ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 459, 464 e
565  del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il
6 febbraio 1999 dal pretore di Patti - sezione distaccata di S. Agata
di  Militello  nel procedimento penale a carico di R. A. N., iscritta
al  n. 46  del  registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 5, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 10 ottobre 2001 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  6 febbraio 1999, emessa in un
giudizio  conseguente  a  opposizione a decreto penale, il pretore di
Patti  - sezione distaccata di S. Agata di Militello ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 459  cod.  proc.  pen., nella
parte  in  cui  non  prevede  la  nullita' della richiesta di decreto
penale  di  condanna,  se  non  preceduta dall'invito a comparire per
rendere  interrogatorio  a  norma  dell'art. 375, comma 3, cod. proc.
pen.,  nonche'  degli  artt. 565 e 464 cod. proc. pen., in "combinato
disposto"  tra loro, nella parte in cui non prevedono la nullita' del
decreto  che  dispone il giudizio a seguito di opposizione al decreto
penale di condanna se non preceduto dal citato invito a comparire per
rendere interrogatorio;
        che  il  rimettente muove dalla riforma apportata dalla legge
16 luglio  1997, n. 234 (Modifica dell'art. 323 del codice penale, in
materia  di  abuso  d'ufficio,  e  degli  articoli 289, 416 e 555 del
codice di procedura penale), relativamente alle norme processuali che
disciplinano  la  richiesta di rinvio a giudizio (art. 416 cod. proc.
pen.)  e la citazione diretta a giudizio nel rito pretorile (art. 555
cod.  proc.  pen.),  assumendo che per effetto di tali modifiche - in
particolare   attraverso  l'obbligo  della  preventiva  contestazione
dell'addebito  all'indagato  e  la  possibilita'  per quest'ultimo di
essere   ascoltato   ancor   prima   che   venga  adottata  qualsiasi
determinazione  in  ordine  alla formulazione dell'imputazione o alla
chiamata     in    giudizio    -    si    sarebbe    realizzata    la
"giurisdizionalizzazione  della fase istruttoria", tesa ad assicurare
gia'  nel  corso delle indagini preliminari una piena estrinsecazione
del diritto di difesa;
        che peraltro, poiche' l'obbligo del previo invito a comparire
per rendere interrogatorio a norma dell'art. 375, comma 3, cod. proc.
pen.,  introdotto  in via generale per gli altri modelli processuali,
non   e'   stato  esteso  al  procedimento  per  decreto  penale,  ne
conseguirebbe, secondo il giudice a quo una disparita' di trattamento
tra  imputati  (art. 3  della  Costituzione),  in  danno  di  chi sia
sottoposto  allo  speciale  procedimento  per  decreto,  posto che in
quest'ultimo  modulo  processuale  l'imputato  non  verrebbe messo in
grado  di  difendersi  pienamente  attraverso  l'espletamento  di  un
eventuale  interrogatorio,  e  rimarrebbe  cosi'  privato in modo del
tutto  irragionevole - a seguito di una scelta processuale effettuata
dal  solo  pubblico  ministero  -  di  un  fondamentale  strumento di
garanzia  (art. 24  della  Costituzione);  uno strumento, aggiunge il
rimettente, che permetterebbe alla persona sottoposta al procedimento
penale, gia' nella fase delle indagini preliminari, di prospettare le
proprie difese e di definire la propria posizione, fornendo tutti gli
elementi  utili  al  fine  di una eventuale archiviazione, in modo da
evitare  di essere esposto agli effetti pregiudizievoli che qualsiasi
rinvio  a  giudizio, anche se destinato a risolversi in una pronuncia
assolutoria, inevitabilmente comporta;
        che  nel giudizio cosi' promosso e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che,  rilevando  l'analogia tra la questione
sollevata   e   altra   precedentemente  decisa  dalla  Corte  -  con
l'ordinanza n. 432 del 1998 - nel senso della manifesta infondatezza,
ha concluso nel medesimo senso.
    Considerato  che  il  giudice  rimettente  individua la possibile
lesione  del  principio  di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) e
della  garanzia  della  difesa  (art. 24  della  Costituzione)  nella
mancata   estensione   al   procedimento  per  decreto  penale  della
previsione   dell'obbligo   di  effettuare  l'invito  all'indagato  a
presentarsi  per rendere interrogatorio, a norma dell'art. 375, comma
3,  cod. proc. pen., quale requisito di validita' del giudizio, cosi'
come  e'  stato  stabilito in generale nel procedimento "ordinario" a
seguito  delle  modifiche  introdotte  nella  disciplina del processo
dalla legge 16 luglio 1997, n. 234 (Modifica dell'art. 323 del codice
penale,  in  materia  di abuso d'ufficio, e degli articoli 289, 416 e
555 del codice di procedura penale);
        che,   successivamente   all'ordinanza   di   rimessione,  e'
intervenuta   la  legge  16 dicembre  1999,  n. 479  (Modifiche  alle
disposizioni  sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione
monocratica   e  altre  modifiche  al  codice  di  procedura  penale.
Modifiche   al   codice   penale   e   all'ordinamento   giudiziario.
Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita'
spettanti  al  giudice  di  pace  e  di  esercizio  della professione
forense),  che,  nel  quadro  di  una  piu'  generale  revisione  del
procedimento  penale  dinanzi  al  tribunale  anche  in  composizione
monocratica  ha,  in  particolare,  modificato la normativa che forma
oggetto del presente giudizio di costituzionalita';
        che,  per  effetto  della  nuova disciplina, il previo invito
all'indagato  a  presentarsi  per  rendere interrogatorio nell'ambito
delle   indagini   preliminari   non   costituisce  piu'  un  obbligo
incondizionato  per il pubblico ministero, bensi' e' previsto solo in
seguito   a   una   specifica   richiesta   in  tal  senso  da  parte
dell'indagato, cui deve essere comunicato l'"avviso della conclusione
delle indagini preliminari" (art. 415-bis cod. proc. pen., introdotto
dall'art. 17, comma 2, della citata legge n. 479 del 1999);
        che,  in  connessione  con  la anzidetta nuova configurazione
dell'eventuale  contraddittorio tra pubblico ministero e indagato, e'
stata  conseguentemente  posta  dal  legislatore  una nuova e diversa
disciplina  circa  la nullita' degli atti di citazione a giudizio, in
caso  di omissione dell'avviso e del susseguente invito a presentarsi
(v.  in  particolare l'art. 416, comma 1, e l'art. 552, comma 2, cod.
proc. pen., quali modificati rispettivamente dall'art. 17, comma 3, e
dall'art. 44 della legge n. 479 del 1999);
        che,  dato  il  complessivo  mutamento  del  quadro normativo
assunto  dal giudice rimettente quale premessa e termine di raffronto
della  censura  di  incostituzionalita',  occorre,  in  via del tutto
preliminare  rispetto  a  ogni  altro profilo, restituire gli atti al
giudice  medesimo,  al  quale  spetta di valutare se, a seguito delle
modifiche  intervenute  nella  disciplina  processuale  in  esame, la
questione  sollevata  sia, nel giudizio principale, tuttora rilevante
nei termini in cui essa e' stata proposta.