ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2, del
decreto-legge   11 giugno   1998,   n. 180  (Misure  urgenti  per  la
prevenzione  del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite
dai   disastri  franosi  nella  regione  Campania),  convertito,  con
modificazioni,  in  legge 3 agosto 1998, n. 267, e dell'art. 8, comma
1,  lettera  d),  del  decreto  legislativo 20 settembre 1999, n. 354
(Disposizioni   per   la   definitiva   chiusura   del  programma  di
ricostruzione  di  cui  al  titolo  VIII  della legge 14 maggio 1981,
n. 219,  e  successive  modificazioni, a norma dell'art. 42, comma 6,
della legge 17 maggio 1999, n. 144), promosso con ordinanza emessa il
3 luglio  2000  dal Collegio arbitrale nell'arbitrato in corso tra il
Consorzio  Ricostruzione (CO.RI.) ed il comune di Napoli, iscritta al
n. 549  del  registro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 41, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  l'atto di costituzione del Consorzio CO.RI. nonche' l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  6 novembre  2001  il  giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi  l'avv.to  Paolo  Vosa  per  il Consorzio CO.RI. e l'avv.to
dello  Stato  Claudio  Linda  per  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ordinanza emessa il 3 luglio 2000 il Collegio arbitrale
di  Napoli,  nell'arbitrato  in  corso tra il Consorzio Ricostruzione
(CO.RI.)  ed  il comune di Napoli Area Funzionale CIPE, ha sollevato,
in  riferimento  agli  artt. 3,  24,  76,  77  e  97 Cost., questione
incidentale  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 3, comma 2,
del  decreto-legge  11 giugno  1998,  n. 180  (Misure  urgenti per la
prevenzione  del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite
dai   disastri  franosi  nella  regione  Campania),  convertito,  con
modificazioni,  in legge 3 agosto 1998, n. 267, e 8, comma 1, lettera
d)  del  decreto  legislativo 20 settembre 1999, n. 354 (Disposizioni
per  la  definitiva chiusura del programma di ricostruzione di cui al
titolo   VIII  della  legge  14 maggio  1981,  n. 219,  e  successive
modificazioni,  a  norma dell'art. 42, comma 6, della legge 17 maggio
1999, n. 144).
    Il  collegio  rimettente  - consapevole della problematicita' del
tema  -  si  interroga preliminarmente sulla propria legittimazione a
sollevare questione di legittimita' costituzionale ed a tale riguardo
assume   di  poter  cogliere,  nella  evoluzione  sia  normativa  che
dottrinaria  e  giurisprudenziale, "una piu' accentuata adesione alla
tesi della configurabilita' degli arbitri come giudice a quo".
    Deporrebbero  in  tal  senso, in estrema sintesi, la piu' marcata
assimilazione,  nella  evoluzione normativa, del collegio arbitrale -
quando   si  tratti,  come  nella  specie,  di  arbitrato  rituale  -
all'autorita' giudiziaria, la sostanziale equiparazione del lodo alla
sentenza  giudiziale,  l'introduzione  dell'impugnazione per nullita'
del  lodo  per  violazione  del  contraddittorio  ed  infine la nuova
formulazione dell'art. 819 del codice di procedura civile.
    Passando,  quindi,  ai  profili  di  merito il collegio arbitrale
espone, quanto alla rilevanza della questione, di doversi pronunciare
su  una  controversia,  introdotta  con  atto notificato il 22 giugno
1998,   insorta  tra  il  Consorzio  CO.RI.,  concessionario  per  la
realizzazione  di  parte  del  programma  di cui al titolo VIII della
legge   14 maggio   1981,   n. 219   (Conversione   in   legge,   con
modificazioni,   del  decreto-legge  19 marzo  1981,  n. 75,  recante
ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi
sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici
per  la  ricostruzione  e  lo  sviluppo dei territori colpiti), ed il
comune di Napoli.
    Rileva  peraltro il rimettente che l'art. 8, comma 1, lettera d),
del  decreto legislativo n. 354 del 1999, intervenuto successivamente
all'instaurazione  del  giudizio  arbitrale,  nel  prevedere  che  il
commissario   straordinario   liquidatore,  ai  fini  delle  previste
transazioni,  possa  prendere  in  considerazione solamente i giudizi
ordinari  o  arbitrali  in corso o le istanze di accesso ad arbitrato
notificate  prima  dell'entrata in vigore del decreto-legge 11 giugno
1998,  n. 180, avrebbe inequivocamente esteso anche alle controversie
relative   all'esecuzione  delle  opere  comprese  nei  programmi  di
ricostruzione  di  cui al predetto titolo VIII della legge n. 219 del
1981    l'applicabilita'   dell'art. 3,   comma   2,   del   suddetto
decreto-legge  11 giugno  1998,  n. 180, secondo cui "le controversie
relative  all'esecuzione  di opere pubbliche comprese in programmi di
ricostruzione  di territori colpiti da calamita' naturali non possono
essere  devolute  a  collegi  arbitrali".  Ne  conseguirebbe pertanto
l'impossibilita',  per  il  collegio arbitrale adito, di pervenire ad
una decisione di merito.
    La  normativa  denunciata,  secondo  il  rimettente,  si porrebbe
tuttavia in contrasto, in primo luogo, con gli artt. 76 e 77 Cost.
    Il citato art. 3 del decreto-legge n. 180 del 1998 si riferirebbe
infatti   come   risulterebbe  evidente  dal  suo  tenore  letterale,
oltreche'  dal  titolo,  dal  preambolo  e  dal contenuto dell'intero
decreto-legge  alle  sole  controversie  relative  ad opere pubbliche
comprese  in  programmi  di  ricostruzione  di  territori  colpiti da
calamita'  naturali.  La  legge  n. 219  del 1981 riguarderebbe opere
pubbliche di tal genere solamente per i primi sette titoli, mentre il
titolo VIII conterrebbe una normativa del tutto distinta, finalizzata
alla realizzazione di un programma di edilizia residenziale nell'area
metropolitana  di Napoli. L'art. 8 del decreto legislativo n. 354 del
1999,  estendendo,  sia  pure implicitamente, anche alle controversie
relative  a  tale  programma  di  edilizia residenziale il divieto di
devoluzione  ad arbitri, avrebbe sostanzialmente violato il principio
desumibile    dall'art. 77    della   Costituzione   ed   esplicitato
dall'art. 15,  comma  3,  della  legge  n. 400 del 1988 secondo cui i
decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione ed il
loro  contenuto  deve  essere specifico, omogeneo e corrispondente al
titolo.
    La  medesima  norma sarebbe altresi' affetta dal vizio di eccesso
di  delega,  non  essendovi traccia, nei principi e criteri direttivi
contenuti  nella  legge  di delegazione, "di un'estensione del potere
del  legislatore  delegato  tale  da  consentirgli  di considerare la
disciplina  contenuta nel decreto-legge 180/1998 come applicabile, ai
fini   delle   procedure   di   liquidazione   affidate  ad  apposito
Commissario,   anche   al   contenzioso   originato   dal   programma
residenziale"  di  cui  al  citato titolo VIII della legge n. 219 del
1981.
    Il divieto di devoluzione ad arbitri delle controversie di cui si
tratta  sarebbe  poi in contrasto con il principio di ragionevolezza,
apparendo,  al  contrario,  il  rito  arbitrale,  per la sua maggiore
speditezza,   coerente   con   un   impianto  normativo  destinato  a
fronteggiare   situazioni  di  emergenza,  quale  quello  di  cui  al
decreto-legge n. 180 del 1998.
    Del  pari  irragionevole  e fonte di ingiustificata disparita' di
trattamento  tra  situazioni  analoghe sarebbero poi ad avviso ancora
del  rimettente  la  fissazione  di  un termine a decorrere dal quale
siffatto  divieto  opera  e  la  conseguente previsione di esclusione
dalla  generale  procedura  transattiva  delle  istanze di accesso ad
arbitrato notificate oltre il suddetto termine.
    Nessun  specifico  argomento e' addotto, infine, a sostegno delle
censure riferite agli artt. 24 e 97 Cost.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Consorzio CO.RI. concludendo
per l'accoglimento della questione.
    Preliminarmente  la  parte  privata  -  sulla  scorta,  in  buona
sostanza,  degli  stessi argomenti addotti dal rimettente - ribadisce
la  legittimazione del collegio arbitrale a sollevare la questione di
legittimita' costituzionale.
    Nel  merito, la medesima parte rileva che il decreto-legge n. 180
del  1998  venne  emanato per fronteggiare l'emergenza conseguente al
disastro idrogeologico che aveva colpito il comune di Sarno ed assume
pertanto  che  il  divieto  di devoluzione ai collegi arbitrali delle
controversie  relative  all'esecuzione di opere pubbliche comprese in
programmi   di   ricostruzione  di  territori  colpiti  da  calamita'
naturali,  divieto  contenuto nell'art. 3 dello stesso decreto-legge,
non poteva all'evidenza ritenersi direttamente applicabile anche alle
controversie   sorte   tra   concedenti   e   concessionari   per  la
realizzazione del programma di edilizia residenziale di cui al titolo
VIII  della  legge  n. 219  del  1981,  stante  l'estraneita' di tale
programma alla disciplina dettata dal suddetto decreto-legge.
    Con la successiva legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia
di  investimenti,  delega  al Governo per il riordino degli incentivi
all'occupazione  e  della  normativa  che disciplina l'INAIL, nonche'
disposizioni  per  il riordino degli enti previdenziali), intervenuta
nel corso del giudizio arbitrale, il Governo venne delegato (art. 42)
ad  emanare uno o piu' decreti legislativi per la definitiva chiusura
del  programma  di  ricostruzione  di  cui al titolo VIII della legge
n. 219  del  1981,  con  fissazione  dei  relativi principi e criteri
direttivi.
    La  delega  al  Governo  non  comprendeva  peraltro  il potere di
legiferare  in  materia  di  competenza  arbitrale  ne'  comunque  di
ampliare  l'ambito  di applicazione del divieto di cui all'art. 3 del
decreto-legge  n. 180  del  1998.  L'art. 8  del  decreto legislativo
n. 354  del  1999, che di fatto secondo il Consorzio CO.RI. - avrebbe
esteso  tale  divieto  alle  controversie riguardanti il programma di
edilizia residenziale di cui al citato titolo VIII della legge n. 219
del 1981, sarebbe pertanto in contrasto con l'art. 76 Cost.
    Entrambe  le  norme  denunciate violerebbero poi l'art. 77 Cost.,
sia  perche'  l'estensione del divieto di arbitrato alle controversie
relative al suddetto programma di edilizia residenziale sarebbe stata
disposta  in  difetto  dei  requisiti  di straordinaria necessita' ed
urgenza  richiesti  dalla  norma costituzionale, sia perche' il d.-l.
n. 180  del 1998 difetterebbe dei necessari caratteri di specificita'
ed  omogeneita',  stante l'eterogeneita' delle situazioni colpite dal
divieto di giudizio arbitrale.
    Le  norme stesse, infine, si porrebbero, ad avviso della medesima
parte, in contrasto con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione sulla
base   di   considerazioni   in   tutto   analoghe  a  quelle  svolte
nell'ordinanza di rimessione.
    3.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  e
infondatezza della questione.
    In  una  memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica,
l'Avvocatura,  in  via  preliminare,  manifesta  dubbi in ordine alla
legittimazione  del  collegio  arbitrale  a  sollevare  questione  di
legittimita'  costituzionale,  in  base  al  combinato disposto degli
artt. 25  e  102  della  Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  tenuto  conto  altresi'  dell'orientamento  della Corte di
giustizia,   secondo   cui  l'arbitro  non  puo'  essere  considerato
giurisdizione  dello Stato membro ai sensi dell'art. 177 del Trattato
CE.
    Nel merito, la parte pubblica deduce innanzitutto l'insussistenza
del   vizio   riferito  all'art. 77  Cost.,  derivante  dall'asserita
disomogeneita' della disposizione contenuta nell'art. 3, comma 2, del
decreto-legge  n. 180  del  1998  rispetto  alla materia disciplinata
dallo  stesso  decreto-legge.  La  norma,  ad avviso dell'Avvocatura,
intenderebbe infatti affermare un principio valido con riferimento ad
ogni tipo di calamita' naturale.
    Priva  di  pregio sarebbe altresi' la censura sollevata, riguardo
all'art. 8,  comma  1,  lettera d) del decreto legislativo n. 354 del
1999, con riferimento al parametro di cui all'art. 76 Cost.
    Il  d.P.C.m.  22 maggio  1984 (recte: 22 maggio 1981), emanato ai
sensi  del  decreto-legge 13 febbraio 1981, n. 19 (Individuazione dei
comuni   colpiti   dal  sisma  del novembre  1980),  avrebbe  infatti
individuato   anche  il  comune  di  Napoli  tra  quelli  "gravemente
danneggiati"  a  seguito  degli  eventi  sismici  del novembre  1980,
cosicche'  il  programma  straordinario  di edilizia residenziale per
l'area  metropolitana  di  Napoli,  di cui al titolo VIII della legge
n. 219   del  1981,  rientrerebbe  a  pieno  titolo  nell'ambito  dei
"provvedimenti  organici  per  la  ricostruzione  e  lo  sviluppo dei
territori  colpiti".  La norma del decreto legislativo avrebbe dunque
un   valore   meramente   dichiarativo   e   consequenziale  rispetto
all'art. 3,   comma  2,  del  decreto-legge  n. 180  del  1998,  gia'
direttamente  applicabile  alle  controversie  relative  al  suddetto
programma straordinario di edilizia residenziale.
    Parimenti  infondate  sarebbero  infine  le censure riferite agli
artt. 3, 24 e 97 Cost.
    Osserva  al  riguardo  l'Avvocatura  che  il giudizio arbitrale a
prescindere  dalla  dubbia  costituzionalita'  di  quello  di  cui si
tratta,  in  quanto  obbligatorio  costituisce comunque una eccezione
alla  regola  della  giurisdizione ordinaria e si caratterizza per la
rapidita'  di  giudizio  ma anche per le minori garanzie offerte alle
parti.  Tale  ridotto livello di garanzia non sarebbe compatibile con
la  necessita'  di  tutela  dell'interesse pubblico, "particolarmente
pregnante  quando  esso e' collegato alla ricostruzione e sviluppo di
aree colpite da calamita' naturali di grave entita'".
    In  punto di fatto, a sostegno di tale assunto, la parte pubblica
rileva  che  la quasi totalita' delle procedure arbitrali relative al
programma  di  ricostruzione  risultano attivate dopo il 1995, quando
cioe' la pubblica amministrazione, a seguito dello scioglimento della
struttura  tecnico-organizzativa  che  aveva  curato  la gestione del
programma  di  ricostruzione,  risultava  ormai  priva del necessario
supporto  tecnico  e  percio'  sostanzialmente incapace di difendersi
nella sede arbitrale.
    In  ogni  caso,  e  conclusivamente,  sarebbe decisiva, nel senso
della infondatezza della questione, l'inesistenza di qualsiasi limite
costituzionale al potere del legislatore di sottrarre alla competenza
arbitrale  controversie  nelle  quali  sia individuabile un interesse
pubblico di particolare rilevanza.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  collegio  arbitrale  costituitosi  in  Napoli  per  la
risoluzione  della controversia insorta tra il Consorzio CO.RI. ed il
comune di Napoli dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 77 e 97
della  Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt. 3,
comma 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per
la  prevenzione  del  rischio  idrogeologico  ed  a favore delle zone
colpite dai disastri franosi nella regione Campania), convertito, con
modificazioni,  in legge 3 agosto 1998, n. 267, e 8, comma 1, lettera
d)  del  decreto  legislativo 20 settembre 1999, n. 354 (Disposizioni
per  la  definitiva chiusura del programma di ricostruzione di cui al
titolo   VIII  della  legge  14 maggio  1981,  n. 219,  e  successive
modificazioni,  a  norma dell'art. 42, comma 6, della legge 17 maggio
1999, n. 144).
    Ad avviso del collegio rimettente le norme impugnate, attribuendo
all'esclusiva  cognizione  del  giudice statale le controversie, gia'
oggetto di compromesso arbitrale, relative al programma straordinario
di  edilizia  residenziale  per  Napoli,  di cui al titolo VIII della
legge   14 maggio   1981,   n. 219   (Conversione   in   legge,   con
modificazioni,   del  decreto-legge  19 marzo  1981,  n. 75,  recante
ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi
sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici
per   la   ricostruzione   e  lo  sviluppo  dei  territori  colpiti),
violerebbero   i  limiti  posti  tanto  alla  decretazione  d'urgenza
dall'art. 77  Cost.  quanto  alla  legislazione delegata dall'art. 76
Cost.,  ponendosi  sotto  altro  aspetto in contrasto con il generale
canone di ragionevolezza e con il principio di eguaglianza.
    Vengono,  infine,  evocati,  dallo stesso rimettente, in modo del
tutto apodittico i parametri di cui agli artt. 24 e 97 Cost.
    2.  -  Si  deve  preliminarmente  accertare - in riferimento alla
eccezione  di inammissibilita' avanzata dall'Avvocatura dello Stato -
se  il  collegio  arbitrale  sia  legittimato  a  sollevare, ai sensi
dell'art. 1  della  legge  costituzionale  9 febbraio  1948, n. 1, la
questione di legittimita' costituzionale.
    In  proposito,  occorre  muovere  dalla  giurisprudenza di questa
Corte  secondo  cui,  per  aversi  giudizio a quo, e' sufficiente che
sussista   esercizio   di   "funzioni   giudicanti   per  l'obiettiva
applicazione  della  legge"  da  parte  di  soggetti,  "pure estranei
all'organizzazione  della  giurisdizione",  "posti in posizione super
partes" (sentenze n. 387 del 1996, n. 226 del 1976 e n. 83 del 1966).
    Ai  limitati  fini che qui interessano, e senza addentrarsi nella
complessa  problematica relativa alla natura giuridica dell'arbitrato
rituale,  basta osservare che l'arbitrato costituisce un procedimento
previsto   e   disciplinato   dal  codice  di  procedura  civile  per
l'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della
risoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio e
di  imparzialita' tipiche della giurisdizione civile ordinaria. Sotto
l'aspetto  considerato,  il  giudizio arbitrale non si differenzia da
quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione,
anche  per quanto riguarda la ricerca e l'interpretazione delle norme
applicabili alla fattispecie.
    Il  dubbio  sulla  legittimita'  costituzionale  della  legge  da
applicare  non  e'  diverso,  in  linea  di  principio, da ogni altro
problema che si ponga nell'itinerario logico del decidente al fine di
pervenire  ad  una  decisione giuridicamente corretta: anche le norme
costituzionali,  con  i  loro effetti eventualmente invalidanti delle
norme  di  legge  ordinaria  con  esse  contrastanti, fanno parte del
diritto  che  deve essere applicato dagli arbitri i quali - come ogni
giudice  - sono vincolati al dovere di interpretare le leggi secundum
Constitutionem.
    In un assetto costituzionale nel quale e' precluso ad ogni organo
giudicante tanto il potere di disapplicare le leggi, quanto quello di
definire  il  giudizio  applicando leggi di dubbia costituzionalita',
anche  gli  arbitri - il cui giudizio e' potenzialmente fungibile con
quello  degli  organi  della  giurisdizione  -  debbono utilizzare il
sistema di sindacato incidentale sulle leggi.
    La  tesi  della  sospensione  del  giudizio  arbitrale al fine di
consentire  alle  parti  di  sottoporre  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale  al giudice ordinario, e' solo apparentemente coerente
con  la  disciplina  dettata dall'art. 819 cod. proc. civ. in tema di
questioni  incidentali.  La norma codicistica, infatti, postula che -
una  volta  sospeso il procedimento arbitrale - il giudice competente
adito  dalle  parti decida la questione incidentale; mentre, nel caso
della  questione  di  costituzionalita', al giudice ordinario sarebbe
demandato  solo il compito di reiterare la valutazione di rilevanza e
di non manifesta infondatezza, gia' effettuata dagli arbitri, al fine
di  sollevare  davanti  a  questa  Corte  una questione pregiudiziale
rispetto  ad  una  decisione  di  merito  che  non  spetta al giudice
medesimo ma agli arbitri.
    Conclusivamente, dunque, va affermato, alla luce della richiamata
giurisprudenza di questa Corte, che anche gli arbitri rituali possono
e   debbono   sollevare  incidentalmente  questione  di  legittimita'
costituzionale  delle  norme di legge che sono chiamati ad applicare,
quando  risulti  impossibile  superare  il  dubbio attraverso l'opera
interpretativa.
    3. - Nel merito la questione non e' fondata.
    3.1.  - Il collegio rimettente muove dalla premessa che l'art. 3,
comma  2,  del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, secondo il quale
"le  controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche comprese
in  programmi  di  ricostruzione  di  territori  colpiti da calamita'
naturali  non possono essere devolute a collegi arbitrali", non possa
riferirsi  alle  controversie  riguardanti  le opere di cui al titolo
VIII  della legge n. 219 del 1981. Cio', sia perche' il decreto-legge
n. 180 del 1998 sarebbe stato emanato esclusivamente per fronteggiare
la  situazione  di  emergenza  derivante  dai  disastri idrogeologici
del maggio  1998, sia perche', in ogni caso, il programma di edilizia
di  cui  al  titolo  VIII  della menzionata legge n. 219 del 1981 non
potrebbe  qualificarsi  come  programma di ricostruzione di territori
colpiti  da  calamita' naturali. Ne discenderebbe che la norma di cui
all'art. 8,  comma 1, lettera d) del decreto legislativo 20 settembre
1999,  n. 354,  solo  apparentemente dichiarativa, avrebbe in realta'
esteso il divieto di arbitrato alle suddette controversie, con palese
eccesso di delega.
    Siffatta premessa interpretativa e' sicuramente erronea.
    L'inequivoco   tenore   letterale   dell'art. 3,   comma  2,  del
decreto-legge  n. 180  del 1998 rende infatti palese che esso enuncia
una   regola  di  carattere  generale,  riguardante  le  controversie
relative  alle  opere  pubbliche  comprese  in  tutti  i programmi di
ricostruzione di territori colpiti da calamita' naturali. Ne' in cio'
puo'  ravvisarsi  una  violazione dell'art. 77 della Costituzione che
comunque  risulterebbe  sanata  dall'intervenuta conversione in legge
del  decreto  atteso  che  una norma di carattere generale in tema di
programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamita' naturali
non puo' certo ritenersi estranea o disomogenea rispetto alla materia
di  un  decreto-legge  adottato  in  conseguenza  della straordinaria
necessita'  ed  urgenza  di  provvedere  in  merito  ad una specifica
calamita' naturale.
    Non  puo'  d'altro canto dubitarsi che il programma straordinario
di  edilizia  residenziale per l'area metropolitana di Napoli, di cui
al  titolo  VIII  della legge n. 219 del 1981, rientri a pieno titolo
tra  i  programmi  di ricostruzione di territori colpiti da calamita'
naturali.
    A  favore di tale conclusione depone infatti la ratio complessiva
della  legge  n. 219  del  1981 recante provvedimenti organici per la
ricostruzione  e  lo  sviluppo  dei  territori  colpiti  dagli eventi
sismici  del novembre 1980 e del febbraio 1981 unita alla circostanza
che  il  comune  di Napoli era gia' stato a suo tempo individuato con
d.P.C.m.   22 maggio   1981,  adottato  ai  sensi  del  decreto-legge
13 febbraio  1981, n. 19 (Individuazione dei comuni colpiti dal sisma
del novembre 1980), convertito, con modificazioni, in legge 15 aprile
1981,  n. 128  tra  quelli "gravemente danneggiati" dal terremoto che
aveva colpito la regione Campania nel 1980.
    L'art. 8,   comma   1,   lettera   d)   del  decreto  legislativo
20 settembre    1999,   n. 354,   escludendo   che   il   commissario
straordinario  possa  prendere  in  esame,  ai fini della definizione
transattiva  delle  controversie  di  cui  si  tratta,  le istanze di
accesso   ad  arbitrato  notificate  dopo  l'entrata  in  vigore  del
decreto-legge  n. 180  del  1998,  non  ha  dunque  affatto  ampliato
l'ambito   di   applicazione  del  divieto  di  arbitrato  introdotto
dall'art. 3,  secondo  comma,  del  suddetto  decreto-legge  e non e'
pertanto  censurabile, a tale riguardo, sotto il profilo dell'eccesso
di delega.
    3.2.  -  Il  parametro  di  cui  all'art. 3 della Costituzione e'
evocato  dal  rimettente  sia  con  riguardo  al  generale  canone di
ragionevolezza,  sia  sotto  il  profilo dell'asserita violazione del
principio di eguaglianza.
    Per  cio'  che  concerne  il  primo  aspetto,  va premesso che la
discrezionalita'    di    cui   il   legislatore   sicuramente   gode
nell'individuazione  delle  materie  sottratte  alla  possibilita' di
compromesso incontra il solo limite della manifesta irragionevolezza.
Siffatto   limite   non  puo'  certo  dirsi  superato  nella  specie,
considerato  il  rilevante interesse pubblico di cui risulta permeata
la materia relativa alle opere di ricostruzione dei territori colpiti
da  calamita'  naturali,  anche  in ragione dell'elevato valore delle
relative  controversie  e  della conseguente entita' dei costi che il
ricorso  ad  arbitrato comporterebbe per le pubbliche amministrazioni
interessate.
    Nessuna  lesione  del principio di eguaglianza puo' d'altro canto
ravvisarsi  nel  fatto  che  controversie di uguale natura ed oggetto
siano  assoggettate  o  meno  al divieto di arbitrato a seconda della
data di notifica del relativo atto introduttivo.
    Secondo  la  costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il
fluire  del  tempo  costituisce  idoneo  elemento di differenziazione
delle   situazioni   soggettive,   cosicche'   non   sussiste  alcuna
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  per  il  solo  fatto che
situazioni  pur identiche siano soggette a diversa disciplina ratione
temporis (sentenze n. 409 del 1998 e n. 18 del 1994).
    La  circostanza  che  il  legislatore,  nell'esercizio  della sua
discrezionalita',  abbia  nella  specie  ritenuto  di porre al riparo
dagli  effetti  della nuova legge non soltanto le controversie per le
quali  fosse  gia'  stato  emesso  il  lodo  cosi'  come una rigorosa
applicazione  del  suddetto  principio  avrebbe consentito - ma anche
quelle in relazione alle quali fosse stata solo notificata, alla data
di  entrata in vigore del decreto-legge n. 180 del 1998, l'istanza di
accesso  ad arbitrato, non puo' d'altro canto ascriversi a violazione
dell'art. 3  della  Costituzione  in  danno  di  coloro i quali, alla
stessa data, non avevano nemmeno introdotto il giudizio arbitrale.
    3.3.  - Del tutto prive di specifica motivazione risultano infine
le censure riferite agli artt. 24 e 97 Cost.