IL TRIBUNALE

    Vista  l'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dalla
difesa unitamente all'istanza di guidizio abbreviato, nei preliminari
del dibattimento e dopo la scadenza del termine perentorio prescritto
dall'art. 458 comma 1 c.p.p.

                            O s s e r v a

    1. - Non vi e' dubbio che allo stato della legislazione l'istanza
dovrebbe  essere  dichiarata  inammissibile perche' l'art. 458 c.p.p.
sanziona  espressamente  con  la  decadenza  il  mancato rispetto del
termine di sette (ora quindici) giorni per l'esercizio della facolta'
di  chiedere il giudizio abbreviato dopo la notifica all'imputato del
decreto di giudizio immediato.
    E'    dunque    concretamente    rilevante    la   questione   di
costituzionalita' dell'art. 458 c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 24
Cost.  nella  parte  in  cui  non  consente  che, in caso di giudizio
immediato,  l'imputato  possa proporre istanza di giudizio abbreviato
fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
    2. - La  norma  denunciata  crea  un'ingiustificata disparita' di
trattamento,   con   riguardo  al  diritto  di  difesa  tecnica,  tra
l'imputato  nei  cui  confronti  sia stato emesso decreto di giudizio
immediato e quello contro il quale si proceda con giudizio ordinario,
con  citazione  diretta  o con giudizio direttissimo. In tutti questi
casi  il  termine  ultimo  per  la  scelta  dei  riti alternativi del
patteggiamento  e del giudizio abbreviato e' fissato in un'udienza in
cui   l'imputato   e'   garantito  dall'assistenza  obbligatoria  del
difensore:  il  termine  dell'udienza preliminare in caso di giudizio
ordinario  (art.  438  comma  2 e 448 comma 1 c.p.p.), l'apertura del
dibattimento  in  caso  di  giudizio  direttissimo (452 comma 2 e 558
comma  8  c.p.p.)  e  di  citazione  dirtta  a  giudizio (555 comma 2
c.p.p.).
    Per  contro l'esercizio obbligatorio della facolta' di accedere a
riti  alternativi mediante istanza da presentarsi fuori udienza entro
un  termine  perentorio  accomuna  ingiustificatamente  il  caso  del
giudizio  immediato al procedimento per decreto (artt. 461, 464 e 557
c.p.p.), nonostante per quest'ultimo il diverso rapporto tra esigenze
di speditezza e garanzie difensive si giustifichi per la specie della
pena che puo' essere irrogata e per i molteplici benefici sostanziali
e  processuali  che vengono applicati fin dal momento della emissione
del  decreto  (riduzione  della  pena  inflitta,  non  iscrizione nel
casellario giudiziale, concessione dei benefici di legge).
    3. - Non  pare  possa  mettersi in discussione l'importanza della
scelta  dei  riti  alternativi nel nostro ordinamento per le numerose
implicazioni sostanziali e processuali, come pure il rilievo decisivo
che  la difesa tecnica assume nell'orientare correttamente l'imputato
in tale scelta. Un tale ausilio e' garantito nell'udienza preliminare
o  in  dibattimento  dalla partecipazione necessaria del difensore di
fiducia  o  d'ufficio,  mentre  nei giorni seguenti alla notifica del
decreto  di  giudizio  immediato e' meramente eventuale, rimesso alla
diligenza   dell'imputato,   che  non  necessariamente  ne  comprende
l'importanza.
    Sarebbe  formalistico  piu' che formale, ritenere che la facolta'
di  scelta  dei  riti  alternativi  sia salvaguardata in modo analogo
dall'avviso,  contenuto  nel  decreto  di  giudizio  immediato  della
possibilita'  "chiedere  il  giudizio abbreviato" (art. 456 c.p.p.) a
meno  di  ritenere  che  per  il  comune  cittadino  (o per il comune
imputato)  un  tale  avviso  sia  equivalente a quella informazione -
sintetica  ma pregnante - che egli puo' trarre nel corso dell'udienza
da  un breve scambio di parole con l'avvocato o con lo stesso p.m. si
pensi  alle  conseguenze che la riduzione del rito puo' comportare in
ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena).
    Una   tale   disparita'  di  trattamento  costituisce  violazione
dell'art.  3  della  Costituzione, non perche' il termine di quindici
giorni  sia  troppo ristretto o inadeguato ma perche' in tutti i casi
assimilabili l'ordinamento non rimette alla discrezione dell'imputato
l'assistenza  difensiva ma la assicura facendo coincidere la scadenza
del  termine per la proposizione dell'istanza di riti alternativi con
un'udienza in cui la presenza del difensore e' obbligatoria.
    4. - Se  dunque  sussiste  un'oggettiva disparita' di trattamento
resta  da  chiedersi  se  tale  diseguaglianza si giustifichi per via
della peculiarita' del giudizio immediato e dei suoi presupposti.
    Sul  punto  devono  prendersi  le mosse dai motivi delle sentenze
n. 122  del  6 maggio 1997 e n. 407 del 17 dicembre 1997 con le quali
la    Corte    costituzionale    ha   rigettato   la   questione   di
costituzionalita'  relativa al breve termine stabilito dall'art. 458,
comma 1, c.p.p, per la richiesta di giudizio abbreviato.
    Nel  1997  la  Corte  ritenne  che  non poteva essere considerata
lesiva  del  diritto  di  difesa,  ne'  irragionevole  disparita'  di
trattamento,  la  differenza  tra  il  termine  di  7 giorni previsto
dall'art.  458  c.p.p.  decorrente dalla notificazione del decreto di
giudizio  immediato all'imputato e quello di quindici giorni previsto
a  seguito di citazione a giudizio nel procedimento pretorile perche'
i diversi termini trovavano giustificazione nell'evidenza della prova
e  nell'indispensabilita'  del previo interrogatorio dell'imputato (o
dell'invito   a   presentarsi   rimasto   senza   effetto),  entrambi
presupposti  deli  giudizio  immediato.  Si  legge  nella prima delle
pronunce  citate  che  "gia'  dall'interrogatorio ... l'indagato e il
difensore  che  lo  assiste  sono  posti agevolmente in condizione di
prevedere   l'emissione  del  decreto  di  giudizio  immediato  e  di
approntare,   quindi,   la   conseguente  linea  difensiva,  in  cio'
comprendendosi,  evidentemente,  anche  le  eventuali  opzioni per la
traformasione di quel rito in giudizio abbreviato: scelte, queste che
fra  l'altro  ben possono indurre al rilascio di una procura speciale
in via preventiva ... ". Al contrario, nel procedimento pretorile "il
decreto  di  di  citazione  a giudizio ... ben puo' rappresentare - e
nella  prassi  frequentemente  rappresenta  - il primo atto dal quale
l'imputato  viene  ad  apprendere ... del procedimento a suo carico e
dell'accusa che gli viene mossa".
    A  tali osservazioni potrebbe obbiettarsi che nell'interrogatorio
davanti  al  p.m. la partecipazione del difensore non e' necessaria e
che  l'imputato  non puo' prevedere la scelta del p.m. di chiedere il
decreto  di  giudizio  immediato non essendo quest'ultimo obbligato a
seguire tale strada anche quando ne ricorrano i presupposti.
    Pare  tuttavia piu' significativo osservare che, mutato il quadro
normativo,  con  la  previsione  dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. a
pena  di  nullita' anche nei processi a citazione diretta, gli stessi
argomenti  che  allora indussero a ritenere ragionevole la disparita'
di  trattamento  devono  oggi  condurre  a ritenerla ingiustificata e
dunque  lesiva  del  principio di eguaglianza. Cio' appare ancor piu'
evidente ove si consideri che nel caso di giudizio immediato l'avviso
ex  art. 415-bis non e' previsto (anche perche' sarebbe incompatibile
col  termine di novanta giorni dell'art. 454, comma 1, c.p.p.) che le
indagini   potrebbero   avere   avuto   sviluppi  ulteriori,  purche'
l'interrogatorio  abbia  avuto  ad  oggetto  i  fatti  da cui risulti
l'evidenza della prova.
    Ma  vi  e'  di  piu'.  Se  nel  1997  si  trattava di valutare la
disparita' di trattamento tra un termine di sette giorni ed uno di 15
per  l'esercizio di una facolta' da esercitare comunque fuori udienza
e  riferita esclusivamente al giudizio abbreviato, oggi l'alternativa
al  breve  termine  perentorio  sarebbe  costituita dall'esercizio in
udienza di tale facolta' ed investirebbe anche il patteggiamento.
    6. -  Ne'  varrebbe  a giustificare una tale palese disparita' il
semplice  riferimento al presupposto dell'evidenza della prova ove si
consideri  che  le  probabilita'  della  condanna sono solo uno degli
aspetti  che l'imputato deve ponderare nella scelta del rito che solo
un difensore puo' spiegare all'imputato.
    Infine  si puo' evidenziare, sconfinando dal terreno strettamente
giuridico  formale,  che  la  perentorieta'  del  termine e la scarsa
assistenza  difensiva  che  l'ordinamento  assicura  all'imputato  si
traducono  in  pratica  in  un  minor  numero  di  richieste  di riti
alternativi  cosi' che, paradossalmente, questa scarsa attenzione per
il  diritto  di difesa, lungi dall'accelerare il processo finisce con
l'appesantirlo,  costringendo  le  parti  a  dibattimenti  altrimenti
evitabili.  Il  tutto  in  contrasto  con  quel  favore  per  i  riti
alternativi,  ed  in  particolare  del  giudizio  abbreviato,  che ha
caratterizzato la riforma del dicembre 1999.