Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro-tempore on. dott. Salvatore Cuffaro, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dall' avv. Michele Arcadipane e dall'avv. Giovanni Carapezza Figlia, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 486 del 4 dicembre 2001; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 18 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, recante "Primi interventi per il rilancio dell'economia" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 248 - serie generale - del 24 ottobre 2001. F a t t o La legge 18 ottobre 2001, n. 383, recante "Primi interventi per il rilancio dell'economia", contiene - tra le altre - una serie di disposizioni che, al fine di incentivare l'emersione dell'economia sommersa, prevedono un regime fiscale agevolato per alcune fattispecie, e detta articolate previsioni per garantire l'indispensabile copertura finanziaria. Tra di esse rilevano in particolare, ai fini del presente ricorso, quelle contenute nell'articolo 1 e le disposizioni di copertura finanziaria previste dall'art. 18. L'articolo 1, rubricato "Dichiarazione di emersione", dispone che gli imprenditori che hanno fatto ricorso a lavoro irregolare - non adempiendo agli obblighi discendenti dalla normativa fiscale e previdenziale - possono presentare apposita dichiarazione di emersione. Tale dichiarazione costituisce titolo per l'accesso ad incentivi fiscali e previdenziali consistenti, precipuamente, nell'applicazione, sull'incremento dell'imponibile conseguente all'emersione dei rapporti di lavoro, di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRPEG e dell'IRAP, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione di un'aliquota del 10 per cento per il primo periodo d'imposta e del 15 e 20 per cento rispettivamente per il secondo ed il terzo periodo d'imposta. Un regime fiscale agevolato e' previsto dal secondo comma, lett. b), dell'art. 1, anche per i lavoratori i cui rapporti vengono ad emergere, sui cui redditi di lavoro si applica un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione del 6 per cento, dell'8 per cento e del 10 per cento, rispettivamente, per il primo, secondo e terzo anno. La dichiarazione di emersione puo' anche valere, su richiesta degli imprenditori, come proposta di concordato tributario e previdenziale - alle condizioni previste - ai fini dell'applicazione di un'ulteriore imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRPEG, dell'IRAP, dell'IVA e dei contributi previdenziali, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile, dovuta in ragione dell'aliquota dell'8 per cento del costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato, senza applicazione di sanzioni ed interessi (art. 1, terzo comma). Analogo beneficio e' previsto dal quarto comma dell'art. 1 per i lavoratori "emersi", che possono estinguere i loro debiti fiscali e previdenziali connessi alle prestazioni di lavoro irregolare mediante il pagamento della somma di lire 200.000 per ciascun anno pregresso, senza applicazione di sanzioni ed interessi. L'ottavo comma dell'art. 1 prevede che le "maggiori entrate" derivanti dal recupero di base imponibile connessa ai progranimi di emersione - con esclusione di quelle contributive - affluiscono al fondo di cui all'art. 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. L'art. 18 della legge 383/2001, rubricato "Copertura finanziaria", inoltre, dispone che, per sopperire alle minori entrate derivanti dalla soppressione dell'imposta sulle successioni e donazioni disposta dal capo VI, nonche' agli oneri recati dal capo II della stessa legge, si provvede mediante utilizzo di quote delle maggiori entrate recate dal medesimo capo II, e statuisce che le restanti maggiori entrate recate dallo stesso capo sono destinate al miglioramento dei saldi dei rispettivi esercizi del bilancio dello Stato. Le richiamate disposizioni si appalesano costituzionalmente illegittime e vengono censurate, in quanto lesive delle attribuzioni dell'autonomia finanziaria della regione siciliana, nonche' del principio costituzionale di uguaglianza e dell'obbligo della copertura finanziaria, per le seguenti ragioni di D i r i t t o Violazione dell'articolo 36 dello Statuto della Regione siciliana e del correlato articolo 2 delle norme di attuazione in materia finanziaria approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, nonche' degli articoli 3 e 81, quarto comma, della Costituzione. Ed invero - considerato preliminarmente che dalle previsioni recate dall'articolo 36 dello Statuto e dall'articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 emerge la regola generale secondo la quale, a parte talune individuate eccezioni, tra le quali sono da ricomprendere le nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime, spettano alla Regione siciliana oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate - si osserva che il richiamato articolo 1 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, non configura ne' una imposta di nuova istituzione ne' una entrata derivante da un aumento di aliquota di un imposta preesistente, ma detta una specifica disciplina nel presupposto di una emersione di basi imponibili, le quali, qualora tutti i contribuenti avessero correttamente adempiuto gli obblighi, precipuamente tributari, sugli stessi gravanti, avrebbero gia' da tempo costituito presupposto di imposte di spettanza regionale, ed istituisce, allo scopo, apposite imposte sostitutive; il considerare riservato allo Stato il conseguente gettito, confluente nel fondo istituito ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, comporta un pregiudizio economico per la regione, violandone le attribuzioni in materia finanziaria, in quanto in tal modo si determina, in buona sostanza, una sostituzione di una imposta spettante alla regione con una nuova fattispecie assegnata viceversa allo Stato per generiche finalita' di riduzione della pressione contributiva. Ancor piu', tenuto conto che della preventivata, futura, riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ne subirebbe le conseguenze, in termini di minor gettito percepito, anche la Regione siciliana, ulteriormente illegittimo appare il destinare ad un fondo istituito presso il Ministero del tesoro l'intero maggior gettito tributario derivante dall'emersione di tutte le basi imponibili, senza dunque considerare le riconosciute spettanze della Regione siciliana sul gettito relativo per quanto riscosso nel proprio territorio. Va rilevato, in proposito, che l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante "Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria", consente di riservare all'erario statale esclusivamente le "nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime". Codesta ecc.ma Corte, nel precisare l'ambito di applicazione di tale disposizione, ha autorevolmente chiarito (cfr. sentenze nn. 47/1968 e 49/1972) che per nuova entrata tributaria deve intendersi soltanto quell'entrata "derivante da un atto impositivo nuovo, in mancanza del quale l'entrata non si sarebbe verificata", e, di conseguenza, ha affermato (cfr. sentenza n. 430/1996) che "rimane cosi' preclusa, in via generale, la devoluzione allo Stato di entrate tributarie erariali, riscosse nel territorio della Regione siciliana, ma prive del carattere di novita'". Nella fattispecie di che trattasi manca l'indefettibile requisito della novita' dell'entrata poiche' le imposte sostitutive previste dalla legge in esame non hanno carattere additivo rispetto al regime fiscale preesistente, incidendo le stesse su fattispecie gia' oggetto di tassazione. Le entrate tributarie in questione, di contro, si sostanziano nella fattispecie delle imposte sostitutive di tributi di sicura e pacifica spettanza della regione. E, come ha avuto modo di osservare codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 49/1972), "se lo Stato, come ente sovraordinato e sovrano, puo' disporre in merito alla imposizione o abrogazione di tributi in piena liberta', anche se si tratti di tributi spettanti alle regioni, non per questo esso puo' attribuire a se stesso l'intero gettito di una entrata chiaramente sostitutiva, quando il tributo sostituito non e' di sua esclusiva spettanza". Pertanto, nessun dubbio essendo ammissibile nella fattispecie in esame circa la spettanza - per quanto da riscuotere nel territorio regionale - dei tributi sostituiti, ne' circa la qualificazione della nuova imposta quale "sostitutiva", consegue con certezza il diritto della Regione siciliana, per quanto di competenza, alla percezione delle relative entrate. Ed anche le previsioni dell'art. 18, primo comma, della stessa legge n. 383 del 2001 non appaiono tenere conto delle attribuzioni della regione in materia finanziaria, e, indebitamente ed illegittimamente, attraverso la destinazione di quote di maggiori entrate all'erario statale, variamente disposta in relazione alle diverse finalita' riguardate sottraggono quote di gettito tributario alla stessa spettanti violando le sovraordinate norme statutarie e di attuazione. Ne' appare rilevare ai fini della fondatezza delle proposte censure la circostanza che la "riserva" a favore dell'erario statale non e' dichiarata esplicitamente. Non e' dubbia, infatti, la affluenza delle entrate in questione al bilancio dello Stato. Ne', al fine di evitare la lesione delle riconosciute spettanze regionali, appare soccorrere la disposizione del quarto comma dell'art. 3 della medesima legge n. 383/2001, che prevede l'emanazione di un decreto ministeriale, sentita la conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per la determinazione delle regolazioni contabili degli effetti finanziari per lo Stato, le regioni e gli enti locali; ed invero, la particolare autonomia e l'impianto finanziario della Regione siciliana determinano l'autonoma riscossione delle proprie entrate, non gia' un regime di regolazioni contabili per le entrate tributarie di propria spettanza. Peraltro, qualora, per pura ipotesi, volesse ritenersi che tale decreto ministeriale costituisca il momento procedurale atto a garantire le prerogative e le spettanze regionali, verrebbe a configurarsi una ulteriore lesione costituzionale, poiche' non verrebbe in tale sede garantita, in ossequio al principio di leale cooperazione, quella partecipazione regionale alle determinazioni attuative del meccanismo derogatorio al principio generale della attribuzione alla Regione siciliana dell'intero gettito dei tributi riscossi nell'ambito del suo territorio, cui codesta Corte, con la sua piu' recente giurisprudenza (sentenze nn. 98, 347 e 348 del 2000, e 288 del 2001) ha avuto modo di riferirsi. E, considerato che l'intesa alla quale dovrebbe a tal proposito pervenirsi si sostanzia (Corte Cost. sentenza n. 351/1991) "in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo", assolutamente inidoneo appare, allo scopo, il previsto passaggio in conferenza unificata. Ed ancora, in ogni caso, nulla e' previsto per le maggiori entrate derivanti dal capo II, di cui l'art. 18 della legge qui impugnata prevede una ripartizione in quote, tutte pero' ugualmente destinate, pur con diverse finalita', all'erario statale. Le impugnate disposizioni determinano dunque una decurtazione delle entrate tributarie regionali e configurano quindi una immediata lesione delle attribuzioni della Regione siciliana e della autonomia finanziaria della stessa, risolvendosi in una ingiustificata ed illegittima riduzione delle risorse disponibili da destinare all'assolvimento delle funzioni di competenza. E sotto tale profilo si lamenta altresi' una lesione del principio costituzionale di uguaglianza - destinato a trovare applicazione non soltanto nei confronti delle persone fisiche, ma, secondo un processo di astrazione, anche degli oggetti, dei fatti, delle situazioni e degli istituti giuridici - quale puo' essere individuato nel divieto discriminazioni arbitrarie ed ingiuste, postulando di contro la ragionevolezza di qualsiasi parificazione o distinzione di situazioni (Corte costituzionale, sentenza n. 250 del 1993). Considerato appunto che in altre occasioni e' stata rispettata la "garanzia di ordine quantitativo" dell'autonomia finanziaria regionale (cui codesta Corte ha avuto modo di riferirsi nella sentenza n. 405 del 2000), la mancanza di una previsione di destinazione alla regione nelle disposizioni censurate configura tale ulteriore illegittimita' costituzionale, determinando altresi' uno squilibrio dei conti pubblici regionali in dispregio dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione che impone il principio generale dell'obbligo di copertura delle spese; obbligo che codesta ecc.ma Corte ha sempre ritenuto estendersi oltre il bilancio dello Stato persona in senso stretto, obbligando viceversa tutti gli enti rientranti nel complesso della finanza pubblica allargata, e destinato altresi' ad operare non soltanto con una efficacia circoscritta all'interno del singolo ente, bensi' tale da condizionare anche i rapporti che intercorrono tra enti diversi, reciprocamente ordinati. Il principio costituzionale sancito dall'art. 81, quarto comma, non consente dunque al legislatore nazionale - a pena di una illegittima elusione del principio medesimo - di sottrarre risorse agli enti rientranti nella cosi' detta finanza pubblica allargata senza contestualmente indicare i mezzi con cui fare fronte agli oneri assunti o alle minori entrate derivanti dalle recate disposizioni; cio' anche nel presupposto dell'esistente collegamento finanziario tra simili enti e lo Stato, che appare in realta' "dare luogo ad un unico complesso". Gli articoli impugnati incidono, invero, direttamente sulle attribuzioni regionali prefigurando una illegittima riduzione delle risorse di competenza senza determinare - in contrasto con l'art. 81, comma 4, della Costituzione - la destinazione alle entrate della regione di una apposita copertura finanziaria, ed obbligandola quindi ad imputare al proprio bilancio di previsione, mediante un corrispondente utilizzo di risorse proprie, le entrate venute meno, con la conseguente limitazione, in realta', oltre che dell'autonomia finanziaria sotto il versante delle uscite, anche dell'autonomia legislativa, che, come effetto indiretto, ne risulterebbe compressa.