IL TRIBUNALE

    Nel  procedimento  penale  n. 870/2001 RG. Trib. nei confronti di
Salerno  Salvatore,  imputato del delitto di cui agli artt. 73, comma
1,  ed  80, comma 2 del d.P.R. n. 309/1990, in custodia cautelare per
questa causa;
    Pronunciando   sulla  eccezione  di  legittimita'  costituzionale
formlata dal difensore dell'imputato Salerno nell'odierna udienza, in
ordine  all'art. 458,  comma 1, c.p.p. (come modificato dall'art. 14,
comma 1, della legge 1 marzo 2001, n. 63), in relazione agli artt. 24
e 111 della Costituzione;
    Sentito il pubblico ministero osserva quanto segue:
    1. - Premesse.
    In  data  15  marzo  2001,  Salvatore  Salerno e' stato tratto in
arresto   in   Bergamo,   in   flagranza  del  reato  d'importazione,
dall'America Latina nel territorio dello Stato, di 10,489 chilogrammi
di cocaina (con una percentuale di principio attivo dell'87%).
    Il  17 marzo  2001, all'esito dell'udienza ex art. 391 c.p.p., il
g.i.p. presso questo tribunale, ha convalidato l'arresto ed applicato
al Salerno la misura cautelare della custodia in carcere.
    Con  decreto  in  data  13 aprile 2001, il g.i.p. in accoglimento
della  richiesta  del  pubblico  ministero,  ha  disposto il giudizio
immediato  del  Salerno  per  l'udienza  dibattimentale del 26 giugno
2001,  con  avvertimento  allo stesso della facolta' di richiedere il
giudizio   abbreviato   ovvero  l'applicazione  della  pena  a  norma
dell'art. 444  c.p.p.  entro  il  termine  di  quindici giorni, dalla
notificazione del decreto.
    Il  decreto  ex  art. 456 c.p.p. e' stato notificato il 14 aprile
2001,  all'imputato  detenuto  ed il 26 aprile 2001, all'allora unico
difensore di fiducia dello stesso, avv. Paolo Bregalanti, del foro di
Cremona.
    Il   9 maggio   2001,   il   difensore   e  procuratore  speciale
dell'imputato ha depositato, nella cancelleria del g.i.p., istanza di
giudizio abbreviato, condizionato all'esame di due testimoni; in pari
data  il  g.i.p.,  ha dichiarato l'inammissibilita' dell'istanza, per
intervenuta decadenza, essendo stata la richiesta depositata oltre la
scadenza   del   termine   di   quindici   giorni,  decorrente  dalla
notificazione   all'imputato  Salerno  del  decreto  che  dispone  il
giudizio immediato.
    All'odierna  udienza  dibattimentale,  il difensore dell'imputato
ha,   quindi,  sollevato  eccezione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 458  comma 1, c.p.p, in relazione agli artt. 24 e 111 della
Costituzione,  nella  parte  in cui non prevede che il termine per la
proposizione   della   richiesta   di   giudizio  abbreviato  decorra
dall'ultima  delle  notificazione  (del decreto ex art. 456, comma 3,
c.p.p.,  all'imputato  o dell'avviso, ex art 456, comma 5, c.p.p., al
difensore).
    2. - Rilevanza   della   questione  di  legittimita'  concernente
l'art. 458,  comma  1,  c.p.p. come modificato dall'art. 14, comma 1,
della legge 1 marzo 2001 n. 63.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  del disposto del
vigente  art. 458, comma 1, c.p.p., sotto il profilo della decorrenza
del  termine e della possibile lesione del diritto di difesa tecnica,
e'  stata  sollevata  dalla  difesa dell'imputato Salerno, dinanzi al
giudice  del dibattimento; con la memoria depositata in data 9 luglio
2001,  tale  difesa  invoca  la  rimessione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale,  con  conseguente sospensione del giudizio, in attesa
della decisione della Corte.
    L'atto  si  risolve  in  un'articolata  censura della motivazione
posta  dal  g.i.p. a fondamento dell'ordinanza, con la quale, in data
9 maggio  2001,  detto  giudice,  richiamata  la giurisprudenza della
suprema  Corte in tema (Cass. sez. VI 26 marzo 1993, n. 3000, e Cass.
sez.  II  29 marzo  1993,  n. 1272) e le ordinanze nn. 90/588, 91/225
e 91/355,   ha   dichiarato   l'inammissibilita',   per   intervenuta
decadenza,   dalla  richiesta  di  giudizio  abbreviato  tardivamente
depositata.
    Peraltro,   nessuna   disposizione   consente   al   giudice  del
dibattimento  di  sindacare  la  determinazione  del g.i.p. contraria
all'adozione   del  giudizio  abbreviato  (Cass.  26  febbraio  1992,
Bambai).  In  altri termini, nei confronti dell'ordinanza che dispone
sulla  richiesta  di  giudizio  abbreviato  ex art. 458 c.p.p. non e'
ammessa  impugnazione,  ne'  generale  ne' per specifica disposizione
(Cass. 15 dicembre 1997, Zouhair).
    Ne   consegue   che,  ove  anche  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  sollevata  dalla  difesa dell'imputato, fosse accolta
dal  giudice  delle  leggi,  al tribunale sarebbe precluso il rilievo
dell'illegittimita'    dell'ordinanza    del   g.i.p.,   declaratoria
dell'inammissibilita'   della   richiesta   di  giudizio  abbreviato,
avanzata  dall'imputato Salerno ai fini della restituzione degli atti
al g.i.p..
    Tuttavia,   le   considerazioni  che  precedono  non  privano  di
rilevanza la questione di legittimita' costituzionale sollevata della
difesa del Salerno.
    Benche'  sia  ormai  precluso  l'accesso  al rito alternativo del
giudizio   abbreviato   (non   trovando   applicazione   il  disposto
dell'art. 4-ter   del   d.l.  7 aprile  2000,  n. 82  convertito  con
modificazioni,  nella  legge  5 giugno  2000,  n. 144),  solo  ove il
tribunale,  in  virtu'  dell'invocata  declaratoria  d'illegittimita'
dell'art. 458   c.p.p.,   dovesse  ritenere  la  tempestivita'  della
richiesta   di   giudizio   abbreviato   e   l'illegittimita'   della
declaratoria  d'inammissibilita'  adottata  dal  g.i.p. all'esito del
dibattimento  ed  in  ipotesi di condanna, il Salerno potrebbe ancora
godere  del  beneficio sanzionatorio della riduzione di pena previsto
dall'art. 442,  comma 2, c.p.p., attraverso il meccanismo di recupero
introdotto  dalla  Corte costituzionale, con la sentenza n. 23 del 31
gennaio 1992, che nel sistema introdotto dalla cd. legge Carotti piu'
non necessita del consenso del pubblico ministero.
    Sotto  tale profilo, la questione, pur sollevata nella fase degli
atti   preliminari  al  dibattimento,  appare  di  sicura  rilevanza,
indipendentemente da quello che risultera' l'esito del giudizio, alla
luce dell'espletanda istruttoria dibattimentale.
    Per  affermare  la rilevanza della prospettata questione, non e',
infatti, necessario effettuare un giudizio prognostico sull'esito del
dibattimento,  al  fine  di  stabilire  se  la  decisione comportera'
l'applicazione dell'art. 458 c.p.p.; una tale prognosi, anticipatoria
del giudizio, evidentemente pregiudicherebbe la decisione nel merito,
che deve restare libera.
    E'  invece  sufficiente  che, come nella fattispecie in esame, la
norma  di  legge censurata possa ragionevolmente trovare applicazione
ai fini della decisione.
    3. - Non manifesta infondatezza della questione di illegittimita'
l'art. 458,  comma  1, c.p.p., come modificato dall'art. 14, comma 1,
della  legge  1 marzo 2001, n. 63, nella parte in cui non prevede che
il  termine di quindici giorni per la proposizione della richiesta di
giudizio  abbreviato  decorra  dall'ultima  delle  notificazioni (del
decreto, ex art. 456, comma 3, c.p.p., all'imputato o dell'avviso, ex
art. 456, comma 5, c.p.p. al difensore).
    Contrasto  con  gli  artt. 24, comma 2, e 111, comma 3 (nel testo
introdotto  dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), della
Costituzione.
    Ai  sensi  dell'art. 458,  comma  1, c.p.p. "L'imputato a pena di
decadenza,  puo'  richiedere il giudizio abbreviato depositando nella
cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta, con
la prova dell'avvenuta notifica al pubblico ministero, entro quindici
giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato".
    Ai   sensi  dell'art. 456,  secondo  comma,  c.p.p.  "il  decreto
contiene   l'avviso   che   l'imputato   puo'  chiedere  il  giudizio
abbreviato...  ".  I  successivi comma terzo e quarto dispongono: "Il
decreto e' comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato
ed  alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata
per  il  giudizio. All'imputato ed alla persona offesa, unitamente al
decreto, e' notificata la richiesta del pubblica ministero". L'ultimo
comma  dell'art. 458  c.p.p.  prevede: "Al difensore dell'imputato e'
notificato avviso della data fissata per il giudizio entro il termine
di cui al comma 3".
    La  giurisprudenza  della suprema Corte e' ferma nel ritenere che
anche  per  il  difensore  munito di procura speciale, il termine per
propone  la  richiesta di giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 458
c.p.p.,  decorre dalla notifica all'imputato del decreto di citazione
a  giudizio immediato anziche' dalla successiva notifica al difensore
della  data fissata per tale giudizio (Cass. 18 novembre 1992, Greco;
Cass. 9 marzo 1993, Quartucci).
    Pertanto,  se,  come  nel  caso  in  esame,  la  notificazione al
difensore  di  fiducia  dell'avviso  di  fissazione  dell'udienza  di
giudizio  immediato  segue  la  notifica all'imputato del decreto che
dispone  il  giudizio  immediato, puo' accadere che il difensore veda
drasticarnente  ridotto  (nella  fattispecie,  a  soli tre giorni) il
termine  per  consultare tempestivamente gli atti al fine di offrire,
con  cognizione  di causa, un adeguato parere all'imputato, in ordine
alla  scelta del rito. Ove la notifica al difensore segua di quindici
giorni  quella  al suo assistito, tale possibilita' resta addirittura
esclusa.
    In  altri  termini,  la  norma  di  cui al disposto dell'art. 458
c.p.p.,  sotto  il  profilo  dell'individuazione  del  dies  a quo di
decorrenza  del  termine  per  la  proposizione  della  richiesta  di
giudizio  abbreviato,  apre  un lasso di tempo in cui si ha un vero e
proprio "vuoto di difesa tecnica".
    E'  si  vero  che  l'imputato  riceve  la notifica del decreto di
giudizio  immediato,  nel  cui contesto e' evidenziato l'avvertimento
della facolta' di richiedere il giudizio abbreviato, entro il termine
di  quindici  giorni dalla notificazione del decreto medesimo; e' si'
vero  che,  in  una tale situazione, l'imputato ha la possibilita' di
rivolgersi   al   difensore,   informandolo   tempestivamente   della
notificazione del decreto di giudizio immediato.
    E  tuttavia  altrettanto innegabile che l'imputato, per ignoranza
od  inesperienza,  puo'  non rendersi conto dell'importanza dell'atto
ricevuto  e  neppur  comprendere  di  avere  necessita' di una difesa
tecnica e del consulto con il difensore che lo assiste.
    Tale  inconveniente non appare superabile mediante il rilascio di
una procura speciale al difensore, perche' e' lo stesso difensore che
riceve in ritardo la notificazione dell'avviso di giudizio immediato.
    In  un  sistema  processuale improntato ad un elevato tecnicismo,
non si giustifica un vuoto nella difesa tecnica, con riferimento alle
condizioni  di  accesso  ad  un  rito  alternativo,  cui  consegue un
rilevante beneficio premiale.
    Ad  avviso del tribunale, il disposto dell'art. 458 c.p.p., nella
parte   in   cui   fa   decorrere   dalla  data  della  notificazione
all'imputato,   ove   precedente  alla  notificazione  al  difensore,
dell'avviso  di  fissazione  dell'udienza  di  giudizio immediato, il
termine  perentorio  per  la proposizione della richiesta di giudizio
abbreviato,   si   pone   in   evidente  contrasto  con  il  precetto
costituzionale  di cui all'art. 24, secondo comma, della Costituzione
sub specie del diritto alla difesa tecnica.
    La  censura  d'incostituzionalita'  trova  ulteriore conforto nel
raffronto   fra   la  norma  processuale  in  esame  ed  il  disposto
dell'art. 111,   terzo   comma  (nel  testo  introdotto  dalla  legge
costituzionale 23 novembre 1999 n. 2), della Costituzione nella parte
in  cui,  in  tema  di  processo  penale, prescrive che la legge deve
assicurare  che la persona accusata di un reato "disponga del tempo e
delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa".
    Ferma  la  congruita'  del  termine  di  quindi  giorni  prevista
dall'art. 458  c.p.p., affinche' lo stesso possa ritenersi effettivo,
e'   necessario   che   l'imputato  sia  posto  nelle  condizioni  di
comprenderne  le  finalita'  e sia quindi assistito, durante tutto il
suo  arco,  da un difensore che possa onentarlo nella scelta dei riti
alternativi.
    In   tali   termini,  non  appare  manifestamente  infondata,  in
relazione  agli  artt. 24,  comma  2,  e  111,  comma  3  (nel  testo
introdotto  dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), della
Costituzione,    la    questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 458, primo comma, c.p.p.