IL TRIBUNALE Nel procedimento cautelare in corso di causa recante il n. 5698/2000 promosso da Bianchi Giancarlo (avv. Romano e Rossini), contro: ICS S.r.l. (avv. Consolo e Mamoli), Margaglio Antonino, Brighenti Francesco, ha pronunziato la seguente ordinanza. Visti gli atti e sciogliendo la riserva che precede, osserva quanto segue. La vicenda. Il 4 aprile 2000 Antonino Margaglio e Francesco Brighenti, che dichiaravano di intervenire all'atto "in nome e per conto della societa' ICS S.r.l.", di cui erano e sono soci ciascuno per il 10% e il Margaglio anche componente il consiglio di amministrazione, concedevano a Giancarlo Bianchi e Rino Tulimiero opzione per l'acquisto di una unita' immobiliare sita in Peschiera e denominata Discoteca ICS. Stabilivano in oltre sei miliardi di lire il prezzo "per la cessione delle quote sociali in oggetto"; fissavano al 4 maggio 2000 il termine per l'esercizio del diritto di opzione; garantivano che la societa' sarebbe stata trasferita, esclusi i beni tipici della discoteca, libera da debiti e crediti e che l'immobile non sarebbe stato gravato da trascrizioni pregiudizievoli. Il 4 maggio 2000 i promissari comunicavano, con atto notificato a ciascuno dei sei soci della ICS, l'esercizio del diritto di opzione "del 100 per 100 delle quote della societa' ICS S.r.l.", ribadendo in un articolato atto le clausole gia' previste. Il 29 novembre 2000 il solo Giancarlo Bianchi conveniva in giudizio la ICS S.r.l., Antonino Margaglio nato a Roma il 14 maggio 1960 (per distinguerlo da omonimo altro socio della ICS) e Francesco Brighenti, chiedendo che il tribunale di Verona pronunziasse: a) in via principale sentenza ex art. 2932 c.c. che producesse gli effetti del contratto non concluso, trasferendo al Bianchi la piena proprieta' del noto compendio immobiliare; b) in via subordinata gradata: 1) verificazione ex art. 216 c.p.c. dell'autenticita' della sottoscrizione posta in calce alla scrittura privata del 4 aprile 2000 con riferimento alla pattuita vendita degli immobili, con ordine di trascrizione; 2) sentenza che tenesse luogo del non concluso contratto di vendita delle quote sociali, trasferendo all'attore "la piena proprieta' del capitale sociale"; 3) verificazione ex art. 216 c.p.c. dell'autenticita' della sottoscrizione posta in calce alla scrittura privata del 4 aprile 2000 con riferimento alla pattuita vendita di quote sociali. Il procedimento cautelare. La ICS S.r.l. reagiva proponendo il 13 gennaio 2001 ricorso ex art. 700 c.p.c. in corso di causa, con il quale chiedeva l'immediata cancellazione della trascrizione dell'atto di citazione e in subordine sequestro conservativo dei beni del Bianchi fino a concorrenza di due miliardi di lire, a garanzia del credito della ICS al risarcimento del danno, che si proponeva di domandare nel giudizio di merito ai sensi dell'art. 96, secondo comma, c.p.c., nonche' ex art. 2043 c.c. Convocate le parti, il Bianchi resisteva adducendo: a) carenza dei presupposti processuali dell'azione cautelare, non essendo state ancora proposte le domande preannunziate dalla ricorrente; b) inammissibilita' del provvedimento di cancellazione richiesto; c) insussistenza del fumus boni iuris; d) insussistenza di alcun pregiudizio nel ritardo. Sentite le parti; depositate memorie illustrative; celebrata nelle more udienza di prima comparizione; vanamente esperito tentato di conciliazione, il giudice istruttore si riservava la decisione. Le questioni. Infondatamente parte resistente deduce che il ricorso non poteva essere introdotto in mancanza di preventiva proposizione delle domande di merito. Il rilievo, a tacere della successiva proposizione delle domande riconvenzionali, avvenuta nelle more depositando tempestivamente la comparsa di risposta, e' vanificato da una corretta interpretazione della normativa vigente in tema di competenza sui procedimenti cautelari. Invero in relazione alla richiesta di cancellazione della trascrizione, che si risolverebbe nella anticipazione di uno degli effetti tipici del rigetto delle domande di parte attrice cui la trascrizione stessa e' correlata, l'istanza non poteva che essere proposta al giudice adito dall'attore e gia' investito della causa da cui dipende l'effetto del rigetto richiesto. La preventiva costituzione nel giudizio di merito non era necessaria, giacche' la competenza si era gia' determinata. Altrettanto vale per la richiesta subordinata di sequestro, correlata alla domanda riconvenzionale. Infatti la competenza a conoscere della domanda di ristoro dei danni da responsabilita' aggravata ex art. 96 c.p.c., derivanti da trascrizione della domanda giudiziale, spetta in via esclusiva al giudice della domanda che si pretende non trascrivibile, cui compete altresi' l'accertamento della legittimita', della ritualita' e della fondatezza dell'attivita' processuale in relazione alla quale si pone la detta pretesa risarcitoria e quindi anche la pronunzia sulla richiesta di cancellazione della trascrizione posta a fondamento di siffatta pretesa (Cass., 23 maggio 1994, n. 5022). Se cosi' e', occorre riconoscere al convenuto che si proponga di svolgere tale domanda la facolta' di agire in via cautelare prima ancora di depositare la comparsa di risposta contenente la riconvenzionale. Infatti il giudice competente e' gia' identificato in via esclusiva e la posizione del convenuto non puo' essere deteriore rispetto a quella dell'attore, cui e' data facolta' di chiedere il provvedimento cautelare prima dell'inizio della causa di merito: allo stesso modo si deve consentire al convenuto di ottenere tutela cautelare prima di aver depositato il primo scritto difensivo della causa di merito. Osta all'accoglimento della prima richiesta cautelare il disposto dell'art. 2668 c.c., a mente del quale la cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali enunciate dagli artt. 2652 e 2653 e' ordinata giudizialmente "con sentenza passata in giudicato". Questa disposizione e' stata sempre coerentemente interpretata nel senso di dover attendere l'esito finale del processo per conseguire la cancellazione, senza poter applicare l'anticipazione cautelare, perche' il legislatore, a protezione delle ragioni dell'attore, intende garantire l'effetto della trascrizione fino al definitivo accertamento giudiziale. Parte ricorrente reputa che nel caso in esame il provvedimento sia ammissibile, vertendosi a suo parere in ipotesi che non rientra tra quelle fissate dagli artt. 2652 e 2653 c.c. Questo principio, gia' fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimita' (Cass. 30 giugno 1982 n. 3933) e di merito (tra le altre P. Milano 1 febbraio 1991, Foro Pad., 1993, 1, 69) e' certamente condivisibile, valendo a reprimere l'abuso del diritto senza confliggere con la normativa che riserva la trascrizione ad alcune domande giudiziali e non all'arbitrio della parte. Nel caso di specie esso non risulta pero' applicabile, poiche' in astratto le domande proposte rientrano tra quelle per le quali e' prescritta la trascrizione. Cio' vale sia per l'accertamento di intervenuta vendita mediante interpretazione in tal senso del contratto del 4 aprile 2000, sia per la domanda che configura la scrittura quale contratto preliminare cui dare esecuzione ex art. 2932 c.c. Le incisive considerazioni di parte convenuta in ordine all'idoneita' degli accordi stipulati a legittimare le due domande valgono invero a farne pronosticare l'infondatezza e a far emergere la rilevanza della questione di costituzionalita' di cui si dira', ma non fanno annoverare di gia' le domande dell'attrice come domande non astrattamente trascrivibili, ovvero palesemente strumentali o addirittura emulative (in proposito cfr. trib. Roma 29 dicembre 1998, Foro it., 2000, 1, 1325). Invero parte attrice sottolinea che l'oggetto reale del contratto e' costituito dal compendio immobiliare, che essa si vuole assicurare per destinarlo ad altri fini urbanistici, e non dalla acquisizione della societa' ICS, la cui cessione sarebbe stata concordata solo quale strumento per trasferire l'immobile, eludendo le pesanti conseguenze fiscali che parte venditrice avrebbe subito alienandolo con una plusvalenza di circa quattro miliardi rispetto al valore iscritto in bilancio. Nella succinta citazione essa non ha qualificato giuridicamente gli accordi relativi alle quote sociali e in sede cautelare e' rimasta sul vago, ritenendo "prematura allo stato ogni deduzione circa la natura" di essi come "negozio indiretto o diretto o simulato". Si puo' convenire sul fatto che la fase preliminare del giudizio le consente di avere ancora margini per la qualificazione della domanda e lascia aperta la possibilita' di prospettare qualche profilo di plausibilita' delle domande direttamente concernenti l'immobile, rispetto alle quali la ICS e' legittimata passivamente. Si colgono pero' consistenti ragioni che lasciano trasparire il fumus boni iuris che assiste l'istanza cautelare, in relazione al possibile rigetto delle domande di parte attrice. Quanto alla domanda formulata ai sensi dell'art. 216 c.p.c., che vuole far accertare l'intervenuta vendita del compendio immobiliare, e' facile osservare che tratterebbesi di contratto viziato da nullita', perche' non reca l'indicazione degli estremi urbanistici (concessione edilizia, tempo dell'edificazione) indispensabilmente richiesti dalla legge n. 47 del 1985. Con riguardo alla domanda mirata sul disposto dell'art. 2932 c.c., valgono i piu' penetranti rilievi di parte convenuta: A) Ad agire giudizialmente e' stato uno soltanto dei promissari acquirenti, in fattispecie in cui vi e' litisconsorzio necessario e gli effetti del contratto non concluso non si possono produrre nei confronti di alcuni soltanto dei soggetti del preliminare (Cass. 11 febbraio 1997 n. 1258; Cass. 7 luglio 1987 n. 5903). Peraltro, salvo conferma in corso di causa, risulta da documento (n. 4 convenuta) a firma Tulimiero che costui e' ormai disinteressato all'acquisto e riconosce la nullita' dell'opzione e l'invalidita' del contratto preliminare. B) La scelta contrattuale di parte attrice e dell'altro promissario acquirente e' stata inequivocabilmente nel senso di esercitare l'opzione per l'acquisto delle quote sociali e non direttamente dell'immobile, sicche' gli inconvenienti di tale volonta' contrattuale seguono inevitabilmente i vantaggi che implicitamente si e' ritenuto di rinvenire. Ne consegue che e' per loro reale volonta', ritualmente manifestata in un atto che rivela adeguate cognizioni giuridiche, che e' stata scelta l'acquisizione delle quote dei soci di ICS e non l'immobile. C) Da considerare sono infine le obiezioni legate alla circostanza che l'accordo preliminare non e' stato sottoscritto dal legale rappresentante della societa', ma da due soci, senza che la societa' possa restare impegnata dalla promessa di costoro. A questo rilievo si oppone, non senza qualche possibilita' di successo, che i due contraenti potrebbero risultare rappresentanti apparenti della societa' per la loro qualita' personale (socio e consigliere d'amministrazione il Margaglio, socio, ex amministratore e padre della attuale legale rappresentante il Brighenti), per il fatto che le trattative si svolsero con l'attivo intervento del commercialista abituale consulente della ICS, per la circostanza che anche i due promittenti erano abilitati a condurre trattative (cfr. libero interrogatorio di Frida Brighenti). La rilevanza della questione di costituzionalita'. Emerge nitidamente da questa ricostruzione come la domanda cautelare sia assistita dal requisito dell'apparenza di buon diritto, che consente l'accoglimento delle istanze di provvedimento urgente ex art. 700 c.p.c. Anche il requisito del periculum in mora sussiste, poiche' la paralisi del bene per un numero indefinito di anni (fino al passaggio in giudicato della sentenza) mina indiscutibilmente l'affidabilita' della societa', che ricorre al credito bancario per finanziare l'attivita' (gestione discoteca) esercitata. La societa' non versa, al lume della documentazione prodotta, che evidenzia perdite di esercizio nel bilancio di chiusura 2000, in condizioni floride, ditalche' la perdita della principale garanzia immobiliare ne comprime l'affidabilita' per ampliamenti o rinnovi dei prestiti bancari, non essendo pareggiata dalla prospettiva, incerta nei tempi e legata al possibile mutare delle prospettive di trasformazione del bene, di conseguire un congruo corrispettivo per l'alienazione. Non manifesta infondatezza. La concessione del provvedimento richiesto confligge pero' con la ricordata disciplina della cancellazione della trascrizione, che non e' stata coordinata ne' con l'art. 669-novies c.p.c. (inefficacia del provvedimento cautelare per dichiarata inesistenza con sentenza anche non passata in giudicato del diritto a cautela del quale era stato concesso), ne' con la restante e qui rilevante normativa sul procedimento cautelare. L'istituto della trascrizione delle domande giudiziali assicura la cautela contro atti di disposizione giuridica dei beni immobili. Il suo effetto e' di creare un vincolo di inopponibilita' degli atti di disposizione del bene controverso; la sua funzione e' cautelare, in quanto, come osserva una classica dottrina, conservativa e di salvaguardia contro il terzo avente causa dal convenuto il quale trascriva il suo titolo posteriormente. Cio' che oggi stona nel panorama normativo e': 1) che si tratti di una forma di autotutela cautelare, conseguita senza bisogno di alcun provvedimento del giudice, anomalia rilevata gia' sotto l'imperio del codice previgente dal primo studio sistematico dei provvedimenti cautelari; 2) che la trascrizione non sia soggetta, neanche successivamente alla formazione del contraddittorio, ad alcun vaglio del giudice, il quale non deve e non puo' confermarla (art. 669/6 c.p.c.), ne' revocarla o modificarla (artt. 669/6 e 669/10 c.p.c.) (limitandola per esempio ad alcuni beni); 3) che essa, oltre a sfuggire alla regola del contraddittorio, violi il principio della parita' delle parti (art. 111 cost.), a danno del convenuto. Orbene, se e' vero che fondamento della tutela cautelare e' evitare che la durata del processo vada a danno della parte che ha ragione, la irremovibile trascrizione della domanda giudiziale altera l'equilibrio tra le posizioni, privilegiando la condizione dell'attore. Il persistere di siffatta regola appare non piu' compatibile con la Costituzione. Il riconoscimento della funzione essenziale della tutela cautelare (Corte cost. 28 giugno 1985, n. 190, Giust. civ., 1985, I, 2698 e Foro it., 1985, I, 1881) e la rilettura degli istituti processuali alla luce di quel rafforzamento della garanzie del giusto processo introdotto dal primo comma dell'art. 111 della Costituzione denunziano ormai irrefrenabilmente la incostituzionalita' di una disposizione che impedisce sia la rimozione in via cautelare della trascrizione delle domande giudiziali, sia l'adozione della controcautela delle cauzioni. Ad essere sospetta e' la disposizione di cui all'art. 2668 c.c. nella parte - qui rilevante - in cui non prevede che la cancellazione possa conseguire a specifico ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. e all'applicazione della normativa sul procedimento cautelare uniforme in punto di conferma, revoca e modifica per tutto il corso del giudizio (e quindi anche in primo grado), pur quando appaia probabile l'infondatezza della domanda giudiziale trascritta. Risultano violati dalla normativa vigente, traguardati singolarmente e complessivamente: a) l'art. 3 della Costituzione in quanto la disciplina applicabile e' diversa, nei sensi sopra analizzati, in punto di stabilita', tra gli ordinari provvedimenti cautelari e la trascrizione della domanda giudiziale, che, pur essendo atto avente funzione cautelare, e' regolata da norma incompatibile (ex art. 669/14 c.p.c.) con la disciplina del procedimento cautelare uniforme; b) l'art. 24 della Costituzione, poiche' la normativa denunziata, intaccando l'esercizio del diritto di difesa nella fase cautelare, non consente l'applicazione dell'art. 700 c.p.c. per liberare il soggetto inciso dalla trascrizione nelle more del giudizio di merito; c) l'art. 111 della Costituzione, in quanto la disposizione applicabile, non consentendo in alcun modo, neanche mediante provvedimento d'urgenza, l'esame dell'istituto di natura cautelare della trascrizione della domanda giudiziale, attuato autonomamente dalla parte attrice, viola la condizione di parita' delle parti e il principio del contraddittorio, che devono regolare ogni processo. La domanda cautelare subordinata. Il mancato accoglimento della prima istanza cautelare, il cui esame va sospeso in attesa della decisione della Corte costituzionale, implica l'esame dell'istanza alternativa, volta ad ottenere sequestro conservativo sul patrimonio del Bianchi in relazione al credito risarcitorio che la societa' ICS ritiene che stia maturando per la pendenza della trascrizione. L'istanza non sembra accoglibile. Senza ripercorrere qui la puntuale smentita ai rilievi su passate situazioni debitorie, e' sufficiente osservare che il Bianchi per il fatto stesso di offrire l'adempimento dell'ingente obbligo di pagamento correlato all'acquisto dimostra di godere di credito e considerazione nell'ambiente bancario e imprenditoriale e che, a fronte del pur verosimile debito nei confronti della societa', egli potrebbe forse vantare, sempre in caso di rigetto della sua domanda, un credito risarcitorio nei confronti dei promittenti venditori rivelatisi nei suoi confronti inadempienti . Il rilievo d'ufficio della questione cagiona la sospensione del procedimento cautelare, mentre resta procedibile la causa di merito, non condizionata da esso.