IL TRIBUNALE DI SONDRIO SEZ. DISTACCATA DI MORBEGNO

    Il giudice dott. G. Di Giorgio, all'udienza dibattimentale del 19
settembre  2001,  nel corso del procedimento a carico degli imputati:
Ferat  Matteo,  Gusmeroli  Ercole, Riva Paolo, Lorenzoni imputati del
reato  p.  e p. dall'art. 588, 1 e 2 comma c.p., per aver partecipato
con  altre due persone rimaste sconosciute, ad una rissa nel pubblico
locale  "Bowling"  di  Talamona,  in  cui riportava lesioni personali
Gusmeroli Ercole.
                              Rilevato
        che  all'udienza  dibattimentale  del  19 settembre 2001, nel
corso  dell'esame  testimoniale  di  Mazzarella Angelo, sentito quale
ufficiale   di   polizia   giudiziaria   incaricato  delle  indagini,
quest'ultimo  si  accingeva  a  riferire  circostanze  che  lo stesso
asseriva  di  aver acquisito ex art. 351 c.p.p. da persone chiamate a
deporre in qualita' di testi nel medesimo dibattimento;
        che  nel  corso  del  precedente esame testimoniale di una di
queste,  avvenuto  nella  medesima  udienza,  il  teste aveva escluso
recisamente  di  aver  riferito  al  suddetto  ufficiale di PG alcune
circostanze  (consistenti  nella specifica indicazione dei nomi degli
odierni  imputati  quali  persone presenti ai fatti e coinvolte nella
rissa)  invece  trasfuse  dall'UPG nel verbale redatto ex art. 357, 2
comma,   lett.  b),  c.p.p.  ed  utilizzato  dal  PM  ai  fini  delle
contestazioni  di  cui  all'art. 500 c.p.p. (cfr. dichiarazioni teste
Giumelli Mauro citato dal PM);
        che  l'esame  e  l'approfondimento  della veridicita' di tali
circostanze  veniva  interrotto  dal  giudice  sulla base del divieto
introdotto  dall'art.  4  della  legge  del  1  marzo 2001 n. 63 che,
sostituendo  il  disposto  del  quarto  comma  dell'art. 195  c.p.p.,
stabilisce che "gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non
possono  deporre  sul  contenuto  delle  dichiarazioni  acquisite dai
testimoni con le modalita' di cui agli art. 351 e 357, comma 2, lett.
a)  e b)", facendo salvi per gli altri casi le disposizioni dei commi
1, 2 e 3 dello stesso art. 195;
                              Ritenuto
        che   tale  nuovo  disposto,  immediatamente  applicabile  ex
art. 26  l.  cit.  al  presente  procedimento,  in  corso  alla  data
dell'entrata   in   vigore,  sostanzialmente  ripristina  il  divieto
introdotto  dall'art. 195,  4  comma,  nuovo c.p.p. (secondo cui "gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul
contenuto   delle   dichiarazioni   acquisite   da  testimoni")  gia'
dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  con sentenza della Corte
costituzionale n. 24 del 31 gennaio 1992;
        che  a  parere  del giudicante risultano permanere i medesimi
profili  di  illegittimita'  dell'art. 4 della legge del 1 marzo 2001
n. 63  gia'  delibati  dalla  Corte  costituzionale  con  riferimento
all'art. 3 della Costituzione, non comprendendosi perche', da un lato
e  con disparita' di trattamento nei confronti degli altri testimoni,
nei  confronti  degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria
debba   essere  in  generale  inibita  quella  particolare  forma  di
testimonianza    che   e'   la   testimonianza   indiretta,   ammessa
dall'art. 195  c.p.p  pur  con  limiti  e garanzie ben specificate e,
dall'altro  e  con  riferimento ai generali principi di oralita' e di
non  dispersione  dell'attivita'  procedimentale, il giudicato penale
debba   prescindere   dalla  testimonianza  indiretta  della  polizia
giudiziaria, fondamentale per l'accertamento dei fatti quando l'esame
dei  testimoni-fonte  obbligatoriamente  indicati sia impossibile per
morte,   infermita'   o   irreperibilita'   (ipotesi   specificamente
contemplate dall'art. 195, 3 comma, c.p.p.);
        che  la riaffermazione dei medesimi profili di illegittimita'
dell'art. 4  della  legge  del  1 marzo 2001 n. 63 non paiono affatto
contrastare  con  i  principi del giusto processo (di cui la legge in
oggetto    costituisce    attuazione)   introdotti   con   la   legge
costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, integrativa dell'art. 111 della
Costituzione,  in  quanto  le  derivanti ipotesi di grave dispersione
dell'attivita'   acquisitiva   sopra  individuate  non  solo  possono
riguardare  sfavorevolmente  la  difesa dell'imputato, ma prescindono
anche da una libera scelta della fonte sottratta al contraddittorio;
        che  infatti  non  sempre idoneo a eliminare il rischio della
mancata conoscenza dei fatti scaturente dalle ipotesi sopra indicate,
appare  lo  strumento  delle letture previste dall'art. 512 c.p.p. in
quanto,   postulando  esso  la  formale  trasfusione  documentale  ex
art. 357   c.p.p.   dell'attivita'   svolta,   risulterebbe  comunque
inapplicabile  nelle  ipotesi  (non  infrequenti  nella  pratica  per
ragioni   di   spazio   e   di   tempo   derivanti  dalle  necessita'
dell'attivita'    investigativa)    della    mancata   documentazione
dell'attivita' svolta dalla polizia giudiziaria nell'immediatezza del
fatto;
        che  ad  ovviare  a  siffatto  inconveniente potrebbe giovare
un'interpretazione    della    nuova    formulazione   del   disposto
dell'art. 195  c.p.c. che ammetta la testimonianza indiretta tutte le
volte   che  la  polizia  giudiziaria  abbia  raccolto  dichiarazioni
omettendo   di  documentarle  mediante  verbale  (cosi'  pur  dandosi
specifica  valenza  ai  non  ben  precisati  "altri  casi"  in cui la
testimonianza  indiretta  degli  appartenenti alla PG parrebbe invece
ammissibile);
        che  nondimeno  a  parere  dello scrivente un'interpretazione
restrittiva  di  tal  fatta  andrebbe  respinta  in  quanto aprirebbe
l'individuazione  giudiziale  di  discutibili  aree di inoperativita'
dell'obbligo di documentazione categoricamente imposto ex art. 357, 2
comma,  lett.  c), c.p.p.. suscettibile a sua volta di successivi (ed
eventualmente  contrastanti)  sindacati  di merito e di legittimita',
con  immediati  ed  incerti  riflessi sulla formazione dibattimentale
della prova e dello stesso modus operandi della PG,
        che  nelle  fattispecie  la  disparita'  di trattamento degli
ufficiali  e  degli agenti di polizia giudiziaria rispetto agli altri
testimoni  con conseguente dispersione dell'attivita' procedimentale,
assume specifica rilevanza in ragione dell'ingiustificata preclusione
ai  primi di controdedurre in merito al contenuto delle dichiarazioni
da  loro ricevute e verbalizzate nell'ipotesi in cui il dichiarante -
poi esaminato quale teste sottoposto all'obbligo di dire la verita' -
contesti  la veridicita' di quanto l'UPG attesti invece come avvenuto
e/o  dichiarato  in  sua  presenza (risultando infatti anche preclusi
ogni  ulteriore  approfondimento  ed  attivita'  istruttoria ritenuta
utile  sul  punto,  come  ad esempio il confronto testimoniale tra il
verbalizzante ed dichiarante)
                             Considerato
        che  la  presente  questione  di legittimita' costituzionale,
oltreche'  non  manifestamente  infondata  per i motivi di cui sopra,
appare  rilevante  ai  fini  della  verifica della legittimita' della
prosecuzione  ed  acquisizione  del contenuto dell'esame testimoniale
dell'ufficiale di PG Mazzarella Angelo