ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito delle delibere della Camera dei deputati del 24 novembre 1999, 9 e 14 marzo 2000 e del Senato della Repubblica del 31 maggio 2000, relative alla insindacabilita' delle opinioni espresse dagli on. Marco Follini, Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e Tiziana Maiolo e dal sen. Marcello Pera nei confronti del dott. Giancarlo Caselli ed altri, promosso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma - ufficio 20 - con ricorso depositato il 5 aprile 2001 ed iscritto al n. 187 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2001 il giudice relatore Franco Bile. Ritenuto che con ricorso del 5 marzo 2001, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma - nel corso di procedimenti penali riuniti, pendenti per i delitti di cui agli artt. 595 del codice penale e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), a carico dei deputati Tiziana Maiolo, Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e Marco Follini, e del senatore Marcello Pera - ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato nei confronti di ciascuna delle deliberazioni, con cui la Camera di appartenenza dei parlamentari ha ritenuto insindacabili le dichiarazioni da essi rese, per le quali sono state formulate le imputazioni; che - come il rimettente riferisce - i procedimenti sono stati originati da querele proposte il 9 giugno 1999 dall'allora Procuratore della Repubblica di Palermo, dottor Giancarlo Caselli, e dai Sostituti, dottori Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava ed Umberto De Giglio (che, in data 22 gennaio 1999, avevano formulato la richiesta di custodia cautelare del deputato Marcello Dell'Utri, alla quale le dichiarazioni rese dai parlamentari si riferivano), ed il pubblico ministero, riuniti i procedimenti, ha esercitato l'azione penale, richiedendo il rinvio a giudizio dei parlamentari stessi; che l'imputazione formulata a carico della deputata Maiolo si riferisce alle dichiarazioni rese nel corso dell'intervista riportata dall'agenzia ANSA il 9 marzo 1999, con nota dal titolo "Dell'Utri: Maiolo, candidarlo a Strasburgo come Tortora", con le quali ella avrebbe offeso ripetutamente la reputazione dei medesimi magistrati, affermando precisamente: "... organizzare da Strasburgo la battaglia contro le organizzazioni mafiose di stampo istituzionale che ammorbano l'Italia", "abbiamo di fronte una strategia ben congegnata che punta alla distruzione per via giudiziaria dell'opposizione politica ... Una strategia che ricorre alla campagna acquisti di "pentiti e di "pentituri a quali si offrono privilegi di ogni tipo in cambio di dichiarazioni mirate"; che l'imputazione formulata a carico del deputato Fini si riferisce alla dichiarazione "E' in atto una campagna politica", ritenuta offensiva della reputazione degli stessi magistrati, resa nel corso dell'intervista pubblicata sul quotidiano "Il Messagero" il 10 marzo 1999, nell'articolo intitolato "Il verdetto di Fini e La Russa: accuse deboli" e sottotitolato "Pera: il vero bersaglio e' il cavaliere. Ma Maroni difende Caselli: e' onesto. E' l'inizio della campagna elettorale"; che l'imputazione formulata a carico del deputato Pisanu si riferisce alla dichiarazione "siamo di fronte a una iniziativa giudiziaria a orologeria politica caduta puntualmente in vista di grandi scadenze elettorali", ritenuta offensiva della reputazione dei menzionati magistrati e risultante da una nota ANSA del 10 marzo 1999, intitolata "Dell'Utri: Pisanu, azione giudiziaria a orologeria politica"; che l'imputazione formulata a carico del deputato Follini si riferisce alla dichiarazione "La richiesta di arresto di Dell'Utri e' un'operazione politica camuffata da provvedimento giudiziario ... in questa storia c'e' un amaro riassunto delle forzature di una giustizia di parte", ritenuta offensiva della reputazione dei menzionati magistrati e risultante dalla nota ANSA del 9 marzo 1999 intitolata "Dell'Utri: Follini, operazione politica camuffata"; nonche' alla dichiarazione "Un'operazione politica camuffata da provvedimento giudiziario", resa nel corso dell'intervista pubblicata sul quotidiano Il Messaggero il 10 marzo 1999 sotto lo stesso titolo relativo alla dichiarazione del deputato Fini; che l'imputazione formulata a carico del senatore Pera si riferisce alla dichiarazione "Il vero e ultimo bersaglio di Caselli e' Berlusconi e Forza Italia ... Se questo Paese deve essere governato dal Parlamento o da qualche Stranamore in toga", ritenuta offensiva della reputazione dei menzionati magistrati, resa nell'intervista pubblicata sul medesimo quotidiano il 10 marzo 1999 sotto lo stesso titolo relativo alla dichiarazione del deputato Fini; che l'autorita' giudiziaria ricorrente - ritenuta la necessita' di sottoporre alla Corte costituzionale la legittimita' delle deliberazioni con cui la Camera dei deputati ed il Senato hanno ritenuto le dichiarazioni oggetto dei capi di imputazioni riconducibili alla previsione dell'art. 68, primo comma, della Costituzione - ha, all'udienza preliminare, disposto la separazione delle posizioni dei parlamentari e sospeso il procedimento; che le ragioni del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sono ravvisate nel rilievo che erroneamente le Camere hanno ritenuto le dichiarazioni "direttamente connesse" all'esercizio delle funzioni parlamentari, mentre questa Corte ha piu' volte affermato che rientrano nella garanzia dell'art. 68 "solo le opinioni legate da "nesso funzionale con le attivita' svolte dal dichiarante nella sua qualita' di parlamentare", perche' se cosi' non fosse "la prerogativa si tramuterebbe in un ingiustificato ed ingiusto privilegio personale"; che il suddetto nesso funzionale, secondo il rimettente, si puo' ravvisare "quando le dichiarazioni corrispondono a quelle espresse nel corso delle attivita' proprie del parlamentare, con esclusione, quindi, di quelle attivita' che, pur connesse in senso lato all'esercizio di dette funzioni, ne sono tuttavia estranee, essendo riferibili, ad esempio all'attivita' politica espletata all'interno dei partiti"; che al riguardo il ricorrente riporta ampi passi delle sentenze n. 10 e n. 56 del 2000 della Corte costituzionale, traendone la conclusione che "poiche' l'insindacabilita' delle dichiarazioni rese extra moenia puo' essere riconosciuta solo ove vi sia corrispondenza sostanziale tra le dichiarazioni stesse e quelle espresse nell'ambito dell'attivita' tipica del parlamentare", l'insindacabilita' puo' riconoscersi "solamente se tale ultima attivita' sia stata espletata, cioe' nel caso in cui il parlamentare abbia gia' espresso dichiarazioni od opinioni nella sede propria parlamentare e solo successivamente o, quanto meno, contestualmente abbia dato pubblicita' esterna ad esse"; che non potrebbe, dunque, riconoscersi alcun nesso funzionale fra le dichiarazioni dei deputati Fini, Maiolo, Pisanu e Follini e la loro attivita' parlamentare, non trovando tali dichiarazioni corrispondenza in analoghe opinioni espresse, in precedenza o contestualmente, in sede parlamentare; che per il senatore Pera l'inesistenza dell'insindacabilita', sotto il profilo del difetto di nesso funzionale, emergerebbe dal fatto che, essendo la decisione sull'arresto dell'on. Dell'Utri di competenza della Camera e non del Senato, non solo il senatore non aveva ancora espresso la sua opinione in sede parlamentare, "ma mai avrebbe potuto esprimerla in tale sede, essendo membro di una Camera diversa da quella competente a decidere"; che le deliberazioni della Camera e del Senato, essendosi basate - ad avviso del ricorrente - su un'errata valutazione dei presupposti dell'art. 68, avrebbero illegittimamente interferito nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria; che, sulla base di tali ragioni il ricorrente solleva conflitto di attribuzioni nei confronti della Camera e del Senato e chiede l'annullamento delle indicate deliberazioni. Considerato che in questa fase del giudizio la Corte - come piu' volte gia' affermato - e' chiamata a deliberare, senza contraddittorio delle parti e prima facie, in ordine all'ammissibilita' dei conflitti sotto il profilo dell'identificazione dei poteri dello Stato, che si contrappongono, e dell'esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti alla propria competenza, restando comunque impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche circa l'ammissibilita', con riguardo, altresi', alla stessa incidenza delle menzionate delibere parlamentari sui procedimenti pendenti avanti all'autorita' giudiziaria ricorrente; che, sotto il profilo soggettivo, i singoli organi giurisdizionali sono - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - legittimati, nell'esercizio dell'attivita' giurisdizionale, esercitata in piena indipendenza, ad essere parte nei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato e pari legittimazione spetta alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica, in quanto organi competenti a dichiarare definitivamente la propria volonta' in ordine all'applicabilita' dell'art. 68 della Costituzione alle dichiarazioni oggetto del procedimento giurisdizionale; che, sotto il profilo oggettivo, l'autorita' giudiziaria ricorrente lamenta la lesione della propria potestas iudicandi - consistente in un'attribuzione costituzionalmente garantita - in conseguenza dell'esercizio, ritenuto illegittimo, del potere, spettante alla Camera di appartenenza del parlamentare, di dichiarare l'insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dai parlamentari; che, pertanto, ricorrono i requisiti sia soggettivi che oggettivi necessari al fine di ritenere ammissibili i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato originati da ciascuna delle deliberazioni di insindacabilita'.