LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 534/1999
depositato  il  2 settembre  1999  -  avverso  S/RIF su I rimb - IRAP
contro  D.R.E.  Molise (sez. Isernia) proposto da: Carlomagno Massimo
residente a Agnone (IS) in via P.L. Gamberale n. 2/a.
    Su  ricorso avverso il silenzio-rifiuto del Centro di Servizio di
Pescara  in relazione alla istanza di rimborso di L. 676.000 relative
all'I.R.A.P.  versate  a  titolo  di  acconto  per  l'anno 1998 in L.
338.000  in  data 13 luglio 1998 ed in L. 338.000 in data 17 novembre
1998.

                              F a t t o

    Carlomagno  Massimo  in  data 11 agosto 1999 ha proposto ricorso,
acquisito  al  n. 594/1999, avverso il silenzio-rifiuto del Centro di
Servizio  di  Pescara  in  ordine  alla  richiesta  di rimborso di L.
676.000  versata a titolo di acconto IRAP per l'anno 1998, sostenendo
la  illegittimita'  del  decreto  legislativo  n. 446 del 15 dicembre
1997,  istitutivo  dell'IRAP,  perche' in contrasto con i principi di
cui agli artt. 3-53-76 e 23 della Corte costituzionale.
    Con  deduzioni  del  4  ottobre  1999  ha  resistito la Direzione
regionale delle Entrate per il Molise, sezione distaccata di lsernia,
sostenendo  la piena legittimita' dell'operato del Centro di Servizio
di Pescara, posto che, tra l'altro, il legislatore non ha inserito un
dettagliato  allegato  al provvedimento legislativo ma ne ha adottato
solo  le  linee  di guida, rammentando che il principio di riserva di
legge,  in  materia  di  prestazione  di  imposte, va inteso in senso
relativo,   come   obbligo   per   il   legislatore   di  determinare
preventivamente  e sufficientemente criteri direttivi di base e linee
generali  di  disciplina  dell'attivita'  amministrativa, ex costante
giurisprudenza   costituzionale   con   riferimento   alle   sentenze
n. 157/1996 e n. 111/1997.

                            D i r i t t o

    Con  la  istituzione  dell'IRAP,  che ha inteso sostituire alcuni
prelievi  anteriori, tra cui l'imposta patrimoniale dalla quale erano
esclusi  i  soggetti  percettori  dei  redditi  di  lavoro  autonomo,
l'imposta  locale  sui  redditi,  alla  quale  erano soggetti anche i
proventi  di  lavoro  autonomo,  sottratti  successivamente  a  detto
tributo  per  effetto  della pronuncia della Corte costituzionale, il
legislatore ha posto in essere una totale equiparazione tra impresa e
lavoro autonomo, con l'aggravare la condizione fiscale dei lavoratori
autonomi,  portando  la  imposta alla stessa aliquota prevista per le
imprese, gia' assoggettate all'ILOR ed alla imposta patrimoniale, con
evidente  spostamento  del  carico tributario in danno dei lavoratori
autonomi,   con   la   conseguente   discriminazione   qualitativa  e
quantitativa  a danno del fattore lavoro, posto, tra l'altro, che non
consente la deducibilita' (art. 11 primo comma lettera c) del decreto
legislativo  n. 446/1997  dalla base imponibile del tributo del costo
dei  lavoratori  subordinati  e  para-subordinati: discriminazione in
contrasto  con  i  valori  costituzionali, che assegnano al lavoro un
ruolo  di  preminenza  e come tale di massima tutela, ne' dal reddito
soggetto  all'IRPEF  del professionista lavoratore autonomo, pur aver
l'IRAP  come  presupposto  impositivo  l'esercizio  di  una attivita'
organizzata  per  la  produzione  di  beni e servizi art. 3 comma 144
lettera b) della legge n. 662/1996).
    Un   profilo   di   incostituzionalita'  della  legge  istitutiva
dell'IRAP n. 662/1996 per il lavoro autonomo derivante dall'esercizio
di  arti  e  professione  in  violazione  agli  artt. 3  e  53  della
Costituzione  e'  dato  della equiparazione dello esercizio di arte e
professioni  all'esercizio  di  impresa posto che tali attivita' sono
diverse  e  distinte  nella  loro  essenza e nelle discipline di ogni
tributo:  invero  i  redditi  da  lavoro  autonomo hanno la fonte nel
lavoro ancorche' intellettuale e non nella organizzazione di capitale
e  lavoro,  come  sono  quelle  di  impresa, nella quale e' insito un
profilo  di  rischio  economico,  non rinvenibile, quanto meno con la
stessa intensita', nell'attivita' professionale.
    E tale diversita' e' stata espressamente riconosciuta dalla Corte
costituzionale,  allorquando  ha  sancito la illegittimita' dell'ILOR
sui  redditi  di  lavoro autonomo, senza sottacere che dall'art. 2238
c.c.  si  evince  con  certezza  che  il libero professionista non e'
affatto  imprenditore  ma  esecutore d'opera ex art 2232 c.c., il cui
compenso  ex  art. 2233  c.c.,  se non e' convenuto dalle parti e non
puo'  essere determinato secondo le tariffe e gli usi, e' emandata al
giudice (Cass. n. 42 del 23 febbraio 1980).
    Altro   profilo   di   illegittimita'   costituzionale  dell'IRAP
deriverebbe  dall'aver assunto quale indice di capacita' contributiva
il  semplice  esercizio  di  una  attivita' autonomamente organizzata
diretta   alla  produzione  ed  allo  scambio  di  beni  ovvero  alla
prestazione di servizi, posto che per i professionisti in particolare
la  struttura  organizzativa  non costituisce un elemento rilevante e
qualificante  rispetto  all'attivita' personale di tal che non appare
che  "il  valore  netto  della produzione (art. 8 d.lgs. n. 446/1997)
possa   costituire   un  indice  idoneo  ad  esprimere  la  capacita'
contributiva collegata all'esercizio dell'attivita' professionale, il
che comporta la violazione del principio di uguaglianza tributaria.
    D'altra  parte  il  principio della capacita' contributiva di cui
all'art.  53 della Costituzione comporta che ciascuno deve concorrere
alla  spesa  pubblica in relazione alla sua potenzialita' economica e
non   a  quella  degli  altri  per  cui  il  prelievo  tributario  e'
commisurato  al  valore  aggiunto prodotto dal soggetto passivo e non
dalla  ricchezza tratta dalla attivita' produttiva esplicata, e cioe'
quella   attivita'   prettamente  professionale.  Inoltre  il  carico
tributario  derivante  dall'IRAP  e'  notevolmente  aumentato  per  i
professionisti   con  la  sostituzione  di  tale  imposta  a  gettito
programmato  con  quelle  a  gettito  significativo,  quale  l'ILOR e
l'imposta   sul  patrimonio  netto  dell'impresa,  non  gravante  sui
lavoratori  autonomi, per cui, per realizzare la presunta uguaglianza
del gettito tributario, e' stato necessario aumentare e non diminuire
la  pressione  tributaria  dei  professionisti,  senza  sottacere  la
illegittimita'  della  sostituzione  di  tasse ed imposte previamente
deducibili  (contributo del servizio sanitario nazionale, tassa sulla
partita  I.V.A.,  I.C.I.) con un tributo del tutto indeducibile delle
imposte sui redditi, per cui si sarebbe dovuto operare quantomeno una
differenzazione di aliquote.
    Ne'   sembra   infondata   la  eccezione  di  incostituzionalita'
dell'IRAP per violazione del principio dell'uguaglianza dei cittadini
dinanzi  alla  legge, ex art. 3 della Carta costituzionale, posto che
la  sostituzione  del contributo del servizio sanitario nazionale, in
precedenza  gravante su tutti i contribuenti, con il tributo di nuova
istituzione,   che   colpisce  solo  alcune  categorie,  deve  essere
sopportato solo dalle categorie colpite dalla nuova imposta IRAP.
    Infatti  l'istituzione  di  tale nuova imposta, che ha sostituito
diverse  altre  imposte,  quale  l'ILOR  e  la  patrimoniale, che non
gravavano  sul  reddito  di  lavoro  autonomo,  comporta un rilevante
spostamento  da soggetti, sui quali esse gravavano (tipicamente sulle
imprese  minori)  a  quelli  che  non  vi erano assoggettati, quali i
professionisti e le imprese minori esenti da ILOR.
    Infine    non    appare    infondata    l'ultima   eccezione   di
incostituzionalita'  dell'IRAP per violazione al principio di riserva
di   legge   sancito   dall'art. 23  della  Costituzione,  posto  che
l'ammontare  dell'acconto  dell'IRAP  da  versare,  determinato dalla
misura   di   salvaguardia,   ex  art. 45  terzo  comma  del  decreto
legislativo  n. 446,  viene  in  concreto  a  dipendere dal limite di
incremento in valore assoluto, risultante dalla tabella A allegata al
decreto  del Ministero delle finanze del 5 maggio 1998, limite che e'
stato  stabilito  non  gia'  dalla  legge, come previsto dall'art. 23
della  Costituzione,  ma  da  un  atto  amministrativo  (decreto  del
Ministero delle finanze, assolutamente illegittimo).
    Alla luce di quanto dedotto, le osservate eccezioni, rilevanti ai
fini   della   decisione   di  merito,  appaiono  non  manifestamente
infondate.