cioe' le "altre provvidenze" di cui all'art. 34, quarto comma, Cost.) idonei a sopperire all'iniziale posizione di svantaggio - significherebbe non solo assumere come insuperabili ostacoli che e' invece doveroso tentare di eliminare, o almeno attenuare, ma dare per dimostrato cio' che va invece concretamente verificato e sperimentato onde assicurare pari opportunita' a tutti, e quindi anche ai soggetti in questione; Ribadito che per i minorati, d'altra parte - a dimostrazione della speciale considerazione di cui devono essere oggetto - il perseguimento dell'obiettivo ora indicato non e' stato dal Costituente rimesso alle sole disposizioni generali, in quanto l'art. 38, terzo comma, della Costituzione prescrive che "gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione ed all'avviamento professionale" (attesa la chiara formulazione della norma, che sancisce un duplice diritto, non potrebbe dedursi, osserva la Consulta, dalla sua collocazione nel titolo dedicato ai rapporti economici che essa garantisca l'educazione solo in quanto funzionale alla formazione professionale e che quindi solo per questa via sia a tali soggetti assicurato l'inserimento nella vita produttiva: se cosi' fosse, il primo termine sarebbe evidentemente superfluo); Ritenuto che se, quindi, l'educazione, da garantire ai minorati ai sensi del terzo comma dell'art. 38 Cost., non e' soltanto quella propedeutica o inerente alla formazione professionale - che si rivolge a chi ha assolto l'obbligo scolastico o ne e' stato prosciolto - e' giocoforza ritenere che la disposizione sia da riferire all'educazione conseguibile anche attraverso l'istruzione superiore (sotto questo aspetto, dunque, la disposizione in discorso integra e specifica quella contenuta nell'art. 34 Cost., per quanto concerne l'istruzione che va garantita ai minorati; e la sua collocazione nel terzo, anziche' nel secondo titolo della prima parte della Costituzione ben si giustifica coll'essere l'istruzione in questione finalizzata anche all'inserimento di tali soggetti nel mondo del lavoro);. Osservato come l'art. 31, primo comma, Cost., facendo carico allo Stato di agevolare, con misure economiche e "altre provvidenze", l'assolvimento dei compiti della famiglia - tra i quali e' quello dell'istruzione ed educazione dei figli (art. 30 Cost.) - presuppone che esso possa per vari motivi risultare difficoltoso: ed e' evidente che se vi e' un settore in cui la dedizione della famiglia puo' risultare in concreto inadeguata, esso e' proprio quello dell'educazione e sostegno dei figli minorati (cio' da' la misura dell'impegno che in tale campo e' richiesto tanto allo Stato quanto alle regioni, alle quali ultime spetta in particolare provvedere, con i necessari supporti, all'assistenza scolastica in favore dei minorati psico-fisici); Osservato che nello stesso senso depongono, del resto, i compiti posti alla Repubblica dall'art. 32 Cost., atteso l'ausilio al superamento od attenuazione degli handicaps (ovvero ad evitare interruzioni di tali positive evoluzioni); Ritenuta, dunque, che la rigida riconducibilita' della provvidenza in parola al requisito della iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio contrasti con i principi fondamentali di uguaglianza sostanziale, di tutela della persona e di solidarieta' sociale sanciti dalla Carta costituzionale;