IL TRIBUNALE

    Visti gli atti del processo contro Hu Jing Hong n a Zhejiang l'11
febbraio  1978 in atti detenuto presso la Casa Circondariale di Prato
imputato  del  reato  di  cui  agli  art.  81 cpv C.P. e 3 n. 8 legge
n. 75/1958  per  avere,  in  concorso  con  Zhang  Chuang, favorito e
sfruttato  la  prostituzione di Zao Jing e Wan Hong e, in particolare
le  accompagnava  per  strada,  rimanendo  a controllare per tutto il
tempo  in  cui le donne esercitavano la prostituzione ed aspettandole
quando  si allontanavano con i clienti, forniva loro preservativi che
dovevano,  volta  per volta, utilizzare con i clienti, riceveva dalle
loro  mani  il  denaro,  provento  dell'attivita'  di  prostituzione,
facendoselo  ciascuno  consegnare  volta  per  volta da una delle due
donne  o da ambedue in caso di momentanea assenza dell'altro in Prato
quotidianamente tra il 17 ed il 24 luglio 2000;

                            O s s e r v a

    Hu  Jing e' stato tratto, in stato di detenzione, al giudizio del
Tribunale  per  rispondere  del  reato di cui in epigrafe in forza di
decreto  di  giudizio  immediato  emesso  dal  GIP  in  sede  in data
25 agosto  2000  e notificato all'interessato in data 2 ottobre 2000;
il   difensore,   nei   preliminari   dell'udienza   ed  al  cospetto
dell'interessato,   ha   chiesto   di   poter  accedere  al  giudizio
abbreviato,   sollevando  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  458  comma  1,  CPP,  in relazione agli art. 3 e 111 della
Cost.  quanto  alla  non  congruita'  del  termine  previsto  per  la
richiesta di giudizio abbreviato, deducendo che proprio a causa della
estrema ristrettezza del citato termine l'imputato, di lingua cinese,
in  stato di detenzione, impossibilitato ad esprimersi adeguatamente,
all'epoca  assistito  da  difensore  d'ufficio,  non sarebbe stato in
grado  di comprendere ed apprezzare appieno la possibilita', che pure
gli  era  stata indicata nel decreto notificato, di ricorrere al rito
alternativo   di   cui,   dunque,   lamentava   l'impossibilita'   di
celebrazione a fronte della decadenza intervenuta.
    Il P.M. ha concluso per il rigetto della questione.
    Il  Tribunale  ritiene  che  la  medesima  non sia manifestamente
infondata,  peraltro  con  esclusivo riferimento al profilo dell'art.
111  Cost.,  e  che  pertanto  se  ne  debba  investire codesta Corte
emergendo  che  il  giudizio  in  questione  non puo' essere definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione prospettata.
    Questo  aspetto  della  causa  va  focalizzato  nei  termini  che
seguono.
    Deputato  a ricevere istanze di giudizio abbreviato e a celebrare
il  processo  nelle  forme conseguenti e' il GIP, non il Tribunale. E
dunque  si puo' forse sostenere che solo per questo organo giudicante
(investito magari della questione con una istanza tardiva di giudizio
abbreviato)  emerge  in modo diretto la condizione di cui all'art. 23
comma  2  legge  11 marzo  1953  n. 87;  compete  infatti solo a quel
giudice  dichiarare  ammissibile  o  meno  la  richiesta  di giudizio
abbreviato   e   dunque   affrontare   il  problema  della  manifesta
infondatezza, o meno, della questione sollevata; sennonche' se al GIP
fosse  stata  presentata  una  simile istanza, atteso che il processo
venne  inviato  al  dibattimento  fin dal 6 ottobre 2000, addirittura
prima  che  fosse  scaduto  il  termine in questione, quel giudice si
sarebbe  trovato  a trattare la questione senza disporre degli atti e
senza  neppure  poter  ottenere  dal  Tribunale  la  restituzione del
fascicolo.  Appare cosi processualmente corretto che la questione sia
sollevata  dinanzi  al  Tribunale  ed  e' consequenziale ritenere che
competa  al  giudice  dinanzi  al quale si trova la parte che intende
sollevare la questione farsi carico della stessa. D'altro canto, come
compete  al  Tribunale restituire gli atti al GIP nella ipotesi della
nullita'  della  notifica del decreto di giudizio immediato affinche'
l'atto  sia  rinnovato  si' da far decorrere nuovamente il termine di
cui  all'art. 458 CPP, deve ritenersi che analoga procedura si dovra'
seguire  nel  caso  di  pronunzia  di una sentenza dichiarativa della
illegittimita' costituzionale della norma denunziata.
    La questione sollevata risulta gia' affrontata dalla Corte con la
sentenza n. 122 del 1997; la infondatezza e' stata articolata, attesi
i profili trattati dal giudice remittente, sugli art. 3 e 24 Cost.
    A  seguito  delle modifiche apportate all'art. 111 Cost. emergono
nuovi aspetti che rendono necessari un ulteriore esame da parte della
Corte.
    Statuisce  il  comma  3 del citato articolo che la legge assicura
che  la  persona  accusata  di  un  reato  disponga del tempo e delle
condizioni necessari per preparare la sua difesa.
    In  via  preliminare  non  sembra  discutibile  che  nella  ampia
locuzione `per preparare la sua difesa' debba ritenersi compresa ogni
attivita' di parte destinata a produrre effetti sulla trattazione del
processo, vuoi sotto il profilo della indicazione dei mezzi di prova,
vuoi nella scelta dei riti alternativi.
    Con  il  ricorso  al giudizio abbreviato l'imputato attua una ben
precisa  strategia  difensiva consistente nel rendere disponibili per
il  giudizio  tutte le attivita' di indagine poste in essere dal P.M.
Il  materiale  probatorio si amplia cosi' in massimo grado ed inoltre
si  consente che il processo possa vedere l'acquisizione di ulteriori
elementi  probatori su iniziativa del giudice; in un quadro normativo
di  tale  complessita'  la scelta del rito senz'altro costituisce uno
dei piu' significativi modi di articolazione della difesa.
    Venendo  al  merito della questione e' opportuno ricordare che la
sentenza 122 si sofferma sui requisiti che consentono l'emissione del
decreto  di  giudizio  immediato per escludere la assimilabilita' dei
modelli processuali presi in esame dal giudice remittente (art. 458 e
art.  555,  comma  1,  lettera  e)  CPP), ma la novita' del parametro
costituzionale  citato  e  del quadro normativo emergente dalla legge
n. 479/1999,    consente    di    prescindere    dall'insieme   delle
considerazioni  formulate  dalla Corte in quella sede, atteso che non
appare  affatto  determinante  accertare  se  nei due diversi modi di
esercizio   dell'azione   penale   si   realizza  una  ingiustificata
disparita' di trattamento.
    Sotto il profilo del diritto di difesa l'esame che la nuova norma
costituzionale  impone  e'  in  parte  diverso; il generale principio
enunciato  dell'art.  24  Cost.  e'  stato affiancato da una serie di
previsioni,  alcune  quanto  mai  specifiche,  che  postulano una sua
tutela  piu'  puntuale  e  dettagliata.  Tra  le novita' vi e' quella
relativa  al  tempo  necessario alla predisposizione della difesa. Il
termine  previsto  dall'art.  458 comma 3 CPP si pone esattamente nel
quadro  di  riferimento  costituzionale  che  si  e'  premesso  e  la
valutazione che deve essere oggi compiuta e' quella relativa alla sua
congruita',  alla  sua  adeguatezza  sotto  profili, non gia' di mera
possibilita'  di  esercizio  del  diritto di difesa, ma di un agevole
ricorso  agli  istituti  processuali  che il rito pone a disposizione
dell'imputato.
    In  questa prospettiva la preventivabilita' della emissione di un
decreto  di  giudizio  immediato  non  sembra  possa costituire utile
argomento  per  risolvere  la  questione nei termini in cui la stessa
oggi  si  propone.  Quale che sia la consapevolezza che l'imputato ha
della  propria  posizione processuale, per aver ricevuto una motivata
ordinanza  cautelare,  per  aver potuto consultare tutti gli atti sui
quali  questa  si fonda, per aver gia' avuto contatto con il P.M., e'
comunque  dato  dubitare  che  un termine obbiettivamente esiguo come
quello  di  sette  giorni  possa  essere  considerato  sufficiente ad
articolare  una  scelta  cosi'  delicata  e definitiva come e' quella
della  richiesta  di  giudizio abbreviato. Appare indubbio, quale che
sia  la  posizione  dell'imputato (detenuto o libero, assistito da un
difensore   di  fiducia  o  d'ufficio,  di  nazionalita'  italiana  o
straniero)  che  il  ristretto  termine  previsto  rende  quanto meno
disagevole l'esercizio del diritto di difesa; del resto proprio nella
sentenza 122 si da' atto che si tratta di un termine breve.
    Una  simile  conclusione e' ancor piu' fondata ove si considerino
le  profonde  modifiche  apportate  al  rito  abbreviato  dalla legge
n. 479/1999  che  sopra si sono appena accennate. Per valutare se sia
conveniente  alla difesa il ricorso al rito speciale, l'imputato deve
poter  esaminare tutto il contenuto del fascicolo del P.M. e non solo
gli atti utilizzati per l'emissione di un provvedimento cautelare. Al
termine  di  questa  attivita' dovra' poi scegliere se presentare una
istanza,  subordinandola  o  meno,  ad  una richiesta di integrazione
probatoria.  La  delicatezza  di queste valutazioni emerge ancor piu'
alla  luce  dei  nuovi  poteri istruttori assegnati al giudice le cui
possibili  iniziative  di  acquisizione  probatoria  sono previste in
termini  assai  ampi  e  meritano  pertanto  di  essere adeguatamente
ponderate.  E  dunque anche per queste osservazioni non sembra che la
sentenza n. 122/1997 contenga valutazioni utili a far ritenere ancora
oggi manifestamente infondata la questione.