LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di appello
civile   n. 481/99  promosso  da  Regione  Liguria,  in  persona  del
Presidente  pro  tempore,  elettivamente  domiciliata  in Genova, via
della  Giuseppina  n. 12.5, presso e nello studio dell'avv. Gabriella
Schelotto  che  la  rappresenta  e  difende  per  mandato  a  margine
dell'atto di citazione in appello, appellante;
    Contro  Opam  Oils  S.p.a.,  in  persona  del Presidente e legale
rappresentante   pro   tempore   rag.   Osanna   Bresci   Costantino,
elettivamente domiciliata in Genova, via D'Annunzio n. 2.74, presso e
nello studio dell'avv. Matteo Bacigalupo che la rappresenta e difende
unitamente  all'avv. Gianna Manghi per mandato a margine dell'atto di
citazione di primo grado, appellata;
    Contro  U.S.L. n. 2 Savonese, in persona del direttore generale e
legale  rappresentante pro tempore dott. Davide Amodeo, elettivamente
domiciliata  in  Genova,  via  XX  Settembre  n. 21.11 presso e nello
studio  del  l'avv.  Giovanna  Casu, rappresentata e difesa dall'avv.
Antonio  Pipicelli  per  mandato rilasciato in calce alla comparsa di
costituzione, appellata;
    E  contro  azienda  ospedaliera  Ospedale  Santa Corona di Pietra
ligure,   in   persona   del   legale   rappresentante  pro  tempore,
elettivamente  domiciliata  in Genova, via Pisacane n. 20.10 presso e
nello  studio  dell'avv.  Carlo  Manescalchi,  che  la  rappresenta e
difende  unitamente  all'avv. Clotilde Ferrari del foro di Savona per
mandato  rilasciato  in  calce  alla  copia  notificata  dell'atto di
citazione  di  primo  grado, appellata-contumace, avverso la sentenza
resa inter partes dal tribunale di Genova 16 aprile 1999, n. 864.

                             Conclusioni

    Per  l'appellante:  si  chiede  che  la Corte d'appello voglia in
totale  riforma  della  sentenza n. 864/1999 del tribunale di Genova,
dichiarare il difetto di legittimazione passiva della Regione Liguria
nella causa di primo grado. Vinte le spese e competenze di giudizio.
    Per  l'appellata  A.S.L.  n. 2  Savonese: ogni contraria istanza,
eccezione e deduzione respinta, voglia l'on.le Corte d'appello adita,
previa  sospensione  della  presente  controversia e rimessione degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  respingere la domanda proposta da
parte  dell'appellante  in  quanto infondata e pertanto confermare la
sentenza  del  tribunale  di  Genova n. 864/1999. Con il favore delle
spese e competenze del giudizio.
    Per  l'appellata e appellante incidentale Opam Oils: piaccia alla
ecc.ma   Corte   d'appello  adita,  contrariis  reiectis,  respingere
integralmente l'appello proposto dalla Regione Liguria per le ragioni
suesposte,  confermando  per  quanto di ragione l'impugnata sentenza;
inoltre,  in  accoglimento  dell'appello  incidentale  proposto ed in
parziale  riforma  dell'impugnata  sentenza,  condannare  la  Regione
Liguria  al pagamento in favore della Opam Oils S.p.a. della somma di
L.   396.000   oltre  interessi  legali  dal  di'  dell'esborso  sino
all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese ed onorari del presente
grado di giudizio. Salvis iuribus.

                      Svolgimento del processo

    Nel  gennaio  del  1998  la Opam Oils S.p.a. convenne in giudizio
dinanzi   al  tribunale  di  Genova  la  Regione  Liguria,  l'Azienda
ospedaliera  Santa  Corona  di Pietraligure e la A.S.L. n. 2 Savonese
delle  quali  chiese  la  condanna al pagamento in proprio favore del
corrispettivo,  maggiorato  degli  interessi,  per  la  fornitura  di
gasolio   e   olio  combustibile  fluido  per  riscaldamento  per  il
funzionamento  delle  sedi e degli ospedali delle UU.SS.LL. nn. 2, 4,
5, e 7 della Regione ligure.
    La   Regione   Liguria   e   l'azienda   ospedaliera   convenute,
costituitesi, eccepirono la propria carenza di legittimazione passiva
e  l'infondatezza  della  domanda; mentre l'A.S.L. 2 Savonese eccepi'
l'incompetenza territoriale del giudice adito, contestando nel merito
la fondatezza delle opposte pretese.
    In  esito  ad  istruzione  esclusivamente  documentale il giudice
unico   presso  il  tribunale  adito,  definitivamente  pronunciando,
dichiaro'  la  Regione  Liguria  tenuta  al pagamento in favore della
societa'  attrice  della  somma pari a L. 176.162.137 oltre interessi
legali;  rigetto'  ogni  ulteriore  e  diversa  domanda; condanno' la
Regione  soccombente alla rifusione delle spese di giudizio sostenute
da parte attrice.
    Premessa  la  propria  competenza  territoriale (poiche' ai sensi
dell'art. 33 c.p.c., quando piu' soggetti sono convenuti in relazione
ad  una  stessa  domanda, la competenza territoriale e' correttamente
radicata quando per almeno uno di essi la competenza territoriale sia
stata  correttamente  individuata;  e  la  Regione Liguria aveva sede
nella  circoscrizione  del tribunale adito) osservo' il primo giudice
che  riforma del Servizio sanitario nazionale istituita dal d.lgs. 30
dicembre  1992,  n. 502  e  leggi successive aveva identificato nelle
regioni   gli   enti   investiti   delle   funzioni   legislative   e
amministrative in materia sanitaria cui competeva altresi' il compito
di dettare norme disciplinanti la gestione finanziaria e patrimoniale
delle  aziende  sanitarie. In base a detta riforma la giurisprudenza,
chiamata  ad individuare gli enti succeduti alle soppresse UU.SS.LL.,
aveva  affermato  l'esistenza di una successione ex lege in capo alle
regioni,   indicando   in   queste   ultime,   piuttosto   che  nelle
neo-istituite  aziende  sanitarie,  gli enti titolari dei rapporti di
debito  e  credito delle disciolte UU.SS.LL. risultanti alla data del
31 dicembre 1994.
    Nel  merito  -  rilevo'  -  il  credito  dell'attrice  era  stato
adeguatamente  documentato  sia  per  la  sorte  capitale che per gli
interessi,  in  ordine  ai  quali  cespiti, del resto, la regione non
aveva  sollevato  contestazione alcuna; del che doveva prendersi atto
disponendosi  in  conformita',  e  quindi  condannando  detto ente al
chiesto pagamento con ogni conseguenza.
    Avverso  le  predette  statuizioni  ha  qui  proposto  appello la
Regione  Liguria  denunciandone  l'erroneita' ed instando, in riforma
della  gravata  sentenza,  per  l'accoglimento  delle  conclusioni in
epigrafe trascritte.
    L'appellata  Opam  Oils,  nel  costituirsi, ha chiesto il rigetto
dell'avverso  appello e la conferma delle decisioni di prime cure. In
via di appello incidentale ha pur essa contestato la gravata sentenza
nella  parte in cui non le era stata riconosciuta a rimborso la somma
di  L.  396.000, da essa sostenuta per spese notarili, necessarie per
la  produzione in giudizio degli estratti autenticati delle scritture
contabili  costituenti  la  prova  dell'emissione  delle  fatture  di
pagamento.
    La  U.S.L.  n. 2  Savonese,  per sua parte, ha chiesto il rigetto
delle opposte pretese con la conferma della decisione impugnata.
    Nella  contumacia  - non dichiarata - dell'azienda ospedaliera la
causa,  sulle conclusioni come sopra trascritte precisate all'udienza
collegiale  del  13  giugno  2001,  e'  stata trattenuta in decisione
scaduti  i  termini  per  il  deposito delle comparse conclusionali e
delle note di replica.

                       Motivi della decisione

    Ai  fini  del decidere va premessa una ricognizione del complesso
quadro normativo della materia di che trattasi.
    Con  il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, emanato sulla base della
legge  n. 421  del  1992,  di  delega  per  la razionalizzazione e la
revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego
e di finanza territoriale, e' stato realizzato il riordinamento della
disciplina  in  materia  sanitaria,  con la soppressione delle unita'
sanitarie  locali  e  l'istituzione  delle  aziende sanitarie locali,
aventi   natura   di   enti  strumentali  della  regione,  dotati  di
personalita'   giuridica   pubblica,   di   autonomia  organizzativa,
amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica (art. 3
del decreto).
    La legge 23 dicembre 1994, n. 724 ha disposto all'art. 6 comma 1:
"  ... in nessun caso e' consentito alle regioni di far gravare sulle
aziende  di  cui  al  d.lgs.  30  dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni ed integrazioni, ne' direttamente ne' indirettamente, i
debiti  e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unita'
sanitarie  locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni
a stralcio, individuando l'ufficio responsabile delle medesime."
    Tale  norma ha resistito al giudizio di costituzionalita', avendo
la  Corte  costituzionale,  con  sentenza 21- 28 luglio 1995, n. 416,
dichiarato  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6, comma 1, sollevata dalla Regione Sicilia, anche sotto il
profilo, tra gli altri, che esso impone alle Regioni di provvedere ai
disavanzi di gestione.
    La  legge  28  dicembre  1995,  n. 549,  a sua volta, ha disposto
all'art. 2   comma   14  che  "Per  l'accertamento  della  situazione
debitoria  delle  unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere
al  31  dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali
delle  istituite  aziende  unita'  sanitarie  locali  le  funzioni di
commissari   liquidatori  delle  soppresse  unita'  sanitarie  locali
ricomprese  nell'ambito  territoriale  delle  rispettive  aziende. Le
gestioni  a  stralcio  di  cui  all'art.  6,  comma 1, della legge 23
dicembre 1994, n. 724 (69), sono trasformate in gestioni liquidatorie
...".
    Tali  norme sono state interpretate dalla Corte di cassazione nel
senso che a seguito della soppressione delle unita' sanitarie locali,
avvenuta   con   d.lgs.  30  dicembre  1992  n. 502,  e  per  effetto
dell'art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994 n. 724 e dell'art.
2,  comma  14,  della legge 28 dicembre 1995 n. 549, si e' verificata
una  successione  ex  lege  a  titolo  particolare  delle regioni nei
rapporti  di debito e credito gia' facenti capo alle unita' sanitarie
locali.
    Detto  orientamento,  inaugurato  dalle  sentenze  della  S.C. 12
agosto  1996, n. 7479 e 9 novembre 1996, n. 9804, e' stato confermato
dalle  Sezioni unite civili (Cass. sez. un. 11 agosto 1997, n. 7482),
costantemente  seguito  dalle  Sezioni  semplici  (Cass. 26 settembre
1997,  n. 9438;  Cass.  7  novembre  1997, n. 10939; Cass. 27 gennaio
1998,  n. 803;  Cass.  6  giugno 1998, n. 5602; Cass. 7 ottobre 1998,
n. 9911;  Cass.  17  dicembre  1998,  n. 12648) e nuovamente ribadito
dalle  Sezioni  unite  (sent.  18  dicembre 1998, n. 12712; da ultimo
Cass.  23  febbraio  2000,  n. 2032),  con  la  precisazione  che  il
descritto  quadro  normativo  non  risulta  modificato dal successivo
provvedimento  normativo  di  cui  al  d.l.  13 dicembre 1996 n. 630,
convertito  in  legge  n. 21  del  1997,  il  quale e' stato adottato
all'esclusivo  fine  di provvedere al finanziamento dei disavanzi del
servizio  sanitario  nazionale al 31 dicembre 1994 e si e' limitato a
porre un tale disavanzo a carico dello Stato sino all'importo di lire
5.000  miliardi,  ed  a  costituire,  per il residuo, una provvista a
beneficio delle regioni (Cass. 4 luglio 1998 n. 6549).
    Infatti  l'art. 1 del d.l. 13 dicembre 1996 n. 630, convertito in
legge   11   febbraio  1997,  n. 21  dispone  che  "per  il  parziale
finanziamento  dei disavanzi di parte corrente del Servizio sanitario
nazionale  a  tutto  il  31  dicembre 1999, il Ministro del tesoro e'
autorizzato  a  contrarre  mutui,  fino  all'importo  di  lire  5.000
miliardi,  con  onere  a  totale carico dello Stato. La Regione Valle
d'Aosta  e  le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al
finanziamento  dei loro disavanzi ai sensi dell'art. 34, commi 3 e 5,
della legge 23 dicembre 1994, n. 724". E il comma 2 specifica che "Le
somme  derivanti dai mutui di cui al comma 1 sono versate all'entrata
del  bilancio  dello  Stato  per  essere  assegnate  con  decreti del
Ministro  del  tesoro  ad apposito capitolo dello stato di previsione
del  Ministero  del  tesoro,  anche  di  nuova  istituzione,  per  il
successivo  versamento alle regioni secondo le modalita' indicate nel
presente articolo".
    Il   dato   normativo   che   risulta  dalla  breve  ricognizione
legislativa  e giurisprudenziale anzidetta (successione delle regioni
nei  debiti  progressi  delle  unita' sanitarie locali) puo', quindi,
considerarsi jus receptum. Non vi e' alcun dubbio pertanto che, sulla
base  di  tali disposizioni, l'appello della Regione Liguria, volto a
far  constare  il  proprio  difetto  di legittimiazione passiva nella
soggetta  materia  non potrebbe che essere disatteso proprio perche',
come  sopra  rilevato,  risulta essersi verificata una successione ex
lege  a  titolo  particolare  delle  regioni nei rapporti di debito e
credito gia' facenti capo alle Unita' sanitarie locali.
    Cio' precisato, va peraltro rilevato che nel corso della presente
fase  di  giudizio  e'  entrata  in  vigore  la legge regionale della
Liguria  24  marzo 2000, n. 26 la quale, all' art. 1, ha stabilito la
cessazione delle gestioni liquidatorie; e all'art. 2 ha previsto, per
quanto  qui  interessa,  che "Tutti i rapporti giuridici gia' facenti
capo alle unita' sanitarie locali ... operanti nella Regione Liguria,
ancorche'  oggetto di giudizi in qualsiasi sede e gradi, si intendono
di  diritto  trasferiti  in capo alle aziende unita' sanitarie locali
...  nonche'  agli  Istituti  ed  enti sopraindicati ai quali restano
attribuite   la   titolarita'  e  la  legittimazione;  sostanziale  e
processuale,  attiva  e passiva, e il relativo esercizio da parte dei
rispettivi legali rappresentanti".
    Si tratta di una normativa regionale che incide profondamente sul
principio sancito dalla normativa nazionale, quale interpretato dalla
univoca giurisprudenza della S.C. anche a sezioni unite, poiche' vale
a  caricare  le  aziende  neo-istituite  proprio dei debiti contratti
dalle  vecchie  UU.SS.LL.  trasferendo  alle  stesse  cio' che invece
doveva  far  carico  alle  regioni;  e  cio'  sia  dal punto di vista
processuale  che sostanziale ("restano attribuite la titolarita' e la
legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva ...").
    Ritiene   il   Collegio  che  la  normativa  regionale  anzidetta
contrasti  con  alcuni  principi  sanciti  dalla  Costituzione; e che
quindi   debba   sollevarsi  di  ufficio  questione  di  legittimita'
costituzionale nei sensi di cui infra.
    Risulta  dapprima  violato  il  principio di cui all'art. 3 della
Costituzione poiche' in una obbligazione di diritto comune (il debito
verso  la  societa' creditrice risulta infatti sorto jure privatorum)
viene sostituito di imperio il soggetto debitore ad opera proprio del
soggetto obbligato, senza che a tale sostituzione abbia fatto seguito
il consenso della parte creditrice. La legge regionale infatti altera
l'eguaglianza  delle  parti  sia  nella sostanza obbligatoria che nel
processo  poiche'  sottrae un soggetto tenuto ad una prestazione alla
obbligazione  alla  quale  era  astretto per diritto comune, di fatto
istituendo   una   forma   di   liberazione   del   debitore  diversa
dall'adempimento, non prevista dalla disciplina civilistica.
    Risulta,  poi,  violato  il principio di cui all'art. 24 Cost. Il
diritto   alla   difesa  affermato  da  tale  disposizione  e'  stato
considerato  dalla  giurisprudenza una concretizzazione del principio
di   eguaglianza,   vietando   al   legislatore   l'introduzione   di
discriminazioni  irragionevoli  d'ordine  soggettivo nella disciplina
positiva dell'accesso alla giustizia.
    Sul  piano  pratico si registrano numerose affermazioni in ordine
alla necessita' di una effettiva eguaglianza delle parti nel processo
che,  specie  nel campo dei rapporti con la p.a., puo' essere violata
nell'ipotesi   di   istituzione   di  privilegi  tecnico-processuali,
attribuiti  senza  plausibile  giustificazioni  alla  parte pubblica,
oppure   mediante   agevolazioni  irragionevoli,  talvolta  riservate
all'azione giudiziaria dello Stato, oppure ancora mediante disparita'
di  trattamento  processuale  dei  mezzi di tutela a disposizione dei
cittadini nei confronti degli enti pubblici.
    La  necessita'  di  una  parita' formale delle parti nel processo
presuppone  un rapporto di proporzione fra poteri di azione e difesa;
cio'  che la dottrina ha qualificato come egalite' des armes, e cioe'
come equivalenza astratta di chances di successo nella lite cosi' che
ad  entrambe  le  parti  in  giudizio  siano  riconosciute  identiche
possibilita'  tecnico-processuali di far valere i propri diritti e di
condizionare in loro favore il convincimento del giudice.
    Non pare al Collegio che la normativa regionale sia rispettosa di
tale  principio;  poiche'  a  lite  iniziata,  e  quindi  in una fase
processuale  dinamica  in  cui le parti si aspettano - e pretendono -
l'eguaglianza delle armi processuali a loro disposizione, addirittura
sottrae se stessa (la legge regionale si applica proprio alla Regione
Liguria in causa) alla soggettivita' passiva derivante da un rapporto
obbligatorio    e,    quindi,    alla    soggettivita'    processuale
(legittimazione  passiva)  alla  quale  era  ed  e' tenuta come parte
sostanziale del rapporto obbligatorio.
    Analogamente  deve  ritenersi  violato  l'art.  111  Cost., quale
modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 sul c.d.
giusto processo, per il quale, come e' noto, "ogni processo si svolge
nel  contraddittorio  tra  le  parti"  e  soprattutto, per quanto qui
interessa,  " ... in condizioni di parita'"; mentre della sussistenza
di  tale  ultima  condizione e' lecito dubitare per gli stessi motivi
per  i  quali  si  era  ravvisata  dal  Collegio  una  violazione del
principio di cui all'art. 24 Cost.
    Ed   infine  ritiene  il  Collegio  che  la  normativa  regionale
contrasti  con  l'art. 117 Cost. per il quale la regione puo' emanare
norme  legislative  "nei  limiti  dei principi fondamentali stabiliti
dalle  leggi  dello  Stato,  sempreche'  le norme stesse non siano in
contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni".
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha ritenuto che tali principi
fondamentali    possono    desumersi    direttamente   o   da   norme
costituzionali, ovvero da obblighi assunti internazionalmente, oppure
ancora  dalla  legislazione  statuale  se  espressione  di riforme di
carattere generale, coinvolgenti l'intera collettivita' nazionale (le
c.d.  grandi riforme; v. ad es. Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 160;
Cass. 9 aprile 1997, n. 3077).
    Tale  ritiene  il  Collegio  essere  questo  il  caso  di specie.
Attraverso  la  legislazione nazionale surrichiamata (in particolare,
attraverso  la  soppressione  delle vecchie UU.SS.LL. e l'istituzione
delle  nuove  Aziende  unita'  sanitarie locali) si e' infatti inteso
affrontare  da  parte  dello  Stato  la  grande  riforma del servizio
sanitario  nazionale,  stabilendo espressamente che i nuovi organismi
fossero  liberi  da passivita' che ne potessero frenare od ostacolare
l'attivita';  riforma che la legislazione regionale ha invece inteso,
a  giudizio  del  Collegio,  ostacolare  onerando le nuove aziende di
quelle passivita' pregresse che il legislatore nazionale aveva inteso
invece attribuire alle regioni medesime.
    Le  questioni  dedotte  sembrano  a  giudizio  del  Collegio  non
manifestamente  infondate;  e  sono  rilevanti  ai  fini del decidere
perche',  se  la  legge  regionale  sospettata di incostituzionalita'
fosse realmente dichiarata tale, cadrebbe ogni ostacolo a che venisse
riaffermata,  anche  in  questa sede, la legittimazione passiva della
Regione  Liguria  nell'obbligazione  debitoria di cui e' processo con
ogni conseguenza.
    Gli  atti  vanno  quindi  trasmessi alla Corte costituzionale per
l'ulteriore corso; ed il presente giudizio sospeso sino all'esito del
procedimento di costituzionalita' anzidetto.