Ricorso  della  Regione  Umbria,  in persona del Presidente della
Giunta  pro-tempore,  autorizzato con delibera della Giunta regionale
26  settembre 2001, n. 1183 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da
procura  a  margine  del  presente  atto, dal prof. avv. Giandomenico
Falcon  di  Padova  e  dall'avv.  Luigi  Manzi di Roma, con domicilio
eletto presso l'avv. Manzi, in via Confalonieri n. 5, a Roma,
    Contro   il   Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  per  la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale del decreto-legge 7
settembre  2001,  n. 343,  disposizioni  urgenti  per  assicurare  il
coordinamento  operativo  delle  strutture  preposte all'attivita' di
protezione  civile,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie
generale  - n. 210 del 10 settembre 2001, nella parte in cui sopprime
l'Agenzia  di  protezione  civile,  trasferendone  le  funzioni  agli
apparati  governativi,  nonche'  nella  parte  in  cui tiene ferme le
attribuzioni  di  cui  al  d.lgs. n. 804 del 1948, con riferimento in
particolare  alle  seguenti disposizioni: art. 1, comma 1, lett. e) e
lett.  f);  art. 4; art. 5; art. 7, per violazione degli artt. 5, 95,
117  e  118 della Costituzione; del principio di leale collaborazione
fra  Stato  e  Regioni;  dell'art. 2,  commi 4 e 5, d.lgs. n. 281 del
1997;  dell'art. 77  della  Costituzione, per i profili e nei modi di
seguito illustrati.

                              F a t t o

    Il  presente  ricorso  investe la legittimita' costituzionale del
decreto-legge  n. 343 del 2001, contenente disposizioni in materia di
protezione  civile.  Come noto, l'espressione "protezione civile" non
compare espressamente nell'elenco dell'art. 117. Tuttavia, la materia
vi  e'  ugualmente  compresa, in quanto non si tratta propriamente di
una  materia  a  se  stante,  ma piuttosto (v. per tutti sul punto M.
Malo, Protezione civile regionale, in Regioni, n. 4/1993, n. 1140 s.)
di  un  insieme  di funzioni "trasversale" rispetto a diverse materie
regionali, quali l'agricoltura e foreste, la beneficenza pubblica nel
suo   attuale  significato  di  protezione  sociale,  la  viabilita',
acquedotti  e lavori pubblici di interesse regionale e l'urbanistica,
la  cui  nozione  aggiornata  comprende  pacificamente  la tutela del
territorio.
    Si   tratta   dunque   di  materia  rientrante  nelle  competenze
legislative  ed  amministrative  delle Regioni a statuto ordinario, e
per  quanto  qui  interessa  della  Regione  Umbria,  ai  sensi degli
artt. 117 e 118 della Costituzione.
    La  competenza  regionale  in materia e' stata riconosciuta anche
dalla  legge  quadro  sulla  protezione civile (v. in particolare gli
artt. 6,  8,  comma 3, 9, comma 3, e 12 della legge n. 225 del 1992);
del  resto,  codesta Corte costituzionale ha chiarito (nella sentenza
n. 418  del  1992, in Regioni, n. 4/1993, 1120 ss., n. 4 del Diritto)
che  la protezione civile consiste in un "complesso di attivita' che,
relativamente   al   fine  di  tutelare  da  eventi  calamitosi  beni
fondamentali  degli  individui  e della collettivita', potenzialmente
coinvolgono  l'intero  arco  dell'azione delle amministrazioni, degli
enti e delle istituzioni presenti sul territorio".
    La  ripartizione di funzioni fra Stato, Regioni ed enti locali e'
stata  poi ridefinita dagli artt. 107 ss, del d.lgs, n. 112 del 1998.
Giova  qui ricordare, in particolare, che tale decreto ha affidato al
centro  molte  funzioni  di  interesse comune del sistema, per il cui
esercizio  e'  stato  previsto  lo  strumento  dell'intesa tra Stato,
Regioni  e  enti  locali,  da  raggiungersi  in  sede  di  conferenza
unificata  (art.  107, comma 2), mentre per altre funzioni statali e'
prevista  l'intesa  con  le  Regioni  interessate (art. 107, comma 1,
lett. b, c, f n. 2).
    Con  il  d.lgs. n. 300 del 1999 l'organizzazione di tali funzioni
"statali"  che  in  definitiva  corrisponde  al  governo, dell'intero
sistema,  ha trovato il proprio baricentro nell'Agenzia di protezione
civile,   "dotata   di   personalita'   giuridica   e   di  autonomia
regolamentare, amministrativa, finanziaria, patrimoniale e contabile"
(art. 79).  Ad  essa sono stati assegnati, con tale disposizione, "le
funzioni  ed  i compiti tecnico-operativi e scientifici in materia di
protezione  civile  svolti  dalla direzione generale della protezione
civile  e  dei  servizi  antincendi  del  ministero dell'interno, dal
dipartimento  della  protezione  civile,  gia'  istituito  presso  la
presidenza  del  consiglio  dei  ministri,  e  dal  servizio  sismico
nazionale".
    I seguenti articoli 80, 81 e 82 del decreto n. 300 disciplinavano
la  vigilanza,  i compiti e gli organi dell'Agenzia, mentre l'art. 83
ridisciplinava  la  "commissione  nazionale  per  la  previsione e la
prevenzione   dei   grandi  rischi  e  il  comitato  operativo  della
protezione civile di cui agli articoli 9 e 10 della legge 24 febbraio
1992, n. 225".
    Il  modello  organizzativo  dell'agenzia,  al  quale  apparteneva
l'Agenzia  di protezione civile, da' vita a strutture che, secondo le
previsioni  del  citato  decreto  legislativo,  "svolgono attivita' a
carattere   tecnico-operativo   di   interesse   nazionale,  in  atto
esercitate  da  Ministeri ed enti pubblici". In particolare, per quel
che  qui interessa, le agenzie (che "hanno piena autonomia nei limiti
stabiliti  dalla  legge")  "operano al servizio delle amministrazioni
pubbliche,  comprese  anche quelle regionali e locali" (art. 8 d.lgs.
n. 300/1999).
    Il  collegamento  tra  l'assetto dato alla materia con il decreto
legislativo  n. 112  del  1998  e  lo  strumento dell'Agenzia risulta
evidente dall'enunciazione dei compiti di questa, a partire dal primo
di  essi,  consistente  appunto nella "formulazione degli indirizzi e
dei  criteri generali, di cui all'art. 107, comma 1, lettera a) e f),
n. 1,  e all'art. 93, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31
marzo  1998,  n. 112,  da  sottoporre  al  Ministro  dell'interno per
l'approvazione del Consiglio dei ministri".
    Dalla  disciplina  generale  delle  agenzie e da quella specifica
dell'Agenzia  di  protezione  civile risulta che con l'istituzione di
questa si perseguivano essenzialmente tre obiettivi:
        1)  unificare  la  gestione  di  funzioni  svolte  da diversi
apparati statali;
        2)  assicurare  l'autonomia  tecnica  della  gestione di tali
funzioni rispetto agli apparati ministeriali;
        3)   assicurare  il  coinvolgimento  delle  Regioni,  il  che
avveniva   non   solo   in   virtu'  delle  caratteristiche  generali
dell'Agenzia  (che,  come  detto,  operava  anche  a  servizio  delle
Amministrazioni  regionali),  ma anche perche' - come si vedra' - gli
artt. 79 ss. del d.lgs. n. 300/1999 prevedevano diversi meccanismi di
coordinamento, di tipo sia organizzativo che operativo.
    E'   stato,   cosi'  progressivamente  costruito,  con  la  piena
collaborazione  ed  accordo  delle  Regioni,  un modello condiviso di
amministrazione  "centrale" ma non esclusivamente statale, imperniato
su  uno  strumento  tecnico  costituente  al tempo stesso una sede di
cooperazione tra le diverse istituzioni territoriali protagoniste del
sistema di protezione civile.
    Il  decreto-legge  n. 343 del 2001, qui impugnato, interviene ora
inopinatamente  a  sconvolgere l'assetto, unilateralmente sopprimendo
l'Agenzia   di   protezione  civile  e  restaurando  il  ruolo  della
Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'interno.
    Precisamente,  l'art. 1 del decreto n. 343 sopprime l'intero capo
del   decreto  n. 300  relativo  all'Agenzia  di  protezione  civile;
l'art. 4   stabilisce  che  "tutti  i  riferimenti  alla  Agenzia  di
protezione civile, gia' prevista dall'art. 79 del decreto legislativo
30  luglio  1999,  n. 300,  contenuti  nella  legislazione vigente si
intendono   effettuati  al  dipartimento  della  protezione  civile";
l'art. 5  elenca  le  competenze  del  Presidente  del  Consiglio dei
ministri  in  materia di protezione civile, l'art. 7, infine, dispone
che  "nelle  materie  oggetto  del  presente decreto restano ferme le
attribuzioni  di  cui  al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804",
concernente il Corpo forestale dello Stato.
    Il  d.l.  qui  impugnato,  dunque,  da un lato riattribuisce agli
apparati  puramente  statali  le  funzioni gia' assegnate all'Agenzia
travolgendo  al  tempo  stesso  il carattere "comune" dello strumento
organizzativo  e  i  meccanismi di collaborazione tra Stato e Regioni
che   in  esso  trovavano  sede  ed  espressione;  mentre  dall'altro
riafferma la tradizionale configurazioae statale del Corpo forestale:
in  entrambe  le  direzioni realizzando una compressione ed invasione
della   sfera   di   competenza   delle  Regioni,  costituzionalmente
illegittima per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    1.  - Violazione degli artt. 5, 117 e 118 Cost., del principio di
leale  collaborazione  e  dell'art. 2, commi 4 e 5, d.lgs. n. 281 del
1997 per il mancato coinvolgimento delle Regioni.
    Ad  avviso  della  ricorrente  Regione risulta in primo luogo non
conforme  a  Costituzione  la circostanza stessa che il Governo abbia
proceduto  all'emanazione del decreto-legge qui' impugnato in difetto
di qualunque forma di consultazione delle Regioni, risultando violato
il  principio  di  leale  collaborazione. A questo modo, infatti, una
scelta  organizzativa, condivisa dalle Regioni, nel senso di porre al
centro  del  sistema  della  protezione  civile una struttura tecnica
autonoma, e' stata disattesa senza avere assunto la valutazione delle
Regioni, e senza dunque averne tenuto conto alcuno.
    Pare   invece   chiaro   che,  in  base  al  principio  di  leale
collaborazione,  la soppressione di una struttura tecnica chiamata ad
operare in una materia di competenza anche regionale, al servizio non
solo dell'amministrazione statale ma anche delle Regioni, costituente
inoltre  essa  stessa  sede della collaborazione, e la riattribuzione
delle  funzioni in materia di protezione civile a strutture puramente
statali   richiedono   necessariamente,   quale   livello  minimo  di
protezione,   il   coinvolgimento   delle  Regioni,  sotto  forma  di
consultazione della Conferenza Stato-Regioni.
    Che  tale  sia  lo  stato  del  diritto positivo, anche quando il
Governo  ritenga  di dovere ricorrere al decreto-legge, e' dimostrato
anche  dal disposto dell'art. 2, comma 5, d.lgs. n. 281/1997, in base
al  quale,  "quando il Presidente del Consiglio dei ministri dichiara
che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la
Conferenza  Stato-Regioni e' consultata successivamente ed il Governo
tiene  conto  dei  suoi  pareri: a) in sede di esame parlamentare dei
disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge".
    Da  tale  norma  risulta infatti con evidenza che il principio di
leale  collaborazione  vale,  in  generale  ed in linea di principio,
anche  per i decreti-legge: tanto e' vero che si dispone che, qualora
specifiche  ragioni  di  urgenza  impediscano  la consultazione della
Conferenza,  esse  devono  essere  dichiarate  e  rese  esplicite dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri. In altre parole, la stessa
legge  considera  come  normale  che,  pur  nella sua natura urgente,
l'adozione dei decreti-legge non sfugga ai "doveri cooperativi".
    Naturalmente,  puo'  darsi che l'effettiva e concreta urgenza del
provvedere  sia tale da non consentire forma alcuna di consultazione,
e   per   tale   ipotesi   la   legge   dispone  che  questa  avvenga
successivamente,  in  sede di esame della legge di conversione: e per
tale ipotesi si prevede apposita segnalazione e motivazione.
    Nel  caso di specie, invece, e' stata omessa ogni consultazione e
non  sono  state  dichiarate  le  specifiche  ragioni  di urgenza che
giustifichino  tale omissione, con conseguente lesione della sfera di
competenza regionale.
    2.  -  Violazione  degli  artt.  5,  95,  117  e  118 Cost. e del
principio  di  leale  collaborazione  in relazione al contenuto delle
modifiche disposte.
    Ad  avviso  della regione, gli artt. 117 e 118 della Costituzione
ed   il  principio  di  leale  collaborazione  risultano  violati  in
relazione non solo al modo della scelta statale ma anche al contenuto
di essa, cioe' alla soppressione dell'Agenzia di protezione civile in
quanto tale.
    Come  gia' accennato, infatti la soluzione dell'Agenzia era stata
predisposta   in   vista   della   gestione  unitaria  e  ad  elevata
partecipazione  regionale  delle  funzioni  centrali  in  materia  di
protezione  civile.  Tale  partecipazione  regionale  si traduceva in
diversi  meccanismi  di coordinamento, di tipo non solo organizzativo
ma  anche  operativo.  Quanto al primo profilo, si puo' ricordare che
uno  dei  membri del Comitato direttivo dell'Agenzia era "nominato su
designazione della conferenza unificata" (art. 82, comma 3), e che il
Comitato  operativo  della  protezione  civile  (chiamato  ad operare
"presso  l'Agenzia"  e  ad  assicurare  "la  direzione unitaria ed il
coordinamento delle attivita' in emergenza, stabilendo gli interventi
di  tutte  le  amministrazioni  ed  enti  interessati  al  soccorso":
art. 83,  comma 3,  d.lgs. n. 300) si componeva, fra l'altro, di "due
rappresentanti  designati dalle regioni" la commissione grandi rischi
non  l'ho  messa  perche'  l'art. 9, comma 3, della legge n. 225/1992
prevedeva  gia' tre esperti (quindi uno in piu' rispetto all'art. 83,
comma 2, d.lgs. n. 300) nominati dalla Conferenza.
    Quanto al secondo profilo, si puo' ricordare che la maggior parte
dei  compiti  spettanti all'Agenzia (elencati dall'art. 81 del d.lgs.
n. 300/1999) dovevano essere svolti o previa intesa con le Regioni, o
previa  intesa in sede di Conferenza unificata, a sentite comunque le
Regioni.  In particolare, l'art. 81, comma 1, stabiliva che l'agenzia
svolge   "le  attivita',  connesse  agli  eventi  calamitosi  di  cui
all'art. 2,  comma  1,  lettera  c),  della  legge  24 febbraio 1992,
n. 225, relative a:
        1) l'approvazione, d'intesa con le regioni e gli enti locali,
dei   piani   di   emergenza   e  la  loro  attuazione,  compreso  il
coordinamento    per    l'utilizzazione   delle   organizzazioni   di
volontariato;
        3)  la  rilevazione  dei  danni  e l'approvazione di piani di
interventi volti al superamento delle emergenze ed alla ripresa delle
normali condizioni di vita, da attuarsi d'intesa con le regioni e gli
enti  locali  interessati"  (lett. c), nonche' compiti relativi a "la
raccolta  sistematica,  la valutazione e la diffusione dei dati sulle
situazioni  di  rischio, anche attraverso la realizzazione di sistemi
informativi  e di sistemi di monitoraggio, d'intesa con le regioni ed
altre amministrazioni pubbliche" (lett. i).
    L'art. 81,  comma  5, prevedeva a sua volta che "i compiti di cui
al comma 1, lettere a) e i) e al comma 3, lettera a), sono esercitati
attraverso  intese  nella conferenza unificata ai sensi dell'art. 107
del  decreto  legislativo 31 marzo 1998, n. 112", e che "i compiti di
cui al comma 1, lettere e), f), g), h) ed l), sono esercitati sentite
le  regioni".  L'art. 83,  comma  5,  poi,  disponeva che "l'agenzia,
sentite  le regioni, definisce, in sede locale e sulla base dei piani
di  emergenza,  gli interventi e la struttura organizzativa necessari
per  fronteggiare gli eventi calamitosi da coordinare con il prefetto
anche  per  gli  aspetti  dell'ordine  e  della  sicurezza pubblica".
Infine,  e' da segnalare che, in base all'art. 81, comma 4, l'agenzia
doveva  assicurare,  "mediante  convenzioni  e  intese,  il  supporto
tecnico-operativo   e   tecnico-scientifico  a  favore  di  tutte  le
amministrazioni pubbliche interessate".
    Ne risultava, dunque, un insieme di meccanismi collaborativi, che
viene   per   la  maggiore  parte  soppresso  dal  decreto-legge  qui
impugnato.  Infatti,  i  soli  strumenti  di  coordinamento  in  esso
conservati  risultano  quelli di cui all'art. 5, comma 2 (secondo cui
"il  Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro da lui
delegato,   predispone  gli  indirizzi  operativi  dei  programmi  di
previsione e prevenzione dei rischi, nonche' i programmi nazionali di
soccorso  o  i  piani  per  l'attuazione  delle conseguenti misure di
emergenza,  d'intesa con le regioni e gli enti locali") e comma 4 (in
base  al  quale  il  dipartimento  della  protezione civile "promuove
l'esecuzione  di periodiche esercitazioni, di intesa con le regioni e
gli  enti  locali").  Ne  risulta  un saldo drasticamente negativo in
termini di collaborazione e partecipazione regionale.
    Nella  stessa  prospettiva,  e' altresi da ricordare il carattere
generale  dell'agenzia,  che costituiva un ente a se stante, operante
anche   al  servizio  delle  amministrazioni  regionali  (v.  art. 8,
comma 1,  d.lgs. n. 300/1999). La sua soppressione costituisce dunque
la  deprivazione  per  la  regione di uno strumento organizzativo per
l'esercizio  dei  suoi  stessi  compiti amministrativi, che lo stesso
Stato  aveva  posto  a disposizione, e che anche sotto questo profilo
costituiva strumento di cooperazione nell'esercizio della funzione.
    Ora,  la soppressione degli strumenti di collaborazione esistenti
operata  dalle disposizioni degli articoli 1, 4 e 5 del decreto-legge
citate  in  premessa,  senza  che  tali strumenti siano sostituiti da
altri  equivalenti,  si  traduce  in violazione dell'art. 5 Cost. sia
nella parte in cui dispone che la Repubblica "riconosce e promuove le
autonomie  locali",  sia  in quella in cui prevede che essa "adegua i
principi   ed   i   metodi   della  sua  legislazione  alle  esigenze
dell'autonomia e del decentramento".
    Da tali disposizioni, infatti, si ricava un principio dinamico di
progressiva  attuazione  del principio di autonomia e collaborazione,
la  cui  attuazione  non  puo',  per  cosi  dire,  mutare direzione e
regredire senza che cogenti interessi nazionali lo richiedano.
    Ne' costituisce apprezzabile contrappeso a quanto qui considerato
il  generico  fare  "salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31
marzo  1998,  n. 112"  operato  dall'art. 5,  comma  1, decreto-legge
oggetto del presente giudizio.
    L'art. 5  e'  poi  da  censurare  la'  dove  attribuisce  al solo
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  poteri di coordinamento in
materia  di protezione civile. Precisamente, si tratta in primo luogo
del   potere   di   promuovere   e  coordinare  "le  attivita'  delle
amministrazioni  centrali  e  periferiche dello Stato, delle regioni,
delle   province,   dei  comuni,  degli  enti  pubblici  nazionali  e
territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e
privata  presente  sul  territorio nazionale, finalizzato alla tutela
dell'integrita'   della   vita,   dei   beni,  degli  insediamenti  e
dell'ambiente  dai  danni  o  dal  pericolo  di  danni  derivanti  da
calamita'  naturali, da catastrofi e da altri eventi, che determinino
situazioni  di  grave  rischio";  in  secondo  luogo  del  potere  di
predisporre  "gli  indirizzi  operativi dei programmi di previsione e
prevenzione  dei  rischi".  Tali  compiti  venivano  svolti,  in base
all'art. 81,  comma  1, lett. a), d.lgs. n. 300/1999, dall'agenzia di
protezione  civile:  la  medesima  norma  prevedeva che gli indirizzi
definiti dall'agenzia venissero approvati dal Consiglio dei ministri.
In  questo  modo, una funzione di indirizzo (anche) delle regioni era
riportata alla sede costituzionalmente necessaria, cioe' al Consiglio
dei  ministri  (su  cio'  si  veda  la  sentenza Corte costituzionale
n. 408/1998,  punti 13 e 14 del Diritto). L'art. 5, commi 1 e 2, d.l.
n. 343,  invece, attribuisce le funzioni di cui sopra alla competenza
del Presidente del Consiglio dei ministri, violando cosi quelli che -
secondo  la costante giurisprudenza di codesta, Corte - sono i limiti
costituzionali  relativi  alle  funzioni  statali  di indirizzo delle
attivita' regionali, ed in particolare gli artt. 95, 117 e 118 Cost.
    E'  infine  da  censurare  l'art. 7  d.l. n. 343/2001, in base al
quale  "nelle  materie  oggetto del presente decreto restano ferme le
attribuzioni  di  cui  al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804".
Tale  decreto  disciplina  il  corpo  forestale  dello  Stato, le cui
funzioni  pero',  sono  state  trasferite  alle regioni "salvo quelle
necessarie  all'esercizio  delle  funzioni  di competenza statale" in
materia  di  protezione  dell'ambiente  (art. 70,  comma 1, lett. c),
d.lgs. n. 112/1998; ma v. gia' l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 143/1997,
attuato  con  il  d.  Presidente  del Consigio dei ministri 11 maggio
2001).
    Ora,  a  parte la genericita' e l'oscurita' del riferimento a non
meglio precisate "attribuzioni" contenuto nell'art. 7 del d.l. n. 343
(che  di per se' costituirebbe vizio della norma per contrasto con il
principio  di  certezza  del diritto), sembra evidente che tale norma
viene  ad  incidere  negativamente  sulla  ripartizione di competenze
operata,  ad esito delle procedure di cooperazione svolte mediante la
conferenza  Stato-Regioni,  con il d.lgs. n. 143/1997 e con il d.lgs.
n. 112/1998,   ripristinando   parzialmente  le  funzioni  del  corpo
forestale  dello  Stato,  gia'  trasferite  alle regioni salvo quelle
necessarie  allo svolgimento dei compiti spettanti allo Stato in base
agli stessi decreti n. 143 e n. 112.
    Lo Stato, dunque, si riappropria unilateralmente di funzioni gia'
trasferite  alle  regioni:  in  violazione,  quanto  al  metodo,  del
principio  di  leale  collaborazione e dell'art. 5 Cost., quanto alla
sostanza  dell'art. 118  della Costituzione (come attuato dalla legge
n. 59/1997 e dai succitati decreti).
    3. - Violazione degli artt. 77, 117 e 118 Cost.
    Ad   avviso   della  ricorrente  regione,  il  decreto-legge  qui
impugnato  e' affetto da una ulteriore e piu' evidente illegittimita'
costituzionale,  per  essere  stato assunto al di fuori dei necessari
presupposti giustificativi costituzionali.
    In   effetti,   le   ragioni  giustificatrici  del  decreto-legge
enunciate nel preambolo dell'atto sono:
        1)  la circostanza che "lo statuto dell'agenzia di protezione
civile  non  e' ancora operativo, a seguito delle obiezioni formulate
dalla Corte dei conti";
        2)   la  "necessita'  di  attribuire  ad  un'unica  struttura
centrale  il  coordinamento  di  tutte  le  attivita'  in  materia di
protezione  civile,  al  fine di assicurare una composizione unitaria
dei  molteplici  profili  ed  esigenze  che rilevano in tale delicato
settore";
        3)   le   "conseguenze   negative   derivanti  dalla  mancata
conclusione delle procedure finalizzate all'operativita' dell'agenzia
di protezione civile";
        4)  la  "straordinaria necessita' ed urgenza di assicurare la
continuita'  del  coordinamento  e  la  concreta  funzionalita' delle
strutture attualmente preposte all'attivita' di protezione civile, in
attesa di una eventuale ridefinizione complessiva del settore";
        5)    la    "urgenza   di   intervenire   in   considerazione
dell'avvicinarsi   della   stagione   invernale,  periodo  nel  quale
solitamente si verificano numerosi eventi calamitosi".
    Di   fronte   a   tale   elencazione   di   presunte  circostanze
giustificative,  sia  consentito in primo luogo osservare che, quanto
alla  seconda  (la  asserita  "necessita'  di  attribuire ad un'unica
struttura  centrale il coordinamento di tutte le attivita' in materia
di protezione civile, al fine di assicurare una composizione unitaria
dei  molteplici  profili  ed  esigenze  che rilevano in tale delicato
settore"),  la  motivazione, oltre a non evidenziare alcun profilo di
straordinaria  necessita'  ed  urgenza,  risulta  incongrua,  perche'
proprio  l'agenzia  di  protezione civile realizzava, fra l'altro, lo
scopo  di unificare funzioni svolte da strutture diverse (cioe' dalla
Presidenza  del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'interno),
e  assicurava  proprio  quella  "composizione unitaria" asseritamente
ricercata    dal    d.l. n. 343/2001,    facendo    anche   dipendere
funzionalmente  dall'agenzia il corpo dei vigili del fuoco; mentre e'
proprio    il    decreto-legge    n. 343    che    inopinatamente   e
contraddittoriamente   ripristina  la  precedente  frammentazione  di
competenze.
    Ma  neppure  le altre ragioni enunciate dal preambolo del decreto
qui  inpugnato  evidenziano affatto i presupposti che l'art. 77 della
Costituzione richiede per l'adozione dei decreti-legge.
    Infatti,   le  giustificazioni  fornite  fanno  riferimento  agli
inconvenienti  derivanti  dalla asserita inoperativita' dell'agenzia,
per  dedurne "la straordinaria necessita' ed urgenza di assicurare la
continuita'  del  coordinamento  e  la  concreta  funzionalita' delle
strutture attualmente preposte all'attivita' di protezione civile, in
attesa  di  una  eventuale  ridefinizione  complessiva  del settore";
l'urgenza sarebbe poi dovuta, in particolare, allo "avvicinarsi della
stagione  invernale,  periodo  nel  quale  solitamente  si verificano
numerosi eventi calamitosi".
    Sia  consentito osservare che una simile motivazione e' del tutto
incoerente  con  un  atto  che, anziche' assicurare l'operativita' di
cio'  che  esiste,  provvede  alla  sua  distruzione,  disponendo una
transizione inevitabilmente difficoltosa ad un nuovo sistema. Si vuol
dire,  in  altre  parole,  che  la  giustificazione enunciata avrebbe
perfettamente spiegato che la piena operativita' dell'agenzia venisse
assicurata   con   lo   strumento   del   decreto-legge,  ad  esempio
approvandone  lo  statuto  mentre  non spiega affatto l'abbandono del
modello  organizzativo  dell'agenzia, con ritorno al diretto apparato
governativo.
    Inoltre,  si  puo'  osservare che la pendenza del procedimento di
controllo  presso la Corte dei conti non e' un evento tale da imporre
il  ricorso al decreto-legge, dato che l'art. 3, comma 2, legge n. 20
del  1994  scandisce  il procedimento in modo tale che, decorsi brevi
termini  senza  una  pronuncia  negativa,  il  provvedimento  diviene
esecutivo.  Dunque, perlomeno il Governo avrebbe dovuto attendere una
pronuncia  negativa  della  Corte  dei conti, che non risulta sia mai
stata adottata.
    In   realta',   peraltro,  i  presupposti  indicati  dal  decreto
risultano  non  solo incoerenti e contraddittori, ma persino di fatto
inesistenti.
    Lo  statuto  dell'agenzia  di  protezione  civile,  approvato con
decreto  del Ministro dell'interno 9 maggio 2001, e' stato pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie  generale - n. 115 del 19 maggio
2001.  A  seguito  di  cio',  risulta  che  l'agenzia  ha  cominciato
concretamente a operare.
    Ora, la pubblicazione dell'atto lascia supporre, salvo verifiche,
che  gli  adempimenti  che  dovevano prevederla si siano compiuti. Ma
anche  qualora  effettivamente il controllo della Corte dei conti non
si  fosse  ancora  compiuto,  per quanto tale eventuale ipotesi possa
suscitare  perplessita',  risulterebbe  comunque del tutto assente il
presupposto  del  d.l.  n. 343/2001,  cioe'  l'esigenza di colmare un
"vuoto operativo" nel campo della protezione civile.
    Del  resto, la possibilita' di un tale vuoto era esclusa a priori
dell'art. 87,  comma 1, d.lgs. n. 300/1999. Esso disponeva che "entro
sessanta  giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo si provvede alla nomina degli organi dell'agenzia", e che
nei   "successivi   sei  mesi  l'organizzazione  e  il  funzionamento
dell'agenzia  sono  disciplinati con lo statuto e i regolamenti e' ad
essa  sono  trasferiti  i  compiti  svolti  dalle  strutture  di  cui
all'art. 79, comma 2, che vengono contestualmente soppresse". Da tali
disposti   risulta   qhe  l'effettivo  trasferimento  dei  compiti  e
l'effettiva  soppressione delle strutture di cui all'art. 79, comma 2
(direzione  generale della protezione civile e dei servizi antincendi
del  Ministero  dell'interno,  dipartimento  della protezione civile,
istituito  presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e servizio
sismico  nazionale),  erano  comunque  collegati  al  momento in cui,
entrati  in vigore gli atti fondamentali in materia di organizzazione
e  funzionamento  dell'agenzia, questa sarebbe divenuta concretamente
operativa  (in  questo  senso  v.  anche  A.  Sandulli,  L'agenzia di
protezione  civile  (articoli 79 - 87),  in A. Pajno, - L. Torchia (a
cura  di),  La  riforma  del  Governo, Bologna 2000, 429): com'e' del
resto  logico,  non  avendo  senso  che,  permanendo le funzioni, una
struttura  cessi  di  operare  prima di essere sostituita da un'altra
struttura.
    Conferma  di  cio'  viene dalla legge n. 353 del 2000 (modificata
dall'art. 3  d.l.  n. 343),  in materia di incendi boschivi, che, la'
dove  attribuisce  funzioni all'agenzia di protezione civile, pone la
condizione  della sua "effettiva operativita'", prevedendo altrimenti
il ricorso alle strutture gia' operanti.
    Dunque,   il   ritardo   nell'entrata  in  vigore  dello  statuto
dell'agenzia  non  sarebbe  idoneo  a  giustificare  la  soppressione
d'urgenza  dell'agenzia stessa per le ragioni allegate. In ogni modo,
non sussisteva alcun "vuoto" tale da richiedere un decreto-legge.
    Il  difetto dei presupposti di cui all'art. 77 e' poi ancora piu'
evidente  in  relazione  all'art. 7  d.l.  n. 343/2001,  dato  che la
salvaguardia  delle  attribuzioni del corpo forestale dello Stato non
e'  affatto  collegata  alle  ragioni  esposte  nel  preambolo, cioe'
all'esigenza  di rimediare al ritardo nell'approvazione dello statuto
dell'agenzia.
    La  censura  di  difetto  dei  presupposti  del  decreto-legge ex
art. 77  Cost.,  di  cui  si  e' sin qui illustrata la fondatezza, e'
altresi' ad avviso della regione pienamente ammissibile.
    Codesta  Corte  ha piu' volte riconosciuto che le regioni possono
far  valere  violazioni di norme costituzionali poste al di fuori del
titolo  V,  qualora  la  violazione  si  traduca in una lesione delle
prerogative  costituzionali  della regione (com'e' nel presente caso,
secondo  quanto  sopra  si  e' visto). In questo senso si possono qui
ricordare,   fra  le  altre,  le  sentenze  n. 503/2000,  n. 87/1996,
n. 338/1994, n. 355/1993, n. 961/1988.
    In  relazione  alle  censure  ex  art. 77 della Costituzione tale
orientamento  non  e'  costante  (nel  senso  dell'ammissibilita'  v.
comunque   le   sentt.   n. 302/1988  e  n. 398/1998).  Tuttavia,  le
oscillazioni  sembra  si  possano ricollegare alla maturazione ancora
incerta  del  principio  sopra  enunciato:  non  potendosi  ravvisare
ragioni   che   giustifichino  per  le  violazioni  dell'art.  77  un
trattamento  diverso  rispetto  alle  violazioni  di  altri parametri
costituzionali non direttamente collegati al titolo V.
    In  effetti,  la  sfera  di competenza regionale risulta lesa non
solo  quando il legislatore statale violi una norma posta a specifica
garanzia di quella sfera, ma in ogni caso in cui esso vincoli in modo
illegittimo  l'attivita' regionale. Se la Costituzione stabilisce che
l'attivita'  legislativa  deve  svolgersi  solo  in presenza di certi
presupposti  o nel rispetto di determinate forme e competenze, sembra
palese  che  tali  norme  non hanno rilievo solo nel rapporto interno
agli  organi  dello  Stato,  ma  anche  in  relazione a coloro che si
trovino a dovere applicare la legge o a subirne comunque gli effetti.