IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    In  data  21 settembre 2001, il g.i.p. del Tribunale di Avellino,
su  richiesta  del p.m. - sede in data 14 settembre 2001, pronunciava
l'allegato decreto di giudizio immediato nei confronti di Passariello
Antonio   e   Passariello  Carmine,  entrambi  detenuti  in  custodia
cautelare  in carcere, in relazione ai contestati delitti di violenza
sessuale,  estorsione  e minaccia. All'odierna udienza del 6 novembre
2001,   preliminarmente   il  difensore  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 453,  454  e 455 c.p.p. in
relazione  agli  artt. 3,  24,  25  e 111 della Costituzione sotto il
profilo  della ritenuta lesione del diritto di difesa degli imputati,
derivante  dall'emissione  del  decreto  di giudizio immediato - atto
rientrante  nella sfera di discrezionalita' del g.i.p. e, dunque, non
vincolato  -  in  assenza  di  contraddittorio con la difesa, che, se
sentita,  avrebbe  potuto  contribuire ad orientare le determinazioni
del giudicante.
    Ritiene  questo  tribunale  che le argomentazioni difensive siano
condivisibili,   giacche'  e'  innegabile  che  la  fase  processuale
conseguente  alla  richiesta  del  p.m.  di  emissione  del  giudizio
immediato   si   svolga,  innanzi  al  g.i.p.,  nell'attuale  assetto
normativo,  in  assenza  di  ogni  forma  di  contraddittorio e senza
possibilita'  alcuna,  per la difesa, di interloquire sulla richiesta
avanzata dall'accusa.
    Tale situazione processuale, se poteva conciliarsi con il sistema
normativo  anteriore all'entrata in vigore della legge costituzionale
sul  giusto  processo  (si'  da  indurre  la  Corte  di cassazione ad
affermare  la  manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 455  c.p.p. sollevata per preteso contrasto
con  l'art. 24  della  Costituzione,  in  quanto  la vera essenza del
diritto  di  difesa consiste nella facolta' di opporsi alla pronuncia
di  ogni  provvedimento  giurisdizionale  da  cui  possano  scaturire
effetti  dannosi  per  il  soggetto  nella  cui sfera giuridica va ad
incidere  il  provvedimento,  mentre nessun pregiudizio puo' derivare
dal decreto con il quale il g.i.p. dispone il giudizio immediato, che
e' provvedimento di carattere endoprocessuale, assolutamente privo di
conseguenze  rilevanti ai fini dell'eventuale condanna dell'indagato,
cfr.  Cass.  20  giugno  1991,  Pernice), appare, invece, in evidente
distonia  con  i  principi  di  diritto  recentemente introdotti, che
impongono   una   revisione   degli   orientamenti  giurisprudenziali
precedenti,  stratificatisi  in un contesto normativo e culturale ben
diverso da quello attuale.
    In   particolare,  e'  indubbio  che  tutte  le  recenti  riforme
legislative  (giusto  processo,  difesa d'ufficio, indagini difensive
...)  si  siano  orientate  nel senso di garantire l'effettivita' del
diritto  di  difesa  in  ogni  stato e grado del procedimento penale,
mirando  ad  assicurare  il  pieno  contraddittorio e la posizione di
parita'  delle  parti sin dalla fase delle indagini preliminari e non
solo nella fase processuale vera e propria.
    Cio'  si  desume chiaramente dall'art. 111 della Costituzione, il
quale,   benche'  parli  espressamente  soltanto  di  "processo",  ha
senz'altro  inteso garantire i principi appena accennati in ogni fase
del  procedimento,  come  emerge  dal  contenuto  del terzo comma del
citato articolo che attiene anche alle indagini preliminari.
    In   ogni   caso,   anche   se  si  volesse  dissentire  da  tale
interpretazione,  non  c'e'  dubbio  che  la  richiesta  del  p.m. di
emissione  del  decreto  di  giudizio immediato, integrando una delle
possibili  forme  di  esercizio  dell'azione  penale  (cfr.  art. 405
c.p.p.), determini il sorgere della fase processuale in senso proprio
con  assunzione, da parte degli indagati, della qualita' di imputati,
fase che, anche per la sua importanza quale momento di passaggio alla
fase   dibattimentale,   non   puo'  prescindere  dalle  garanzie  di
contraddittorio  e parita' delle parti di cui e' menzione nel secondo
comma  del  citato  art.  111  della Costituzione, per il quale "ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita',  davanti  a  giudice  terzo e imparziale". Tali garanzie non
sono  affatto  assicurate  nell'attuale  giudizio immediato in quanto
l'art.  455  c.p.p.  consente  l'emissione del relativo decreto sulla
base  della  sola  richiesta  del p.m. e senza alcuna possibilita' di
contraddittorio   con   la  difesa,  sia  pure  a  livello  meramente
cartolare.
    Ritenuta  la rilevanza della questione nel presente procedimento,
giacche'  l'accoglimento  della  stessa  comporterebbe la nullita' di
ordine  generale  del  decreto di giudizio immediato e la regressione
del procedimento.