IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale a
carico di Castelluzzo Nicola e Semiao Isabel M.

                          Ritenuto in fatto

    Gli  imputati venivano tratti a giudizio per rispondere del reato
di  cui  all'art. 378 c.p. per avere reso alla polizia giudiziaria in
data  18  febbraio  1994  false dichiarazioni relative ad una pretesa
aggressione  nei  confronti  di  Sanzone  Emanuele  da  parte  di tre
individui che avrebbero tentato di impossessarsi del suo portafogli.
    Soltanto due ore piu' tardi, peraltro, il Castelluzzo e la Semiao
ammettevano  che  il  Sanzone era stato vittima di lesioni volontarie
aggravate  ad  opera  di  un  individuo  con  il quale aveva avuto un
diverbio. Le difese di entrambi gli imputati hanno chiesto, pertanto,
in  via  principale,  l'assoluzione  ai  sensi dell'art. 376 c.p. per
avvenuta ritrattazione immediatamente successiva al fatto.
    Il  p.m.,  invece, ha chiesto la condanna dei prevenuti ritenendo
che  non  sia  applicabile  al caso di specie l'invocata causa di non
punibilita'.
    Le sommarie informazioni in data 18 febbraio 1994 vennero assunte
dalla  p.g.  direttamente e non su delega dell'autorita' giudiziaria,
sicche'  la  richiesta  di  assoluzione  della  difesa  presuppone la
decisione  della  questione di incostituzionalita' dell'art. 376 c.p.
nella  parte  in cui non prevede l'applicabilita' dell'esimente della
ritrattazione anche al delitto di favoreggiamento personale, commesso
da  chi,  richiesto  dalla  p.g., che agisca d'iniziativa, di fornire
informazioni  abbia  reso  dichiarazioni  false o in tutto o in parte
reticenti.

                       Considerato in diritto

    La questione di legittimita' costituzionale degli artt. 376 e 378
c.p.,  nella  parte  in cui non prevedono l'estensione della causa di
non   punibilita'   della   ritrattazione  al  soggetto  imputato  di
favoreggiamento  personale  e'  stata da sempre ritenuta infondata in
quanto,  "mentre  i  reati  ai  quali  si  applica  la  causa  di non
punibilita' si commettono tutti per mezzo di false dichiarazioni rese
all'autorita' giudiziaria, per le quali ha senso attribuire rilievo a
dichiarazioni  contrarie  che  annullano  l'effetto delle prime, tale
caratteristica  non si rinviene nel reato di favoreggiamento che e' a
forma   libera   e   non   si  consuma  necessariamente  a  mezzo  di
dichiarazioni" (per tutte: Cass., 22.12.1997, n. 11984).
    Il  quadro  normativo  sembra,  peraltro, sensibilmente mutato in
seguito  alla  pronuncia d'incostituzionalita' dell'art. 376 - I c.p.
nella  parte  in  cui  non prevede la ritrattazione come causa di non
punibilita'  per  chi abbia reso dichiarazioni false o reticenti alla
p.g.  delegata  dal  p.m.  (Cost.,  n. 101 del 1999): la decisione ha
asserito  l'irragionevolezza  della  diversita' di trattamento fra le
informazioni  rese  al p.m. e alla p.g. da questi delegata, attesa la
convergenza   di  disciplina  fra  le  due  ipotesi,  "corrispondente
all'identita'  di ratio che sorregge le norme relative alle attivita'
d'indagine  e  alla  loro  valenza  processuale";  in  particolare la
pronuncia  ha  sottolineato  "l'equivalenza, quanto a utilizzabilita'
nel seguito del processo, degli atti diretti e di quelli delegati".
    A  questo  proposito,  pero',  si  deve osservare come la diversa
rilevanza    probatoria   delle   dichiarazioni   rese   alla   p.g.,
rispettivamente  su  delega  o  d'iniziativa, e' prevista dal vigente
codice  di  rito  soltanto in tema di dichiarazioni dell'imputato (la
stessa  sentenza  n. 101/1999,  nell'equiparare  gli atti diretti del
p.m.   a  quelli  dal  medesimo  delegati,  richiama  infatti  "oltre
all'art. 503  c.p.p., le sentenze n. 60 e n. 381 del 1995", che hanno
dichiarato l'incostituzionalia' dell'art. 513 c.p.p.
    Quanto,  invece,  alle  dichiarazioni  rese  alla p.g. da persone
informate   sui   fatti,   queste   possono   essere  utilizzate  nel
dibattimento,  ricorrendone  i  presupposti,  indipendentemente dalla
circostanza   che  siano  state  assunte  d'iniziativa  o  su  delega
(art. 500 comma 5 c.p.p. e 512 c.p.p.).
    Infatti,  le  informazioni raccolte ai sensi dell'art. 351 c.p.p.
"assumono  nel  processo  lo  stesso  valore  di quelle rese al p.m."
(Corte  cost.,  n. 416  del  1996, che ha dichiarato incostituzionale
l'art. 384   c.p.   ):   si   giustifica  cosi'  l'estensione,  senza
differenze,  della  disciplina  prevista per la testimonianza resa al
giudice  alle  informazioni  rese al p.m. e alla p.g. nel corso delle
indagini,   per  effetto  dei  rinvii  operati  dall'art. 351  c.p.p.
all'art. 362  c.p.p. e da quest'ultimo agli artt. 197, 198, 199, 200,
201, 202 e 203 c.p.p.
    E'  pur  vero  che  a  tale  identita' di disciplina prevista dal
codice di procedura penale, non corrisponde un'identica rilevanza sul
piano  penale sostanziale delle false dichiarazioni rese di fronte al
giudice  (art. 372  c.p.),  al  p.m.  (art. 371-bis c.p.) e alla p.g.
(art.  378  c.p.)  e,  cosi',  per  effetto dell'espressa limitazione
stabilita     dall'art. 376    c.p.,    nonche'    dalla    pronuncia
d'incostituzionalita' n. 101/1999, l'esimente della ritrattazione non
si estende a tutte le suddette ipotesi.
    Peraltro  non  constano  ragioni  giustificative  di  una diversa
disciplina  per  le informazioni false o reticenti rese all'autorita'
giudiziaria e alla polizia giudiziaria - che agisca d'iniziativa o su
delega - per le seguenti considerazioni:
        "a)   l'identita'   delle   condotte  materiali  che  possono
risultare rilevanti nelle diverse ipotesi;
        b)   l'omogeneita'   del  bene  protetto,  consistente  nella
funzionalita'  di ciascuna fase rispetto agli scopi propri, nei quali
le  esigenze  investigative  (massime  all'inizio del procedimento) e
quelle  di  ricerca della verita' (massime alla fine del processo) si
sommano  inestricabilmente,  cosicche'  gli  artt. 378, 371-bis e 372
c.p.  finiscono  in pratica per presidiare ciascuno una fase distinta
del procedimento e del processo;
        c) l'identica rilevanza nel processo delle dichiarazioni rese
alla p.g. e al p.m. (artt. 500 e 512 c.p.p.);
        d)   la   gravita'   dei  fatti-reato,  quale  risulta  dagli
apprezzamenti  del  legislatore  stesso  circa  la  misura della pena
prevista  per l'illecito commesso di fronte alla p.g. e per quello di
fronte al p.m." (Corte cost. n. 416/1986, cit.).
    Pare  allora irragionevole non estendere a tutte le dichiarazioni
false  o  reticenti  -  ivi comprese quelle rese alla p.g. che agisca
indipendentemente  da  una  delega  - l'esimente della ritrattazione,
tenuto  conto  dell'interesse dello Stato "ad incentivare le condotte
idonee  a neutralizzare, fin dove e' possibile, le negative incidenze
delle  dichiarazioni  false  sul  corretto  svolgimento del processo"
(Corte cost., n. 101/1999, cit.).
    L'irrazionale   diversita'  di  disciplina  impone  di  sollevare
d'ufficio  la  questione d'incostituzionalita' dell'art. 376 c.p. per
contrasto con l'art. 3 della Costituzione:
        alla   relativa   declaratoria   tramite  una  decisione  che
aggiungerebbe  una  causa  di non punibilita' a quelle gia' previste,
non  osta  il  carattere della norma censurata, carattere derogatorio
rispetto al normale regime della punibilita':
        il legislatore, infatti, una volta riconosciuta l'esigenza di
una  eccezione  rispetto ad una normativa piu' generale non potrebbe,
in  mancanza  di  un  giustificato  motivo,  esimersi dal realizzarne
integralmente   la   ratio,   senza   per   cio'  stesso  peccare  di
irrazionalita' (analogamente: Cost. n. 416/1996).