IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI Udito nella pubblica udienza del 17 maggio 2001, con l'assistenza del segretario, sig.ra Adriana Morosini, il rappresentante dell'amministrazione del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dott. Aldo Santolamazza; Visto il ricorso iscritto al n. 8234 (ex 3469/G) del registro di Segreteria; Visti gli atti di causa; Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso presentato da Rampinelli Maria, nata a Verona il 4 settembre 1919, avverso la determinazione del Direttore Provinciale del Tesoro di Verona n. 25795 del 28 aprile 2000; Premesso in fatto Con il ricorso proposto innanzi a questo giudice, la sig.ra Rampinelli, come indicata in epigrafe, ha reclamato il diritto alla concessione dell'assegno supplementare, nei modi e nei termini previsti dall'art. 9 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834. Ha sostenuto la ricorrente che il provvedimento impugnato traeva origine dalla modifica legislativa apportata dall'art. 4, primo comma, della legge 6 ottobre 1986, n. 656, con conseguenze sulle modalita' di erogazione del beneficio suindicato, ai sensi dell'art. 9, secondo comma, del citato d.P.R. n. 834 del 1981. L'amministrazione, avendo riscontrato nella fattispecie la carenza del requisito dell'effettiva convivenza fra i coniugi, ha negato la concessione dell'assegno supplementare. Al contrario, per espressa dichiarazione degli eredi del dante causa (25 ottobre 1999), il cui contenuto e' stato confermato autonomamente dalla ricorrente (22 gennaio 2000), il risiedere dei coniugi in due domicili diversi non avrebbe impedito la continuita' del rapporto matrimoniale tanto sotto l'aspetto dell'assistenza che sotto quello degli affetti. La ricorrente ha evidenziato, peraltro, che il rapporto di coniugio non puo' ritenersi interrotto per il solo motivo della duplice e distinta residenza, non essendo stata mai pronunciata tra lei e suo marito sentenza di separazione o divorzio. Prima dell'udienza pubblica di discussione, la Corte costituzionale si e' pronunciata in materia di accessori del credito pensionistico e con la sentenza n. 214 del 18 luglio 1984 ha dichiarato illegittimo l'art. 81, sesto comma, del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui stabilisce che, per il conferimento del trattamento di reversibilita' in favore del coniuge superstite, occorre tener conto dei requisiti dell'inabilita' a proficuo lavoro e della convivenza. Il giudice delle leggi, nell'evidenziare i caratteri peculiari della pensione di guerra (solidarieta', funzione alimentare, ecc.), ha affermato che la natura risarcitoria dell'assegno pensionistico non esclude che il legislatore, nell'esercizio della propria discrezionalita' legislativa, possa stabilire limiti e condizioni per l'ammissibilita' di questo diritto. Ad avviso di questo requirente sussistono, quindi, fondate ragioni per ritenere, allo stato della legislazione, inaccoglibile il ricorso di Rampinelli Maria, siccome e' ius receptum nella giurisprudenza pensionistica che per convivenza tra i coniugi deve intendersi la situazione della coabitazione tra loro. Di tal che la disposizione applicabile alla fattispecie si manifesta vincolante per quanto giudicante e non superabile mediante una diversa interpretazione giudiziaria. Sussistono, invece, manifesti e sufficienti motivi di dubbio per ritenere l'art. 4, primo comma, lett. c), legge 6 ottobre 1989, n. 656, sia in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Questo Giudicante nutre, infatti, perplessita' circa la compatibilita' costituzionale della disposizione contenuta nel predetto art. 4, primo comma, della legge n. 656/1986 rispetto al principio di giustizia e di parita' di trattamento che discende dall'art. 3 della Costituzione. Appare, infatti, illogica ed irrazionale la scelta legislativa che ha inteso introdurre una condizione limitativa al godimento del trattamento pensionistico privilegiato indiretto di guerra. Ritiene questo giudice unico che le conseguenti differenziate posizioni, tra chi ha diritto all'erogazione supplementare e chi a tale diritto non ha accesso, non risiedano in una diversita' di condizioni oggettive, tali da giustificare, sul piano della ragionevolezza, un diverso trattamento pensionistico, bensi' in un criterio (la convivenza intesa come coabitazione) che finisce per disconoscere il diritto di ciascun dei coniugi di fissare liberamente la propria residenza, pur senza rinunciare ai rapporti di affetto e di convivenza. Il difetto della disposizione, sospettata d'illegittimita' costituzionale, comporta che, a parita' di rapporti di coniugio, viene riservato un trattamento piu' favorevole a chi percepisce il trattamento previdenziale ordinario rispetto a chi tale trattamento non riceve. Osserva, altresi', questo giudicante che la previsione normativa, nell'accezione accolta dalla giurisprudenza pensionistica, non appare giustificabile per la seguente ulteriore considerazione. E' noto che la Costituzione attribuisce particolare rilievo all'istituto familiare riservando uguali diritti per tutti i suoi componenti. Di tal che i suindicati trattamenti pensionistici differenziati si fondano esclusivamente sul riconoscimento o meno della convivenza. Se non che il difetto del requisito della convivenza non viene meno per il solo fatto della scelta di diverse residenze fra i coniugi. La norma applicata dall'amministrazione resistente appare, quindi, palesemente illegittima in considerazione che soggetti nelle medesime situazioni di fatto sono discriminati solo sulla base del diverso titolo da cui trae origine il trattamento economico in godimento. E cio' in contrasto col principio costituzionale dianzi menzionato della parita' di trattamento fra soggetti. Rilevato che la Corte dei conti ha giurisdizione in tema di oneri accessori che trovino titolo nel rapporto pensionistico; che, per quanto sopra esposto la questione relativa alla illegittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 4, della legge n. 656/1986, in relazione all'art. 3 della Costituzione appare a questo giudicante non manifestamente infondata, oltre che rilevante ai fini del decidere, anche in relazione al quadro normativo generale ed alla giurisprudenza pensionistica che si e' formata sulla questione; che questo giudice unico, competente nella materia de qua, ai sensi dell'art. 5, legge 21 luglio 2000, n. 205, ritiene che il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, cosi' come esposta in premessa.