IL TRIBUNALE

    Ha pronunziato la seguente ordinanza.
    1. - In data 2 febbraio 2000 Mastrodonato Anna presentava querela
nei confronti del medico di guardia dell'ospedale di Venaria (To) che
il venerdi' 12 novembre 1999, anziche' provvedere semplicemente ad un
controllo  e  ad una medicazione di una ferita al cuoio capelluto che
le   era   stata   curata   nel   pomeriggio  di  due  giorni  prima,
inopinatamente  e  malgrado le proteste della paziente, aveva tolto i
punti    di   sutura   provocandole   "un   dolore   insopportabile",
sottoponendola   ad   "un  rischio  d'infezione"  e  determinando  la
necessita'  di  ulteriori  cure,  praticate nella serata dello stesso
giorno  presso  un  ospedale  di  Torino;  alla  querela  per lesioni
colpose,  la  Mastrodonato  aggiungeva  una  denunzia "per violazione
dell'art. 476 c.p." in quanto il personale sanitario dell'ospedale di
Venaria,  nell'attestazione  dell'intervento  del  12  novembre  1999
avrebbe  indicato l'effettuazione di una semplice medicazione tacendo
sulla  rimozione  dei  punti  (benche'  lo  si desse per prodotto, il
relativo  certificato  non  veniva peraltro inserito dall'interessata
nel fascicolo documenti allegato alla denunzia-querela).
    2.  - Il procedimento veniva trattato dal p.m. come contro ignoti
(anche  se  era facilmente identificabile il medico querelato) e dava
luogo  ad  indagini  soltanto  per le lesioni colpose lamentate dalla
Mastrodonato.  Il p.m. disponeva infatti una consulenza medico-legale
sulla  persona  della  denunziante.  Il  consulente,  nella relazione
depositata il 14 settembre 1990, affermava che "non erano ravvisabili
elementi  di colpa professionale nell'operato dei sanitari che ebbero
in  cura  la  querelante  presso  l'ospedale  di  Venaria  in data 10
novembre 1999".
    E'  appena il caso di dare atto dell'irrilevanza della consulenza
che  si  e'  limitata  a  valutare  l'intervento del 10 novembre 1999
mentre  la  querelante  si  lamenta delle cure praticatele due giorni
dopo.
    3.  -  Con  atto  datato  20  settembre  2000  il p.m. richiedeva
l'archiviazione  del  procedimento, basandosi - quanto alle lesioni -
sulle  conclusioni  del medico-legale e tacendo del tutto sull'accusa
di falso.
    Tempestivamente la parte offesa proponeva opposizione.
    Questo  giudice,  dovendo fissare udienza camerale ai sensi degli
artt.  410 comma 3 e 409 comma 2, con provvedimento interlocutorio 30
ottobre  2000 restituiva il fascicolo al p.m. perche' individuasse il
medico che aveva visitato la Mastrodonato il 12 novembre 1999.
    Cio' perche' non solo l'art. 127 c.p.p. prescrive la convocazione
all'udienza  di "tutte le persone interessate" (e nessuno puo' negare
l'interesse  del  medico  a  partecipare  ad  un'udienza  in  cui  si
discutono  sue  presunte  colpe  professionali  ed eventuali connessi
falsi   ideologici)   ma   soprattutto   perche'   l'art. 111   della
Costituzione   impone   oggi   che   il   processo   si   svolga  nel
contraddittorio  delle  parti e che la persona accusata sia informata
nel piu' breve tempo possibile dell'accusa elevata a suo carico.
    4.  -  Il  p.m.  proponeva  ricorso  avverso  il provvedimento 30
ottobre 2000 e la Cassazione - quarta sezione penale - ritenendo tale
provvedimento "abnorme", cioe' "strano", "singolare", "irragionevole"
ed idoneo a provocare una "stasi" processuale, con sentenza 22 giugno
/  16  agosto  2001  lo  annullava  affermando  che  il g.i.p. non ha
alternative  rispetto all'obbligo di fissare immediatamente l'udienza
camerale con la sola partecipazione di p.m. ed opponente, trattandosi
di procedimento gestito contro ignoti.
    5. - Questo giudice deve uniformarsi alla decisione della suprema
Corte  ma, a suo avviso, le norme di cui agli artt. 410 comma 3 e 409
comma  2 c.p.p., cosi' interpretate, appaiono in aperto contrasto con
i  precetti  costituzionali di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 111 della
Costituzione.