LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO
    Composta dagli Ill.mi signori magistrati:
    dott. Mario Donato Santojanni - Presidente, dott. Fernando Lupi -
consigliere,   dott. Luciano   Vigolo  -  consigliere,  dott. Camillo
Filadoro - cons. rel., dott. Pasquale Picone - consigliere.
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto da:
I.N.P.S., Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del
presidente  pro-tempore  in carica, prof. Massimo Paci, elettivamente
domiciliato  in  Roma, via della Frezza n. 17, presso gli avv.ti Rina
Sarto,  Domenico  Ponturo  e  Fabio  Fonzo,  che  lo  rappresentano e
difendono giusta delega in atti; ricorrente;
    Contro  P.S.A.  Pirelli  Sistemi  Antivibranti  S.p.a. (ora C. F.
Gomma S.p.a.), elettivamente domiciliata in Roma, via Francesco Denza
n. 15,  presso  l'avv. Mario Capaccioli, che la rappresenta e difende
giusta  delega  in  atti,  unitamente  all'avv.  Francesco  Rocco  di
Torrepadula del Foro di Milano; controricorrente;
    Avverso  la  sentenza del tribunale di Torino del 16 febbraio - 4
agosto 1998, n. 678 del 1998, RGAC 435 del 1997, cron. 914;
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
9 maggio 2001 dal relatore cons. Camillo Filadoro;
    Uditi gli avv.ti Luigi Cantarini per delega avv. Fonzo e Rocco di
Torrepadula;
    Udito  il  p.m.,  in  persona  del sostituto procuratore generale
dott.  Antonio  Buonajuto,  il  quale  ha concluso per l'accoglimento
dell'eccezione   di   incostituzionalita'   ed,   in  subordine,  per
l'accoglimento del ricorso.

                           Fatto e diritto

    In  sede  di  verifica  dei  modelli  D.M. 10 per la denuncia dei
lavoratori  occupati  presso  la  societa'  per azioni P.S.A. Pirelli
Sistemi  Antivibranti  (ora  C.F.  Gomma  S.p.a. l'I.N.P.S. di Torino
accertava  che  nel  periodo dicembre 1989-dicembre 1991, la societa'
aveva   applicato,   contestualmente   alle   riduzioni  di  aliquota
contributiva sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori assunti con
contratto di formazione e lavoro - espressamente previste dalla legge
-   anche  la  fiscalizzazione  degli  oneri  sociali,  non  prevista
espressamente per tale categoria di lavoratori.
    L'Istituto  sosteneva  l'incumulabilita'  delle due agevolazioni,
contestando  anche  la  misura  nella  quale le stesse erano state in
concreto  applicate.  L'Istituto  chiedeva pertanto l'emissione di un
decreto  ingiuntivo  per  i  contributi  non  versati  e per le somme
aggiuntive dovute per il mancato tempestivo pagamento.
    Il  decreto  ingiuntivo  veniva  emesso dal pretore di Torino, in
funzione di giudice del lavoro.
    Su ricorso della societa' P.S.A., il medesimo pretore revocava il
decreto ingiuntivo.
    La  decisione  del  pretore  veniva  confermata  dal Tribunale di
Torino, che rigettava l'appello dell'Istituto.
    Avverso  tale decisione propone ricorso all'I.N.P.S. con un unico
motivo.
    Resiste  la  societa'  con  controricorso, illustrato da memoria,
nella quale si deduce - tra l'altro - l'illegittimita' costituzionale
della  recente  disposizione  contenuta nella legge finanziaria 2001,
(art. 68),  che  -  interpre-tando,  al  comma  5,  la  norma  di cui
all'art. 3  comma  6  del  decreto  legge n. 726 del 30 ottobre 1984,
convertito   in   legge   n. 863  del  19  dicembre  1984  -  afferma
l'inapplicabilita'   ai   contratti  di  formazione  e  lavoro  delle
disposizioni in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali.
    Osserva il Collegio:
        La questione della compatibilita' tra contratto di formazione
e lavoro e fiscalizzazione degli oneri sociali e' stata affrontata da
questa Corte, in numerose decisioni.
    Con  le  sentenze  nn. 3114  del 3 marzo 2001, 5305 del 22 aprile
2000,  576  del  22  gennaio 1998, 9495 del 27 settembre 1997, questa
Corte   ha   ritenuto   che,  in  mancanza  di  una  espressa  deroga
legislativa,  si applichino anche ai contratti di formazione e lavoro
le norme in tema di fiscalizzazione degli oneri sociali, previste per
i  contratti  di lavoro subordinato senza vincoli formativi (in senso
analogo,  cfr.  anche  Cass.  n. 5003  del  4  aprile  2001,  pur con
riferimento al diverso caso dello sgravio contributivo).
    La  normativa relativa alla fiscalizzazione degli oneri sociali -
si  sottolinea in tutte queste decisioni - non esclude esplicitamente
dal  beneficio  i  dipendenti  assunti  con contratto di formazione e
lavoro,   facendo  esclusivo  riferimento  alla  natura  dell'impresa
interessata  ed  alla  sua collocazione (art. 22 decreto-legge n. 663
del  30 dicembre 1979, convertito in legge n. 33 del 29 febbraio 1980
e successive integrazioni e modificazioni)
    Nella  legge  istitutiva  dei  contratti  di formazione e lavoro,
(decreto-legge  n. 726  del  1984,  convertito nella legge n. 863 del
1984,  art. 3  comma  5),  ricordano le sentenze di questa Corte gia'
richiamate,  e'  del  resto  contenuta  una disposizione di carattere
generale,  secondo  la  quale  ai contratti di formazione e lavoro si
applicano tutte le disposizioni che disciplinano i rapporti di lavoro
subordinato, in quanto non derogate dallo stesso decreto.
    Significativamente,    con    una   norma   entrata   in   vigore
successivamente  ai  fatti  di  causa, il decreto-legge n. 299 del 16
maggio  1994,  convertito  in  legge  n. 451  del  19 luglio 1994, in
materia  di  occupazione,  e  fiscalizzazione  degli oneri sociali ha
previsto   che   per  i  contratti  di  formazione  e  lavoro  mirati
all'acquisizione   di   professionalita'   intermedie   o   accertate
continuino  "a  trovare applicazione i benefici contributivi previsti
dalle  disposizioni vigenti in materia alla data di entrata in vigore
del  presente decreto" (art. 16 comma 6, che in caso di assunzione in
livelli  non elevati limita tale agevolazione solo all'ipotesi di una
trasformazione  del  rapporto  a  tempo  indeterminato,  in  tal caso
riconoscendo    la    protrazione    del    beneficio   contributivo,
successivamente alla trasformazione, per una durata pari a quella del
contratto   trasformato:   cfr.,   sul   punto,  la  decisione  della
Commissione europea dell'11 maggio 1999).
    Rileva  il  collegio  che  il  problema  della compatibilita' del
contratto  di  formazione e lavoro rispetto ad altre norme di diritto
del  lavoro  potrebbe  -  in  particolare  - porsi con riferimento ad
istituti   non   espressamente  vietati  dalla  legge  del  1984,  ma
oggettivamente  non  conciliabili  con  il  contratto di formazione e
lavoro.
    Tale  problema,  in  ogni  caso, sorgerebbe tutte le volte in cui
dovessero    trovare    applicazione   nuovi   istituti,   introdotti
successivamente  alla legge del 1984 (come, ad esempio, per il lavoro
interinale  di cui alla legge 24 giugno 1996 del 1997, apparentemente
incompatibile  con  le  finalita'  formative, in considerazione della
previsione  di  un  termine,  del  tutto  svincolato  dalle  esigenze
formative,   e  della  dissociazione  tra  datore  di  lavoro/impresa
fornitrice e impresa utilizzatrice).
    Secondo   le   decisioni   di   questa   Corte,   avrebbe  potuto
eventualmente  escludersi  l'applicabilita'  delle disposizioni sulla
fiscalizzazione  degli  oneri sociali subito dopo l'entrata in vigore
del  decreto  legge  n. 726  del 1984, convertito in legge n. 863 del
1984,  poiche'  all'epoca  i contributi previdenziali erano dovuti da
tutti  i  datori di lavoro in misura fissa, come per gli apprendisti,
mentre  la fiscalizzazione degli oneri sociali era prevista in misura
percentuale rispetto ai contributi di malattia (art. 22 decreto-legge
n. 663 del 1979, convertito in legge n. 33 del 1980).
    Le  norme che prevedono per i lavoratori assunti con contratto di
formazione  e  lavoro  il  pagamento  delle  aliquote contributive in
misura  ridotta  (rispetto  a  quelle  stabilite  in  via ordinaria),
succedutesi   nel  tempo  rispetto  all'originaria  previsione  della
equiparazione  dei  giovani  in  formazione agli apprendisti (art. 3,
comma  6,  della legge n. 863 del 1984 non comportano, invece, alcuna
incompatibilita' pratica con i benefici della fiscalizzazione ne' una
esplicita   esclusione   di  tali  benefici  (art. 5,  comma  1,  del
decreto-legge  n. 173  del  30  maggio  1988,  convertito nella legge
n. 291  del  26  luglio  1988,  decreto-legge n. 337 del 1990, art. 8
legge n. 407 del 29 dicembre 1990; art. 22 decreto-legge n. . 663 del
30 dicembre 1979, convertito in legge 29 febbraio 1980, n. 33, art. 1
legge  28  novembre  1980  n. 782,  art. 1 decreto legge n. 328 del 3
luglio 1986, convertito in legge 31 luglio 1986, n. 440, e successive
disposizioni).
    Tra  l'altro,  quando  il  legislatore ha inteso escludere alcune
categorie  di  lavoratori  dalla fiscalizzazione degli oneri sociali,
ovvero  ridurne  proporzionalmente i benefici, osservano le decisioni
appena  richiamate, egli lo ha detto espressamente, come, ad esempio,
e'  avvenuto  con il part-time, per il quale la legge 7 dicembre 1989
n. 389  ha concesso (art. 6) la fiscalizzazione in misura intera solo
a  quei  lavoratori  che  avessero  una prestazione lavorativa pari o
superiore  alle  78  ore  mensili,  riconoscendola  invece  in misura
ridotta nei casi di attivita' inferiore a tale limite.
    Sotto   altro   profilo,   si  sottolinea  ancora  che  non  puo'
configurarsi  alcuna  incompatibilita'  tra  la finalita' della legge
sulla fiscalizzazione degli oneri sociali e sugli sgravi contributivi
e  quella sui contratti di formazione e lavoro. Scopo della prima e',
infatti,  quello di incrementare l'occupazione attraverso un sostegno
economico  alle  imprese.  Scopo  della seconda, invece, e' quello di
favorire  l'occupazione  giovanile  e di migliorare la qualificazione
professionale del lavoratore.
    Si  tratta  di  finalita' che bene possono concorrere tra di loro
ed,  anzi,  sarebbe  contraddittorio,  da  una  parte,  affermare  la
necessita'  di favorire l'occupazione giovanile e, dall'altra, negare
-  proprio  alle  imprese che desiderano agevolare tale occupazione -
quei  benefici  che  sono  stati  istituiti  per sostenerle nel mondo
economico  (cosi' le sentenze di questa Corte nn. 3114 del 2001, 5305
del 2000, 9495 del 1997).
    Come  denunciato  dalla societa' controricorrente, l'orientamento
consolidato  di  questa  Corte  urta  contro  la disposizione dettata
dall'art. 68, comma 5, della legge finanziaria 2001 (23 dicembre 2000
n. 388  -  Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio annuale e
pluriennale dello Stato), secondo la quale:
        "5.  L'art.  2.  comma  6,  del decreto legge 30 ottobre 1984
n. 726,  convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984,
n. 863,  e  successive  modificazioni, si interpreta nel senso che ai
contratti  di formazione e lavoro non si applicano le disposizioni in
materia di fiscalizzazione degli oneri sociali".
    In base a tale norma retroattiva, si esclude espressamente che al
contratto  di  formazione e lavoro possano applicarsi le disposizioni
in  materia  di  fiscalizzazione  degli  oneri  sociali:  e  cio' fin
dall'approvazione  delle prime disposizioni dettate dal decreto legge
del 1984.
    Poiche'  appare  impossibile  ogni  lettura  della  disposizione,
diversa da quella desumibile dalla chiara espressione della stessa, e
che  non  sia in contrasto con i principi costituzionali, (cfr. Corte
costituzione ord. nn. 158 e 233 del 2000), appare rilevante il dubbio
di  legittimita'  costituzionale  delle norme interpretative, dettate
dalla  legge  finanziaria  2001, proposto dalla difesa della societa'
resistente con la memoria ex art. 378 codice di procedura civile.
    Secondo  la  societa'  C.F.  Gomma  S.p.a. con la norma contenuta
nell'art. 68,  comma  5,  della  legge  n. 388  del  2000,  sarebbero
violati:
        a)  innanzitutto,  l'art. 3  della  Costituzione,  in  quanto
irrazionalmente,  in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte,
costituente  comunque  diritto  vivente,  il  legislatore nor avrebbe
scelto  della  norma  precedente  (art. 3  comma  6 del decreto-legge
n. 726  del  1984,  convertito  in legge n. 863 del 1984) la sua piu'
legittima  interpretazione,  ma  avrebbe  attribuito  alla  stessa un
significato  nuovo  e diverso, finendo per sovrapporre la norma nuova
alla precedente;
        b)  ulteriormente,  l'art. 3 della Costituzione, in quanto si
e' venuta a creare una disparita' di trattamento tra datori di lavoro
-  nei  confronti  dei  quali l'originario disposto dell'art. 3 della
legge  del  1984  n. 863  e'  stato  gia'  applicato conformemente al
significato   desumibile   dal  testo  e  dall'uniforme  orientamento
giurisprudenziale  -  e datori di lavoro - i quali, per il solo fatto
dell'attuale  pendenza  dei  giudizi  ovvero  per il solo fatto della
mancata  proposizione  ad  oggi  delle relative azioni giudiziarie da
parte  dell'Istituto)  sono assoggettati alla piu' gravosa disciplina
sopravvenuta;
      c)   infine,  altri  valori  ed  interessi  fondamentali,  pure
costituzionalmente  protetti,  "tra i quali e' compreso l'affidamento
del cittadino nella sicurezza giuridica". L'art. 68, comma 5, secondo
la  societa' resistente, non avrebbe rispettato tali limiti, poiche',
intervenendo  su  rapporti  pregressi,  ed incidendo sulle situazioni
sostanziali  poste  in  essere  nella  vigenza  di quella precedente,
frustra  l'affidamento  di  una  vasta  categoria  di cittadini nella
sicurezza  giuridica,  che costituisce un elemento fondamentale dello
Stato di diritto.
    Il  dubbio  di  legittimita' costituzionale non appare, ad avviso
del Collegio, manifestamente infondato.
    Secondo   la   piu'  recente  giurisprudenza  costituzionale,  il
legislatore puo' adottare norme che precisino il significato di altre
disposizioni  legislative, non solo quando sussista una situazione di
incertezza   nell'applicazione  del  diritto  o  vi  siano  contrasti
giurisprudenziali,  ma  anche  in  presenza  di un indirizzo omogeneo
della  Corte  di  cassazione,  quando  la  scelta imposta dalla legge
rientri  tra le possibili varianti di senso del testo originario, con
cio' vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore (cfr.
le sentenze della Corte costituzionale nn. 311 del 1995, 397 del 1994
e  l'ordinanza  n. 480 del 1992. In precedenza, cfr. sentenze nn. 390
del 1990, 455 del 1992 e 39 del 1993).
    In  base  a tale giurisprudenza, deve ritenersi che non contrasti
di  per  se' con precetti costituzionali l'emanazione di una legge di
interpretazione,   anche   se   approvata   in  assenza  di  pronunce
discordanti.
    Il    legislatore,    infatti,   concorrendo   scelte   politiche
discrezionali   coerenti,  puo'  imporre  determinati  significati  a
precedenti norme.
    L'effettivo  problema  da  affrontare  nella presente fattispecie
riguarda,  pertanto, non gia' la natura (interpretativa o meno) della
legge,  ma  solo  i  limiti che essa incontra quanto alla sua portata
retroattiva.  La  Corte  costituzionale  ha  individuato,  oltre alla
materia penale, altri limiti che attengono alla salvaguardia di norme
costituzionali  (cfr. sentenze nn. 311 del 1995, 397 del 1994, 39 del
1993,  123  del  1988),  tra  i quali i principi di ragionevolezza ed
uguaglianza,   quello  della  tutela  dell'affidamento,  posto  sulla
certezza  dell'ordinamento  giuridico  e  quello  del  rispetto delle
funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere  giudiziario (che
vieta  di  intervenire  per  annullare gli effetti del giudicato o di
incidere intenzionalmente su concrete fattispecie sub judice).
    Nel  caso di specie, viene in rilievo l'affidamento del cittadino
nella  sicurezza  giuridica; principio che, quale elemento essenziale
dello  Stato  di  diritto,  non puo' essere leso da norme con effetti
retroattivi  che incidano irragionevolmente su situazioni regolate da
leggi  precedenti  (Corte  della costituzione sentenze nn. 525 del 15
novembre  2000,  416  del  1999,  211 del 1997, 155 del 1990, 822 del
1988, 349 del 1985).
    Ne'  la finalita' della contrazione della spesa pubblica, sottesa
alla  disposizione  in esame, pare ragione sufficiente a giustificare
le evidenziate violazioni dei suddetti precetti costituzionali.
    La  norma  impugnata  fornisce,  infatti, una interpretazione del
citato  art. 3  comma 6 del decreto legge n. 726 del 1984, convertito
in  legge  n. .863  del  1984, che non era tra quelle accolte in sede
giudiziale ed era nettamente minoritaria anche in dottrina. Come gia'
ricordato,  in  analoghe  circostanze,  la  Corte  costituzionale. ha
dichiarato  illegittima  una  norma interpretativa che interveniva su
una    applicazione   prolungata   ed   incontroversa   della   norma
"interpretata",   considerando   questo  un  elemento  rilevatore  di
concreta  irrazionalita'  (Corte costituzionale n. 283 del 1989, cfr.
anche Corte costituzionale n. 155 del 1990).
    Orbene,  nel  caso  di  specie,  la interpretazione successiva e'
intervenuta  a  distanza  di  oltre sedici anni dall'approvazione del
decreto  legge  n. 726 del 1984. E per di piu' quando le disposizioni
in  materia di fiscalizzazione degli oneri sociali non erano, in gran
parte,  piu'  in  vigore  in quanto abrogate dall'art. 36 del decreto
legislativo 15 dicembre 1997 n. 446.
    Tra  l'altro, la disposizione introdotta con la legge finanziaria
2001  (art. 68,  comma  5, della legge n. 388 del 2000) pone a carico
dei datori di lavoro, con effetto retroattivo, oneri contributivi non
previsti,  con  possibili  distorsioni  sul  piano della concorrenza,
rispetto ad altri datori di lavoro che - pur stipulando, nei medesimi
periodi,  contratti  di  formazione  e  lavoro  -  abbiano  avuto  la
definizione   della   vertenza   contributiva  con  l'Istituto  prima
dell'approvazione e dell'entrata in vigore della predetta legge.
    La  volonta'  di  chiarire il senso dell'anzidetto art. 3 comma 6
del  decreto  legge  n. 726  del 1984, convertito in legge n. 863 del
1984,  e  le  eventuali, pur legittime, considerazioni di convenienza
del legislatore non avrebbero dovuto, ad avviso del Collegio, portare
a  dichiarare applicabile per il passato la nuova disciplina, perche'
in  tal  modo  e'  stato  frustrato  l'affidamento dei soggetti nella
possibilita'   di  operare  sulla  base  delle  condizioni  normative
esistenti  nell'ordinamento  in un dato periodo storico, senza che vi
fosse  una ragionevole necessita' di sacrificare tale affidamento nel
bilanciamento con altri interessi costituzionalmente costituzionali.
    Tale  esigenza  di  garanzia  si arresta, come riconosciuto dalla
Corte  costituzionale  con  la  sentenza n. 525 del 22 novembre 2000,
solo  nel  momento  in  cui  la  norma  interpretativa sia entrata in
vigore.
    Non   vi   era,   pertanto,   alcuna   ragione  per  fornire  una
interpretazione di una norma non piu' in vigore.
    Va  ribadito quanto gia' accennato in punto di fatto, e cioe' che
l'I.N.P.S.  aveva  richiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo anche per
le sanzioni relative ai contributi omessi.
    In  campo  previdenziale  manca una disposizione analoga a quella
ora  prevista  dall'art. 10  della  legge  212  del  27  luglio  2000
("Disposizioni  in  materia di statuto dei diritti del contribuente")
che  esclude  l'irrogazione  di  sanzioni  tutte  le  volte in cui la
violazione  dipenda  da  condizioni  obiettive  di  incertezza  sulla
portata   e  sull'ambito  di  applicazione  della  norma  tributaria.
L'art. 116 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (legge finanziaria
2001)   prevede   in   ipotesi   analoghe,  in  campo  previdenziale.
esclusivamente una riduzione delle sanzioni civili (commi 8, 10, il e
15  lettera  a)),  ferme  le  sanzioni  penali ed abolite solo quelle
amministrative.
    Deve  conclusivamente  ritenersi  rilevante  e non manifestamente
infondata  la  questione  di  legittimita' costituzionale della norma
denunciata.