ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 663-bis del
codice  penale,  come modificato dall'art. 47 del decreto legislativo
31 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma
del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno
1999,  n. 205),  in  riferimento  al combinato disposto degli artt. 5
della  legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), e 45
della  legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di
giornalista),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  9 marzo 2001 dal
giudice  di  pace  di  Pistoia  nel  procedimento civile V. B. contro
Prefetto di Pistoia, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, 1a serie
speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 21 novembre 2001 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  di  opposizione  ad
ordinanza-ingiunzione, il giudice di pace di Pistoia ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 4, 18 e 21 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 663-bis del codice penale, come
modificato  dall'art. 47  del  decreto  legislativo 31 dicembre 1999,
n. 507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma del sistema
sanzionatorio,  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno 1999,
n. 205),  in  riferimento  al  combinato disposto degli artt. 5 della
legge  8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), e 45 della
legge  3 febbraio  1963,  n. 69  (Ordinamento  della  professione  di
giornalista);
        che il rimettente deduce di essere investito dell'opposizione
proposta avverso un "provvedimento sanzionatorio" della Prefettura di
Pistoia, con il quale era stato ingiunto alla ricorrente il pagamento
della  somma  di  lire  duecentomila per violazione dell'art. 663-bis
cod.  pen. (illecito depenalizzato dall'art. 47 del d.lgs. n. 507 del
1999), avendo distribuito stampati denominati "Risorgimento Liberale"
"senza le prescritte autorizzazioni";
        che  nell'atto  di  opposizione  la ricorrente aveva eccepito
l'illegittimita' costituzionale del citato art. 663-bis cod. pen., in
riferimento  al  combinato disposto dell'art. 5 della legge n. 47 del
1948  e dell'art. 45 della legge n. 69 del 1963, "per contrasto con i
principi  ...  degli  artt. 3,  4,  18  e 21 Cost.": "censure" che il
giudice   a  quo  assume  "rilevanti  al  fine  del  decidere  e  non
manifestamente infondate";
        che  e'  intervenuto  nel  giudizio  di  costituzionalita' il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    Considerato  che  il  giudice  a  quo  nel  porre  il  quesito di
costituzionalita'  sopra  riferito,  omette  di  descrivere  in  modo
compiuto la fattispecie sottoposta al suo giudizio, limitandosi ad un
fugace accenno all'oggetto della violazione amministrativa contestata
all'opponente;
        che   nell'ordinanza  di  rimessione  non  risultano  inoltre
specificate  in alcun modo le ragioni che inducono il giudice a quo a
dubitare della legittimita' costituzionale delle norme impugnate;
        che il conseguente, assoluto difetto di motivazione, tanto in
ordine  alla  rilevanza  che  alla  non  manifesta infondatezza della
questione,  non  puo' essere sanato dal mero rinvio per relationem ad
un   atto  di  causa  (nella  specie,  il  ricorso  introduttivo  del
giudizio), poiche' - per costante giurisprudenza di questa Corte - il
giudice rimettente deve rendere esplicite le ragioni che lo portano a
censurare,  sul  piano della legittimita' costituzionale, norme delle
quali  si  ritiene  chiamato  a  fare applicazione; e tale necessaria
motivazione  deve  essere autosufficiente, per permettere la verifica
dell'avvenuto  apprezzamento,  da  parte  dello  stesso  giudice, dei
predetti  profili di rilevanza e non manifesta infondatezza (cfr., ex
plurimis sentenze n. 310 del 2000 e n. 242 del 1999; ordinanze n. 556
e n. 232 del 2000);
        che   la   questione   deve   essere   dichiarata,  pertanto,
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  della norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.