IL TRIBUNALE

    Il tribunale sciogliendo la riserva che precede;
    Rilevato  che  all'odierno dibattimento, nel corso dell'esame del
teste  De  Vitis  A., Ufficiale di P.G. incaricato delle indagini, il
difensore  dell'imputato  Greco Franco, avv. Anna Centonze, formulava
opposizione a che il teste riferisse in ordine a quanto dichiarato da
Malatesta  Vincenzo  nel  corso delle indagini preliminari, motivando
detta  opposizione  sulla  base  dell'art.  195, comma 4 c.p.p., come
modificato dalla legge 1 marzo 2001, n. 63;
    Ritenuto  di  dover sollevare d'ufficio questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 195, comma 4, c.p.p. in relazione all'art. 3
Cost. per i motivi di seguito specificati:
        l'art.   4   della   legge   n. 63/2001   ha  sostanzialmente
ripristinato  il  divieto  per  gli Ufficiali e gli Agenti di polizia
giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da
testimoni  "con  le  modalita'  di  cui  agli art. 351 e 357, comma 2
lettera a) e b)".
    Tale  divieto  - al di la' della oggettiva difficolta' di lettura
della  norma  -  stando  anche ai primi commenti della dottrina sulla
nuova  disposizione,  "non  pare  meno  rigoroso  ed ampio" di quello
rimosso  dalla  Corte  costituzionale con la sentenza n. 24/1992, che
dichiaro'     costituzionalmente     illegittimo,     per     "palese
irragionevolezza" in quanto in contrasto con l'art. 3 Cost., non solo
l'art. 195  comma 4 c.p.p., ma anche l'art. 2, n. 31, secondo periodo
della  legge-delega  "nella  parte  in cui vieta l'utilizzazione agli
effetti  del  giudizio, attraverso testimonianza della stessa polizia
giudiziaria, delle dichiarazioni ad essa rese da testimoni".
    La  norma  in  parola,  infatti,  che solo apparentemente risulta
avere   un   contenuto   piu'   circoscritto   di   quella  giudicata
incostituzionale  ("Gli Ufficiali e gli Agenti di polizia giudiziaria
non  possono  deporre  sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da
testimoni   ),  in  realta'  finisce  col  precludere  del  tutto  la
possibilita'  per  la  P.G. di deporre sul contenuto di dichiarazioni
acquisite   da   testimoni  nel  corso  delle  indagini  preliminari,
dovendosi escludere che con il periodo "negli altri casi si applicano
le  disposizioni  dei  commi  1,  2  e  3  del presente articolo (che
prescrivono,   a   pena   di  inutilizzabilita'  della  testimonianza
indiretta,  l'acquisizione  della  deposizione del teste-fonte), essa
abbia  inteso ammettere la testimonianza indiretta tutte le volte che
la  polizia  giudiziaria  abbia  raccolto  dichiarazioni  e omesso di
documentarle mediante verbale: un interpretazione siffatta (che certo
non  puo'  definirsi  "garantista"),  privando le parti ed il giudice
(attraverso  eventuali  contestazioni) di un riscontro documentale su
quanto  riferito  dal  teste  all'ufficiale  di P.G., si presterebbe,
questa  si, a possibili arbitri e si porrebbe in insanabile contrasto
con  le  ragioni stesse della legge n. 63/2001, varata per realizzare
il c.d. "giusto processo" (adattando il codice di rito al nuovo teste
dell'art. 111  Cost.).      La  norma  in  parola, in fatti, che solo
apparrentemente  risulta  avere  un  contenuto  piu'  circoscritto di
quella  giudicata  incostituzionale  ("Gli  Ufficiali e gli Agenti di
Polizia   Giudiziaria   non   possono  deporre  sul  contenuto  delle
dichiarazioni  acquisite  da  testimoni"),  in  realta'  finisce  col
precludere  del  tutto  la  possibilita'  per  la P.G. di deporre sul
contenuto  di  dichiarazioni  acquisite  da testimoni nel corso delle
indagini  preliminari,  dovendosi escludere che con il periodo "negli
altri  casi  si  applicano  le  disposizioni  dei  commi 1, 2 e 3 del
presente  articolo"  (che  prescrivono,  a  pena di inutilizzabilita'
della  testimonianza  indiretta, l'acquisizione della deposizione del
teste-fonte),  essa abbia inteso ammettere la testimonianza indiretta
tutte   le   volte   che   la   polizia  giudiziaria  abbia  raccolto
dichiarazioni   e   omesso   di  documentarle  mediante  verbale:  un
interpretazione siffatta (che certo non puo' definirsi "garantista"),
privando  le parti ed il Giudice (attraverso eventuali contestazioni)
di   un   riscontro   documentale   su   quanto  riferito  dal  teste
all'Ufficiale  di  P.G.,  si  presterebbe,  questa  si',  a possibili
arbitri  e  si porrebbe in insanabile contrasto con le ragioni stesse
della  legge  n. 63/2001,  varata  per  realizzare  il  c.d.  "giusto
processo"  (adattando  il codice di rito al nuovo testo dell'articolo
111 della Costituzione).
    Se  cosi'  e'  -  e non pare possa essere altrimenti - conservano
tutto il loro valore le censure mosse al "vecchio" art. 195, comma 4,
c.p.p.  dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 24/1992,
evidente  essendo  che  l'eccezione  costituita  dal divieto in esame
appare sfornita di qualsivoglia ragionevole giustificazione.
    Ed invero, esclusa (anche dall'art. 197 nuovo testo) ogni ipotesi
di  incompatibilita' a testimoniare per Ufficiali ed Agenti di P.G. e
non  potendosi  sostenere  (per  la  palese  assurdita'  di  una tesi
siffatta) che costoro siano meno affidabili del testimone comune, non
e'  dato  sapere  perche'  solo  ad essi debba essere inibita la c.d.
"testimonianzaindiretta",  pur  nei  limiti  e con le garanzie di cui
all'art. 195  c.p.p.; tanto piu' ove si consideri che analogo divieto
non  e'  invece  previsto  per gli investigatori privati autorizzati,
utilizzati  ex  art. 327-bis, comma 3, per l'espletamento di indagini
difensive  (per  i  quali  non e' ipotizzabile l'incompatibilita' con
l'ufficio  di testimone, ex art. 197, lett. d), questa afferendo solo
al  difensore  che  abbia  svolto  attivita' difensiva, ovvero al suo
sostituto  o  ausiliario  che  abbia  formato la documentazione delle
dichiarazioni assunte ai sensi dell'art. 391-bis c.p.p., rapportabile
all'ausiliario del giudice o del P.M.).
    La  palese  irragionevolezza  della  disposizione impugnata - per
tutte   le   considerazioni  contenute  nella  gia'  citata  sentenza
n. 24/1992   della  Corte  costituzionale,  da  intendersi  qui,  per
brevita',  integralmente  richiamate  e  trascritte  - per violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  non  viene meno in conseguenza del
nuovo  testo  del  l'art. 111 Cost. che appare del tutto indifferente
rispetto   alla  medesima  ed  alle  problematiche  sopra  delineate.
Disponendo,   infatti,  che  "il  processo  penale  e'  regolato  dal
principio  del  contraddittorio nella formazione della prova", ovvero
che "la colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base
di  dichiarazioni  rese  da  chi,  per  libera  scelta,  si e' sempre
volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o
del  suo  difensore"  (salva la deroga di cui al comma 5, secondo cui
"la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo
in  contraddittorio  per  consenso  dell'imputato,  o  per  accertata
impossibilita'  di natura oggettiva o per effetto di provata condotta
illecita"),  l'art. 111  Cost. non incide in alcun modo sulla lettura
dell'art. 195  c.p.p.  qui  propugnata  (che,  previa declaratoria di
incostituzionalita'  del comma 4, consenta alla P.G. di deporre sulle
dichiarazioni   acquisite  da  testimoni  nel  corso  delle  indagini
preliminari),  restando  parimenti  salvaguardati  sia  il  principio
dell'oralita'    (art. 2    n. 2   legge-delega)   sia   quello   del
contraddittorio,  col  quale,  anzi,  la  testimonianza della polizia
giudiziaria su fatti conosciuti attraverso dichiarazioni loro rese da
altre   persone,   si   conforma   pienamente,   tenuto  conto  delle
prescrizioni  di  cui  ai  primi  tre  commi  dell'art. 195  e  della
possibilita'  che  il teste sia sempre sottoposto a controesame dalla
parte che non l'ha indicato. D'altro canto non puo' sottacersi che in
determinati  casi  (si  pensi,  per  esempio,  ai  processi per reati
sessuali  in  cui,  molto  spesso, unico teste d'accusa e' la persona
offesa  dal  reato)  l'esame  dell'Ufficiale  di  P.C.  resta l'unico
strumento  per  verificare  e  saggiare, anche sotto il profilo della
credibilita', la versione dei fatti fornita dal teste-fonte.
    Osservato che la questione sollevata appare sicuramente rilevante
nel  presente procedimento, essendo essenziale, ai fini del decidere,
conoscere  con  compiutezza  gli accertamenti effettuati dal teste De
Vitis, Ufficiale di P.G., anche attraverso le dichiarazioni da questi
acquisite e verbalizzate a fini d'indagine;