LA CORTE D'APPELLO Ha pronunziato la seguente ordinanza nei confronti di Cammarata Francesco Carmelo, nato a Mazzarino il 4 agosto 1964, detenuto nel carcere di Opera, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, difeso di fiducia dall'avvocato Ivan Behare con studio in Milano, via Buonarroti n. 9; La corte in relazione della richiesta di liquidazione spese ed onorari in quanto ammesso al patrocinio a spese dello Stato. O s s e r v a Il difensore dell'imputato sopra indicato ha richiesto la liquidazione degli onorari e delle spese essendo stati il predetto imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato in quanto non abbiente, in relazione al giudizio di appello conseguente a gravame proposto dal difensore avverso la sentenza 17 maggio 2000 del tribunale di Monza che aveva condannato il suo assistito per delitti in tema di stupefacenti. Ai sensi dell'art. 1 comma 3 legge 30 luglio 1990, n. 217 l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e' valida per ogni grado e per ogni fase del giudizio. Il difensore ha chiesto la liquidazione di L. 9.656.381 ed il Consiglio dell'ordine degli avvocati ha espresso parere favorevole alla liquidazione di L. 5.512.000. L'art. 12 legge 30 luglio 1990, n. 217, come modificato dall'art. 11 legge 29 marzo 2001, n. 134 impone al giudice di liquidare gli onorari senza che sia consentita al giudice una valutazione della non manifesta infondatezza, totale o parziale, del gravame proposto, al fine di mantenere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ovvero di ridurre la liquidazione del compenso a fronte di motivi all'evidenza infondati. Il primo comma ed il secondo dell'art. 1 della citata legge operano una distinzione fra l'azione per il risarcimento del danno e le restituzioni derivanti da reato e l'assistenza ad altri soggetti (imputato e civilmente obbligato per la pena pecuniaria), subordinando il patrocinio a spese dello Stato nel caso dell'azione civile ad una valutazione di non manifesta infondatezza delle ragioni. L'art. 15-bis della legge 30 luglio 1990, n. 217, introdotto dall'art. 13 legge 29 marzo 2001 n. 134 (la cui entrata in vigore e' differita al 1 luglio 2002) consente il patrocinio a spese dello Stato per i cittadini e gli stranieri non abbienti, nei giudizi civili o amministrativi e negli affari di volontaria giurisdizione, "quando le ragioni del non abbiente risultino non manifestamente infondate". Orbene, se si puo' comprendere che nella fase delle indagini preliminari ed in quella del giudizio di primo grado, la difesa dei non abbienti diversi dalla parte civile sia comunque assicurata, a prescindere dalla fondatezza della linea difensiva, essendo costoro sottoposti a procedimento a prescindere (ed anzi quasi sempre contro) la loro volonta', non e' invece ragionevole che anche per la fase delle impugnazioni si debba prescindere da una valutazione di non manifesta infondatezza del gravame proposto ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. E' ben possibile infatti che siano proposte impugnazioni manifestamente infondate a mero scopo dilatorio e non si comprende perche' debba essere utilizzato il pubblico denaro per finanziare tali attivita'. Cio' e' tanto piu' significativo ove si consideri che nel giudizio di appello non esiste una norma analoga all'art. 606 comma 3 c.p.p che nel giudizio di cassazione consente di dichiarare la inammissibilita' del ricorso per manifesta infondatezza. Non opera pertanto il comma 2-bis dell'art. 12 legge 30 luglio 1990, n. 217, introdotto con legge 29 marzo 2001, n. 134 che prevede la liquidazione del compenso per le sole impugnazioni coltivate che non siano dichiarate inammissibili. Il gravame predetto presenta, fra gli altri, alcuni profili che potrebbero essere esaminati ai fini di valutarne la parziale manifesta infondatezza. Infatti e' stato lamentato fra l'altro: impugnando anche l'ordinanza pronunziata dal primo giudice in data 7 ottobre 1998, la nullita' delle udienze per mancata pubblicita' in quanto le stesse sono state tenute in Como anziche' in Monza cosi' asseritamente impedendo ai cittadini di Monza di assistere al procedimento; impugnando anche l'ordinanza pronunziata dal tribunale in data 8 giugno 1999, la inutilizzabilita', a fini di contestazione ai sensi dell'art. 513 c.p.p, nel testo all'epoca vigente, del contenuto di dichiarazioni di Guzzi contenute nel verbale di ispezione e di individuazione dei luoghi redatto il 4 giugno 1993, essendosi Guzzi avvalso della facolta' di non rispondere; la erroneita' dell'ordinanza 1 dicembre 2000, contestualmente impugnata, che ha rigettato l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 decreto-legge 5 gennaio 2000 (ora art. 1 legge 23 febbraio 2000) per violazione dell'art. 111 della Costituzione (nel testo modificato) nella parte in cui tale norma consente in via transitoria l'utilizzo di dichiarazioni non vagliata in contraddittorio, nonostante la esistenza di una norma transitoria di rango costituzionale. La corte ha assolto Cammarata da una imputazione ed escluso, quanto ad un'altra la sussistenza di una circostanza aggravante, rigettando gli ulteriori motivi di gravame. Secondo la disciplina rassegnata questa Corte dovrebbe ora liquidare il compenso a prescindere da ogni valutazione di non manifesta parziale infondatezza o di pretestuosita' del gravame proposto e non potrebbe diminuire l'onorario in relazione a tali parametri. Le disposizioni degli articoli 1 e 12 legge n. 217/1990 sembrano percio' violare varie norme della Costituzione della Repubblica. Anzitutto sembra ipotizzabile la violazione dell'art. 3 della Costituzione in ordine alla disparita' di trattamento prevista per l'azione civile per il risarcimento danni derivanti da reato e per le restituzioni o per la difesa nei procedimenti civili o amministrativi e negli affari di volontaria giurisdizione, nella parte in cui discrimina la tutela dei diversi soggetti non consentendo al giudice di valutare la non manifesta infondatezza del gravame prima di ammettere al patrocinio a spese dello Stato ovvero al fine di revocare tale ammissione, oppure per liquidare il compenso richiesto, anche ai fini di escludere o ridurre lo stesso. Per le stesse ragioni sembra violato l'art. 97 della Costituzione in quanto l'utilizzo di pubblico denaro per l'erogazione di compensi ai difensori anche ove si fosse in presenza di gravami palesemente infondati sembra violare il principio di buon andamento dell'amministrazione. Appare altresi' violato l'art. 111 della Costituzione, nel testo modificato con legge della Costituzione 23 novembre 1999, n. 2, sia per violazione della parita' fra parte civile e imputato (e civilmente obbligato per la pena pecuniaria) che perche' il meccanismo descritto non sembra idoneo ad assicurare la ragionevole durata del processo ed anzi, non consentendo di distinguere fra impugnazioni manifestamente infondate e altre con parvenza di fondatezza, e' idoneo a prolungare ingiustificatamente la durata dei procedimenti, incentivando con denaro pubblico la proposizione di gravami in tutto od in parte all'evidenza privi di fondamento. Tali questioni appaiono a questa corte non manifestamente infondate e sono rilevanti, poiche' la loro soluzione nel senso della illegittimita' costituzionale consentirebbe la valutazione dei profilo della manifesta infondatezza dei gravami ai fini della revoca dell'ammissione del patrocinio a spese dello Stato ovvero della non liquidazione del compenso o della riduzione dello stesso. L'attivita' in cui questa valutazione si rende necessaria e' giurisdizionale, essendo direttamente collegata al procedimento, affidata al giudice ed essendo prevista la proposizione di ricorsi contro il provvedimento ammissione o non ammissione al patrocinio a spese dello Stato e contro il provvedimento di liquidazione, atti decisori suscettibili di divenire definitivi. Del resto la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili questioni di legittimita' sollevate in tema di liquidazione ai periti e consulenti tecnici e custodi (Sentenze 10 giugno 1970 n. 88, 28 gennaio 1981 n. 2, 21 aprile 1989 n. 230, 23 febbraio 1996 n. 41, 3 giugno 1998 n. 197.