Ricorso  del  Governo  della  Repubblica  e  del  Presidente  del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  presso  cui  domiciliano  in  Roma,  Via dei
Portoghesi n. 12;
    Contro  la Regione Marche, in persona del Presidente della giunta
regionale  p.t.,  ed  il Consiglio regionale delle Marche, in persona
del  suo  Presidente  nel  conflitto  di  attribuzioni  promosso  con
riguardo  alla  delibera  n. 52  del  25 luglio 2001 confermata dalla
delibera  n. 55  del 25 settembre 2001 con cui il Consiglio regionale
delle  Marche  ha  approvato  a  maggioranza  assoluta  una  modifica
statutaria  pubblicata  nel Bollettino ufficiale della Regione Marche
n. 115  del  4  ottobre  2001;  delibere  che con il presente ricorso
vengono  impugnate  per violazione delle prerogative statali ai sensi
degli  artt. 123,  1,  5,  55, 115 (e, de futuro, 114 nel nuovo testo
approvato con referendum confermativo del 7 ottobre 2001) e 121 della
Costituzione.
    1. - Premessa.
    La  proposizione  del  presente  ricorso  e' stata deliberata dal
Consiglio   dei   ministri   nella  riunione  del  26  ottobre  2001.
Trattandosi  di uno dei primi ricorsi proposti ai sensi dell'art. 123
comma  secondo  periodo  terzo  Cost.,  come  sostituito  dalla legge
costituzionale  22  novembre1999  n. 1,  il  ricorso  stesso e' stato
tuzioristicamente  proposto  anche  per  il Governo della Repubblica;
pare  pero'  che  pure  per  questa  tipologia  di controversie debba
trovare applicazione (salvo il diverso termine a ricorrere) l'art. 31
comma  secondo della legge 11 marzo 1953 n. 87, l'espressione Governo
della Repubblica essendo presente anche nell'art. 127 Cost. Parimenti
non   necessaria   sembrerebbe  la  notifica  del  ricorso  anche  al
Presidente  del  Consiglio  regionale,  che viene effettuata per mero
tuziorismo.
    La  deliberazione  legislativa  statutaria  che  si  sottopone  a
giudizio  non  e' stata promulgata, in osservanza dell'art. 123 terzo
comma  della  Costituzione (come novellata nel 1999). Le disposizioni
costituzionali  citate non risolvono in modo espresso la questione se
essa  possa essere promulgata in pendenza di giudizio costituzionale,
decorsi   i   tre  mesi  previsti  per  la  richiesta  di  referendum
confermativo  e qualora questo non sia richiesto; e neppure esaminano
la  delicata  questione  se, in pendenza del giudizio costituzionale,
possa  essere  fissata  la  data  della  consultazione  referendaria.
Nell'attesa  di  interpretazioni  integratrici  ad  opera  di codesta
Corte, questa difesa - ancorche' orientata a ritenere che debba darsi
risposta  negativa  su entrambe le questioni - rappresenta l'esigenza
di una pronuncia per quanto possibile sollecita suI presente ricorso,
che e' proposto per i motivi che seguono.
    2. - Violazione dell'art. 123 Costituzione.
    Lo Statuto della Regione Marche e' tuttora quello posto con legge
statale  22  maggio  1971 n. 345, salve le modifiche conseguenti alla
legge  costituzionale  n. 1  del 1999. La deliberazione statutaria in
esame,  prodotta esclusivamente dal Consiglio regionale, integrerebbe
e  modificherebbe  l'anzidetta  legge  statale,  e  cosi' porrebbe in
essere un insieme normativo statutario "misto".
    Senonche' l'art. 123, commi primo e secondo Cost., attribuisce al
legislatore regionale la potesta' di prima approvare "uno statuto" (e
deve  intendersi uno statuto organico e completo) e poi eventualmente
di  modificarlo  ("lo statuto e' approvato e modificato dal Consiglio
regionale  con  legge  ..."),  non  anche  la  potesta' di modificare
mediante piccoli interventi parziali il vigente statuto approvato con
legge statale.
    La razionalita' della regola costituzionale menzionata e' palese:
la molteplicita' e parcellizzazione di atti normativi autodefinentisi
statutari  in  assenza  di  uno  statuto  interamente  prodotto dalla
Regione  potrebbe  ingenerare  difficolta'  interpretative (anche per
possibili  diversita'  di  tecnica  legislativa)  e rendere oscuro il
disegno  istituzionale  complessivo  sia  al Governo della Repubblica
legittimato  a  ricorrere  a codesta Corte sia al corpo eventualmente
interpellato mediante consultazione referendaria.
    3.  - Violazione degli artt. 1, 5, 55, 115 (e, de futuro, 114 del
nuovo testo) e 121 Cost.
    In  subordine  e  nel  merito  si  osserva  quanto  segue. Con le
delibere   in   epigrafe  il  Consiglio  regionale  delle  Marche  ha
approvato,  a larga maggioranza, la seguente modifica statutaria: "In
attuazione dell'art. 123 della Costituzione, a far tempo dall'entrata
in   vigore   della   presente   disposizione  stralcio  a  contenuto
statutario,  in  tutti  gli  atti  ufficiali  della  Regione. a) alla
direzione   "Consiglio   regionale   viene   affiancata   la  dizione
"Parlamento  delle  Marche  ;  b) alla dizione "Consigliere regionale
viene affiancata la dizione "Deputato delle Marche ".
    Il  cambiamento  della intitolazione, pur solo in via aggiuntiva,
viola    le   prerogative   statali   costituzionalmente   garantite,
trascendendo,  e  non  di  poco,  il momento meramente nominalistico.
Nella  vita  pubblica  istituzionale,  infatti,  il nomen iuris degli
organi  connota  tipicamente  le  funzioni  che  a quegli organi sono
attribuite.
    Cio'  e'  vero, in particolare, per il Parlamento, nome di antica
tradizione,  e  che, da almeno due secoli a questa parte, identifica,
nello    Stato    moderno,    l'organo    collegiale   di   carattere
rappresentativo-politico  mediante  il  quale il popolo, attraverso i
suoi rappresentanti eletti, partecipa all'esercizio del potere per la
formazione delle leggi ed il controllo politico del governo.
    La  intitolazione "Parlamento" assume, poi, particolare pregnanza
nell'ordinamento  costituzionale  italiano,  in  cui  e'  esaltata la
"centralita'"  del  Parlamento stesso come espressione della volonta'
popolare.  Se  e'  vero,  infatti, che sarebbe inesatto attribuire ad
esso  la  qualifica  di  organo  del  popolo,  certo e' pero' che nel
sistema  italiano  "le due Camere sono, fra gli organi costituzionali
dello  Stato,  quelli piu' strettamente collegati col popolo e quelli
in  cui  la volonta' popolare piu' immediatamente ed efficacemente si
esprime. E, poiche' il popolo e' sovrano, ne deriva che il Parlamento
occupa,  nella  complessiva  struttura  dello  Stato,  una  posizione
prevalente,  in  cui  si riflette la sovranita' che esso rappresenta"
(M. Mazziotti di Celso, in E.d.D., Parlamento [funzioni], 760).
    Per  contrapposto,  la  locuzione "Consiglio regionale", adottata
dalla  Costituzione  per  designare  l'organo  rappresentativo  della
Regione ed ancora di recente ribadita dalla novella costituzionale 22
novembre  1999  n. 1  (e  dalla  legge costituzionale di modifica del
titolo  V,  confermata  dal  referendum  del  7 ottobre 2001), appare
indicativa  del  regime  di  autonomia di cui gode la Regione stessa;
regime  che,  per  quanto  dilatato,  non  potra'  mai assurgere alle
dimensioni della sovranita'.
    In  definitiva  e  per  concludere  sembra che la Regione Marche,
intitolando   il   proprio   organo  rappresentativo  con  lo  stesso
appellativo  spettante  alle  Camere ed attribuendo ai suoi membri la
qualifica  di  "deputato" si arroghi la titolarita' di una sovranita'
che,  a Costituzione vigente, spetta soltanto alla Repubblica, una ed
indivisibile (e, a tutt'oggi, indivisa).