Ricorso per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato sollevato dal g.u.p. presso il Tribunale di Verona dott. Michele Dusi. In ordine alla vicenda processuale Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona chiedeva il rinvio a giudizio di Augussori Luigi, Bacchin Francesco Maria, Baldani Luca, Bevegni Lorenzo, Borghezio Mario, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto Maria, Bossi Umberto, Bragantini Matteo, Cavaliere Enrico, Cavallin Stefano, Cavallini Sergio, Ceresa Roberto, Cerini Fabiano, Corini Angelo, Flego Enzo, Formentini Marco, Gnutti Vito Bruno, Gobbo Gian Paolo, Gomarasca Moreno, Grammatica Luciano, Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio, Magrotti Stefano, Marchini Corinto Amedeo, Maroni Roberto, Mazzonetto Alberto, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Pagliarini Giancarlo, Perin Renzo, Pini Tiziano, Pollini Alfredo, Provenzi Piercarlo, Robbiani Andrea Ambrogio, Savoia Alessandro, Secco Giampietro, Speroni Francesco Enrico, Zanardini Mario, imputati dei reati (R.G. N.R. prot. n. 81/1996 - 100/1996 - 101/1996 - 14398/1996 - 14531/1996 - 8. 03/1997 - 1440/1997 - 1860/1997 - 1861/1997- 1914/1997 - 2128/1997 - 2303/1997 - 2312/1997 - 2426/1997 - 2723/1997 - 2762/1997 - 2807/1997, 2866/1997; R.G. G.U.P.N. 591/1997 - 592/1997 - 593/1997 - 996/1997 - 1155/1997 - 2059/1997 - 2060/1997 - 2064/1997, 264/1998 - 2065/1997 - 2066/1997 - 2067/1997 - 2068/1997 - 2069/1997 - 265/1998 - 266/1998 - 267/1998 - 268/1998), di cui agli art.: a) del reato di cui agli artt. 110, 241 c.p. per avere, agendo in concorso tra loro e con molte altre persone, alcune identificate ed altre ancora da identificare, commesso fatti diretti a disciogliere l'unita' dello Stato italiano attraverso la disgregazione del suo territorio, ed a creare una nuova entita' statuale, denominata "padania", e costituita da una federazione di Stati comprendente tutte le regioni del nord Italia ed il relativo territorio, mediante la realizzazione e concreta operativita' di una complessa ed articolata struttura di carattere militare denominata "camicie verdi" o "guardia nazionale padana", dotata di apposita uniforme e rappresentante le istituzioni militari e di polizia della nuova entita' statuale - giustificata artificiosamente da una pretesa identita' nazionale "padana" distinta da quella italiana, ed a quest'ultima contrapposta - della quale sono stati istituiti ed organizzati in apposite sedi gli organismi piu' rappresentativi, espressamente qualificati "governo" e "parlamento della repubblica federale padana", con la conseguente pubblicazione di una gazzetta ufficiale contenente la raccolta "degli atti delle istituzioni della padania"; poi convocando, dopo alcuni tentativi di ottenere il riconoscimento da parte della comunita' internazionale di questa nuova entita' artificiosamente creata, apposite "elezioni padane", e chiamando cosi' al voto tutti i cittadini italiani residenti nel territorio del nord Italia per eleggere, secondo le regole di una presunta "regolare" competizione elettorale, e dopo la presentazione di numerose liste con appositi candidati, i rappresentanti del cosiddetto "parlamento della padania"; b) del reato di cui agli artt. 110, 283 c.p. per avere, agendo in concorso con numerose altre persone, alcune identificate ed altre da identificare, tenendo i comportamenti descritti nel capo a), compiuto fatti diretti a mutare la Costituzione dello Stato ed i modi di esercizio della sovranita' e, in particolare, a modificare i principi fissati dagli artt. 5 e 12 secondo i quali la Repubblica e' "una ed indivisibile", (essa sola) "riconosce e promuove le autonomie locali", ed ha come bandiera "il tricolore italiano, verde, bianco e rosso"; c) del reato di cui all'art. 271 c.p. per avere, mediante la costituzione degli organismi rappresentativi della c.d. repubblica federale della padania promosso, costituito, diretto ed organizzato una associazione diretta a distruggere e deprimere il sentimento nazionale istigando al disprezzo ed al vilipendio della bandiera nazionale, tenendo tutti i comportamenti descritti nel capo a) che precede e, in particolare, rappresentando lo Stato italiano come colonizzatore delle terre del nord Italia ed impegnando, con apposito giuramento espressamente pronunciato, da ultimo, nel corso della manifestazione tenutasi a Venezia il 14 settembre 1997, tutti gli aderenti a tale associazione ad opporsi con "ogni mezzo" allo Stato italiano e ad impegnarsi "nella lotta per la liberta' e l'indipendenza della padania" portando a testimonianza del giuramento la "vita, la fortuna ed il sacro onore"; d) del reato di cui agli artt. 81 c.p., 1 e 2 d. lgs. 14 febbraio 1948 n. 43, per avere, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, promosso, costituito, diretto, e partecipato - con molte altre persone, alcune identificate ed altre da identificare - ad una associazione di carattere militare con scopi politici, denominata "camicie verdi", poi confluita in altra piu' complessa struttura denominata G.N.P. (guardia nazionale padana), organizzata secondo precise regole di ammissione e reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme costituita da una camicia verde con maniche lunghe recante un particolare stemma sulla manica sinistra e sul taschino sinistro - e di inquadramento in gruppi territoriali gerarchicamente organizzati, con l'individuazione di responsabili locali tenuti a seguire rigorosamente le direttive del "capo" o delle persone da lui delegate, ed a riferire periodicamente sull'attivita' compiuta in esecuzione di tali direttive; associazione contigua al movimento politico Lega Nord ed avente lo scopo di meglio attuare e di rendere praticabili le proclamate finalita' politiche di tale movimento di creazione di nuove realta' statuali - rappresentandone in qualche modo le istituzioni di polizia e militari - mediante la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata ed opportunamente addestrata per un eventuale impiego collettivo in azioni di violenza e minaccia - peraltro presentate come azioni di legittima difesa di pretesi diritti violati - ed utilizzata, anche, per intimidire gli aderenti contrari alle direttive politiche dei vertici del movimento, e quindi impedirne la partecipazione al dibattito interno, e cosi' imporre, attraverso la riduzione al silenzio dei dissenzienti, all'interno dello stesso movimento Lega Nord una precisa linea politica. Con l'aggravante di armi, essendo state rinvenute numerose armi, peraltro legittimamente detenute, munizioni ed esplosivo nelle abitazioni di vari aderenti all'associazione. In Verona in un periodo ricompreso tra giugno e settembre 1996. di Boatto Stefano Mario, Lonzar Franco, Vascon Luigino, Chiappori Giacomo, Calderoli Roberto, imputati dei reati (R.G. N.R. Prot. n. 98/294 R.G. G.U.P. 99/555), di cui agli articoli: a) 110, 241 c.p. per avere, agendo in concorso tra loro e con molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di Bossi Umberto, Borghezio Mario, Cavaliere Enrico, Pagliarini Giancarlo, Gnutti Vito Bruno, Maroni Roberto, Speroni Francesco e Formentini Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto Maria, Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo, Marchini Corinto, Augussori Luigi, Bragantini Matteo, Cavallin Stefano, Corini Angelo, Gomarasca Moreno, Grammatica Luciano, Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio, Magrotti Stefano, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Provenzi Piercarlo, Robbiani Andrea, Secco Giampietro, Zanardini Mario, Flego Enzo, Bacchin Francesco Maria, Cavallini Sergio, Pini Tiziano, Pollini Alfredo, Savoi Alessandro, Baldani Luca, Cerini Fabiano, Perin Renzo, Mazzonetto Alberto, commesso fatti diretti a disciogliere l'unita' dello Stato italiano attraverso la disgregazione del suo territorio, ed a creare una nuova entita' statuale, denominata "padania", e costituita da una federazione di stati comprendente tutte le regioni del nord Italia ed il relativo territorio, mediante la realizzazione e concreta operativita' di una complessa ed articolata struttura di carattere militare denominata "camicie verdi" o "guardia nazionale padana", dotata di apposita uniforme e rappresentante le istituzioni militari e di polizia della nuova entita' statuale - giustificata artificiosamente da una pretesa identita' nazionale "padana" distinta da quella italiana, ed a quest'ultima contrapposta - della quale sono stati istituiti ed organizzati in apposite sedi gli organismi piu' rappresentativi, espressamente qualificati "governo" e "parlamento della repubblica federale padana", con la conseguente pubblicazione di una gazzetta ufficiale contenente la raccolta "degli atti delle istituzioni della padania"; poi convocando, dopo alcuni tentativi di ottenere il riconoscimento da parte della comunita' internazionale di questa nuova entita' artificiosamente creata, apposite "elezioni padane", e chiamando cosi' al voto tutti i cittadini italiani residenti nel territorio del nord Italia per eleggere, secondo le regole di una presunta "regolare" competizione elettorale, e dopo la presentazione di numerose liste con appositi candidati, i rappresentanti del cosiddetto "parlamento della padania"; b) reato di cui agli artt. 110, 283 c.p. per avere agendo in concorso tra loro e con molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di Bossi Umberto, Borghezio Mario, Cavaliere Enrico, Pagliarini Giancarlo, Gnutti Vito Bruno, Maroni Roberto, Speroni Francesco e Formentini Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto Maria, Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo, Marchini Corinto, Augussori Luigi, Bragantini Matteo, Cavallin Stefano, Corini Angelo, Gomarasca Moreno, Grammatica Luciano, Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio, Magrotti Stefano, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Provenzi Piercarlo, Robbiani Andrea, Secco Giampietro, Zanardini Mario, Flego Enzo, Bacchin Francesco Maria, Cavallini Sergio, Pini Tiziano, Pollini Alfredo, Savoi Alessandro, Baldani Luca, Cerini Fabiano, Perin Renzo, Mazzonetto Alberto, tenendo i comportamenti descritti al capo a), compiuto fatti diretti a mutare la Costituzione dello Stato ed i modi di esercizio della sovranita' e, in particolare, a modificare i principi fissati dagli artt. 5 e 12 secondo i quali la Repubblica e' "una ed indivisibile", (essa sola) "riconosce e promuove le autonomie locali", ed ha come bandiera "il tricolore italiano, verde, bianco e rosso"; c) reato di cui all'art. 271 c.p. per avere agendo in concorso tra loro e con molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di Bossi Umberto, Borghezio Mario, Cavaliere Enrico, Pagliarini Giancarlo, Gnutti Vito Bruno, Maroni Roberto, Speroni Francesco e Formentini Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto Maria, Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo, Marchini Corinto, Augussori Luigi, Bragantini Matteo, Cavallin Stefano, Corini Angelo, Gomarasca Moreno, Grammatica Luciano, Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio, Magrotti Stefano, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Provenzi Piercarlo, Robbiani Andrea, Secco Giampietro, Zanardini Mario, Flego Enzo, Bacchin Francesco Maria, Cavallini Sergio, Pini Tiziano, Pollini Alfredo, Savoi Alessandro, Baldani Luca, Cerini Fabiano, Perin Renzo, Mazzonetto Alberto, mediante la costituzione degli organismi rappresentativi della c.d. repubblica federale della padania promosso, costituito, diretto ed organizzato una associazione diretta a distruggere e deprimere il sentimento nazionale istigando al disprezzo ed al vilipendio della bandiera nazionale, tenendo tutti i comportamenti descritti nel capo a) che precede e, in particolare, rappresentando lo Stato italiano come colonizzatore delle terre del Nord Italia ed impegnando, con apposito giuramento espressamente pronunciato, da ultimo, nel corso della manifestazione tenutasi a Venezia il 14 settembre 1997, tutti gli aderenti a tale associazione ad opporsi con "ogni mezzo" allo Stato italiano e ad impegnarsi "nella lotta per la liberta' e l'indipendenza della padania" portando a testimonianza del giuramento la "vita, la fortuna ed il sacro onore"; d) reato di cui agli artt. 110, 81 c.p., 1 e 2 d.lgs. 14 febbraio 1948 n. 43 per avere, agendo in concorso tra loro e con molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di Bossi Umberto, Borghezio Mario, Cavaliere Enrico, Pagliarini Giancarlo, Gnutti Vito Bruno, Maroni Roberto, Speroni Francesco e Formentini Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto Maria, Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo, Marchini Corinto, Augussori Luigi, Bragantini Matteo, Cavallin Stefano, Corini Angelo, Gomarasca Moreno, Grammatica Luciano, Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio, Magrotti Stefano, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Provenzi Piercarlo, Robbiani Andrea, Secco Giampietro, Zanardini Mario, Flego Enzo, Bacchin Francesco Maria, Cavallini Sergio, Pini Tiziano, Pollini Alfredo, Savoi Alessandro, Baldani Luca, Cerini Fabiano, Perin Renzo, Mazzonetto Alberto, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, promosso, costituito, diretto e partecipato - con molte altre persone, alcune identificate ed altre da identificare, - ad una associazione di carattere militare con scopi politici, denominata "camicie verdi", poi confluita in altra piu' complessa struttura denominata G.N.P. (guardia nazionale padana), organizzata secondo precise regole di ammissione e reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme costituita da una camicia verde con maniche lunghe recante un particolare stemma sulla manica sinistra e sul taschino sinistro - e di inquadramento in gruppi territoriali gerarchicamente organizzati, con l'individuazione di responsabili locali tenuti a seguire rigorosamente le direttive del "capo" o delle persone da lui delegate, ed a riferire periodicamente sull'attivita' compiuta in esecuzione di tali direttive; associazione contigua al movimento politico Lega Nord ed avente lo scopo di meglio attuare e di rendere praticabili le proclamate finalita' politiche di tale movimento di creazione di nuove realta' statuali - rappresentandone in qualche modo le istituzioni di polizia e militari - mediante la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata ed opportunamente addestrata per un eventuale impiego collettivo in azioni di violenza e minaccia - peraltro presentate come azioni di legittima difesa di pretesi diritti violati - ed utilizzata, anche, per intimidire gli aderenti contrari alle direttive politiche dei vertici del movimento, e quindi impedirne la partecipazione al dibattito interno, e cosi' imporre, attraverso la riduzione al silenzio dei dissenzienti, all'interno dello stesso movimento Lega Nord una precisa linea politica. Con l'aggravante del possesso di armi, essendo state rinvenute numerose armi, peraltro legittimamente detenute, munizioni ed esplosivo nelle abitazioni di vari aderenti all'associazione. In Verona in un periodo ricompreso tra giugno e settembre 1996 e anche successivamente: di Garbin Giorgio, imputato dei reati (R.G. N.R. Prot. n.97/1805 R.G. G.U.P. 97/2063), di cui agli artt.: 110, 81, c.p., 1 e 2 d.lgs. 14 febbraio 1948 n. 43 per avere: agendo in concorso con molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di Bossi Umberto, Borghezio Mario, (1) Cavaliere Enrico (17), Pagliarini Giancarlo (9), Gnutti Vito Bruno (5), Maroni Roberto (7), Speroni Francesco (10), e Formentini Marco (23), Bevegni Lorenzo (14), Bosio Bernardino (2), Bosisio Alberto Maria (15), Ceresa Roberto (20), Gobbo Gian Paolo (25), Marchini Corinto (6), Augussori Luigi (11), Bragantini Matteo (16), Cavallin Stefano (18), Corini Angelo (22), Gomarasca Moreno (25), Grammatica Luciano (26), Maddalena Giuseppe (27), Magagnin Patrizio (28), Magrotti Stefano (29), Mazzoni Fabio (30), Mercanzin Marco (31), Nicoletto Giovanni (32), Paggi Riccardo 33), Provenzi Piercarlo (37), Robbiani Andrea (38), Secco Giampietro (40), Zanardini Mario (41), Flego Enzo (4), Bacchin Francesco Maria (12), Cavallini Sergio (19), Pini Tiziano (35), Pollini Alfredo (36), Savoi Alessandro (39), Baldani Luca (13), Cerini Fabiano (21), Perin Renzo (34), Mazzonetto Alberto (8), Boatto Stefano Mario, Lonzar Franco, Vascon Luigino, Chiappori Giacomo, Calderoli Roberto con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, promosso, costituito, diretto e partecipato - con molte altre persone - ad una associazione di carattere militare con scopi politici, denominata "camicie verdi", poi confluita in altra piu' complessa struttura denominata G.N.P. (guardia nazionale padana), organizzata secondo precise regole di ammissione e reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme costituita da una camicia verde con maniche lunghe recante un particolare stemma sulla manica sinistra e sul taschino sinistro - e di inquadramento in gruppi territoriali gerarchicamente organizzati, con l'individuazione di responsabili locali tenuti a seguire rigorosamente le direttive del "capo" o delle persone da lui delegate, ed a riferire periodicamente sull'attivita' compiuta in esecuzione di tali direttive; associazione contigua al movimento politico Lega Nord ed avente allo scopo di meglio attuare e di rendere praticabili le proclamate finalita' politiche di tale movimento di creazione di nuove realta' statuali - rappresentandone in qualche modo le istituzioni di polizia e militari - mediante la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata ed opportunamente addestrata per un eventuale impiego collettivo in azioni di violenza e minaccia - peraltro presentate come azioni di legittima difesa di pretesi diritti violati - ed utilizzata, anche, per intimidire gli aderenti contrari alle direttive politiche dei vertici del movimento, e quindi impedirne la partecipazione al dibattito interno, e cosi' imporre, attraverso la riduzione al silenzio dei dissenzienti, all'interno dello stesso movimento Lega Nord una precisa linea politica; personalmente tra l'altro - il Garbin - procedendo, nella qualita' di responsabile di zona per il territorio di Chioggia (VE) al reclutamento e quindi alla diffusione delle schede, e alla raccolta delle domande, di adesione alla suddetta G.N.P., nonche' partecipando alle varie iniziative intraprese nella qualita' dal comandante della compagnia della liberta' Flego Enzo. Con l'aggravante del possesso di armi, essendo state rinvenute numerose armi, peraltro legittimamente detenute, munizioni ed esplosivo nelle abitazioni di vari aderenti all'associazione. In Verona, Chioggia e anche nel territorio della provincia di Venezia a partire dal periodo compreso tra il giugno e settembre 1996 e quindi nel corso dell'anno 1997 e anche successivamente. Persona offesa per tutti i procedimenti: Presidente pro tempore del Consiglio dei ministri - Roma - elett. dom. c/o l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia. Su richiesta del p.m. e con l'adesione delle difese degli imputati all'udienza preliminare del 13 febbraio 2001 era disposta la riunione dei citati procedimenti ai sensi dell'art. 17 c.p.p., in relazione all'art. 12 lettera a) e c) c.p.p. Ai sensi dell'art. 129 c.p.p. era inoltre pronunciata sentenza di estinzione dei reati ascritti a Mazzoni Fabio per morte di tale imputato. Era inoltre disposta la separazione della posizione relativa a Bacchin Francesco per dichiarata nullita' della notifica dell'avviso relativo all'udienza preliminare. Sempre nel corso della medesima udienza preliminare il g.u.p. dava atto che in data 6 febbraio 2001 era pervenuta a questo ufficio, tramite il presidente del Tribunale di Verona, la deliberazione con la quale il Senato in data 31 gennaio 2001 aveva approvato la relazione della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari (relatore Valentino), con la quale era stata proposta l'applicabilita' dell'art. 68 comma primo della Costituzione, nell'ambito del predetto procedimento penale, nei confronti di Francesco Speroni, senatore all'epoca dei fatti e di Vito Gnutti, senatore. I difensori degli imputati Gnutti e Speroni chiedevano che questo giudice pronunciasse sentenza ex art. 129 c.p.p. con la quale, in via principale fosse dichiarata la non punibilita' dei loro assistiti, nonche' di tutti gli altri imputati, poiche' l'esimente di cui all'art. 68 primo comma della Costituzione, costituisce una causa di giustificazione rientrante nell'art. 51 c.p. e, come tale estensibile a tutti i prevenuti; subordinatamente chiedevano, che il giudice, in sede di sentenza emessa ex art. 129 c.p.p. prendesse atto dell'insussistenza dei fatti ascritti a tutti gli imputati, in virtu' delle valutazioni recepite dal Senato con la citata delibera; in via ulteriormente subordinata chiedevano che l'operativita' dell'art. 68 primo comma della Costituzione fosse estesa a tutti gli imputati parlamentari; nel caso in cui il giudice avesse sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedevano che fosse comunque disposta la sospensione dell'intero procedimento. I pubblici ministeri di udienza chiedevano che fosse sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Questo giudice si riservava la decisione rinviando all'udienza del 20 febbraio 2001, nel corso della quale dava lettura del presente ricorso. In ordine al ravvisato conflitto di attribuzione Come riportato negli atti parlamentari pervenuti, la proposta della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari approvata dal Senato, si sostanzia nel ritenere che gli addebiti ipotizzati a carico di Francesco Speroni e Vito Gnutti, concernono "opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni" e ricadono "pertanto nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione". Nella parte motiva della relazione-proposta dalla giunta si legge: "La giunta ha dedicato un lungo ed attento esame della vicenda processuale inerente alla richiesta di deliberazione nei confronti del senatore Gnutti e dell'onorevole Speroni. Al termine della discussione si e' affermata la tesi che i comportamenti chiamati in causa rappresentino l'esplicitazione esterna di quanto i due parlamentari avevano espresso in sede istituzionale. Si e' individuato, nel capo d'imputazione una sorta di enfatizzazione di alcune vicende che lungi dall'apparire idonee alla realizzazione dell'evento paventato si caratterizzano invece, per taluni aspetti pittoreschi, a volte, addirittura grotteschi, considerati dalla stragrande maggioranza della pubblica opinione come il bizzarro tentativo di suscitare un minimo di attenzione rispetto a proposte politiche che avevano formato oggetto di attivita' parlamentare propria. E' apparso, quindi, di tutta evidenza come i momenti asseritamente tesi ad attentare "all'integrita', l'indipendenza o l'unita' dello Stato", altro non fossero che singolari meccanismi propagandistici di attivita' istituzionali che, per un ceno arco di tempo, avevano impegnato tutti i parlamentari del partito cui appartengono gli onorevoli Gnutti e Speroni. Tali manifestazioni enfatiche e suggestive non possono che essere considerate come la proiezione esterna del disegno politico portato avanti nelle istituzioni, finalizzate soltanto a renderlo piu' visibile. Ed in sede parlamentare, appunto, si e' contrastato il disegno politico dei promotori di un assetto costituzionale diverso dall'attuale, opponendo idonei argomenti nei quali veniva recepito il piu' diffuso sentimento dell'opinione pubblica nazionale. L'intervento della magistratura, in tale contesto, appare francamente una sorta di intrusione in vicende che sono sottratte alla sua competenza perche' peculiari della dialettica parlamentare nel cui ambito si sono realizzati i momenti fondanti di un disegno politico che ha avuto fautori e denigratori nonche' ripercussioni esterne - come e' logico - sempre intimamente collegate alle iniziative di natura parlamentare dalle quali non possono essere separate. Ne' tale stato di cose puo' essere diversamente considerato alla luce della modificazione subita dal capo d'imputazione che, originariamente, registrava, addirittura, condotte tipicamente parlamentari proponendole come aspetto particolarmente rilevante delle violazioni di legge ipotizzate. Non e' possibile, infatti, scindere i due momenti, quello parlamentare e quello divulgativo, sia pure caratterizzato dalle eccentriche manifestazioni di cui si e' detto. Farlo ha significato realizzare un tentativo di individuazione di illiceita' in condotte che non possono non essere esaminate nel contesto piu' ampio nel quale sono state realizzate e che fatalmente ricomprende anche le condotte tipiche tutelate dall'art. 68, primo comma della Costituzione ... Osserva innanzi tutto questo giudice che le citate motivazioni espresse dalla giunta paiono del tutto disarmoniche rispetto ai principi puntualizzati dalla Corte costituzionale e ormai consolidati, sull'ambito di operativita' dell'art. 68 Cost. Come si e' riportato, la tesi della giunta si sostanzia nell'affermare, senza ulteriori specificazioni, che i fatti contestati agli onorevoli Gnutti e Speroni altro non siano che "proiezione esterna di un disegno politico portato avanti nelle istituzioni (leggi parlamento), finalizzata soltanto a renderlo piu' visibile". Nell'individuare il disegno politico in argomento la giunta si limita a definirlo "un assetto costituzionale diverso dall'attuale" (omettendo di fornire elementi caratterizzanti il disegno stesso, che consentano di comprenderne la portata e i contenuti e facendo, sono questo profilo, un implicito riferimento al notorio). Non si cura inoltre la giunta di indicare in che cosa si sia sostanziato il collegamento o la proiezione tra il non meglio delineato disegno politico e l'attivita' oggetto della contestazione. Tale vaghezza non permette di ricondurre come accennato, la tesi della giunta ai principi piu' volte affermati dalla Corte costituzionale, la quale ha reiteratamente sottolineato, come la prerogativa di cui all'art. 68 primo comma della Costituzione non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attivita' politica, ma solo quelle legate da "nesso funzionale" con le attivita' svolte "nella qualita'" di membro delle Camere (v. sentenze della Corte costituzionale n. 375/1997, n. 289/1998, n. 329 e 417/1999). Nel definire il significato dell'espressione "nesso funzionale", la Corte costituzionale ha precisato che si tratta oltre che, ovviamente, delle opinioni espresse nel corso dei lavori della Camera di appartenenza, anche di quelle individualmente manifestate come proiezione delle facolta' proprie del parlamentare, quale membro dell'assemblea. La Corte costituzionale ha inoltre chiarito che il "nesso funzionale" non si puo' certo identificare con l'attivita' politica, che il parlamentare eserciti in qualsiasi sede, poiche' nel linguaggio e nel sistema della Costituzione, le "funzioni" riferite agli organi non indicano generiche finalita', ma riguardano ambiti e modi giuridicamente definiti (cfr. sent. della Corte costituzionale n. 148/1983 e n. 375/1997). Nella chiarissima sentenza 11 - 17 gennaio 2000 n. 10 la Corte costituzionale, nel definire il fondamentale concetto di "nesso funzionale", ha tra l'altro testualmente affermato. "...La semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione che si pretende lesiva e le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare non puo' bastare a fondare l'estensione alla prima della immunita' che copre le seconde. Tanto meno puo' bastare a tal fine la ricorrenza di un contesto genericamente politico in cui la dichiarazione si inserisca. Siffatto tipo di collegamenti non puo' valere di per se' a conferire carattere di attivita' parlamentare e manifestazioni di opinioni che siano oggettivamente ad essa estranee. In questo senso va precisato il significato del "nesso funzionale" che deve riscontrarsi, per poter ritenere l'insindacabilita', tra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare. Non cioe' come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare ... cfr. sentenze, in pari data n. 11 del 2000 ... Le dichiarazioni potrebbero dunque essere ricoperte dalla immunita' solo in quanto risultassero sostanzialmente riproduttive di un'opinione espressa in sede parlamentare .... L'immunita' riguarda non gia' solo l'occasione specifica in cui le opinioni sono manifestate nell'ambito parlamentare, ma il contenuto storico di esse, anche quando ne sia realizzata la diffusione pubblica, in ogni sede e con ogni mezzo. La pubblicita', infatti, e anzi la naturale destinazione, per cosi' dire, alla collettivita' dei rappresentanti, che caratterizza normalmente le attivita' e gli atti del Parlamento, proprio per assicurarne le funzioni si estende a tutte le altre sedi ed occasioni in cui l'opinione venga riprodotta al di fuori dell'ambito parlamentare. Ma l'immunita' e' limitata a quel contenuto storico: e dunque, nel caso di riproduzione all'esterno della sede parlamentare, e' necessario, per ritenere che sussista l'insindacabilita', che si riscontri la identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata nella sede "esterna". Cio' che si richiede, ovviamente, non e' una puntuale coincidenza testuale, ma una sostanziale corrispondenza di contenuti. Tornando al caso concreto, ritiene questo giudice che il pur non esplicitato "nesso funzionale" tra le attivita' contestate nel capo di imputazione agli onorevoli Gnutti e Speroni, e l'attivita' da costoro svolta nella sede istituzionale del Senato, possa verosimilmente identificarsi, attraverso conoscenze notorie, nel programma politico volto a modificare la Costituzione, nel senso di staccare una parte del territorio, ossia la cosidetta "Padania", dal resto dello Stato italiano, costituendo una nuova o del tutto autonoma entita' statale. Ebbene, seguendo i sopra evidenziati insegnamenti della Corte costituzionale, pare evidente che la mera proposizione all'opinione pubblica, attraverso i piu' idonei strumenti divulgativi, di un siffatto programma, gia' espresso in sede parlamentare, rientrerebbe nell'ambito delle garanzie enunciate dall'art. 68 primo comma Cost. Tuttavia la lettura dei fatti enucleati nel capo di imputazione, porta ictu-oculi a comprendere come, nella situazione che ci occupa, ci si trovi completamente al di fuori della descritta riproduzione di opinioni. Infatti il capo a) dell'imputazione contestato agli onorevoli Gnutti e Speroni, non fa certo riferimento alla mera divulgazione di un programma politico, ma a "fatti diretti a disciogliere l'unita' dello Stato italiano attraverso la disgregazione del suo territorio" consistenti nella creazione di "una nuova entita' statuale denominata Padania,... mediante la realizzazione e concreta operativita' di una complessa ed articolata struttura di carattere militare denominata Camice Verdi o Guardia Nazionale Padana..." Lo stesso capo d'imputazione elenca inoltre una serie di atti riconducibili alla condotta di cui all'art. 241 c.p. quali l'istituzione di un governo del parlamento della repubblica federale padana, la pubblicazione di una gazzetta ufficiale contenente gli atti delle istituzioni della Padania, l'indizione di elezioni per la costituzione del parlamento della Padania. I successivi capi sub b) c) e d) dell'imputazione costituiscono ulteriori ipotesi d'accusa collegate evidentemente alla condotta descritta al capo a) e finalizzati alla sua realizzazione. Nella situazione descritta e' facilmente comprensibile come la giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, non possa stabilire alcun collegamento tra atti o dichiarazioni parlamentari degli onorevoli Gnutti e Speroni, nell'ambito del programma politico cui hanno aderito, e i fatti loro contestati nel capo di imputazione. Tale riferimento e' del tutto assente, e pare a questo giudice che non potrebbe essere altrimenti, nel senso che non e' ipotizzabile che un parlamentare all'interno della sede istituzionale che gli e' propria (il Parlamento), teorizzi la realizzazione di un programma secessionista, che transiti attraverso atti contrari ai principi fondamentali del sistema costituzionale nel cui ambito svolge il suo mandato. Non e' pensabile, in altre parole, ne' risulta essersi verificato, che un senatore esponga nell'ambito dei lavori ufficiali della camera di appartenenza, metodi di lotta politica che si sostanziano in attentati alla Costituzione. Non sembra d'altra parte fuori luogo evidenziare che il testo dell'art. 68 primo comma della Costituzione si riferisce alle "opinioni" espresse dal parlamentare, ed a tale area concettuale paiono del tutto estranei fatti quali la concreta realizzazione di organi rappresentanti dei poteri legislativo, ed esecutivo, nonche' la formazione di una organizzazione para-militare. Pertanto la giunta, non potendo far rientrare il contenuto della contestazione nel concetto di "opinioni", ne' stabilire un nesso funzionale con l'attivita' parlamentare svolta dagli onorevoli Gnutti e Speroni, entra, del tutto arbitrariamente, ad avviso di questo giudice, nel merito del fondamento dell'accusa, utilizzando chiare espressioni in tal senso, la' ove fa riferimento a: "singolari meccanismi propagandistici di attivita' istituzionali ... ... Manifestazioni enfatiche e suggestive", che devono considerarsi "come la proiezione esterna del disegno politico portato avanti nelle istituzioni ... ". Sulla base di tali apprezzamenti, attinenti al merito della vicenda processuale ed in ultima analisi al fondamento stesso dell'accusa, la giunta si spinge ad affermare che "l'intervento della magistratura, in tale contesto, appare francamente una sorta di intrusione in vicende che sono sottratte alla sua competenza ...". Ritiene questo giudice che i ripetuti apprezzamenti si sostanzino in un'ingiustificabile invasione di campo della funzione giurisdizionale garantita dall'art. 102 della Costituzione. Spetta infatti solo al giudice valutare se i fatti contestati sussistono, se siano attribuibili agli imputati e se integrino le ipotesi delittuose ritenute dall'accusa. Conseguentemente questo g.u.p. intende sottoporre al vaglio regolatore della Corte costituzionale l'uso del potere esercitato dal Senato, che con delibera in data 31 gennaio 2001 ha ritenuto che i fatti addebitati ai senatori Gnutti e Speroni, cosi' come sopra specificati nelle citate richieste di rinvio a giudizio, rientrino nelle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni parlamentari, rendendo improcedibile nei loro confronti l'azione penale e non esercitabile la giurisdizione. La stretta connessione che unisce la posizione degli onorevoli Gnutti e Speroni a quella dei numerosi coimputati per gli stessi fatti, rende del tutto inopportuna la separazione delle loro posizioni, tenuto conto tra l'altro che tra detti coimputati figurano numerosi altri parlamentari.