ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 449 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 7 dicembre 2000 dal Tribunale di Siena nel procedimento penale a carico di J. E. H., iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1a serie speciale, dell'anno 2001. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2001 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky. Ritenuto che il Tribunale di Siena, con ordinanza del 7 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento al "principio di ragionevolezza della norma penale" e al principio di necessaria proporzione tra reato e sanzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 449 del codice penale (Delitti colposi di danno), relativamente all'ipotesi di incendio colposo; che il giudice rimettente osserva che la fattispecie colposa del reato di incendio, oggetto del giudizio penale principale, e' equiparata, quanto alla pena stabilita dall'impugnato art. 449 cod. pen. [reclusione da uno a cinque anni], a una serie di altre ipotesi di disastro tra le quali il giudice a quo enumera i reati di strage, di disastro ferroviario o aviatorio, di naufragio - che, nella loro forma dolosa, sono invece punite assai piu' severamente dell'incendio doloso; che, ritenendo corretta "giuridicamente e nella sostanza" la differenziazione tra l'incendio e gli altri delitti sopra detti se realizzati nella loro forma dolosa, il rimettente si duole della assimilazione dei medesimi fatti se realizzati nella forma colposa, sollevando pertanto il dubbio di costituzionalita' della norma incriminatrice da cui detta parificazione deriverebbe, sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza della legge penale, quale espresso dalla giurisprudenza costituzionale in tema di necessario bilanciamento tra disvalore del fatto e sanzione; che prosegue il giudice rimettente - la sproporzione tra il fatto (il reato di incendio colposo) e la sanzione per esso prevista apparirebbe in modo ancor piu' evidente, "per esempio", alla luce del raffronto tra la pena minima stabilita per l'ipotesi colposa di reato in esame (un anno di reclusione) e quella, anch'essa minima, stabilita per il reato di omicidio colposo (sei mesi di reclusione), nonostante che quest'ultimo sia un reato contro la persona che, secondo il Tribunale, appare ictu oculi di maggiore gravita' rispetto all'incendio colposo, reato di pericolo contro l'incolumita' pubblica; che per le anzidette argomentazioni il giudice rimettente ritiene che il bilanciamento tra interessi da tutelare e disvalore dei fatti "impone un'operazione di riesame sotto il profilo della gravita' della pena" per il reato di incendio colposo, in modo da consentire di adeguare in concreto la pena al fatto e cosi' di rispettare il principio di ragionevolezza, secondo il medesimo criterio adottato per la dichiarazione di incostituzionalita' della previsione del minimo edittale per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, appunto perche' non proporzionato rispetto ad altre fattispecie, piu' gravi e tuttavia sanzionate piu' lievemente; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione sollevata. Considerato che il Tribunale di Siena chiede a questa Corte una pronuncia di incostituzionalita' dell'art. 449 cod. pen., relativamente alla sola ipotesi di incendio colposo che esso considera nel suo primo comma, assumendo la violazione dell'art. 3 della Costituzione - sotto il profilo del principio di ragionevolezza della legge e della ingiustificata equiparazione, quanto alla pena prevista, ad altre piu' gravi ipotesi di reato - e altresi' la violazione dell'art. 27 della Costituzione [cosi' dovendosi implicitamente intendere il duplice richiamo (a) all'esigenza della proporzionalita' tra fatto e sanzione e (b) alla pronuncia sentenza n. 341 del 1994 di questa Corte, resa per l'appunto in riferimento a entrambi gli anzidetti parametri costituzionali - con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale della previsione della pena minima allora stabilita per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale]; che, relativamente all'argomentazione del rimettente circa l'irragionevole equiparazione, quanto alla misura della pena, tra il reato di incendio colposo e altre fattispecie di "disastro" anch'esse nella forma colposa, reputate dal rimettente piu' gravi perche' corrispondenti dal punto di vista materiale a condotte che sono punite, se commesse a titolo di dolo, piu' severamente dell'incendio doloso, e' da rilevare anche indipendentemente dalla reversibilita', in linea di principio, dell'argomentazione medesima, che muove dalla differenziazione per censurare l'omologazione ma che potrebbe parimenti muovere dall'assimilazione nella forma colposa per censurare il difforme trattamento dei delitti dolosi; nonche' indipendentemente dall'inesistenza del reato di strage nella forma colposa, del quale pure il rimettente fa menzione che essa trascura del tutto il secondo comma dello stesso art. 449 cod. pen. denunziato, il quale dispone che la pena stabilita in via generale dal primo comma per l'incendio o per un altro disastro colposo "e' raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone"; che per questo primo profilo, pertanto, la questione di costituzionalita' e' sollevata sulla base di un presupposto l'equiparazione tra le pene previste per differenti titoli di reato, quello oggetto del giudizio principale e quelli indicati a tertia comparationis - contraddetto dalla disciplina legislativa vigente, che e' nel senso della differenziazione; che, relativamente alla ulteriore censura del rimettente circa l'irragionevolezza e la sproporzione del trattamento sanzionatorio minimo previsto per il reato di incendio colposo, formulata attraverso il confronto con la misura della pena minima pari alla meta' dell'altra - stabilita per il reato di omicidio colposo, deve osservarsi che l'eterogeneita' delle due previsioni e la radicale differenza di struttura e di obiettivita' giuridica tra le due fattispecie (reato di pericolo contro l'incolumita' pubblica l'uno, reato di evento contro la persona l'altro) impedisce che tra le medesime possa, alla stregua dell'art. 3 della Costituzione, instaurarsi utilmente il raffronto proposto dal rimettente per desumerne l'arbitrarieta' della pena stabilita per una di esse; che, ancor piu' in generale, la lamentata rottura dell'equilibrio tra il fatto e la pena per esso prevista, con la richiesta di una pronuncia che per via di declaratoria di incostituzionalita' abiliti il giudice a modulare diversamente la pena detentiva da applicare, in particolare nel minimo (cosi' potendosi intendere il richiamo del rimettente alla sentenza n. 341 del 1994 di questa Corte), non puo' trovare ingresso quale ragione fondante di una pronuncia di accoglimento da parte di questa Corte, giacche' la censura mossa alla norma costituisce una critica dell'incriminazione penale sotto il profilo quantitativo, censura che, oltre a essere difficilmente traducibile in una dimostrazione di irragionevolezza in se' della sanzione discrezionalmente stabilita dal legislatore, contrasta con il quadro normativo complessivo nel quale la previsione denunciata si inserisce; che infatti, relativamente a quest'ultimo aspetto, il reato di incendio boschivo, sia colposo - quale risulta nel caso di specie essere l'oggetto del giudizio di merito - sia doloso, e' stato reso autonomo titolo di reato, e ha ricevuto un trattamento complessivamente piu' severo rispetto a quanto stabilito sia dall'originaria comprensiva disposizione dell'art. 449 cod. pen. (per la forma colposa) sia dall'art. 423 cod. pen. (per la forma dolosa), con l'introduzione della nuova fattispecie di cui all'art. 423-bis cod. pen. a opera del d.l. 4 agosto 2000, n. 220 (Disposizioni urgenti per la repressione degli incendi boschivi), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 ottobre 2000, n. 275; un intervento di riforma secondo una valutazione di maggiore severita' - poi ulteriormente ribadito dall'art. 11 della legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi) - anteriore all'emanazione dell'ordinanza di rinvio ma non preso in considerazione dal giudice rimettente nel formulare la questione sotto il profilo della congruenza tra la gravita' del fatto e la pena per esso prevista (art. 27 della Costituzione); che, per le osservazioni che precedono, la richiesta del rimettente di modificare l'entita' della pena stabilita dall'art. 449 cod. pen. non puo' trovare accoglimento sotto alcuno dei profili dedotti con la questione sollevata, che deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.