ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 58,
della  legge  23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione
della  finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre
2000  dal Tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra
G.  B.  e  il  comune  di  Vernazza,  iscritta  al n. 97 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 7, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 26 settembre 2001 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  La  Spezia  ha  sollevato,  con
ordinanza    del   4 dicembre   2000,   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 58, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza  pubblica), in
riferimento  agli  artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e 98, primo
comma, della Costituzione;
        che  il  Tribunale  di  La  Spezia  e' stato adito in sede di
reclamo  avverso  il provvedimento di rigetto della domanda cautelare
proposta da un dipendente del comune di Vernazza, diretta ad ottenere
la  trasformazione  del  rapporto  di  lavoro  da tempo pieno a tempo
parziale;
        che,    secondo    il    rimettente,   i   dipendenti   delle
amministrazioni   pubbliche  sarebbero  titolari  di  un  diritto  ad
ottenere  la  trasformazione  del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo  parziale  e  l'amministrazione  avrebbe  la  mera  facolta' di
differirla  per  un  termine  massimo  di  sei mesi, in quanto questa
fattispecie sarebbe disciplinata esclusivamente dall'art. 1, commi 57
e  58,  della  legge  n. 662  del 1996, poiche', in parte qua nessuna
modificazione  sarebbe  stata  introdotta  dagli  artt. 39, comma 27,
della  legge  27 dicembre  1997,  n. 449, e 31, comma 41, della legge
23 dicembre 1998, n. 448;
        che,   ad  avviso  del  giudice  a  quo  la  norma  impugnata
violerebbe  l'art. 97,  primo  comma,  della  Costituzione,  poiche',
soprattutto  nel caso di comuni di piccole dimensioni, impedirebbe la
razionale ed efficiente organizzazione del servizio pubblico, anche a
causa  della  complessita'  delle procedure per l'assunzione di nuovo
personale  e del diritto del dipendente di ottenere il ripristino del
rapporto di lavoro a tempo pieno;
        che la norma censurata, secondo il Tribunale di La Spezia, si
porrebbe  in  contrasto  anche  con  l'art. 98,  primo  comma,  della
Costituzione,   in   quanto   subordinerebbe   l'interesse   pubblico
all'interesse  privato  del  dipendente  di  espletare  una ulteriore
attivita'   lavorativa,   realizzando   altresi'  una  ingiustificata
disparita'  di  trattamento  in danno della pubblica amministrazione,
poiche'  quest'ultima,  nonostante la privatizzazione del rapporto di
lavoro  pubblico,  non  potrebbe impedirne la trasformazione da tempo
pieno  a  tempo  parziale, diversamente da quanto e' stabilito per il
datore di lavoro privato;
        che,  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte,  e' intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata;
        che,  ad avviso della difesa erariale, la norma impugnata non
violerebbe  i  parametri  costituzionali  indicati  nell'ordinanza di
rimessione,  in  quanto  il divieto della trasformazione del rapporto
per  i  dipendenti che esercitano determinate mansioni, la previsione
che  il  contingente  del  personale  ammesso  al part-time non possa
superare  una  determinata  percentuale  dell'organico  complessivo e
l'introduzione di procedure dirette a sopperire all'eventuale carenza
di  personale, costituirebbero efficaci misure in grado di assicurare
la  continuita'  e  l'efficienza dell'attivita' delle amministrazioni
pubbliche.
    Considerato  che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'
stato  emanato  il  decreto  legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali   sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze  delle
amministrazioni   pubbliche),   il   quale,   all'art. 70,  comma  3,
stabilisce  che  "il  rapporto  di  lavoro  dei dipendenti degli enti
locali e' disciplinato dai contratti collettivi previsti dal presente
decreto nonche' dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267";
        che  il  decreto legislativo da ultimo richiamato dispone che
la  potesta'  regolamentare  degli  enti  locali  ha  ad oggetto, tra
l'altro,  la  disciplina  "delle  incompatibilita'  tra impiego nelle
pubbliche  amministrazioni  ed  altre  attivita' e casi di divieto di
cumulo  di impieghi ed incarichi pubblici" (art. 89, comma 2, lettera
g) e reca altresi' una norma che facoltizza specificamente gli stessi
enti  a definire rapporti di lavoro a tempo parziale, nonche' a tempo
determinato   dei   propri  dipendenti,  anche  in  riferimento  alla
necessita'  di  assunzioni  eventualmente  occorrenti  allo  scopo di
sopperire ad esigenze temporanee di detti enti (art. 92);
        che,  indipendentemente  da  ogni  valutazione in ordine alla
mancata  considerazione  da parte del rimettente di ulteriori profili
normativi  della  complessiva disciplina applicabile alla fattispecie
sottoposta  al  suo  esame,  la sopravvenuta modificazione del quadro
legislativo  di  riferimento  rende  necessaria la restituzione degli
atti  al  giudice a quo affinche' egli valuti la perdurante rilevanza
della questione.