Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il
proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma
    Contro  la Regione Umbria, in persona del Presidente della giunta
regionale   in   carica   per   la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  della  legge della Regione Umbria "Tutela sanitaria e
ambientale   dall'esposizione   ai  campi  elettrici,  magnetici,  ed
elettromagnetici", approvata dal Consiglio regionale nella seduta del
21  maggio  2001,  riapprovata  nella  seduta  del  30  luglio 2001 e
comunicata al commissario del Governo il 3 agosto 2001.
    Il  rinvio  del  commissario del Governo ha avuto ad oggetto, tra
gli  altri, gli artt. 2.1, 5.1, lettera c) e l'art. 12.1 della legge,
articoli  che sono stati riapprovati senza modifiche e senza, quindi,
rimediare alle illegittimita' costituzionali denunciate.
                              Art. 2.1.
    La norma richiede ai gestori ed ai concessionari la dimostrazione
delle  ragioni  obiettive  della  indispensabilita' degli impianti ai
fini della operativita' del servizio.
    Va tenuto presente che gli operatori sono imprese che operano con
criteri economici, per definizione non interessate ad eseguire opere,
tra l'altro molto costose, se queste non sono necessarie per i propri
fini produttivi.
    Tra  gli  obiettivi  attuali  ai quali mira lo Stato, ed ai quali
dovrebbero mirare anche gli enti, come le regioni, titolari di poteri
normativi,   e'   quello   della   semplificazione  dei  procedimenti
amministrativi. Per la normativa preesistente questo ha comportato un
intervento   del   legislatore   rivolto   alla   eliminazione  degli
adempimenti  privi  di  utilita'  pratica  (ne e' un esempio la legge
n. 59/1997);  per  le  leggi  nuove  la  impossibilita' di richiedere
quegli adempimenti.
    Non  si  tratta  solo  di  un orientamento imposto da leggi dello
Stato,  sia  pure  di  principio,  ma  di  un  vincolo  fissato dalla
Costituzione  nell'art. 97 a norma del quale la legge deve perseguire
il buon andamento nella organizzazione dell'amministrazione.
    L'art. 2.1  della  legge  regionale in linea di principio avrebbe
potuto  avere  una  sua  funzione  se  poi  la  regione avesse potuto
giudicare  sulla indispensabilita' degli impianti per la operativita'
del servizio e sul carattere obiettivo della ragioni addotte.
    La regione non ha questi poteri.
    Le  informazioni  richieste  attengono  alla  economicita'  della
gestione dell'impresa.
    L'impegno  di mezzi finanziari ingenti per costruire impianti non
necessari  o  che,  comunque,  non  siano  i piu' adatti in vista dei
risultati  produttivi  programmati  e'  segno di una cattiva gestione
dell'impresa, gestione che sfugge ad ogni controllo della regione.
    Il  fatto  stesso che sia richiesta una autorizzazione e non, per
esempio,  una  concessione  sta  a  significare  che  la  valutazione
economica   dell'attivita'   esercitata  e'  estranea  ai  poteri  di
intervento dell'amministrazione.
    L'autorizzazione,   secondo   un  insegnamento  consolidato,  e',
infatti,   l'atto   con   il   quale   l'amministrazione   valuta  la
compatibilita' di un'attivita', di interesse e di iniziativa privata,
con interessi generali che ne potrebbero essere pregiudicati.
    Secondo   la   legge  regionale,  tenuto  conto  degli  obiettivi
perseguiti  (art.  1),  la  regione e' competente ad esprimersi sulla
compatibilita'  degli impianti con la tutela della salute, sulla loro
dislocazione,  in  quanto, per ipotesi, pregiudizievole all'ambiente,
ma   non  ha  nessuna  possibilita'  di  verificare  la  economicita'
dell'iniziativa.
    La  documentazione richiesta, in quanto attiene a questo aspetto,
viene  a  risultare  del  tutto  inutile  con  violazione,  pertanto,
dell'art. 97  della  Costituzione e, in ogni caso, con violazione del
principio  generale  di  ragionevolezza  perche'  non  e' sicuramente
ragionevole  una norma che impone al privato delle formalita' onerose
che   non   preludono  a  nessun  controllo  o  interventi  da  parte
dell'amministrazione competente.
    Ed  e'  significativo  il  fatto  nella  relazione  presentata al
Consiglio  l'aggravio  del procedimento sia stato giustificato con la
mancanza   di  una  pianificazione  in  materia  senza  indicare  per
l'esercizio di quali competenze quell'aggravio sarebbe stato utile.
                        Art. 5.1, lettera c).
    Alla  giunta  regionale  e'  attribuito  il potere di fissare con
regolamento  i criteri per l'elaborazione e l'attuazione dei piani di
risanamento  degli  impianti radioelettrici, di telefonia mobile e di
radiodiffusione.
    Malgrado   nell'art. 4.1   si   precisi   che  la  giunta  dovra'
disciplinare  la materia "nel rispetto della legge n. 36/2001", e' la
stessa norma regionale che viola quest'ultima.
    L'art. 4.4 della legge n. 36/2001 nella lett. d) attribuisce allo
Stato  le  funzioni  attinenti  alla  determinazione  dei  criteri di
elaborazione  dei piani di risanamento di cui all'art. 9. E nel comma
4  e'  precisato  che a quella determinazione provvede con decreto il
Presidente del Consiglio dei ministri.
    La  norma  regionale contestata prevede che con il regolamento la
giunta   regionale   fissi   proprio   quei  criteri,  incorrendo  in
illegittimita'  costituzionale  almeno  sotto due profili: perche' la
materia e' riservata allo Stato e perche', se possono residuare spazi
di  attribuzione regionale, questi spazi potranno essere desunti solo
dal  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri che non e'
ancora intervenuto.
    Nella  relazione  gia' richiamata la ragione della conferma della
norma  e'  indicata nel fatto che la normativa statale si riferirebbe
ai  soli  elettrodotti,  materia  che  la norma regionale non avrebbe
disciplinato proprio per non incorrere in eventuali censure.
    L'art. 4.1, lett. d) della legge n. 36/2001 ha ad oggetto i piani
di  risanamento di cui all'art. 9, comma 2, nel quale e' previsto che
si  debba  porre  rimedio  ai  "piu'  elevati livelli di inquinamento
elettromagnetico".
    Poiche' anche gli impianti radioelettrici possono essere fonte di
inquinamento  elettromagnetico,  non  e'  possibile  che  la  regione
provveda  circa  questi  ultimi  prima  che  lo Stato abbia fissato i
livelli consentiti di inquinamento ed i criteri per porvi rimedio.
    E',   questa,   una  materia  che  richiede  necessariamente  una
disciplina  uniforme  su tutto il territorio dello Stato, in modo che
sia  adeguatamente  tutelato  l'interesse  nazionale  che l'art. 127,
terzo   comma,   della   Costituzione  pone  come  limite  al  potere
legislativo delle regioni.
    Andando  di  avviso contrario si arriverebbe alla conclusione che
ogni  regione  potrebbe prevedere criteri propri, non uniformi, dando
per  presupposto che la struttura biologica dei rispettivi abitanti e
la loro capacita' di resistenza siano diversi.
                             Art. 12.1.
    La norma impone la procedura di valutazione di impatto ambientale
"nei casi previsti dal regolamento di cui all'art. 5".
    La   fonte   dell'attribuzione   regionale   non   puo'   essere,
naturalmente, il regolamento richiamato.
    Nella  relazione  che ha accompagnato la legge in seconda lettura
la  fonte e' vista nella normativa in materia urbanistica alla quale,
secondo la regione, rientrerebbe anche la V.I.A.
    Cosi'  non  e',  tanto  e'  vero  che circa la V.I.A. lo Stato ha
competenze  ampie  e non contestate. Non solo manca la base normativa
per  le  attribuzioni  regionali,  ma  per  queste  c'e' una espressa
smentita normativa.
    Gli  impianti  radioelettrici  e  di radiodiffusione non sono tra
quelli  che  il  d.P.R.  12  aprile  1996  e la direttiva n. 97/11/CE
sottopongono a V.I.A..
    Questa  normativa  si  coordina  con l'art. 2.6, lettera a) della
legge  31  luglio  1997,  n. 247 che attribuisce all'Autorita' per le
garanzie   nelle   telecomunicazioni   la  competenza  a  fissare  la
localizzazione degli impianti con un piano articolato che consenta di
realizzare i molteplici obiettivi fissati nella stessa norma.
    Il   piano,   per   quello   che   riguarda   l'ubicazione  degli
impianti,viene redatto sentite le regioni che in quella sede potranno
esporre  il loro punto di vista anche per quanto riguarda gli effetti
ambientali.  Punti  di  vista che, se anche diversi, dovranno trovare
nel piano il loro coordinamento.
    Resta  escluso,  pertanto,  che  poi  ogni regione possa valutare
autonomamente  le determinazioni del piano con la possibilita' che ne
possa provenire un danno anche ad altre regioni.