Ricorso  per  conflitto  di attribuzione tra i poteri dello Stato
sollevato  dal  g.u.p.  presso  il  Tribunale di Verona dott. Michele
Dusi.
                 In ordine alla vicenda processuale
    Il  Procuratore  della  Repubblica  presso il Tribunale di Verona
chiedeva  il  rinvio a giudizio di Augussori Luigi, Bacchin Francesco
Maria,   Baldani   Luca,  Bevegni  Lorenzo,  Borghezio  Mario,  Bosio
Bernardino,  Bosisio Alberto Maria, Bossi Umberto, Bragantini Matteo,
Cavaliere Enrico, Cavallin Stefano, Cavallini Sergio, Ceresa Roberto,
Cerini  Fabiano,  Corini Angelo, Flego Enzo, Formentini Marco, Gnutti
Vito  Bruno,  Gobbo Gian Paolo, Gomarasca Moreno, Grammatica Luciano,
Maddalena  Giuseppe,  Magagnin  Patrizio,  Magrotti Stefano, Marchini
Corinto  Amedeo,  Maroni  Roberto, Mazzonetto Alberto, Mazzoni Fabio,
Mercanzin  Marco,  Nicoletto  Giovanni,  Paggi  Riccardo,  Pagliarini
Giancarlo,  Perin  Renzo,  Pini  Tiziano,  Pollini  Alfredo, Provenzi
Piercarlo,   Robbiani   Andrea  Ambrogio,  Savoia  Alessandro,  Secco
Giampietro,  Speroni  Francesco Enrico, Zanardini Mario, imputati dei
reati  (R.G. N.R. prot. n. 81/1996 - 100/1996 - 101/1996 - 14398/1996
-  14531/1996  -  8.  03/1997  -  1440/1997  - 1860/1997 - 1861/1997-
1914/1997 - 2128/1997 - 2303/1997 - 2312/1997 - 2426/1997 - 2723/1997
- 2762/1997 - 2807/1997, 2866/1997; R.G. G.U.P.N. 591/1997 - 592/1997
-  593/1997  -  996/1997  -  1155/1997  -  2059/1997  -  2060/1997  -
2064/1997, 264/1998 - 2065/1997 - 2066/1997 - 2067/1997 - 2068/1997 -
2069/1997  -  265/1998 - 266/1998 - 267/1998 - 268/1998), di cui agli
art.:
        a)  del  reato  di  cui  agli  artt. 110, 241 c.p. per avere,
agendo  in  concorso  tra  loro  e  con  molte  altre persone, alcune
identificate  ed altre ancora da identificare, commesso fatti diretti
a   disciogliere   l'unita'   dello   Stato  italiano  attraverso  la
disgregazione  del  suo  territorio,  ed  a  creare una nuova entita'
statuale,  denominata  "padania",  e costituita da una federazione di
Stati  comprendente  tutte  le regioni del nord Italia ed il relativo
territorio,  mediante la realizzazione e concreta operativita' di una
complessa  ed  articolata  struttura di carattere militare denominata
"camicie  verdi"  o  "guardia  nazionale  padana", dotata di apposita
uniforme  e rappresentante le istituzioni militari e di polizia della
nuova entita' statuale - giustificata artificiosamente da una pretesa
identita'  nazionale  "padana"  distinta  da  quella  italiana,  ed a
quest'ultima  contrapposta  -  della  quale  sono  stati istituiti ed
organizzati  in  apposite  sedi  gli  organismi piu' rappresentativi,
espressamente  qualificati  "governo"  e "parlamento della repubblica
federale  padana",  con  la conseguente pubblicazione di una gazzetta
ufficiale  contenente la raccolta "degli atti delle istituzioni della
padania";  poi  convocando,  dopo  alcuni  tentativi  di  ottenere il
riconoscimento  da  parte  della  comunita'  internazionale di questa
nuova  entita' artificiosamente creata, apposite "elezioni padane", e
chiamando  cosi'  al  voto  tutti  i cittadini italiani residenti nel
territorio  del  nord  Italia  per eleggere, secondo le regole di una
presunta  "regolare" competizione elettorale, e dopo la presentazione
di  numerose  liste  con  appositi  candidati,  i  rappresentanti del
cosiddetto "parlamento della padania";
        b)  del  reato  di  cui  agli  artt. 110, 283 c.p. per avere,
agendo in concorso con numerose altre persone, alcune identificate ed
altre da identificare, tenendo i comportamenti descritti nel capo a),
compiuto fatti diretti a mutare la Costituzione dello Stato ed i modi
di  esercizio  della  sovranita'  e,  in  particolare, a modificare i
principi  fissati dagli artt. 5 e 12 secondo i quali la Repubblica e'
"una ed indivisibile", (essa sola) "riconosce e promuove le autonomie
locali",  ed ha come bandiera "il tricolore italiano, verde, bianco e
rosso";
        c)  del reato di cui all'art. 271 c.p. per avere, mediante la
costituzione  degli  organismi  rappresentativi della c.d. repubblica
federale  della  padania promosso, costituito, diretto ed organizzato
una  associazione  diretta  a  distruggere  e deprimere il sentimento
nazionale  istigando  al  disprezzo  ed  al vilipendio della bandiera
nazionale,  tenendo  tutti  i comportamenti descritti nel capo a) che
precede  e,  in  particolare,  rappresentando  lo Stato italiano come
colonizzatore delle terre del nord Italia ed impegnando, con apposito
giuramento  espressamente  pronunciato,  da  ultimo,  nel corso della
manifestazione  tenutasi  a  Venezia  il 14 settembre 1997, tutti gli
aderenti  a  tale associazione ad opporsi con "ogni mezzo" allo Stato
italiano   e   ad   impegnarsi   "nella   lotta  per  la  liberta'  e
l'indipendenza della padania" portando a testimonianza del giuramento
la "vita, la fortuna ed il sacro onore";
        d)  del  reato  di  cui  agli  artt.  81  c.p., 1 e 2 d. lgs.
14 febbraio  1948  n. 43,  per avere, con piu' azioni esecutive di un
medesimo   disegno   criminoso,   promosso,  costituito,  diretto,  e
partecipato  -  con molte altre persone, alcune identificate ed altre
da identificare - ad una associazione di carattere militare con scopi
politici,  denominata  "camicie  verdi",  poi confluita in altra piu'
complessa  struttura  denominata  G.N.P.  (guardia nazionale padana),
organizzata secondo precise regole di ammissione e reclutamento degli
aderenti  -  tutti dotati di uniforme costituita da una camicia verde
con  maniche  lunghe  recante  un  particolare  stemma  sulla  manica
sinistra  e  sul  taschino  sinistro  -  e di inquadramento in gruppi
territoriali  gerarchicamente  organizzati,  con  l'individuazione di
responsabili  locali  tenuti a seguire rigorosamente le direttive del
"capo"  o delle persone da lui delegate, ed a riferire periodicamente
sull'attivita' compiuta in esecuzione di tali direttive; associazione
contigua al movimento politico Lega Nord ed avente lo scopo di meglio
attuare e di rendere praticabili le proclamate finalita' politiche di
tale   movimento   di   creazione   di   nuove   realta'  statuali  -
rappresentandone in qualche modo le istituzioni di polizia e militari
-  mediante la creazione di una struttura gerarchicamente organizzata
ed  opportunamente  addestrata per un eventuale impiego collettivo in
azioni  di  violenza  e minaccia - peraltro presentate come azioni di
legittima  difesa  di pretesi diritti violati - ed utilizzata, anche,
per  intimidire  gli  aderenti  contrari alle direttive politiche dei
vertici  del  movimento,  e  quindi  impedirne  la  partecipazione al
dibattito  interno,  e  cosi'  imporre,  attraverso  la  riduzione al
silenzio  dei  dissenzienti,  all'interno dello stesso movimento Lega
Nord una precisa linea politica.
    Con  l'aggravante di armi, essendo state rinvenute numerose armi,
peraltro   legittimamente  detenute,  munizioni  ed  esplosivo  nelle
abitazioni di vari aderenti all'associazione. In Verona in un periodo
ricompreso tra giugno e settembre 1996.
    di Boatto Stefano Mario, Lonzar Franco, Vascon Luigino, Chiappori
Giacomo,  Calderoli  Roberto,  imputati  dei  reati  (R.G. N.R. Prot.
n. 98/294 R.G. G.U.P. 99/555), di cui agli articoli:
        a) 110, 241 c.p. per avere, agendo in concorso tra loro e con
molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di
Bossi   Umberto,   Borghezio   Mario,  Cavaliere  Enrico,  Pagliarini
Giancarlo,  Gnutti  Vito  Bruno,  Maroni Roberto, Speroni Francesco e
Formentini  Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto
Maria,  Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo, Marchini Corinto, Augussori
Luigi,  Bragantini Matteo, Cavallin Stefano, Corini Angelo, Gomarasca
Moreno,  Grammatica  Luciano,  Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio,
Magrotti Stefano, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni,
Paggi   Riccardo,   Provenzi   Piercarlo,   Robbiani   Andrea,  Secco
Giampietro,  Zanardini  Mario,  Flego  Enzo, Bacchin Francesco Maria,
Cavallini  Sergio,  Pini  Tiziano, Pollini Alfredo, Savoi Alessandro,
Baldani  Luca,  Cerini  Fabiano,  Perin  Renzo,  Mazzonetto  Alberto,
commesso  fatti  diretti a disciogliere l'unita' dello Stato italiano
attraverso la disgregazione del suo territorio, ed a creare una nuova
entita'   statuale,   denominata   "padania",  e  costituita  da  una
federazione di stati comprendente tutte le regioni del nord Italia ed
il   relativo   territorio,  mediante  la  realizzazione  e  concreta
operativita'  di  una  complessa ed articolata struttura di carattere
militare  denominata  "camicie  verdi"  o "guardia nazionale padana",
dotata  di apposita uniforme e rappresentante le istituzioni militari
e   di   polizia   della   nuova   entita'  statuale  -  giustificata
artificiosamente da una pretesa identita' nazionale "padana" distinta
da quella italiana, ed a quest'ultima contrapposta - della quale sono
stati  istituiti  ed  organizzati in apposite sedi gli organismi piu'
rappresentativi,  espressamente  qualificati  "governo" e "parlamento
della  repubblica  federale padana", con la conseguente pubblicazione
di  una  gazzetta  ufficiale contenente la raccolta "degli atti delle
istituzioni  della padania"; poi convocando, dopo alcuni tentativi di
ottenere il riconoscimento da parte della comunita' internazionale di
questa  nuova  entita'  artificiosamente  creata,  apposite "elezioni
padane",  e  chiamando  cosi'  al  voto  tutti  i  cittadini italiani
residenti  nel  territorio  del  nord Italia per eleggere, secondo le
regole  di una presunta "regolare" competizione elettorale, e dopo la
presentazione   di   numerose   liste   con   appositi  candidati,  i
rappresentanti del cosiddetto "parlamento della padania";
        b)  reato di cui agli artt. 110, 283 c.p. per avere agendo in
concorso  tra  loro  e  con  molte  altre persone, alcune delle quali
identificate   nelle  persone  di  Bossi  Umberto,  Borghezio  Mario,
Cavaliere  Enrico,  Pagliarini  Giancarlo,  Gnutti Vito Bruno, Maroni
Roberto, Speroni Francesco e Formentini Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio
Bernardino,  Bosisio Alberto Maria, Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo,
Marchini   Corinto,  Augussori  Luigi,  Bragantini  Matteo,  Cavallin
Stefano,   Corini   Angelo,  Gomarasca  Moreno,  Grammatica  Luciano,
Maddalena  Giuseppe,  Magagnin  Patrizio,  Magrotti  Stefano, Mazzoni
Fabio,  Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Provenzi
Piercarlo,  Robbiani Andrea, Secco Giampietro, Zanardini Mario, Flego
Enzo,  Bacchin  Francesco  Maria,  Cavallini  Sergio,  Pini  Tiziano,
Pollini  Alfredo,  Savoi  Alessandro,  Baldani  Luca, Cerini Fabiano,
Perin Renzo, Mazzonetto Alberto, tenendo i comportamenti descritti al
capo  a), compiuto fatti diretti a mutare la Costituzione dello Stato
ed  i  modi  di  esercizio  della  sovranita'  e,  in  particolare, a
modificare  i  principi fissati dagli artt. 5 e 12 secondo i quali la
Repubblica  e'  "una  ed  indivisibile",  (essa  sola)  "riconosce  e
promuove  le  autonomie  locali",  ed  ha come bandiera "il tricolore
italiano, verde, bianco e rosso";
        c)  reato  di  cui  all'art. 271  c.p.  per  avere  agendo in
concorso  tra  loro  e  con  molte  altre persone, alcune delle quali
identificate   nelle  persone  di  Bossi  Umberto,  Borghezio  Mario,
Cavaliere  Enrico,  Pagliarini  Giancarlo,  Gnutti Vito Bruno, Maroni
Roberto, Speroni Francesco e Formentini Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio
Bernardino,  Bosisio Alberto Maria, Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo,
Marchini   Corinto,  Augussori  Luigi,  Bragantini  Matteo,  Cavallin
Stefano,   Corini   Angelo,  Gomarasca  Moreno,  Grammatica  Luciano,
Maddalena  Giuseppe,  Magagnin  Patrizio,  Magrotti  Stefano, Mazzoni
Fabio,  Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni, Paggi Riccardo, Provenzi
Piercarlo,  Robbiani Andrea, Secco Giampietro, Zanardini Mario, Flego
Enzo,  Bacchin  Francesco  Maria,  Cavallini  Sergio,  Pini  Tiziano,
Pollini  Alfredo,  Savoi  Alessandro,  Baldani  Luca, Cerini Fabiano,
Perin  Renzo,  Mazzonetto  Alberto,  mediante  la  costituzione degli
organismi   rappresentativi  della  c.d.  repubblica  federale  della
padania promosso, costituito, diretto ed organizzato una associazione
diretta  a  distruggere e deprimere il sentimento nazionale istigando
al disprezzo ed al vilipendio della bandiera nazionale, tenendo tutti
i  comportamenti descritti nel capo a) che precede e, in particolare,
rappresentando  lo  Stato italiano come colonizzatore delle terre del
Nord  Italia  ed  impegnando,  con  apposito giuramento espressamente
pronunciato,  da  ultimo,  nel  corso della manifestazione tenutasi a
Venezia  il 14 settembre 1997, tutti gli aderenti a tale associazione
ad  opporsi  con  "ogni  mezzo"  allo  Stato italiano e ad impegnarsi
"nella lotta per la liberta' e l'indipendenza della padania" portando
a  testimonianza  del  giuramento  la  "vita,  la fortuna ed il sacro
onore";
        d)  reato  di  cui  agli  artt. 110, 81 c.p., 1 e 2 d.lgs. 14
febbraio  1948  n. 43  per  avere,  agendo in concorso tra loro e con
molte altre persone, alcune delle quali identificate nelle persone di
Bossi   Umberto,   Borghezio   Mario,  Cavaliere  Enrico,  Pagliarini
Giancarlo,  Gnutti  Vito  Bruno,  Maroni Roberto, Speroni Francesco e
Formentini  Marco, Bevegni Lorenzo, Bosio Bernardino, Bosisio Alberto
Maria,  Ceresa Roberto, Gobbo Gian Paolo, Marchini Corinto, Augussori
Luigi,  Bragantini Matteo, Cavallin Stefano, Corini Angelo, Gomarasca
Moreno,  Grammatica  Luciano,  Maddalena Giuseppe, Magagnin Patrizio,
Magrotti Stefano, Mazzoni Fabio, Mercanzin Marco, Nicoletto Giovanni,
Paggi   Riccardo,   Provenzi   Piercarlo,   Robbiani   Andrea,  Secco
Giampietro,  Zanardini  Mario,  Flego  Enzo, Bacchin Francesco Maria,
Cavallini  Sergio,  Pini  Tiziano, Pollini Alfredo, Savoi Alessandro,
Baldani  Luca,  Cerini  Fabiano, Perin Renzo, Mazzonetto Alberto, con
piu'  azioni  esecutive  di  un medesimo disegno criminoso, promosso,
costituito,  diretto  e partecipato - con molte altre persone, alcune
identificate  ed  altre  da  identificare,  -  ad una associazione di
carattere  militare  con  scopi politici, denominata "camicie verdi",
poi  confluita  in  altra  piu' complessa struttura denominata G.N.P.
(guardia  nazionale  padana),  organizzata  secondo precise regole di
ammissione  e  reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme
costituita  da  una  camicia  verde  con  maniche  lunghe  recante un
particolare  stemma sulla manica sinistra e sul taschino sinistro - e
di  inquadramento in gruppi territoriali gerarchicamente organizzati,
con   l'individuazione   di  responsabili  locali  tenuti  a  seguire
rigorosamente  le  direttive  del  "capo"  o  delle  persone  da  lui
delegate,  ed  a  riferire  periodicamente sull'attivita' compiuta in
esecuzione  di  tali  direttive;  associazione  contigua al movimento
politico  Lega Nord ed avente lo scopo di meglio attuare e di rendere
praticabili  le  proclamate  finalita' politiche di tale movimento di
creazione  di  nuove  realta'  statuali - rappresentandone in qualche
modo  le istituzioni di polizia e militari - mediante la creazione di
una   struttura   gerarchicamente   organizzata   ed   opportunamente
addestrata  per un eventuale impiego collettivo in azioni di violenza
e  minaccia  - peraltro presentate come azioni di legittima difesa di
pretesi  diritti  violati  - ed utilizzata, anche, per intimidire gli
aderenti contrari alle direttive politiche dei vertici del movimento,
e  quindi  impedirne  la partecipazione al dibattito interno, e cosi'
imporre,  attraverso  la  riduzione  al  silenzio  dei  dissenzienti,
all'interno  dello  stesso  movimento  Lega  Nord  una  precisa linea
politica.
    Con  l'aggravante  del  possesso di armi, essendo state rinvenute
numerose   armi,   peraltro  legittimamente  detenute,  munizioni  ed
esplosivo  nelle  abitazioni  di  vari  aderenti all'associazione. In
Verona  in  un periodo ricompreso tra giugno e settembre 1996 e anche
successivamente:
    di  Garbin Giorgio, imputato dei reati (R.G. N.R. Prot. n.97/1805
R.G. G.U.P. 97/2063), di cui agli artt.:
        110, 81, c.p., 1 e 2 d.lgs. 14 febbraio 1948 n. 43 per avere:
          agendo  in  concorso  con molte altre persone, alcune delle
quali  identificate  nelle persone di Bossi Umberto, Borghezio Mario,
(1)  Cavaliere  Enrico  (17),  Pagliarini  Giancarlo (9), Gnutti Vito
Bruno  (5),  Maroni Roberto (7), Speroni Francesco (10), e Formentini
Marco  (23),  Bevegni  Lorenzo  (14),  Bosio  Bernardino (2), Bosisio
Alberto  Maria  (15),  Ceresa  Roberto  (20),  Gobbo Gian Paolo (25),
Marchini  Corinto  (6), Augussori Luigi (11), Bragantini Matteo (16),
Cavallin  Stefano  (18),  Corini  Angelo (22), Gomarasca Moreno (25),
Grammatica  Luciano  (26), Maddalena Giuseppe (27), Magagnin Patrizio
(28),  Magrotti  Stefano  (29),  Mazzoni  Fabio (30), Mercanzin Marco
(31), Nicoletto Giovanni (32), Paggi Riccardo 33), Provenzi Piercarlo
(37),  Robbiani  Andrea  (38), Secco Giampietro (40), Zanardini Mario
(41),  Flego Enzo (4), Bacchin Francesco Maria (12), Cavallini Sergio
(19), Pini Tiziano (35), Pollini Alfredo (36), Savoi Alessandro (39),
Baldani  Luca (13), Cerini Fabiano (21), Perin Renzo (34), Mazzonetto
Alberto  (8),  Boatto  Stefano  Mario, Lonzar Franco, Vascon Luigino,
Chiappori  Giacomo, Calderoli Roberto con piu' azioni esecutive di un
medesimo   disegno   criminoso,   promosso,   costituito,  diretto  e
partecipato  -  con  molte  altre  persone  -  ad una associazione di
carattere  militare  con  scopi politici, denominata "camicie verdi",
poi  confluita  in  altra  piu' complessa struttura denominata G.N.P.
(guardia  nazionale  padana),  organizzata  secondo precise regole di
ammissione  e  reclutamento degli aderenti - tutti dotati di uniforme
costituita  da  una  camicia  verde  con  maniche  lunghe  recante un
particolare  stemma sulla manica sinistra e sul taschino sinistro - e
di  inquadramento in gruppi territoriali gerarchicamente organizzati,
con   l'individuazione   di  responsabili  locali  tenuti  a  seguire
rigorosamente  le  direttive  del  "capo"  o  delle  persone  da  lui
delegate,  ed  a  riferire  periodicamente sull'attivita' compiuta in
esecuzione  di  tali  direttive;  associazione  contigua al movimento
politico  Lega  Nord  ed  avente  allo  scopo  di meglio attuare e di
rendere   praticabili  le  proclamate  finalita'  politiche  di  tale
movimento  di  creazione di nuove realta' statuali - rappresentandone
in  qualche  modo  le istituzioni di polizia e militari - mediante la
creazione   di   una   struttura   gerarchicamente   organizzata   ed
opportunamente  addestrata  per  un  eventuale  impiego collettivo in
azioni  di  violenza  e minaccia - peraltro presentate come azioni di
legittima  difesa  di pretesi diritti violati - ed utilizzata, anche,
per  intimidire  gli  aderenti  contrari alle direttive politiche dei
vertici  del  movimento,  e  quindi  impedirne  la  partecipazione al
dibattito  interno,  e  cosi'  imporre,  attraverso  la  riduzione al
silenzio  dei  dissenzienti,  all'interno dello stesso movimento Lega
Nord  una  precisa  linea  politica;  personalmente  tra l'altro - il
Garbin  -  procedendo,  nella qualita' di responsabile di zona per il
territorio  di Chioggia (VE) al reclutamento e quindi alla diffusione
delle  schede,  e  alla  raccolta  delle  domande,  di  adesione alla
suddetta   G.N.P.,   nonche'   partecipando   alle  varie  iniziative
intraprese  nella  qualita'  dal  comandante  della  compagnia  della
liberta' Flego Enzo.
    Con  l'aggravante  del  possesso di armi, essendo state rinvenute
numerose   armi,   peraltro  legittimamente  detenute,  munizioni  ed
esplosivo  nelle  abitazioni  di  vari  aderenti all'associazione. In
Verona,  Chioggia e anche nel territorio della provincia di Venezia a
partire  dal periodo compreso tra il giugno e settembre 1996 e quindi
nel corso dell'anno 1997 e anche successivamente.
    Persona  offesa  per tutti i procedimenti: Presidente pro tempore
del  Consiglio  dei  ministri  -  Roma - elett. dom. c/o l'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Venezia.
    Su  richiesta  del  p.m.  e  con  l'adesione  delle  difese degli
imputati all'udienza preliminare del 13 febbraio 2001 era disposta la
riunione  dei  citati  procedimenti  ai sensi dell'art. 17 c.p.p., in
relazione  all'art. 12  lettera a) e c) c.p.p. Ai sensi dell'art. 129
c.p.p.  era  inoltre  pronunciata  sentenza  di  estinzione dei reati
ascritti  a  Mazzoni  Fabio  per  morte di tale imputato. Era inoltre
disposta  la separazione della posizione relativa a Bacchin Francesco
per   dichiarata   nullita'   della   notifica  dell'avviso  relativo
all'udienza preliminare.
    Sempre  nel  corso  della  medesima udienza preliminare il g.u.p.
dava atto che in data 6 febbraio 2001 era pervenuta a questo ufficio,
tramite  il  presidente del Tribunale di Verona, la deliberazione con
la  quale  il  Senato  in  data  31  gennaio  2001 aveva approvato la
relazione  della giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari
(relatore    Valentino),    con   la   quale   era   stata   proposta
l'applicabilita'   dell'art. 68   comma   primo  della  Costituzione,
nell'ambito  del  predetto  procedimento  penale,  nei  confronti  di
Francesco  Speroni,  senatore  all'epoca  dei fatti e di Vito Gnutti,
senatore.
    I difensori degli imputati Gnutti e Speroni chiedevano che questo
giudice pronunciasse sentenza ex art. 129 c.p.p. con la quale, in via
principale  fosse  dichiarata  la non punibilita' dei loro assistiti,
nonche'  di  tutti  gli  altri  imputati,  poiche'  l'esimente di cui
all'art. 68  primo comma della Costituzione, costituisce una causa di
giustificazione rientrante nell'art. 51 c.p. e, come tale estensibile
a  tutti i prevenuti; subordinatamente chiedevano, che il giudice, in
sede   di   sentenza   emessa   ex  art. 129  c.p.p.  prendesse  atto
dell'insussistenza dei fatti ascritti a tutti gli imputati, in virtu'
delle  valutazioni recepite dal Senato con la citata delibera; in via
ulteriormente  subordinata chiedevano che l'operativita' dell'art. 68
primo  comma  della  Costituzione  fosse  estesa a tutti gli imputati
parlamentari;  nel  caso in cui il giudice avesse sollevato conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedevano che fosse comunque
disposta la sospensione dell'intero procedimento.
    I  pubblici  ministeri  di udienza chiedevano che fosse sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
    Questo  giudice  si  riservava la decisione rinviando all'udienza
del 20 febbraio 2001, nel corso della quale dava lettura del presente
ricorso.
          In ordine al ravvisato conflitto di attribuzione
    Come  riportato  negli  atti  parlamentari pervenuti, la proposta
della  giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari approvata
dal  Senato,  si sostanzia nel ritenere che gli addebiti ipotizzati a
carico  di  Francesco  Speroni  e  Vito  Gnutti, concernono "opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni" e ricadono "pertanto nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo
comma, della Costituzione".
    Nella  parte  motiva  della  relazione-proposta  dalla  giunta si
legge: "La giunta ha dedicato un lungo ed attento esame della vicenda
processuale  inerente  alla  richiesta di deliberazione nei confronti
del  senatore  Gnutti  e  dell'onorevole  Speroni.  Al  termine della
discussione  si  e' affermata la tesi che i comportamenti chiamati in
causa   rappresentino   l'esplicitazione  esterna  di  quanto  i  due
parlamentari avevano espresso in sede istituzionale.
    Si   e'   individuato,   nel  capo  d'imputazione  una  sorta  di
enfatizzazione  di alcune vicende che lungi dall'apparire idonee alla
realizzazione  dell'evento  paventato  si  caratterizzano invece, per
taluni   aspetti   pittoreschi,   a  volte,  addirittura  grotteschi,
considerati dalla stragrande maggioranza della pubblica opinione come
il bizzarro tentativo di suscitare un minimo di attenzione rispetto a
proposte   politiche   che   avevano  formato  oggetto  di  attivita'
parlamentare  propria.  E'  apparso, quindi, di tutta evidenza come i
momenti    asseritamente    tesi    ad   attentare   "all'integrita',
l'indipendenza  o  l'unita'  dello  Stato",  altro  non  fossero  che
singolari  meccanismi propagandistici di attivita' istituzionali che,
per un ceno arco di tempo, avevano impegnato tutti i parlamentari del
partito  cui  appartengono  gli  onorevoli  Gnutti  e  Speroni.  Tali
manifestazioni   enfatiche   e  suggestive  non  possono  che  essere
considerate  come  la proiezione esterna del disegno politico portato
avanti  nelle  istituzioni,  finalizzate  soltanto  a  renderlo  piu'
visibile.
    Ed  in  sede  parlamentare, appunto, si e' contrastato il disegno
politico   dei   promotori   di  un  assetto  costituzionale  diverso
dall'attuale, opponendo idonei argomenti nei quali veniva recepito il
piu' diffuso sentimento dell'opinione pubblica nazionale.
    L'intervento   della   magistratura,  in  tale  contesto,  appare
francamente  una  sorta  di  intrusione in vicende che sono sottratte
alla  sua  competenza perche' peculiari della dialettica parlamentare
nel  cui  ambito  si sono realizzati i momenti fondanti di un disegno
politico  che  ha  avuto  fautori e denigratori nonche' ripercussioni
esterne  -  come  e'  logico  -  sempre  intimamente  collegate  alle
iniziative  di  natura  parlamentare  dalle  quali non possono essere
separate.
    Ne'  tale stato di cose puo' essere diversamente considerato alla
luce   della   modificazione   subita  dal  capo  d'imputazione  che,
originariamente,   registrava,   addirittura,   condotte  tipicamente
parlamentari  proponendole  come  aspetto  particolarmente  rilevante
delle violazioni di legge ipotizzate.
    Non  e'  possibile,  infatti,  scindere  i  due  momenti,  quello
parlamentare  e  quello  divulgativo,  sia  pure caratterizzato dalle
eccentriche manifestazioni di cui si e' detto.
    Farlo ha significato realizzare un tentativo di individuazione di
illiceita'  in  condotte  che  non  possono  non essere esaminate nel
contesto  piu' ampio nel quale sono state realizzate e che fatalmente
ricomprende  anche  le  condotte tipiche tutelate dall'art. 68, primo
comma della Costituzione ...
    Osserva  innanzi  tutto  questo giudice che le citate motivazioni
espresse  dalla  giunta  paiono  del  tutto  disarmoniche rispetto ai
principi   puntualizzati   dalla   Corte   costituzionale   e   ormai
consolidati, sull'ambito di operativita' dell'art. 68 Cost.
    Come   si  e'  riportato,  la  tesi  della  giunta  si  sostanzia
nell'affermare,   senza   ulteriori   specificazioni,   che  i  fatti
contestati  agli  onorevoli  Gnutti  e  Speroni  altro  non siano che
"proiezione  esterna  di  un  disegno  politico  portato avanti nelle
istituzioni  (leggi parlamento), finalizzata soltanto a renderlo piu'
visibile".  Nell'individuare  il  disegno  politico  in  argomento la
giunta  si  limita  a  definirlo  "un  assetto costituzionale diverso
dall'attuale"  (omettendo  di  fornire  elementi  caratterizzanti  il
disegno  stesso,  che  consentano  di  comprenderne  la  portata  e i
contenuti e facendo, sono questo profilo, un implicito riferimento al
notorio).  Non  si  cura inoltre la giunta di indicare in che cosa si
sia  sostanziato  il  collegamento  o la proiezione tra il non meglio
delineato disegno politico e l'attivita' oggetto della contestazione.
    Tale  vaghezza non permette di ricondurre come accennato, la tesi
della   giunta   ai   principi   piu'  volte  affermati  dalla  Corte
costituzionale,  la  quale  ha  reiteratamente  sottolineato, come la
prerogativa  di  cui  all'art. 68  primo comma della Costituzione non
copre  tutte  le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento
della  sua  attivita'  politica,  ma  solo  quelle  legate  da "nesso
funzionale"  con le attivita' svolte "nella qualita'" di membro delle
Camere   (v.   sentenze   della   Corte  costituzionale  n. 375/1997,
n. 289/1998, n. 329 e 417/1999).
    Nel  definire il significato dell'espressione "nesso funzionale",
la  Corte  costituzionale  ha  precisato  che  si  tratta  oltre che,
ovviamente, delle opinioni espresse nel corso dei lavori della Camera
di  appartenenza,  anche  di  quelle individualmente manifestate come
proiezione  delle  facolta'  proprie  del  parlamentare, quale membro
dell'assemblea.
    La  Corte  costituzionale  ha  inoltre  chiarito  che  il  "nesso
funzionale"  non si puo' certo identificare con l'attivita' politica,
che   il   parlamentare  eserciti  in  qualsiasi  sede,  poiche'  nel
linguaggio  e  nel sistema della Costituzione, le "funzioni" riferite
agli  organi non indicano generiche finalita', ma riguardano ambiti e
modi  giuridicamente  definiti (cfr. sent. della Corte costituzionale
n. 148/1983 e n. 375/1997).
    Nella  chiarissima  sentenza  11 - 17 gennaio 2000 n. 10 la Corte
costituzionale,  nel  definire  il  fondamentale  concetto  di "nesso
funzionale",  ha  tra l'altro testualmente affermato. "...La semplice
comunanza  di argomento fra la dichiarazione che si pretende lesiva e
le opinioni espresse dal deputato o dal senatore in sede parlamentare
non  puo'  bastare  a fondare l'estensione alla prima della immunita'
che copre le seconde.
    Tanto  meno  puo' bastare a tal fine la ricorrenza di un contesto
genericamente politico in cui la dichiarazione si inserisca. Siffatto
tipo di collegamenti non puo' valere di per se' a conferire carattere
di  attivita'  parlamentare  e  manifestazioni  di opinioni che siano
oggettivamente  ad  essa  estranee.  In  questo senso va precisato il
significato  del  "nesso funzionale" che deve riscontrarsi, per poter
ritenere  l'insindacabilita',  tra  la  dichiarazione  e  l'attivita'
parlamentare.  Non cioe' come semplice collegamento di argomento o di
contesto   fra   attivita'  parlamentare  e  dichiarazione,  ma  come
identificabilita'  della  dichiarazione  stessa  quale espressione di
attivita' parlamentare ... cfr. sentenze, in pari data n. 11 del 2000
...
    Le   dichiarazioni   potrebbero  dunque  essere  ricoperte  dalla
immunita' solo in quanto risultassero sostanzialmente riproduttive di
un'opinione  espressa  in sede parlamentare .... L'immunita' riguarda
non   gia'  solo  l'occasione  specifica  in  cui  le  opinioni  sono
manifestate  nell'ambito  parlamentare,  ma  il  contenuto storico di
esse,  anche quando ne sia realizzata la diffusione pubblica, in ogni
sede  e  con  ogni mezzo. La pubblicita', infatti, e anzi la naturale
destinazione,  per cosi' dire, alla collettivita' dei rappresentanti,
che  caratterizza normalmente le attivita' e gli atti del Parlamento,
proprio  per assicurarne le funzioni si estende a tutte le altre sedi
ed   occasioni  in  cui  l'opinione  venga  riprodotta  al  di  fuori
dell'ambito parlamentare.
    Ma  l'immunita'  e'  limitata a quel contenuto storico: e dunque,
nel  caso  di  riproduzione  all'esterno  della sede parlamentare, e'
necessario,  per  ritenere  che  sussista  l'insindacabilita', che si
riscontri  la  identita'  sostanziale  di  contenuto  fra  l'opinione
espressa  in  sede  parlamentare  e  quella  manifestata  nella  sede
"esterna".
    Cio' che si richiede, ovviamente, non e' una puntuale coincidenza
testuale, ma una sostanziale corrispondenza di contenuti.
    Tornando  al caso concreto, ritiene questo giudice che il pur non
esplicitato  "nesso  funzionale" tra le attivita' contestate nel capo
di  imputazione  agli  onorevoli  Gnutti  e Speroni, e l'attivita' da
costoro   svolta   nella   sede   istituzionale   del  Senato,  possa
verosimilmente  identificarsi,  attraverso  conoscenze  notorie,  nel
programma  politico  volto a modificare la Costituzione, nel senso di
staccare  una parte del territorio, ossia la cosidetta "Padania", dal
resto  dello  Stato  italiano,  costituendo  una  nuova  o  del tutto
autonoma entita' statale.
    Ebbene,  seguendo  i  sopra  evidenziati insegnamenti della Corte
costituzionale,  pare  evidente che la mera proposizione all'opinione
pubblica,  attraverso  i  piu'  idonei  strumenti  divulgativi, di un
siffatto  programma, gia' espresso in sede parlamentare, rientrerebbe
nell'ambito delle garanzie enunciate dall'art. 68 primo comma Cost.
    Tuttavia  la lettura dei fatti enucleati nel capo di imputazione,
porta  ictu-oculi a comprendere come, nella situazione che ci occupa,
ci si trovi completamente al di fuori della descritta riproduzione di
opinioni.
    Infatti  il  capo  a)  dell'imputazione contestato agli onorevoli
Gnutti  e Speroni, non fa certo riferimento alla mera divulgazione di
un  programma  politico,  ma a "fatti diretti a disciogliere l'unita'
dello  Stato italiano attraverso la disgregazione del suo territorio"
consistenti nella creazione di "una nuova entita' statuale denominata
Padania,...  mediante la realizzazione e concreta operativita' di una
complessa  ed  articolata  struttura di carattere militare denominata
Camice Verdi o Guardia Nazionale Padana..."
    Lo  stesso  capo  d'imputazione  elenca inoltre una serie di atti
riconducibili   alla   condotta   di   cui  all'art. 241  c.p.  quali
l'istituzione  di un governo del parlamento della repubblica federale
padana,  la  pubblicazione  di  una gazzetta ufficiale contenente gli
atti  delle istituzioni della Padania, l'indizione di elezioni per la
costituzione  del  parlamento della Padania. I successivi capi sub b)
c)  e  d)  dell'imputazione  costituiscono ulteriori ipotesi d'accusa
collegate   evidentemente  alla  condotta  descritta  al  capo  a)  e
finalizzati alla sua realizzazione.
    Nella  situazione  descritta  e' facilmente comprensibile come la
giunta  delle  elezioni  e  delle  immunita'  parlamentari, non possa
stabilire  alcun  collegamento  tra atti o dichiarazioni parlamentari
degli  onorevoli Gnutti e Speroni, nell'ambito del programma politico
cui hanno aderito, e i fatti loro contestati nel capo di imputazione.
Tale  riferimento  e'  del tutto assente, e pare a questo giudice che
non potrebbe essere altrimenti, nel senso che non e' ipotizzabile che
un  parlamentare  all'interno  della  sede  istituzionale  che gli e'
propria  (il  Parlamento),  teorizzi la realizzazione di un programma
secessionista,  che  transiti  attraverso  atti  contrari ai principi
fondamentali  del sistema costituzionale nel cui ambito svolge il suo
mandato.  Non  e'  pensabile,  in  altre  parole, ne' risulta essersi
verificato,  che un senatore esponga nell'ambito dei lavori ufficiali
della  camera  di  appartenenza,  metodi  di  lotta  politica  che si
sostanziano in attentati alla Costituzione.
    Non  sembra  d'altra  parte  fuori luogo evidenziare che il testo
dell'art. 68   primo  comma  della  Costituzione  si  riferisce  alle
"opinioni"  espresse  dal  parlamentare,  ed  a tale area concettuale
paiono  del  tutto  estranei fatti quali la concreta realizzazione di
organi  rappresentanti  dei poteri legislativo, ed esecutivo, nonche'
la  formazione  di  una  organizzazione  para-militare.  Pertanto  la
giunta,  non  potendo  far rientrare il contenuto della contestazione
nel  concetto  di  "opinioni",  ne' stabilire un nesso funzionale con
l'attivita'  parlamentare  svolta  dagli  onorevoli Gnutti e Speroni,
entra,  del  tutto  arbitrariamente, ad avviso di questo giudice, nel
merito  del fondamento dell'accusa, utilizzando chiare espressioni in
tal   senso,   la'   ove  fa  riferimento  a:  "singolari  meccanismi
propagandistici  di  attivita'  istituzionali  ... ... Manifestazioni
enfatiche  e suggestive", che devono considerarsi "come la proiezione
esterna del disegno politico portato avanti nelle istituzioni ... ".
    Sulla  base  di  tali  apprezzamenti,  attinenti  al merito della
vicenda  processuale  ed  in  ultima  analisi  al  fondamento  stesso
dell'accusa, la giunta si spinge ad affermare che "l'intervento della
magistratura,  in  tale  contesto,  appare  francamente  una sorta di
intrusione in vicende che sono sottratte alla sua competenza ...".
    Ritiene questo giudice che i ripetuti apprezzamenti si sostanzino
in    un'ingiustificabile   invasione   di   campo   della   funzione
giurisdizionale  garantita  dall'art. 102  della Costituzione. Spetta
infatti solo al giudice valutare se i fatti contestati sussistono, se
siano attribuibili agli imputati e se integrino le ipotesi delittuose
ritenute dall'accusa.
    Conseguentemente  questo  g.u.p.  intende  sottoporre  al  vaglio
regolatore della Corte costituzionale l'uso del potere esercitato dal
Senato,  che  con  delibera in data 31 gennaio 2001 ha ritenuto che i
fatti  addebitati  ai  senatori  Gnutti  e  Speroni, cosi' come sopra
specificati  nelle  citate  richieste di rinvio a giudizio, rientrino
nelle   opinioni   espresse   nell'esercizio   delle   loro  funzioni
parlamentari,  rendendo  improcedibile  nei  loro  confronti l'azione
penale e non esercitabile la giurisdizione.
    La  stretta  connessione  che unisce la posizione degli onorevoli
Gnutti  e  Speroni  a  quella  dei numerosi coimputati per gli stessi
fatti,   rende  del  tutto  inopportuna  la  separazione  delle  loro
posizioni, tenuto conto tra l'altro che tra detti coimputati figurano
numerosi altri parlamentari.