Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione I, composto dai Magistrati: Mario Egidio Schinaia, Presidente; Guido Salemi, Consigliere, relatore; Italo Volpe, Consigliere. Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 5818/2001 proposto da Porreca Bruno, rappresentato e difeso dall'avv. Franco G. Scoca presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, via G. Paisiello, n. 55; Contro il Consiglio superiore della magistratura e il Ministero di grazia e giustizia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento della deliberazione in data 12 aprile 2001, recante "trasferimento di ufficio del ricorrente ex art. 2 R.D.L. n. 511/1946" e dell'atto in data 18 aprile 2001, recante "bando di concorso per il posto di Presidente della corte di Appello di Trieste", dichiarato vacante dal 12 aprile 2001, e per il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni relativi, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura generale dello Stato; Viste le memorie proposte dalle parti a sostegno delle loro difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta, alla pubblica udienza dell'11 luglio 2001, la relazione del Consigliere Guido Salemi e uditi, altresi', l'avv. Scoca per il ricorrente e l'avvocato dello Stato Arena per l'amministrazione resistente. Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Con atto notificato il 7 maggio 2001, il dott. Bruno Porreca ha impugnato, chiedendone l'annullamento, la deliberazione del 12 aprile 2001 con cui il Consiglio Superiore della Magistratura ha disposto il suo trasferimento d'ufficio ai sensi dell'art. 2 del R.D. 31 maggio 1946, n. 511, nonche' l'atto in data 18 aprile 2001, concernente il bando di concorso per il posto di Presidente della corte di Appello di Trieste, chiedendo, altresi', il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica. Il ricorrente, nominato con d.P.R. 2 gennaio 2000 Presidente della summenzionata Corte di appello, ha premesso che, in base ad un esposto del 19 luglio 2001, la prima commissione del C.S.M. deliberava di iniziare nei suoi confronti il procedimento per trasferimento di ufficio per taluni addebiti, tra cui, in particolare, "assenze ingiustificate in taluni giorni nel periodo ultima decade di febbraio - prima decade di luglio, con ripercussioni negative per accumulo di pratiche e per ordine di servizio al dirigente in data 27 giugno 2000" e "omissioni di comunicazioni e direttive ai Presidenti di Sezione per gli indicati periodi di assenza, nonostante formale richiesta"; che, con telefax del 3 aprile 2001, comunicava al C.S.M. di nominare difensore di fiducia il prof. avv. Franco Gaetano Scoca; che, in data 11 aprile 2001, il C.S.M. rappresentava che, nella procedura ex art. 2 R.D.L. n. 511/1996, non consentiva la nomina di un avvocato come difensore. Cio' posto, ha dedotto avverso il provvedimento impugnato eccezioni di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 del R.D.L. n. 511/1946 e censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili. Resiste al ricorso l'intimata amministrazione della giustizia. Alla pubblica udienza dell'11 luglio 2001, il ricorso e' passato in decisione. Diritto 1. - Forma oggetto del presente ricorso la deliberazione del 12 aprile 2001 con cui il Consiglio Superiore della Magistratura ha disposto il trasferimento d'ufficio, ai sensi dell'art. 2 del R.D. 31 maggio 1946 n. 511, del dott. Bruno Porreca, Presidente della corte di Appello di Trieste. 2. - La doverosa graduazione de!le questioni dedotte conduce ad assegnare priorita' assoluta alle censure di rilevanza costituzionale, ferma restando ogni ulteriore verifica di merito in ordine alle ulteriori doglianze: tale verifica potra' svolgersi - anche in ragione di principi attinenti all'economia di giudizio - dopo l'esame della Corte costituzionale, sempre che l'esito del medesimo, eventualmente favorevole al ricorrente, non renda per tali ulteriori aspetti carente l'interesse alla decisione. In via preliminare, il ricorrente ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, per contrasto con gli articoli 3, 24, 104 e 107 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il magistrato sottoposto al procedimento per trasferimento di ufficio possa farsi assistere da un avvocato di fiducia del libero Foro. L'eccezione e' rilevante, perche', come risulta dalla documentazione in atti, il C.S.M. aveva respinto la richiesta del ricorrente di farsi assistere, per la propria difesa, da un avvocato del libero Foro, essa, inoltre, appare non manifestamente infondata. Il dato da cui occorre prendere le mosse e' costituito dalla recente sentenza n. 497 del 16 novembre 2000 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita', per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, anche con riferimento ai connessi profili costituzionali riguardanti l'indipendenza dell'Ordine giudiziario, dell'art. 34, comma 2, del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare possa farsi assistere da un avvocato del libero Foro, imponendo che la difesa possa essere affidata soltanto ad un collega del magistrato stesso. In tale sentenza, la Corte, dopo avere ricordato le ragioni alla base della configurazione del procedimento per i magistrati secondo paradigmi di carattere giurisdizionale, da identificare, da un lato, nell'opportunita' che l'interesse pubblico al regolare e corretto svolgimento delle funzioni giudiziarie e lo stesso prestigio dell'ordine giudiziario siano tutelati nelle forme piu' confacenti alla posizione costituzionale della magistratura e al suo statuto d'indipendenza, e, dall'altro, nell'esigenza che alla persona del magistrato raggiunto da incolpazione disciplinare sia riconosciuto quell'insieme di garanzie che solo la giurisdizione puo' assicurare, e' pervenuto alla declaratoria d'incostituzionalita' della summenzionata normativa, osservando come sottese a dette ragioni vi siano finalita' di rango costituzionale che solamente il riconoscimento al magistrato della facolta' di farsi assistere da un difensore del libero foro (accanto all'autodifesa o all'assistenza di un collega) consente di condurre alle loro naturali conseguenze. Ad avviso di questo Tribunale, le ragioni in questione sembrano ricorrere anche nel procedimento per incompatibilita' ambientale, come disciplinato dall'art. 2 del R.D.L. n. 511 del 1946. Benche' tale procedimento non rivesta carattere sanzionatorio, essendo istituzionalmente preordinato a tutelare l'indipendenza della funzione giurisdizionale nella sua oggettivita' e, potendo, quindi, prescindere, come e' giurisprudenza costante, dalla colpa del magistrato stesso, pur tuttavia non sembra dubbio che il trasferimento d'ufficio e', comunque, un provvedimento che e' suscettivo di incidere gravemente sullo status del magistrato, anche con riferimento ai riflessi che il provvedimento stesso potrebbe avere in ordine alla idoneita' del magistrato ad assumere la titolarita' di altri uffici giudiziari. Per altro verso come giova soggiungere, il richiamo alla garanzia costituzionale del diritto di difesa e' per i magistrati specificamente contenuto nell'art. 107, comma primo, della Costituzione, sicche' e' anche in relazione al principio di inamovibilita' espresso da tale norma costituzionale, oltre che al principio di indipendenza, espresso dall'art. 104, primo comma Costituzione, che si dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 2 del R.D.L. n. 511/1946. 3. - Per contro, sono manifestamente infondate le ulteriori eccezioni di illegittimita' costituzionali del ripetuto art. 2 che per altri aspetti sono state sollevate dalla difesa del ricorrente. 3.1. - Si sostiene, in primo luogo, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 nella parte in cui non ha previsto "nessun tempo e tanto meno un qualsiasi tempo ragionevole per preparare la difesa tecnica, ne' alcuna regola tecnica di garanzia di regolare contradditorio". Tale assunto non puo' essere condiviso perche' non tiene conto che la predisposizione di siffatte garanzie procedimentali ha esclusivo e tradizionale rilievo nel procedimento disciplinare, mentre in un procedimento diverso, come quello relativo al trasferimento per incompatibilita' ambientale, alle disfunzioni in cui sia incorsa l'amministrazione puo' porsi rimedio attraverso il sindacato del giudice amministrativo. 3.2. - Per ragioni analoghe a quelle teste' esposte, va respinta, siccome manifestamente infondata, l'eccezione d'illegittimita' costituzionale che dell'art. 2 e' stata sollevata nella parte in cui non ha previsto "l'esclusione dal giudizio definitivo sugli addebiti d'incolpazione dei commissari istruttori e accusatori che hanno gia' conosciuto e contribuito a definire la proposta di accusa in atti formali precedenti al giudizio finale sulla responsabilita' del magistrato incolpato". 3.3. - Va, infine, respinta l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 nella parte in cui non ha previsto "le fattispecie tipiche, necessarie a consentire una corrispondente difesa tecnica, di disvalore per il trasferimento di ufficio del magistrato dalla sua sede e funzioni". Tale censura deve essere dichiarata manifestamente infondata alla stregua dell'insegnamento della giurisprudenza costituzionale. La Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi su identica censura mossa nei confronti dell'art. 18 del medesimo R.D.L. n. 511 del 1946, e quindi con riguardo al problema, ancora piu' grave, dell'indeterminatezza delle fattispecie cui si connette la responsabilita' disciplinare del magistrato, che pure consegue a comportamenti che compromettano "il prestigio dell'ordine giudiziario", ha escluso la fondatezza della censura con argomentazioni cui il Collegio ritiene di doversi richiamare (sent. n. 100 del 1981). La Corte ha osservato, infatti, che nell'esaminare la censura non puo' prescindersi dalla considerazione dei valori tutelati dalla norma che conferisce il potere in questione, al fine di stabilire se, e in quale misura, sia possibile la tipizzazione dei comportamenti che possono metterli in pericolo. Ebbene, il prestigio dell'ordine giudiziario, al pari della fiducia e della considerazione di cui deve godere ciascun magistrato, esprimono concetti che non consentono di prevedere tutti i comportamenti che possono lederli. "Le previsioni normative in materia - ha concluso la Corte - non possono non avere portata generale perche' una indicazione tassativa renderebbe legittimi comportamenti non previsti ma egualmente riprovati dalla coscienza sociale". Come gia' osservato da questo Tribunale (cfr. Sez. I, 1 marzo 1999, n. 508), le riferite argomentazioni sono certamente applicabili anche all'ipotesi concernente i presupposti del trasferimento per incompatibilita' ambientale, per la cui adozione non potrebbe farsi a meno di una valutazione caso per caso, svincolata da una predeterminazione di ipotesi che finirebbe per assumere valore tassativo. 4. - In conclusione, nei sensi e limiti sopra indicati, va sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del R.D.L. n. 511/1946 per contrasto con gli articoli 3, 24, 104 e 107 della Costituzione. Va disposta, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con conseguente sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 21 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma.